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Camere di Commercio Niente pensioni
a carico della Regione «Salterebbero i conti»
Il blitz all'Ars era pronto:
trasferire sulla Regione il costo dei pensionati delle Camere di
Commercio evitando così a questi enti un buco di 23 milioni. Ma la
mossa è stata bloccata, per il momento, da un parere negativo del
dirigente del Fondo Pensioni regionale: «Si rischia di far saltare i
nostri conti e di mettere a rischio gli assegni di quiescenza di
tutti». È uno scontro che apre il caso dei buchi delle Camere di
Commercio e del ritardo nel recepire la riforma nazionale, quello che
si è consumato senza tanto clamore in commissione Attività
produttive all'Ars. Lì martedì era in discussione un disegno di
legge firmato da tutti i partiti eccetto i grillini. È una riforma
che permetterebbe - secondo i presentatori - di ammortizzare (meglio,
scaricare sulla Regione) il costo di consistenti tagli nazionali a
questi enti. Da Reggio Calabria in su infatti accorpamenti e
riduzioni di costi sono già una realtà e per questo motivo Roma ha
ridotto per tutti - anche per la Sicilia - il valore dei diritti
annuali che gli iscritti devono versare alle Camere: il taglio è
stato del 35% l'anno scorso e sarà del 40% quest'an - no fino ad
arrivare al 50% dal 2017 in poi. Questi tagli si applicano già anche
in Sicilia. E il risultato lo ha conteggiato Unioncamere,
l'associazione che raggruppa questi enti: «Il disavanzo
complessivo nel 2017 sarà di 23 milioni. E renderà impossibile
garantire il pareggio di bilancio nei prossimi anni» è scritto in
una relazione depositata all'Ars. Da qui la proposta di quasi tutti
i partiti: creare un fondo a gestione separata nel Fondo pensioni
regionale e caricare su questo i 650 pensionati delle Camere e i
futuri 321 (tanti sono i dipendenti ancora in servizio). Il governo
era stato chiamato martedì a dare il via libera al progetto ma
l'assessore alle Attività Produttive, Mariella Lo Bello, ha
delegato il dirigente del Fondo pensioni. E proprio da Rosolino Greco
è arrivata una bocciatura totale del progetto: «Va detto subito -
ha esordito il dirigente - che nessuno ha quantificato i costi delle
pensioni delle Camere di Commercio. E mi risulta che queste non siano
state colpite dai tagli che hanno interessato i regionali. Significa
che oggi un pensionato delle Camere di Commercio incassa di più di
qualsiasi altro pensionato gestito da noi». Il limite massimo alla
Regione è di 160 mila euro annui. Il problema però è la copertura
di questa ulteriore spesa per il Fondo che gestisce tutti i
pensionati degli assessorati: «Il disegno di legge - ha aggiunto
Greco - indica genericamente che la spesa verrà coperta trasferendo
i beni immobili e mobili delle Camere al Fondo. Ma molti di questi
sono pignorati e di altri non c'è un valore stimato». Il timore
di Greco è quello di trasferire sul Fondo pensioni regionale un
costo insopportabile che rischierebbe di portare a un crac: «La
Regione non può permettersi un uso distorto del proprio Fondo». A
questo punto il testo è stato congelato e la commissione Attività
produttiva riprenderà il confronto con i commissari delle Camere di
Commercio per trovare un'altra soluzione. E nel frattempo la
ristrutturazione della Camere di Commercio resta lontana: tutte
ancora commissariate e a metà del guado nel percorso che dovrebbe
portare a ridurle da 9 a 4. Un ritardo che costa soldi e che
influisce su uno scontro politico che coinvolge i big dell'economia
isolana, da Ivan Lo Bello a Antonello Montante. I ritardi sono stati
segnalati anche da una delle associazioni più influenti del settore,
la Cna degli artigiani: «La riforma delle Camere di Commercio si sta
trasformando in uno stillicidio: il governo regionale batta un colpo,
altrimenti si renderà complice di questa farsa» ha detto il
presidente Giuseppe Cascone. La Cna ha riunito i vertici per
analizzare la situazione: «"Le Camere, in alcuni casi senza
neppure i fondi per pagare gli stipendi, sono in ginocchio: non
erogano più servizi alle imprese, le commissioni provinciali
dell'artigianato sono bloccate, le strutture al servizio
dell'internazionalizza - zione non funzionano. Sembra che si voglia
tenere in vista questi enti per curare interessi fin troppo
particolari e per piazzare qualcuno nelle stanze dei bottoni degli
aeroporti. C'è una riforma nazionale, che si basa su criteri di
trasparenza e ammodernamento degli enti: in Sicilia invece si portano
avanti accorpamenti in base ad antiche logiche spartitorie feudali»
Sempre più Comuni in dissesto, non
si trovano i soldi per i precari
Aumentano i Comuni in dissesto e piove
sulla Regione un'altra grana. I precari delle amministrazioni in
crisi finanziaria vanno pagati interamente con i fondi del bilancio
regionale, che ora risulta insufficiente. È caccia a nuove risorse.
Il caso è esploso all'Ars nel corso delle votazioni sulla
contestata riforma della legge elettorale degli enti locali. In quel
testo l'assessore Luisa Lantieri ha fatto inserire un emendamento
per coprire la spesa dei precari dei Comuni in dissesto e delle
Province (altri enti che ormai sono al collasso). In totale si tratta
di un migliaio di persone per cui servirebbero dai 6 ai 12 milioni a
seconda dei calcoli. Ma l'assessore all'Economia, Alessandro
Baccei, ha bloccato la votazione del finanziamento in assenza di una
verifica che i suoi uffici stanno facendo sulla reale disponibilità
dei soldi individuati dalla Lantieri (che non ha preso bene il
rinvio). Se ne riparlerà martedì prossimo. Intanto non è passato
in secondo piano il fenomeno dei Comuni con i conti in tilt. Un
fenomeno su cui la Corte dei Conti ha più volte lanciato l'allarme.
Dai dati emerge che sono almeno 53 le amministrazioni in crisi:
sempre in aumento di anno in anno. Nel 2014 erano solo 7 ad aver
formalmente dichiarato il dissesto: Lentini, Brolo, Cefalù, Scaletta
Zanclea, Mirabella Imbaccari, Augusta e Barrafranca. Ora sono già
15. Ma l'elenco non si esaurisce a chi ha già dichiarato il
dissesto. Ci sono infatti altri 10 Comuni che avevano iniziato una
procedura di rientro «assistita» da Stato e Regione e che sono
ancora a metà del guado: Aci Sant'Antonio, Caltagirone, Palagonia,
Santa Maria di Licodia, Santa Venerina, Scordia, Bagheria,
Camporeale, Comiso e Ispica. Anche questi sono considerabili in
dissesto. E poi c'è una valanga di enti che alle verifiche della
Corte dei Conti risultano dal 2014 «strutturalmente deficitari in
quanto presentano almeno la metà dei parametri di bilancio
negativi»: Favara, Santo Stefano di Quisquina, Falcone, Galati
Mamertino, Itala, Malvagna, Oliveri, Patti, Taormina, Tortorici,
Valdina, Carini, Roccapalumba, Trabia, Ustica, Acate e Pozzallo. C'è
anche un elenco di 9 Comuni che al 31 marzo 2016 non ha ancora
presentato il certificato di rendiconto del 2014: Raddusa,
Trecastagni, Agira, Pagliara, Rometta, Sant'Alessio Siculo,
Camporeale, Casteldaccia e Godrano. Nello stesso elenco figura anche
la Provincia di Messina. In tutte queste amministrazioni il rischio è
che, in base alle nuove norme, il costo dei precari - via via che il
dissesto sarà ufficiale - si sposti interamente a carico della
Regione. Il problema precari è molto avvertito dai sindaci, che
giovedì prossimo sfileranno in corteo a Palermo insieme ai sindacati
per lamentare il ritardo con cui Regione e Stato stanno portando
avanti le modifiche alla legge che prevede le stabilizzazioni: al
momento il percorso è bloccato.
Livesicilia.it
L'accordo
in realtà è un prestito
M5S attacca, malumori nel Pd
Quei
soldi dovrebbero arrivare presto nelle casse della Regione. Una
boccata d'ossigeno notevole: 900 milioni di euro. Era
questa la prima tranche dei fondi che lo Stato ha trasferito alla
Sicilia, nel quadro di quell'accordo sulla revisione dello Statuto
chiuso pochi giorni fa. Quella era infatti la prima porzione del
miliardo e quattrocento milioni, frutto della rivisitazione dei
rapporti tra la Regione e il governo centrale.
Quel
trasferimento era stato previsto nella legge di stabilità nazionale.
E - stando alla vulgata degli esponenti politici nazionali e
regionali - si trattava del legittimo riconoscimento di somme in
realtà spettanti alla Regione siciliana. Macché. Per avere quei
soldi però il governo Crocetta dovrà... pagare.
Il
riconoscimento delle prerogative siciliane, infatti, altro non è che
una specie di prestito,
un mutuo per il quale i siciliani dovranno riconoscere gli interessi.
Attraverso un meccanismo un po' nascosto, a dire il vero, ma
"scoperto" dai deputati del Movimento cinque stelle che hanno
attaccato: "Un'altra presa in giro".
E
in effetti, a guardare bene i commi della legge di stabilità e la
relazione tecnica di accompagnamento, la
storia non è proprio come è stata raccontata. Per finanziare i 900
milioni di euro, infatti, si legge nella Finanziaria, lo Stato
"bloccherà" futuri trasferimenti alla Sicilia. "L'importo di
9,9 milioni di euro per l'anno 2016, di 14,8 milioni di euro per
l'anno 2017, di 18,2 milioni di euro per l'anno 2018 e di 21,2
milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2019 - si legge infatti
- è recuperato all'erario attraverso un maggiore accantonamento
nei confronti della Regione siciliana a valere sulle quote di
compartecipazione ai tributi erariali ed è corrispondentemente
migliorato per ciascun anno l'obiettivo di finanza pubblica della
Regione siciliana". Traducendo: ogni anno, per ripianare l'uscita
di 900 milioni, alla Sicilia verranno trasferite somme inferiori a
quelle spettanti all'Isola dai tributi. Somme che verranno appunto
accantonate. E che dovranno tradursi in tagli della Regione, che in
questo modo recupererà le somme in meno in entrata.
È
come se, insomma, una famiglia decidesse di rinunciare all'iscrizione
in palestra o all'abbonamento televisivo per "controbilanciare" le
uscite legate agli interessi di un finanziamento. "Quella che il
governo Crocetta, Faraone e il Pd hanno spacciato per una grande
vittoria - attacca il deputato Cinquestelle Giancarlo Cancelleri -
in realtà è l'ennesimo bluff di questo governo, con ricadute
sanguinose sulla pelle dei siciliani. Innanzitutto una quota parte
sarà da restituire con gli interessi. La concessione di gran parte
della restante porzione, 500 milioni circa, invece, è subordinata a
una serie di prescrizioni e di politiche lacrime e sangue che,
ovviamente, lasceranno il segno sulla pelle dei siciliani". Dagli
uffici del Bilancio, spiegano invece che quegli interessi a carico
della Regione sono compensati da un taglio alla somma che la Sicilia
deve versare allo Stato in termini di "contributo alla finanza
pubblica". Un taglio di circa 80 milioni nel 2016, che copre, in
effetti la somma che la Regione dovrà sborsare per gli interessi. Ma
i problemi arriveranno comunque in futuro. Perché la norma, così
come è scritta, prevede, come detto, per la Sicilia un taglio di
21,9 milioni dal 2019. Da quel momento, insomma, saranno tutte
"spese" della Regione. Rate, di un "mutuo" spacciato per un
trasferimento.
E
non manca un attacco nei confronti della "seconda parte"
dell'accordo che "di fatto congela - dice il deputato Francesco
Cappello - lo
Statuto speciale fino alla prossima legislatura, visto che il governo
regionale non ha il coraggio di metterlo in pratica, e quello
nazionale non ha la forza di abolirlo. E tutto questo in cambio di
briciole e di grandi privazioni per i siciliani. Continuiamo a
contribuire in misura rilevante al risanamento delle casse dello
Stato in cambio del nulla. I siciliani sono la merce di scambio per
la sopravvivenza di questo governo regionale". "Di fatto -
commenta il parlamentare Sergio Tancredi - si congelano le entrate
della Sicilia ad un livello che ne garantisce la mera sopravvivenza,
senza possibilità di sviluppo e di recupero del gap economico
pluriennale imposto dallo Stato con la compiacenza della politica
siciliana".
L'impressione,
insomma, è che tra il primo e il secondo accordo, il governo
regionale abbia semplicemente spostato negli anni futuri il "peso"
di queste operazioni. Anche
perché, per assicurarsi la seconda parte di finanziamento, Crocetta
si è impegnato a rinunce clamorose nei contenziosi con lo Stato e a
tagli sanguinosi nei prossimi bilanci. Quando lo stesso Crocetta non
sarà oiù governatore. Non a caso, l'intesa sottoscritta dal
presidente della Regione sullo scongelamento del mezzo miliardo, ha
innescato enormi malumori anche all'Ars. E tra i deputati della
maggioranza. Il vicecapogruppo del Pd Giovanni Panepinto, infatti, ha
chiesto la riunione del gruppo parlamentare dei democratici.
Sarebbero in tanti, ed equamente suddivisi tra le "correnti", i
parlamentari contrari a quell'accordo, sia per i modi che per il
contenuto. Una idea condivisa anche dai deputati che compongono la
"commissione Statuto", quella cioè che si occupa proprio dei
rapporti tra lo Stato centrale e la Regione. "Quell'accordo è da
rivedere", ha ammesso il presidente della commissione Nino D'Asero.
Un accordo che sembra non piacere a nessuno.
Polizia provinciale.
Sigilli all'interno dell'area di
una impresa di Siculiana, con 35 metri cubi di rifiuti.
Impianti di depurazione delle acque
reflue. Attività di gestione, intermediazione e commercio dei
rifiuti. Stabilimenti per la molitura delle olive. E' su questi
"caldi" temi - a presidio dell'ambiente - si stanno
concentrando i controlli dei tecnici del settore Territorio ed
Ambiente e del corpo della polizia provinciale. Dopo le direttive del
commissario straordinario del Libero consorzio, Roberto Barberi, è
stato già stilato un calendario dei controlli. Ispezioni che hanno
già portato al sequestro giudiziario di un'area, all'interno di una
impresa di Siculiana, nella quale era stato depositato un cumulo di
circa 35 metri cubi di rifiuti speciali non pericolosi. Rifiuti
provenienti da costruzione e demolizione. I controlli che gli
organismi del Libero consorzio stanno portando avanti riguarderanno,
appunto, la verifica degli impianti di depurazione delle acque reflue
di tutti i 43 Comuni dell'ambito; le attività di gestione, di
intermediazione e di commercio dei rifiuti ed il controllo delle
ditte che hanno richiesto l'iscrizione nel registro provinciale per
lo svolgimento dell'attività di messa in riserva e recupero di
rifiuti speciali non pericolosi. I controlli - secondo quanto
annuncia il Libero consorzio comunale di Agrigento - saranno
effettuati anche su centri di rottamazione dei veicoli fuori uso e
sugli impianti artigianali e industriali autorizzati. Confermati
anche i controlli sugli oleifici da effettuare nel periodo della
molitura delle olive. Già nei giorni scorsi il corpo di polizia
provinciale ha posto sotto sequestro giudiziario un'area,
all'interno di una impresa di Siculiana, nella quale era stato
depositato un cumulo di circa 35 metri cubi di rifiuti speciali non
pericolosi, provenienti da costruzione e demolizione. Ma per gli
agenti della polizia provinciale di Agrigento questo sarà anche il
tempo delle consuete attività di vigilanza su parchi e riserve per
la tutela dell'ambiente, comprese flora e fauna. Il corpo di
polizia provinciale assolve anche, in questo senso, a funzioni di
polizia giudiziaria e di polizia ambientale. (*CR*)
Sicilia24h
POLIZIA PROVINCIALE, PROSEGUONO I
CONTROLLI SULL'AMBIENTE.
Continuano senza sosta le attività di
controllo sull'ambiente da parte del Libero Consorzio Comunale di
Agrigento. I controlli sono eseguiti, secondo le rispettive
competenze, dai tecnici del Settore Territorio e Ambiente e dal Corpo
di Polizia Provinciale, che, in seguito alla direttiva emanata dal
Commissario Straordinario del Libero Consorzio dr. Roberto Barberi,
hanno già stilato un calendario dei controlli. Questi riguardano, in
particolare, la verifica degli impianti di depurazione delle acque
reflue di tutti i 43 Comuni dell'Ambito, le attività di gestione,
di intermediazione e di commercio dei rifiuti, e il controllo delle
ditte che hanno richiesto l'iscrizione nel registro provinciale ai
sensi dell'art. 216 del D.Lgs 152/2006, per lo svolgimento
dell'attività di messa in riserva e/o recupero di rifiuti speciali
non pericolosi.
I controlli saranno effettuati anche su
centri di rottamazione dei veicoli fuori uso e sugli impianti
artigianali e/o industriali autorizzati alle emissioni ai sensi
dell'art. 269 del D. Lgs n. 152/2006. Confermati anche i controlli
sugli oleifici da effettuare nel periodo della molitura delle olive.
Già nei giorni scorsi il Corpo di
Polizia Provinciale ha sottoposto a sequestro giudiziario un'area,
all'interno di una impresa di Siculiana, nella quale era stato
depositato un cumulo di circa 35 mc di rifiuti speciali non
pericolosi classificati con CER 170107, provenienti da costruzione e
demolizione. Il sequestro è stato effettuato per violazione
dell'art. 2 (c. 1 e 2) del D.Lgs. n. 152/06, che assegna alle ex
Province la competenza su monitoraggio e controllo ambientale.
Ricordiamo che, oltre alle consuete
attività di vigilanza su parchi e riserve per la tutela
dell'ambiente (comprese flora e fauna) il Corpo di Polizia
Provinciale assolve anche, in questo senso, a funzioni di polizia
giudiziaria e di polizia ambientale.