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rassegna stampa del 18 agosto 2016


gds.it
Comuni ed ex Province al collasso: spese superiori alle entrate, allarme dei Corte dei Conti

Comuni ed ex Province che spendono più di quanto incassano con gravi problemi di liquidità, trasferimenti in calo e debiti fuori bilancio che lievitano, contenziosi e pignoramenti a carico degli enti locali: è un ritratto a tinte fosche quello che emerge dalla relazione sulla finanza locale della Corte dei Conti - sezione di controllo per la Sicilia, redatta dopo tre mesi di indagine. Il periodo sotto osservazione è quello compreso fra il 2012 e il 2015, durante il quale lo stato dei conti è peggiorato. I magistrati contabili parlano subito, già dalla prima riga, di un «progressivo deterioramento della finanza degli enti locali siciliani» e indicano la causa nelle mancate riforme, a cominciare da «quella sull'armonizzazione dei sistemi contabili e sul riordino delle funzioni di area vasta». Proprio riguardo alle ex Province la Corte parla anzi di «una perdurante e pericolosa fase di stallo nel processo di attuazione del disegno di riforma in atto». Finché non si va ad elezioni non può esse re costituito l'Osservatorio regionale cui compete la definizione dei criteri per la riallocazione delle funzioni e delle risorse finanziarie, umane e strumentali e la ricognizione delle entrate e delle spese.
Le entrate riscosse dai Comuni, sono scese dal 2012 al 2015 da 4 miliardi e 381 milioni a 3 miliardi 933 milioni, un calo del 10% riconducibile in particolar modo alla diminuzione dei trasferimenti. Tasse, imposte e tributi incassati sono aumentati (da un miliardo e 708 milioni a 2 miliardi e 397 milioni), un calo drastico invece (pari all' 80%) quello dei cosiddetti trasferimenti erariali (ossia i contributi dello Stato) che si sono ridotti da un miliardo e 308 milioni a soli 265 milioni. Una riduzione meno marcata quella dei trasferimenti regionali (da 906 a 829 milioni) e con una inversione di tendenza nell' ultimo anno, riconosce la Corte che però ha espresso «forti motivi di preoccupazione» per la «prolungata fase di trattativa con lo Stato» che «per oltre metà esercizio» ha impedito la spesa. Particolarmente critica, sul fronte delle entrate, la situazione nelle ex Province: le entrate correnti riscosse sono scese da 597 a 575 milioni, compresi però introiti straordinari ottenuti nel 2015. I trasferimenti dallo Stato, fra il 2011 e il 2014, sono stati abbattuti del 96% (da 184 milioni a 7), a poco serve l' aumento di quelli dalla Regione (da 67 a 114 milioni). Lo scorso anno poi il contributo versato allo Stato per il concorso al contenimento della spesa pubblica è stato di oltre 115 milioni e continuerà a crescere questo e il prossimo anno. Difficile aumentare le entrate tributarie, una situazione che secondo la Corte provoca «rilevanti squilibri di carattere strutturale, determinando forti rischi di paralisi».
Sia nei Comuni che nelle ex Province la spesa per investimenti si ferma al 6% e la Corte auspica «politiche di ridimensionamento della spesa corrente improduttiva» e un «reale sostegno allo sviluppo». Magistrati critici anche rispetto al pagamento delle rate di mutui e prestiti con i soldi del Fondo per gli investimenti (115 milioni nel 2015 per i Comuni, 30 per i Liberi Consorzi) e dei fondi Pac (115 milioni più altri 30). Spesa corrente (seppur diminuita da da 941 a 894 euro pro capite) resta sottolinea la Corte - «costantemente al di sopra» delle entrate, con una forbice nell'ultimo anno di 155 milioni. Questo divario, insieme a un disallineamento fra i tempi delle entrate e delle uscite, si traduce in continue anticipazioni di cassa, situazione «difficilmente sostenibile già nel breve periodo» dice la Corte che ipotizza casse vuote al punto da compromettere «la continuità dell' erogazione dei servizi indispensabili».
Altra nota dolente i debiti fuori bilancio, 218 milioni nel 2014, in aumento dal 2012. Debiti spesso riconducibili a sentenze passato in giudicato (il 97% per il Liberi Consorzi) che secondo i magistrati «costituiscono spesso una modalità per rinviare in futuro» le spese sostenute. La Corte sottolinea un «frequente ricorso a resistenze in giudizio pretestuose, se non addirittura temerarie». Altri 239 milioni di debiti fuori bilancio sono in attesa di essere riconosciuti, 153 derivano da contenziosi. E crescono anche pignoramenti e azioni esecutive, 34,5 milioni nel 2014.

I sindaci: i tagli di Stato e Regione dietro la crisi di Comuni e Province
La relazione sulla finanza locale che certifica il peggioramento dei conti di Comuni ed ex Province è l'occasione per una nuova polemica fra Anci e Regione. «Le posizioni della Corte dei Conti con grande autorevolezza confermano ripetute posizioni e denunce di Anci Sicilia - dice Leoluca Orlando, sindaco di Palermo e presidente di Anci Sicilia - : tagli enormi dei trasferimenti da parte di Stato e di Regione, con l'aggravante, per i tagli regionali, che ancora oggi è stata resa disponibile soltanto una assai esigua parte delle risorse relative all'anno in corso». Per Orlando la situazione «è aggravata dalla mancata erogazione di somme previste per investimenti e pagamenti di rate di mutui per appalti in corso che pone a rischio di fallimento centinaia di imprenditori». «Quanto alle ex Province - aggiunge - si registra in taluni casi (come Siracusa) la inevitabilità del dissesto e per tutte le ex province comunque la impossibilità di chiudere i bilanci», situazione aggravata dal rinvio a settembre della manovra che prevede 9 milioni. Orlando parla, ancora una volta, di «calamità istituzionale della Regione che travolge l'intero sistema delle autonomie in Sicilia». L'altro lato della medaglia potrebbe essere quello di tagliare i costi, per Orlando però l'operazione «dopo la applicazione dei vincoli e dei rigori delle leggi finanziarie, si riduce in ogni Comune in tagli di servizi per cittadini e di opere». Margini di intervento ci sono, per il vicepresidente Mario Emanuele Alvano, ma «i bilanci sono spesso ingessati perché il costo del personale è la parte più consistente». Fra le altre voci che pesano i costi per la gestione del servizio rifiuti e quelli per l'energia elettrica. «I conti - aggiunge Alvano - subiranno un peggioramento. Sono ancora fermi i trasferimenti dei fondi Pac e non potranno più essere utilizzati per pagare le rate dei mutui ma solo per progetti le cui modalità non sono state definite. La soluzione è fare le riforme».

Comuni e Ato rifiuti, il rebus dei bilanci in rosso
Comuni e Ato sono sommersi dai debiti, i costi per garantire la gestione dei rifiuti sono lievitati a dismisura e non riescono a essere coperti attraverso la riscossione della tassa sui rifiuti, una fase di emergenza destinata a protrarsi a causa di norme e regole che negli anni si sono sovrapposte creando confusione. Le difficoltà del settore emergono tutte dall'ultima relazione della Corte dei conti sulla finanza locale, distorsioni che richiamano quelle dell'Anac a gennaio. I debiti accumulati dagli Ato Il sistema nel suo complesso ha oggi debiti per un miliardo e 789 milioni. Sono le società d'ambito ad avere la fetta più grande di esposizione nei confronti di banche e fornitori: la certificazione aggiornata al 20 aprile di quest'anno è di un miliardo e 176 milioni. Debiti che, secondo i magistrati contabili potrebbero essere anche sottostimati: le spese derivanti da contenzioso, ad esempio, sono quantificate in quasi 4 milioni ma il dato mal si sposa con quella che viene definita «enorme mole di contenzioso», soprattutto per quanto riguarda cause di lavoro. La Corte dei conti sottolinea poi che le gestioni commissariali «hanno accumulato un'esposizione debitoria, al 31 marzo 2016, pari a circa 49,13 milioni (cifra che, a dati completi, potrebbe lievitare ad almeno 71 milioni). A tutti questi debiti però, c'è da dire, corrispondono importanti crediti vantati dagli Ato, un miliardo e 127 milioni quelli certificati, spesso riconducibili alle somme che i Comuni devono versare alle società. Anche in questo caso sono diversi i contenziosi fra Comuni e Ato. Le somme anticipate dalla Regione ai Comuni Le amministrazioni comunali hanno usufruito, negli anni, di diverse anticipazioni da parte della Regione che ad oggi deve recuperare 544,7 milioni. Con non poche difficoltà. Le somme, in alcuni casi, possono essere trattenute dai trasferimenti dovuti dalla Regione ma spesso il debito è superiore. In molti casi poi sono maturati contenziosi con gli enti locali. Debiti che si sono sommati ad altri debiti (da ripianare in dieci anni) fatti per estinguere i primi. «Il problema - dice il presidente della Regione, Rosario Crocetta - nasce dalle passate gestioni. Non c'è mai stato un accordo chiaro con i Comuni. Gli ultimi anni si è stabilito di trattenere questi soldi dai trasferimenti, prima no. Ma oggi dobbiamo agire con equilibrio, non possiamo determinare il fallimento degli enti locali. Certamente serve un reset del sistema, dobbiamo smettere di fare debiti». Una mole di debiti tale per cui, secondo il vicepresidente dell'Anci Sicilia Mario Emanuele Alvano «si deve pensare a orizzonti lunghi, trovare forme di dilazione che tengano conto di tutti i debiti maturati dai Comuni. Mi chiedo però perché si discuta di una nuova riforma quando ancora quella precedente non è stata attuata. La differenziata? ben venga ma prevedere campagne affidate in ogni Comune? Meglio che alcuni meccanismi fossero affidati a livello unico regionale». Le criticità del sistema Quattordici commissari liquidatori sono stati nominati un anno fa per accompagnare il passaggio dagli Ato alle Srr, previsto dalla legge. Il sistema ha dato vita ad una «gestione liquidatoria unitaria» accentrata all'assessorato dell'Economia e coordinata dal Dipartimento Rifiuti. Negli Ato si sono trovati insieme commissari straordinarie commissari liquidatori, una «convivenza» che secondo la Corte «non sembra aver garantito adeguatamente la transizione» anzi ci sarebbero stati «rapporti spesso conflittuali». Questo si aggiunge a norme e regole «non sempre lineare e di facile attuazione» che hanno generato contenziosi. Per i magistrati tutte le incongruenze del sistema hanno determinato il protrarsi dell'emergenza con «una lievitazione smisurata dei costi che, se ha portato a lucrosi introiti a pochi gestori privati dei siti di discarica, ha al contempo incrementato a dismisura l'esborso pubblico e il debito connesso». Con gravi ripercussioni sia per i bilanci dei Comuni che della Regione.

Agrigentonotizie.it

Docenti "deportati" fuori dall'isola, venerdì sarà protesta
„ l raduno è fissato per le 10,30 di venerdì davanti la Questura di Agrigento, accanto alla sede della Posta centrale. Il corteo poi si sposterà verso l'ex Provveditorato agli studi del viale Della Vittoria. Sciopero dei docenti precari di Agrigento e provincia. Insegnanti che "marceranno" su Agrigento contro il decreto "Buona scuola" del Governo Renzi. Uomini e donne che sono in procinto di trasferirsi - essere "deportati", dicono loro - al Nord Italia, lasciando le proprie famiglie e la propria terra. "Faccio parte dei precari storici - racconta Giovanna Sanfilippo, originaria di Licata, ma residente a Favara - . Questa legge prevedeva l'assunzione straordinaria dei precari storici. Assumerli perché, in caso contrario, sarebbe scattata una multa dell'Unione Europea che impone di non tenere precari per oltre 36 mesi".
Il piano di assunzioni "Gae" - graduatoria ad esaurimento - prevedeva la collocazione in Sicilia dei docenti. Ma adesso, 100 posti sono andati agli idonei del concorso del 2012 e altri posti ai beneficiari della legge 104.
Nell'isola sono 4.096 gli insegnanti che dovranno trasferirsi, "deportati" - dicono loro - . "Non vogliamo il posto sotto casa - ha detto Giovanna Sanfilippo - . Vogliamo il posto che ci spetta, in base alle graduatorie che sono trasparenti, oneste e che vengono aggiornate di anno in anno. Adesso, invece, con il misterioso algoritmo di Renzi non si sa dove andremo a finire". Sanfilippo, ad esempio, è stata trasferita a Pisa e provincia. "Ci ribelliamo al fatto hanno cambiato le regole mentre stavamo giocando - spiega - . Mi sono presentata come facente parte della Gae. Ed invece, adesso, le regole sono state cambiate". Venerdì mattina, dunque, la "marcia" su Agrigento.

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