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rassegna stampa dal 13 al 17 agosto 2016

sicilia24h.it

"Cipe" , gli interventi settore ambiente nell'agrigentino.
 

Secondo quanto riferisce il ministero dell' Ambiente, ammontano a circa 407 milioni di euro le risorse finanziarie stanziate dal Governo per la Sicilia, nel settore ambiente e territorio nel corso dell'ultima riunione del Cipe, il Comitato interministeriale per la programmazione economica, prima della pausa estiva. Gli interventi nell' agrigentino sono per la riqualificazione di edifici pubblici a Lucca Sicula, San Biagio Platani, Lampedusa e Linosa, poi 4 interventi relativi alla depurazione e all'adeguamento della rete fognaria nei Comuni di Casteltermini, Racalmuto e Ravanusa, e poi il potenziamento dell'impianto di compostaggio dei rifiuti a Sciacca.

Giornaledisicilia.it

Comuni al collasso, è boom di contenziosi.

Comuni ed ex Province che spendono più di quanto incassano con gravi problemi di liquidità, trasferimenti in calo e debiti fuori bilancio che lievitano, contenziosi e pignoramenti a carico degli enti locali: è un ritratto a tinte fosche quello che emerge dalla relazione sulla finanza locale della Corte dei Conti - sezione di controllo per la Sicilia, redatta dopo tre mesi di indagine. Il periodo sotto osservazione è quello compreso fra il 2012 e il 2015, durante il quale lo stato dei conti è peggiorato. I magistrati contabili parlano subito, già dalla prima riga, di un «progressivo deterioramento della finanza degli enti locali siciliani» e indicano la causa nelle mancate riforme, a cominciare da «quella sull'armonizzazione dei sistemi contabili e sul riordino delle funzioni di area vasta». Proprio riguardo alle ex Province la Corte parla anzi di «una perdurante e pericolosa fase di stallo nel processo di attuazione del disegno di riforma in atto». Finché non si va ad elezioni non può essere costituito l'Osservatorio regionale cui compete la definizione dei criteri per la riallocazione delle funzioni e delle risorse finanziarie, umane e strumentali e la ricognizione delle entrate e delle spese. Le entrate riscosse dai Comuni, sono scese dal 2012 al 2015 da 4 miliardi e 381 milioni a 3 miliardi 933 milioni, un calo del 10% riconducibile in particolar modo alla diminuzione dei trasferimenti. Tasse, imposte e tributi incassati sono aumentati (da un miliardo e 708 milioni a 2 miliardi e 397 milioni), un calo drastico invece (pari all'80%) quello dei cosiddetti trasferimenti erariali (ossia i contributi dello Stato) che si sono ridotti da un miliardo e 308 milioni a soli 265 milioni. Una riduzione meno marcata quella dei trasferimenti regionali (da 906 a 829 milioni) e con una inversione di tendenza nell'ultimo anno, riconosce la Corte che però ha espresso «forti motivi di preoccupazione» per la «prolungata fase di trattativa con lo Stato» che «per oltre metà esercizio» ha impedito la spesa. Particolarmente critica, sul fronte delle entrate, la situazione nelle ex Province: le entrate correnti riscosse sono scese da 597 a 575 milioni, compresi però introiti straordinari ottenuti nel 2015. I trasferimenti dallo Stato, fra il 2011 e il 2014, sono stati abbattuti del 96% (da 184 milioni a 7), a poco serve l'aumento di quelli dalla Regione (da 67 a 114 milioni). Lo scorso anno poi il contributo versato allo Stato per il concorso al contenimento della spesa pubblica è stato di oltre 115 milioni e continuerà a crescere questo e il prossimo anno. Difficile aumentare le entrate tributarie, una situazione che secondo la Corte provoca «rilevanti squilibri di carattere strutturale, determinando forti rischi di paralisi». Sia nei Comuni che nelle ex Province la spesa per investimenti si ferma al 6% e la Corte auspica «politiche di ridimensionamento della spesa corrente improduttiva» e un «reale sostegno allo sviluppo». Magistrati critici anche rispetto al pagamento delle rate di mutui e prestiti con i soldi del Fondo per gli investimenti (115 milioni nel 2015 per i Comuni, 30 per i Liberi Consorzi) e dei fondi Pac (115 milioni più altri 30). Spesa corrente (seppur diminuita da da 941 a 894 euro pro capite) resta - sottolinea la Corte - «costantemente al di sopra» delle entrate, con una forbice nell'ultimo anno di 155 milioni. Questo divario, insieme a un disallineamento fra i tempi delle entrate e delle uscite, si traduce in continue anticipazioni di cassa, situazione «difficilmente sostenibile già nel breve periodo» dice la Corte che ipotizza casse vuote al punto da compromettere «la continuità dell'erogazione dei servizi indispensabili». Altra nota dolente i debiti fuori bilancio, 218 milioni nel 2014, in aumento dal 2012. Debiti spesso riconducibili a sentenze passato in giudicato (il 97% per il Liberi Consorzi) che secondo i magistrati «costituiscono spesso una modalità per rinviare in futuro» le spese sostenute. La Corte sottolinea un «frequente ricorso a resistenze in giudizio pretestuose, se non addirittura temerarie». Altri 239 milioni di debiti fuori bilancio sono in attesa di essere riconosciuti, 153 derivano da contenziosi. E crescono anche pignoramenti e azioni esecutive, 34,5 milioni nel 2014.

Diminuisce il costo del personale Ma aumenta il ricorso a ditte esterne

Il costo del personale in Comuni ed ex Province diminuisce ma resta sempre sovradimensionato. Fra il 2012 e il 2014 nei Comuni siciliani i dirigenti sono passati da 340 a 282, sono diminuiti soprattutto gli incarichi a termine mentre la riduzione per i dirigenti di ruolo è dovuta principalmente ai pensionamenti. Il resto del personale è passato da 51.166 a 48.653 unità. poco più di 13 mila i precari censiti. In Sicilia vi è un dirigente ogni 172,5 dipendenti. Il costo complessivo è sceso del 9,8%, si spende un miliardo e 489 milioni. Ma per quanto riguarda i dirigenti la spesa netta decresce in misura inferiore rispetto al decremento di organico: a un taglio dei posti del 19,5% corrisponde un taglio della spesa del 15,8%. La Corte rileva poi un «quasi simmetrico» aumento della spesa per prestazioni di servizi, che secondo i magistrati contabili è sintomatico di «un utilizzo strumentale delle esternalizzazioni di servizi» per «rispettare solo in modo formale l'ob - bligo di contenimento del personale». Un sovradimensionamento a cui, rilevano, non corrisponde un incremento degli standard dei servizi. Nelle ex Province il personale dirigente è sceso da 100 a 65 unità, quello di comparto da 6.003 a 5.245, i precari sono 559. La spesa complessiva è scesa del 17,3% (si ferma a 141 milioni), 35.34 euro pro-capite contro i 22,9 a livello nazionale. Livelli «imputabili al mancato avvio in Sicilia del processo di razionalizzazione». E le previsioni non sono rosee: secondo la Corte la prevista ulteriore riduzione entro il 2018 del 29% è«imputabile a pensionamenti attesi piuttosto che a precise strategie di riforma complessiva».

Pubblico impiego. Autunno rovente.

Inizia a scaldarsi la partita del rinnovo contrattuale per i circa 3,2 milioni di dipendenti pubblici, bloccato da sette anni. Pur tra la tagliola dell'equilibrio dei conti pubblici e la scure della «non crescita», per un rinnovo triennale servono a regime 7 miliardi di euro: «Questa è la cifra che il governo deve mettere sul piatto della bilancia, diversamente sarebbe ragionare sul nulla», avverte Nicola Turco, segretario generale Uilpa. D'al - tra parte i dipendenti pubblici scontano un arretramento salariale che non ha uguali, osserva Maurizio Bernava, segretario confederale della Cisl, «pur con forti differenze tra i vari comparti, ogni lavoratore pubblico ha perso dal 2008 una media di 2.500 euro lordi l'anno, pari a 150 euro netti al mese, circa 220-230 euro lordi». «Che le risorse, a legislazione vigente, ci siano non è un mistero - prosegue Turco - lo ribadiamo: agire sulla politica dei bonus, sulle consulenze esterne nella Pubblica amministrazione, sulla reinternalizzazione dei servizi, sul sistema degli appalti e degli acquisti e restituire anche ai lavoratori il frutto del lavoro compiuto con la lotta all'evasione fiscale». E le notizie sulla frenata del Pil non «possono fare da apripista - sottolinea Uilpa - a nuove fumate nere sulla disponibilità delle risorse necessarie alla ripresa della contrattazione, perché ciò genererebbe una frattura insanabile, rendendo inevitabile l'apertura di un grave conflitto, che nessuno vuole in quanto dannoso per tutti, a iniziare dalla funzionalità del servizio pubblico e dalle esigenze della collettività». «Il pubblico impiego è l'unico settore che ha subito dal 2008 un arretramento salariale, pari a una media del 13-15% in busta paga. È la prima volta che accade», afferma Bernava, responsabile Cisl del pubblico impiego, convinto che «sarebbe un grave errore bloccare i contratti a vita. Al contrario, il governo deve fare uno sforzo sulle risorse, i 300 milioni messi sul piatto sono pochissimi, a fronte dell'introduzione di tutti gli elementi di innovazione contrattuale. Nessuno qui vuole aumenti a pioggia». In vista della ripresa del confronto con l'Aran, previsto per la prima decade di settembre, dopo le «aperture» da parte del governo, «un segnale diverso sarebbe importantissimo - conclude Bernava - anche sul piano della spinta ai consumi». Intanto, l'associazione dei consumatori Codacons annuncia una class action per compensare il mancato adeguamento economico subito dai 3,2 milioni di dipendenti pubblici: 10.400 euro a testa, per il periodo tra il 1 gennaio 2010 e il 30 luglio 2015, «oltre 33 miliardi da restituire a 3,2 milioni di lavoratori» dice annunciando il ricorso collettivo al Tar del Lazio, e ricordando la sentenza n. 178 del 24 giugno 2015 della Corte Costituzionale sull'illegittimità del regime di blocco del rinnovo della contrattazione collettiva per il personale pubblico dipendente (legge n. 122/2010). Illegittimità limitata però al periodo successivo alla pubblicazione della sentenza stessa, ossia dal 30 luglio 2015. «A oltre un anno dall'esecutività della sentenza, nulla è stato fatto - dice il Codacons - e milioni di pubblici dipendenti attendono ancora il rinnovo del contratto».

Pistorio: dal 2017 i grandi lavori nelle strade.

L'assessore regionale alle Infrastrutture: «Saranno aperti cantieri per un miliardo di euro, prime opere sulle statali».
Cantieri per un miliardo sulle strade siciliane che saranno aperti entro il 2017. L'impalcatura dentro cui sono «disegnate» queste opere è il Piano regionale dei Trasporti che la giunta ha appena aggiornato, quello precedente risaliva al periodo 2002-2004. «Si tratta dello schema di massima - spiega l'assessore regionale alle Infrastrutture e ai Trasporti, Giovanni Pistorio - sarà pubblicato il 19 sulla Gazzetta ufficiale, quindi si apre la fase delle consultazioni pubbliche. Ci sono 60 giorni per presentare osservazioni, poi viene discusso all'Ars, in quarta commissione, infine torna in giunta per il via libera definitivo». Facile ipotizzare che l'ok arriverà entro fine anno, ma intanto si lavora alla programmazione, anche quella più immediata. «Valgono un miliardo circa i cantieri che saranno aperti entro il prossimo anno», dice Pistorio. I primi sono quelli finanziati con il Patto per il Sud: 250 milioni sono destinati alle grandi statali ossia la 113 (la Tirrenica), la 114 (la Jonica) e la 115 (lungo la costa sud). A questi fondi si aggiungono altri 150 milioni sempre del Patto per il Sud e altri 40 milioni di ex fondi Fas stanziati dalla giunta che serviranno al rifacimento della viabilità secondaria, ossia le strade provinciali. «Tutti progetti esecutivi - dice Pistorio - cantierabili entro il 2017, nel caso della viabilità secondaria si tratta di interventi piccoli e diffusi su tutto il territorio». Altro troncone di lavori è quello che verrà concordato con l'Anas attraverso un «accordo di programma quadro rafforzato». «Stiamo per firmare l'accordo - dice l'assessore - , l'accordo prevede lavori per 550 milioni. Anche in questo caso si tratta di lavori subito cantierabili, fra questi ad esempio la Adrano- Bronte e diversi interventi nel Trapanese». Per Pistorio il Piano Trasporti «rappresenta soprattutto uno schema metodologico, uno scenario di riferimento in cui far confluire tutte le opere in programma per un totale di 30 miliardi. Gli orizzonti temporali sono di tre tipi: uno a breve periodo che fa riferimento al 2020, uno medio al 2030 e uno a lungo termine al 2050. Si analizzano interventi già in corso per 10 miliardi e quelli in via di esecuzione». In via di esecuzione, da parte del Cas, c'è ad esempio la Siracusa-Gela: i lotti 6, 7 e 8 saranno completati entro il 2019. È il tratto fino a Modica, per chiudere i successivi chilometri di autostrada serve un miliardo «ma ancora mancano i fondi», dice Pistorio. E in quest'ottica rientra il piano per accorpare Cas e Anas varato dalla giunta. «A settembre - spiega Pistorio - firmeremo l'accordo per cedere all'Anas la direzione dei lavori dei tre tronconi in costruzione, in questo modo si velocizzano procedure e pagamenti. Le risorse statali infatti saranno gestite direttamente da Anas, senza un ulteriore trasferimento al Cas». Fine lavori prevista per il 2019 anche per la Agrigento-Caltanissetta: un primo troncone sarà pronto a marzo 2017, la seconda parte entro il 2019. E ancora, fra le grandi opere in programma con un orizzonte ravvicinato è la Catania-Ragusa: l'opera da realizzare in project financing è già finanziata con 200 milioni dalla Regione, altri 200 dallo Stato e 450 dal privato. La convenzione è stata firmata. «Dopo le ferie incontrerò il partner privato - dice Pistorio - per avviare l'iter». In corso di realizzazione anche la Nord-Sud, da Santo Stefano di Camastra a Gela: in questo caso si lavora a una revisione del progetto «per tenere conto del contesto orografico, in modo da rendere i lavori meno imponenti e più veloci». Infine 400 milioni , in priorità sul Fsc (Fondo sviluppo e coesione) saranno utilizzati per la Palermo Agrigento, nel tratto fra il capoluogo e Bolognetta e la regione ha chiesto all'Anas di lavorare ai progetti per i tratti successivi. C'è poi un progetto per collegare direttamente Trapani e Mazara: attualmente la A29 da Palermo si biforca per Trapani e Mazara, un «anello» permetterebbe di chiudere il tratto. Costo previsto 150 milioni. Altra grande opera poi l'anello autostradale Gela-Mazara. Un piano importante per il quale «il 2025 è un orizzonte temporale ragionevole», dice Pistorio e che dalla nuova società che ingloberà Cas e Anas potrà avere nuovi input. «Con la nuova programmazione europea - dice ancora Pistorio - non sono previste risorse per le strade, il gestore unico permette di garantire maggiori fondi. Il 28 vedrò informalmente il ministro Delrio, faremo il punto e soprattutto fisseremo la data per la firma del cosiddetto accordo procedimentale». È il primo passo, nero su bianco, in cui Ministero e Regione sanciranno il «matrimonio», in dote porteranno rispettivamente l'Anas e il Cas.

Fondi per i Comuni siciliani.
Sbloccati i fondi per i Comuni siciliani, l'assessore alle Autonomie locali Luisa Lantieri e quello all'Economia Alessandro Baccei hanno firmato il decreto che permette di erogare subito 315 milioni agli enti locali. Una boccata d'ossigeno per le amministrazioni. Lo stanziamento iniziale prevedeva 340 milioni ma le disponibilità di cassa della Regione si fermano al momento a 318 milioni. La parte di cui la Regione non dispone è legata all'accordo siglato dal governo regionale con quello nazionale: di quel «pacchetto» di 500 milioni che devono essere girati alla Sicilia, mancano ancora 50 milioni e in proporzione sono stati diminuiti i trasferimenti ai Comuni. «Ma a settembre quei soldi - arriveranno», assicura l'assessore Lantieri. Un'altra fetta è stata invece è congelata fino al 31 ottobre. In base ad una norma della Finanziaria 2013 (norma voluta dal Movimento 5 Stelle) ciascun Comune è tenuto a destinare il 2% delle risorse a forme di democrazia partecipata». Significa che prima di spendere quei soldi (6 milioni e 800 mila euro) deve condividere la scelta con i cittadini. Chi non lo utilizza in questa forma viene sanzionato, ossia questo 2% viene trattenuto. L'importo destinato a forme di democrazia partecipata ammonta a 6 milioni e 137 mila euro: in molti casi i Comuni hanno destinato più del 2% previsto. Per chi invece non ha rispettato la regola sono previste sanzioni in totale per 2 milioni e 365 mila euro, somma che l'assessore Lantieri ha deciso di «congelare» per dare tempo ai Comuni di adeguarsi entro il 31 ottobre. Complessivamente ai Comuni con popolazione inferiore ai 5 mila abitanti (202 centri) vanno 118 milioni e 703 mila euro. Agli altri 188 Comuni con più di 5 mila abitanti saranno trasferiti 196 milioni e 985 mila euro. I mandati di pagamento partiranno dopo ferragosto. Gli importi più elevati sono per Palermo (20 milioni e 580 mila euro) e Catania (14 milioni e 514 mila euro), poi Messina (7 milioni e 404 mila euro). Riparto su cui «per questioni di ordine politico» la conferenza Regione-Autonomie locali non ha dato parere favorevole. L'Anci aveva denunciato, in quell'occasione, la «grave condizione di precarietà e incertezza» degli enti locali. Portando alcuni numeri (aggiornati al 16 giugno): 300 Comuni che non hanno approvato i rendiconti 2015, 350 che non hanno approvato i bilanci di previsione, un aumento significativo di quelli in dissesto. «Con questi trasferimenti - dice Lantieri - adesso i Comuni possono approvare i bilanci. Finora abbiamo inviato i commissari solo dove non erano stati approvati i rendiconti, adesso se non si approvano i bilanci partiranno le ispezioni».  

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