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rassegna stampa del 24 giugno 2016

giornaledisicilia
Camere di Commercio Niente pensioni a carico della Regione «Salterebbero i conti»
Il blitz all'Ars era pronto: trasferire sulla Regione il costo dei pensionati delle Camere di Commercio evitando così a questi enti un buco di 23 milioni. Ma la mossa è stata bloccata, per il momento, da un parere negativo del dirigente del Fondo Pensioni regionale: «Si rischia di far saltare i nostri conti e di mettere a rischio gli assegni di quiescenza di tutti». È uno scontro che apre il caso dei buchi delle Camere di Commercio e del ritardo nel recepire la riforma nazionale, quello che si è consumato senza tanto clamore in commissione Attività produttive all'Ars. Lì martedì era in discussione un disegno di legge firmato da tutti i partiti eccetto i grillini. È una riforma che permetterebbe - secondo i presentatori - di ammortizzare (meglio, scaricare sulla Regione) il costo di consistenti tagli nazionali a questi enti. Da Reggio Calabria in su infatti accorpamenti e riduzioni di costi sono già una realtà e per questo motivo Roma ha ridotto per tutti - anche per la Sicilia - il valore dei diritti annuali che gli iscritti devono versare alle Camere: il taglio è stato del 35% l'anno scorso e sarà del 40% quest'an - no fino ad arrivare al 50% dal 2017 in poi. Questi tagli si applicano già anche in Sicilia. E il risultato lo ha conteggiato Unioncamere, l'associazione che raggruppa questi enti: «Il disavanzo complessivo nel 2017 sarà di 23 milioni. E renderà impossibile garantire il pareggio di bilancio nei prossimi anni» è scritto in una relazione depositata all'Ars. Da qui la proposta di quasi tutti i partiti: creare un fondo a gestione separata nel Fondo pensioni regionale e caricare su questo i 650 pensionati delle Camere e i futuri 321 (tanti sono i dipendenti ancora in servizio). Il governo era stato chiamato martedì a dare il via libera al progetto ma l'assessore alle Attività Produttive, Mariella Lo Bello, ha delegato il dirigente del Fondo pensioni. E proprio da Rosolino Greco è arrivata una bocciatura totale del progetto: «Va detto subito - ha esordito il dirigente - che nessuno ha quantificato i costi delle pensioni delle Camere di Commercio. E mi risulta che queste non siano state colpite dai tagli che hanno interessato i regionali. Significa che oggi un pensionato delle Camere di Commercio incassa di più di qualsiasi altro pensionato gestito da noi». Il limite massimo alla Regione è di 160 mila euro annui. Il problema però è la copertura di questa ulteriore spesa per il Fondo che gestisce tutti i pensionati degli assessorati: «Il disegno di legge - ha aggiunto Greco - indica genericamente che la spesa verrà coperta trasferendo i beni immobili e mobili delle Camere al Fondo. Ma molti di questi sono pignorati e di altri non c'è un valore stimato». Il timore di Greco è quello di trasferire sul Fondo pensioni regionale un costo insopportabile che rischierebbe di portare a un crac: «La Regione non può permettersi un uso distorto del proprio Fondo». A questo punto il testo è stato congelato e la commissione Attività produttiva riprenderà il confronto con i commissari delle Camere di Commercio per trovare un'altra soluzione. E nel frattempo la ristrutturazione della Camere di Commercio resta lontana: tutte ancora commissariate e a metà del guado nel percorso che dovrebbe portare a ridurle da 9 a 4. Un ritardo che costa soldi e che influisce su uno scontro politico che coinvolge i big dell'economia isolana, da Ivan Lo Bello a Antonello Montante. I ritardi sono stati segnalati anche da una delle associazioni più influenti del settore, la Cna degli artigiani: «La riforma delle Camere di Commercio si sta trasformando in uno stillicidio: il governo regionale batta un colpo, altrimenti si renderà complice di questa farsa» ha detto il presidente Giuseppe Cascone. La Cna ha riunito i vertici per analizzare la situazione: «"Le Camere, in alcuni casi senza neppure i fondi per pagare gli stipendi, sono in ginocchio: non erogano più servizi alle imprese, le commissioni provinciali dell'artigianato sono bloccate, le strutture al servizio dell'internazionalizza - zione non funzionano. Sembra che si voglia tenere in vista questi enti per curare interessi fin troppo particolari e per piazzare qualcuno nelle stanze dei bottoni degli aeroporti. C'è una riforma nazionale, che si basa su criteri di trasparenza e ammodernamento degli enti: in Sicilia invece si portano avanti accorpamenti in base ad antiche logiche spartitorie feudali»

Sempre più Comuni in dissesto, non si trovano i soldi per i precari Aumentano i Comuni in dissesto e piove sulla Regione un'altra grana. I precari delle amministrazioni in crisi finanziaria vanno pagati interamente con i fondi del bilancio regionale, che ora risulta insufficiente. È caccia a nuove risorse. Il caso è esploso all'Ars nel corso delle votazioni sulla contestata riforma della legge elettorale degli enti locali. In quel testo l'assessore Luisa Lantieri ha fatto inserire un emendamento per coprire la spesa dei precari dei Comuni in dissesto e delle Province (altri enti che ormai sono al collasso). In totale si tratta di un migliaio di persone per cui servirebbero dai 6 ai 12 milioni a seconda dei calcoli. Ma l'assessore all'Economia, Alessandro Baccei, ha bloccato la votazione del finanziamento in assenza di una verifica che i suoi uffici stanno facendo sulla reale disponibilità dei soldi individuati dalla Lantieri (che non ha preso bene il rinvio). Se ne riparlerà martedì prossimo. Intanto non è passato in secondo piano il fenomeno dei Comuni con i conti in tilt. Un fenomeno su cui la Corte dei Conti ha più volte lanciato l'allarme. Dai dati emerge che sono almeno 53 le amministrazioni in crisi: sempre in aumento di anno in anno. Nel 2014 erano solo 7 ad aver formalmente dichiarato il dissesto: Lentini, Brolo, Cefalù, Scaletta Zanclea, Mirabella Imbaccari, Augusta e Barrafranca. Ora sono già 15. Ma l'elenco non si esaurisce a chi ha già dichiarato il dissesto. Ci sono infatti altri 10 Comuni che avevano iniziato una procedura di rientro «assistita» da Stato e Regione e che sono ancora a metà del guado: Aci Sant'Antonio, Caltagirone, Palagonia, Santa Maria di Licodia, Santa Venerina, Scordia, Bagheria, Camporeale, Comiso e Ispica. Anche questi sono considerabili in dissesto. E poi c'è una valanga di enti che alle verifiche della Corte dei Conti risultano dal 2014 «strutturalmente deficitari in quanto presentano almeno la metà dei parametri di bilancio negativi»: Favara, Santo Stefano di Quisquina, Falcone, Galati Mamertino, Itala, Malvagna, Oliveri, Patti, Taormina, Tortorici, Valdina, Carini, Roccapalumba, Trabia, Ustica, Acate e Pozzallo. C'è anche un elenco di 9 Comuni che al 31 marzo 2016 non ha ancora presentato il certificato di rendiconto del 2014: Raddusa, Trecastagni, Agira, Pagliara, Rometta, Sant'Alessio Siculo, Camporeale, Casteldaccia e Godrano. Nello stesso elenco figura anche la Provincia di Messina. In tutte queste amministrazioni il rischio è che, in base alle nuove norme, il costo dei precari - via via che il dissesto sarà ufficiale - si sposti interamente a carico della Regione. Il problema precari è molto avvertito dai sindaci, che giovedì prossimo sfileranno in corteo a Palermo insieme ai sindacati per lamentare il ritardo con cui Regione e Stato stanno portando avanti le modifiche alla legge che prevede le stabilizzazioni: al momento il percorso è bloccato.



Livesicilia.it
L'accordo in realtà è un prestito 
M5S attacca, malumori nel Pd

Quei soldi dovrebbero arrivare presto nelle casse della Regione. Una boccata d'ossigeno notevole: 900 milioni di euro. Era questa la prima tranche dei fondi che lo Stato ha trasferito alla Sicilia, nel quadro di quell'accordo sulla revisione dello Statuto chiuso pochi giorni fa. Quella era infatti la prima porzione del miliardo e quattrocento milioni, frutto della rivisitazione dei rapporti tra la Regione e il governo centrale.

Quel trasferimento era stato previsto nella legge di stabilità nazionale. E - stando alla vulgata degli esponenti politici nazionali e regionali - si trattava del legittimo riconoscimento di somme in realtà spettanti alla Regione siciliana. Macché. Per avere quei soldi però il governo Crocetta dovrà... pagare.

Il riconoscimento delle prerogative siciliane, infatti, altro non è che una specie di prestito, un mutuo per il quale i siciliani dovranno riconoscere gli interessi. Attraverso un meccanismo un po' nascosto, a dire il vero, ma "scoperto" dai deputati del Movimento cinque stelle che hanno attaccato: "Un'altra presa in giro".

E in effetti, a guardare bene i commi della legge di stabilità e la relazione tecnica di accompagnamento, la storia non è proprio come è stata raccontata. Per finanziare i 900 milioni di euro, infatti, si legge nella Finanziaria, lo Stato "bloccherà" futuri trasferimenti alla Sicilia. "L'importo di 9,9 milioni di euro per l'anno 2016, di 14,8 milioni di euro per l'anno 2017, di 18,2 milioni di euro per l'anno 2018 e di 21,2 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2019 - si legge infatti - è recuperato all'erario attraverso un maggiore accantonamento nei confronti della Regione siciliana a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali ed è corrispondentemente migliorato per ciascun anno l'obiettivo di finanza pubblica della Regione siciliana". Traducendo: ogni anno, per ripianare l'uscita di 900 milioni, alla Sicilia verranno trasferite somme inferiori a quelle spettanti all'Isola dai tributi. Somme che verranno appunto accantonate. E che dovranno tradursi in tagli della Regione, che in questo modo recupererà le somme in meno in entrata.

È come se, insomma, una famiglia decidesse di rinunciare all'iscrizione in palestra o all'abbonamento televisivo per "controbilanciare" le uscite legate agli interessi di un finanziamento. "Quella che il governo Crocetta, Faraone e il Pd hanno spacciato per una grande vittoria - attacca il deputato Cinquestelle Giancarlo Cancelleri - in realtà è l'ennesimo bluff di questo governo, con ricadute sanguinose sulla pelle dei siciliani. Innanzitutto una quota parte sarà da restituire con gli interessi. La concessione di gran parte della restante porzione, 500 milioni circa, invece, è subordinata a una serie di prescrizioni e di politiche lacrime e sangue che, ovviamente, lasceranno il segno sulla pelle dei siciliani". Dagli uffici del Bilancio, spiegano invece che quegli interessi a carico della Regione sono compensati da un taglio alla somma che la Sicilia deve versare allo Stato in termini di "contributo alla finanza pubblica". Un taglio di circa 80 milioni nel 2016, che copre, in effetti la somma che la Regione dovrà sborsare per gli interessi. Ma i problemi arriveranno comunque in futuro. Perché la norma, così come è scritta, prevede, come detto, per la Sicilia un taglio di 21,9 milioni dal 2019. Da quel momento, insomma, saranno tutte "spese" della Regione. Rate, di un "mutuo" spacciato per un trasferimento.

E non manca un attacco nei confronti della "seconda parte" dell'accordo che "di fatto congela - dice il deputato Francesco Cappello - lo Statuto speciale fino alla prossima legislatura, visto che il governo regionale non ha il coraggio di metterlo in pratica, e quello nazionale non ha la forza di abolirlo. E tutto questo in cambio di briciole e di grandi privazioni per i siciliani. Continuiamo a contribuire in misura rilevante al risanamento delle casse dello Stato in cambio del nulla. I siciliani sono la merce di scambio per la sopravvivenza di questo governo regionale". "Di fatto - commenta il parlamentare Sergio Tancredi - si congelano le entrate della Sicilia ad un livello che ne garantisce la mera sopravvivenza, senza possibilità di sviluppo e di recupero del gap economico pluriennale imposto dallo Stato con la compiacenza della politica siciliana".

L'impressione, insomma, è che tra il primo e il secondo accordo, il governo regionale abbia semplicemente spostato negli anni futuri il "peso" di queste operazioni. Anche perché, per assicurarsi la seconda parte di finanziamento, Crocetta si è impegnato a rinunce clamorose nei contenziosi con lo Stato e a tagli sanguinosi nei prossimi bilanci. Quando lo stesso Crocetta non sarà oiù governatore. Non a caso, l'intesa sottoscritta dal presidente della Regione sullo scongelamento del mezzo miliardo, ha innescato enormi malumori anche all'Ars. E tra i deputati della maggioranza. Il vicecapogruppo del Pd Giovanni Panepinto, infatti, ha chiesto la riunione del gruppo parlamentare dei democratici. Sarebbero in tanti, ed equamente suddivisi tra le "correnti", i parlamentari contrari a quell'accordo, sia per i modi che per il contenuto. Una idea condivisa anche dai deputati che compongono la "commissione Statuto", quella cioè che si occupa proprio dei rapporti tra lo Stato centrale e la Regione. "Quell'accordo è da rivedere", ha ammesso il presidente della commissione Nino D'Asero. Un accordo che sembra non piacere a nessuno.
Polizia provinciale.
Sigilli all'interno dell'area di una impresa di Siculiana, con 35 metri cubi di rifiuti.

Impianti di depurazione delle acque reflue. Attività di gestione, intermediazione e commercio dei rifiuti. Stabilimenti per la molitura delle olive. E' su questi "caldi" temi - a presidio dell'ambiente - si stanno concentrando i controlli dei tecnici del settore Territorio ed Ambiente e del corpo della polizia provinciale. Dopo le direttive del commissario straordinario del Libero consorzio, Roberto Barberi, è stato già stilato un calendario dei controlli. Ispezioni che hanno già portato al sequestro giudiziario di un'area, all'interno di una impresa di Siculiana, nella quale era stato depositato un cumulo di circa 35 metri cubi di rifiuti speciali non pericolosi. Rifiuti provenienti da costruzione e demolizione. I controlli che gli organismi del Libero consorzio stanno portando avanti riguarderanno, appunto, la verifica degli impianti di depurazione delle acque reflue di tutti i 43 Comuni dell'ambito; le attività di gestione, di intermediazione e di commercio dei rifiuti ed il controllo delle ditte che hanno richiesto l'iscrizione nel registro provinciale per lo svolgimento dell'attività di messa in riserva e recupero di rifiuti speciali non pericolosi. I controlli - secondo quanto annuncia il Libero consorzio comunale di Agrigento - saranno effettuati anche su centri di rottamazione dei veicoli fuori uso e sugli impianti artigianali e industriali autorizzati. Confermati anche i controlli sugli oleifici da effettuare nel periodo della molitura delle olive. Già nei giorni scorsi il corpo di polizia provinciale ha posto sotto sequestro giudiziario un'area, all'interno di una impresa di Siculiana, nella quale era stato depositato un cumulo di circa 35 metri cubi di rifiuti speciali non pericolosi, provenienti da costruzione e demolizione. Ma per gli agenti della polizia provinciale di Agrigento questo sarà anche il tempo delle consuete attività di vigilanza su parchi e riserve per la tutela dell'ambiente, comprese flora e fauna. Il corpo di polizia provinciale assolve anche, in questo senso, a funzioni di polizia giudiziaria e di polizia ambientale. (*CR*)


Sicilia24h
POLIZIA PROVINCIALE, PROSEGUONO I CONTROLLI SULL'AMBIENTE.
Continuano senza sosta le attività di controllo sull'ambiente da parte del Libero Consorzio Comunale di Agrigento. I controlli sono eseguiti, secondo le rispettive competenze, dai tecnici del Settore Territorio e Ambiente e dal Corpo di Polizia Provinciale, che, in seguito alla direttiva emanata dal Commissario Straordinario del Libero Consorzio dr. Roberto Barberi, hanno già stilato un calendario dei controlli. Questi riguardano, in particolare, la verifica degli impianti di depurazione delle acque reflue di tutti i 43 Comuni dell'Ambito, le attività di gestione, di intermediazione e di commercio dei rifiuti, e il controllo delle ditte che hanno richiesto l'iscrizione nel registro provinciale ai sensi dell'art. 216 del D.Lgs 152/2006, per lo svolgimento dell'attività di messa in riserva e/o recupero di rifiuti speciali non pericolosi.
I controlli saranno effettuati anche su centri di rottamazione dei veicoli fuori uso e sugli impianti artigianali e/o industriali autorizzati alle emissioni ai sensi dell'art. 269 del D. Lgs n. 152/2006. Confermati anche i controlli sugli oleifici da effettuare nel periodo della molitura delle olive.
Già nei giorni scorsi il Corpo di Polizia Provinciale ha sottoposto a sequestro giudiziario un'area, all'interno di una impresa di Siculiana, nella quale era stato depositato un cumulo di circa 35 mc di rifiuti speciali non pericolosi classificati con CER 170107, provenienti da costruzione e demolizione. Il sequestro è stato effettuato per violazione dell'art. 2 (c. 1 e 2) del D.Lgs. n. 152/06, che assegna alle ex Province la competenza su monitoraggio e controllo ambientale.
Ricordiamo che, oltre alle consuete attività di vigilanza su parchi e riserve per la tutela dell'ambiente (comprese flora e fauna) il Corpo di Polizia Provinciale assolve anche, in questo senso, a funzioni di polizia giudiziaria e di polizia ambientale.


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