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Libero Consorzio, protocollo d'intesa per alunni disabili del comune di Naro
Il Libero Consorzio Comunale di Agrigento e il comune di Naro hanno sottoscritto un protocollo d'intesa che consente al Comune di Naro di accedere e utilizzare il Registro Provinciale degli Enti autorizzati allo svolgimento di servizi a favore degli alunni disabili gravi, gia iscritti all'albo Regionale.
A sottoscrivere l'accordo erano presenti il Commissario del Libero Consorzio Roberto Barberi e il Sindaco di Naro Calogero Cremona, accompagnato dall'Assessore Francesca Dainotto e dal Vice Segretario Comunale Vincenzo Cavalieri.
Grazie a questo protocollo d'intesa il Comune di Naro, che non dispone di un proprio registro, potrà avvalersi degli Enti iscritti presso il Registro del Libero Consorzio Comunale di Agrigento. Le prestazioni riguardano gli alunni della scuola primaria e della scuola secondaria di primo grado che si trovano in condizioni di disabilita grave e hanno bisogno delle prestazioni dell'assistenza all'autonomia e alla comunicazione. Queste prestazioni di competenza comunale, saranno liquidate direttamente dal comune di Naro. II Comune di Naro gestirà in autonomia i rapporti con gli Enti iscritti nel Registro ai fini della realizzazione dell'assistenza per gli alunni con disabilità grave.
Ilfattoquotidiano.it
Province, l'eterno ritorno: dopodieci anni di dibattiti e promesse sull'abolizione ora si riproponeil voto popolare
Enti inutili ecostosi, carrozzoni burocratici e inefficienti. Ma che resistono,nonostante tutto. Il dibattito sull'abolizione delle Provincerisale all'assemblea costituente, ha attraversato i decenni ed èancora acceso. È stato dettotutto e il contrario di tutto. Prova ne è l'ultima uscita ariguardo del ministro per gli Affari regionali Enrico Costa (Ncd):"La mia idea è quella di riproporre il voto popolare, perché èfonte di legittimazione per tutti i consiglieri provinciali". Macome? E la legge Delrio? La trasformazione in enti di secondo livello(che non prevedono elezioni dirette)? Nulla, è destino. D'altrocanto non sarebbe certo il primo cambio di rotta. La questionedell'abolizione delle Province è stata oggetto di promesseelettorali (disattese), smentite, clamorosi dietrofront erecriminazioni. Al centro dei programmi elettorali di Veltroni,Casini e Berlusconi candidati premier nel 2008, salvo finire neldimenticatoio dopo la vittoria del Cavaliere sugli altri due. "Sirisparmiano solo 200 milioni", disse il leader del Pdl,dimenticando di colpo quanto detto in campagna elettorale. MentrePier Luigi Bersani, che sul punto era sempre stato prudente ("nonsi può andare avanti a colpi di semplificazione"), nel 2013 inserì"la cancellazione in Costituzione delle Province" al terzo degliotto punti "per un governo di cambiamento". Come non dimenticare,poi, le parole del ministro Graziano Delrio che, tre anni fa,annunciava: "Credo che sia la volta buona per abolire le Province".
TRA DETRATTORI EDIFENSORIA parte qualchetimido tentativo di mettere mano alla questione, il dibattito si èriacceso a cavallo tra il secondo governo Prodi e l'ultimo diBerlusconi. Durante la campagna elettorale per il voto anticipato chene avrebbe sancito la vittoria, il leader del Pdl non solo prometteval'abolizione delle Province ma, dato che il tema era presente anchenel programma del Pd di Walter Veltroni, annunciava: "Su questopotremmo collaborare". Sulla stessa lunghezza d'onda l'allorapresidente di An Gianfranco Fini: "I carrozzoni non sonointoccabili e si possono abolire. Oppure si possono accorparecompetenze amministrative". Il dibattito era così attuale chequalsiasi argomento poteva fornire l'occasione per ribadire quantole Province rappresentassero uno spreco di denaro pubblico daimpiegare altrove. Così l'allora ministro Antonio Di Pietro (Idv)pensava a reperire "le risorse da destinare alle forze dell'ordinee al personale giudiziario" proprio riducendo i costi dellapolitica e "abolendo enti inutili come le Province e le Comunitàmontane". Dopo la vittoria di Berlusconi, però, nulla si mosse.Come fece notare anche il leader dell'Udc Casini: "Un argomentotrattato da tutti in campagna elettorale, anche se fino ad ora non siè fatto nulla". Non proprio tutti, però, erano a favore dellacancellazione tout court. L'allora ministro Bersani sottolineava"l'importante funzione di programmazione" delle 16/1/2017Province, l'eterno ritorno: dopo dieci anni di dibattiti e promessesull'abolizione ora si ripropone il voto popolare. Assolutamentecontraria all'abolizione la Lega, intenta più che mai a difenderela gestione di quelle padane. Insomma, non si poteva buttare ilbambino con l'acqua sporca. L'allora ministro dell'Interno,Roberto Maroni, proponeva di eliminare "gli enti intermedi fraComune e Provincia: Comunità Montane, Enti parco, Ato, favorendosemmai i consorzi fra Comuni". Stessa ricetta per il ministro dellaPubblica amministrazione, Renato Brunetta. E mentre Roberto Calderolisottolineava che "ci sono province e province!", l'alloraministro della Difesa La Russa (An) invitava invece la Lega a nonopporsi alla chiusura di tutte le province, proprio sulla base delprincipio che non si potesse fare "alcune sì e altre no". Ma dilì a qualche mese, a giugno 2009, ci sarebbero state proprio leelezioni provinciali. E bisognava fare i conti con la dura realtà.Le Province significano consenso e sono strategiche sul territorio:l'abolizione poteva anche aspettare. I calcoli La Russa li avevafatti: "Fra cinque anni, anche perché ora si sta per votare, mabisogna mettere un paletto preciso con una legge che faccia diventarela legislatura provinciale che inizia nel 2009 una legislatura dipassaggio di tutte le deleghe alle Regioni o ai Comuni o alle areemetropolitane".
IL DIETROFRONTSecondo gli intenti, quindi, dopo la parentesi del voto bisognavamettere mano alla riforma. D'altro canto Berlusconi in campagnaelettorale era stato chiaro. Un primo segnale che non si lavorasseesattamente in quella direzione arrivò in autunno, quando ilministro della Semplificazione Calderoli dichiarò che nel programmadi governo si parlava di "abolizione non delle inutili province, madelle province inutili". Pochi giorni prima, in Commissione AffariCostituzionali, il Carroccio aveva bloccato un tentativo dell'Idvdi cancellare le amministrazioni provinciali dalla Costituzione. Ilclima era cambiato. Ad aprile 2010 Berlusconi mise la parola fine aldibattito: nessuna abolizione delle Province, ma nessuna nuovaProvincia. Il motivo? "Abbiamo fatto un calcolo - spiegò - sirisparmiano solo 200 milioni, troppo poco per iniziare una manovrache scontenterebbe i cittadini". La maggioranza aveva fatto ilcalcolo sì, ma solo dopo aver incassato il voto dell'elettorato.Poi ci fu la telenovela della finanziaria 2010 con la soppressione di10 piccole Province, provvedimento poi stralciato dal testodefinitivo per un veto della Lega. Insomma, a fine anno il risultatoera evidente: a due anni e mezzo dalle promesse elettorali laquestione era allo stallo. Con Fini che accusava: "Le Province nonsi aboliscono perché la Lega ha voglia di tenerle come ulterioreanello territoriale". "Berlusconi l'aveva proposto nell'ultimacampagna elettorale: una delle tante promesse da marinaio" disse illeader di Sel Nichi Vendola. 16/1/2017 Province, l'eterno ritorno:dopo dieci anni di dibattiti e promesse sull'abolizione ora siripropone il voto popolare BOCCIATA LAPROPOSTA DELL'IDV Il 5 luglio 2011 la Camera bocciò la propostadell'Idv (che ci aveva già provato due anni prima con un ddlcostituzionale) sull'abolizione delle Province e il Pd si astenne,affossando la norma. In quell'occasione anche il Pdl, che si eraespresso contro, si divise. Per Di Pietro un "tradimentogeneralizzato degli impegni e dei programmi elettorali da sinistra adestra". La risposta di Bersani? "Noi abbiamo la nostra riformaper ridurre le province, ma bisogna ragionare sulle istituzioni e nonandare avanti a colpi di semplificazione". Il giorno dopo, però,arrivò l'affondo di Matteo Renzi, sindaco di Firenze ed expresidente della Provincia: "Il Pd ha perso un'ottima occasioneper dare un segnale al Paese. E mi dispiace molto". Dopo l'estate,a settembre 2011 venne approvato dal Consiglio dei Ministri il ddlcostituzionale del governo 'Soppressione di enti intermedi', cheprevedeva la cancellazione delle Province. Dopo il via libera delParlamento, la parola 'Province' sarebbe stata cancellata dallaCarta. L'iter si è però interrotto con la crisi del quartoGoverno Berlusconi.
L'ERA MONTI E LABOCCIATURA DELLA CONSULTA Da fine 2011 il governo Monti ha lavorato auna serie di provvedimenti che sarebbero andati a costituire lariforma. Il cosiddetto Salva-Italia, con cui si abolivano i consigliprovinciali e si riducevano le competenze, il decreto legge 95/2012sulla spending review con cui si prevedeva che il numero delleprovince sarebbe stato dimezzato e altri provvedimenti. Intanto nonsi parlava più di soppressione, ma di riordino. Criticato da MatteoRenzi: "O si aveva il coraggio di abolire del tutto gli entiprovinciali, oppure bisogna trasformarli veramente in enti di secondolivello formati dai sindaci e senza doppi emolumenti". E se lacrisi del governo Monti ha poi bloccato la conversione in legge di undecreto, la pietra tombale l'ha messa una sentenza della CorteCostituzionale, la 220 del 3 luglio 2013, con la quale la Consulta hadichiarato incostituzionali tutte le disposizioni del Governo Monti.Si avvicinano le elezioni e, a livello nazionale, qualcun altrocambia idea. A due anni dall'astensione alla Camera con cui il Pdaveva affossato la proposta dell'Idv, l'abolizione delle provincecompare miracolosamente tra gli otto punti programmatici proposti daBersani.
AI GIORNI NOSTRIPassano gli anni, si succedono i premier, ma il refrain non cambia.Così si è assistito al discorso di investitura da presidente delConsiglio di Enrico Letta, che ufficializzava la cancellazionedefinitiva degli enti (senza neppure l'ipotesi di sostituirli conenti di secondo livello) con Daniela Santanché che si affrettava aricordare che "l'abolizione delle Province era nel programma delPdl" (a dire il vero in più di un programma elettorale, solo chelì è rimasta). Dopo Letta, la cancellazione è stata un chiodofisso sia di Renzi che di Delrio. Che nel 2013, da ministro per gliAffari regionali, ha sentenziato: "Credo che sia la volta buona perabolire le Province". Un anno dopo la riforma del ministro èdiventata legge e Renzi ha festeggiato (forse troppo presto):"Abbiamo abolito le Province, avanti come un rullo 16/1/2017Province, l'eterno ritorno: dopo dieci anni di dibattiti e promessesull'abolizione ora si ripropone il voto popolare - Nelle intenzionidell'esecutivo quelle misure servivano a costruire un ponte inattesa delle riforme costituzionali, ma in realtà l'abolizione nonera mai stata tanto lontana. Da parte delle opposizioni (in primafila Forza Italia) l'approvazione della legge è stata definita'golpe', 'pasticcio', 'imbroglio', 'truffa' perchénon avrebbe "cancellato le Province, ma creato poltrone in più".Non è stato migliore il clima anti-referendum con Calderoli che ciha (di nuovo) messo del suo: "Per il referendum sulla riformacostituzionale Renzi ha preparato un quesito che sembra un tentativodi circonvenzione dell'elettore". La riforma prevedeva dieliminare la parola 'province' dall'articolo 114 dellaCostituzione, rimandando a una nuova legge ordinaria il riordinosostanziale. Ma le Province - come ormai accade da 50 anni -hanno assistito alla rottamazione di chi voleva rottamarle. Prima diRenzi, era capitato a Berlusconi, Monti e Letta. E ora c'è chi haproposto di ripristinare l'elezione diretta di chi le rappresenta.Allora vale proprio tutto
Giornale di sicilia
Nuove regole su malattia, congedi epermessi stanno per arrivare nella pubblica amministrazione.
La riapertura della contrattazionesegnerà infatti anche una svolta su queste materie. Che l'argomentovenga affrontato lo prevede l'intesa del 30 novembre tra sindacatie governo, ma lì si accenna alla ripresa del confronto ad hoc,negoziato che era partito all'Aran nel 2014 ma senza poi giungere aun risultato. Non sarà però questa la strada, non ci sarà untavolo specifico, ma secondo fonti ben informate il pacchettomalattia rientrerà direttamente nella trattativa «madre» suirinnovi contrattuali. Fin qui la forma, che già suggerisce come iltema sia caldo. Tanto che un riferimento comparirà anche nell'attodi indirizzo, fischio d'inizio ufficiale della contrattazione, chela ministra della P.a, Marianna Madia, sta preparando. Ma qualcosasui contenuti già si può anticipare. Il lavoro fatto all'Aran,ormai tre anni fa, aveva conosciuto una fase avanzata, per cui nonandrà totalmente disperso. Allora la discussione si concentròsoprattutto sulla possibilità di spacchettare la «malattia» inore, in modo che il dipendente pubblico che deve allontanarsi per unavisita specialistica o per un esame non salti l'intera giornata dilavoro. Certo quel che si può rivedere nei contratti è quello che icontratti precedenti hanno stabilito, quindi la legge resta fuori, èil caso della 104, che regola i permessi per le gravi disabilità. Inquesto campo il contratto può intervenire solo su aspetti «alatere», come ad esempio le modalità di fruizione (tra cui rientrail preavviso). Ma, come noto, i lavori per il rinnovo contrattualevanno di pari passo con la definizione di un decreto di riforma delpubblico impiego, che arriverà a febbraio. Il governo non lasceràquindi cadere i termini per attuare la delega Madia sul lavoropubblico, anche se sono ancora allo studio le modalità. Per dirneuna, c'è l'inco - gnita sulla dirigenza, che rientrerebbe nelcalderone ma su cui pende la bocciatura arrivata dalla Consulta afine novembre. A proposito, il ministero potrebbe presentare idecreti correttivi su furbetti del cartellino (con cambiamentimarginali), partecipate e dirigenza sanitaria già alla conferenzaunificata del 19 gennaio, per cercare l'intesa con gli entiterritoriali, come richiesto dalla Corte Costituzionale. Tuttaviasarebbe prima necessario un passaggio in Cdm. Male che va c'è unaConferenza con le Regioni in calendario già per il 2 febbraio. Disicuro per la fine del prossimo mese l'esecutivo vuole incassarel'accordo, anche perché il decreto furbetti ha già colpito (èstato registrato il caso di un primo licenziamento). Quanto alcontrasto degli abusi sulla malattia, o meglio sulle assenze,l'esecutivo è determinato a portare avanti il progetto di un polounico della medicina fiscale, in capo all'Inps (con le Asl messe daparte). L'obiettivo è rendere gli accertamenti più efficienti. Lanovità rientrerà nel decreto di febbraio. Decreto che dovrebbeessere anticipato da un confronto con i sindacati, sempre nelrispetto dell'accordo del 30 novembre, che sarà anche al centrodella riforma. A questo punto è chiaro come il ministero della P.asia concentrato già su diversi fronti e sembra difficile che riescaa portare a casa secondo i termini stabiliti le deleghe su altri temirimasti aperti, dalla revisione dei poteri del premier al tagliodelle prefetture.
Rifiuti, acqua, appalti: l'Arscancella le riforme Sono finite tutte le cassetto.
Legrandi riforme annunciate da governo e Parlamento non sono neanchestate inserite nel calendario delle leggi da approvare da qui amarzo. E il rischio è che l'ingorgo elettorale che si creerà frala primavera e l'autunno possa far terminare l'attivitàlegislativa con il varo della Finanziaria e poco più. La riforma chepiù di tutte sembrava urgente è quella che riguarda i rifiuti. Ilgoverno nazionale l'ha invocata nell'estate del 2015 e la giunta,su proposta dell'assessore Vania Contraffatto, l'ha fatta arrivareall'Ars a giugno del 2016. Da quel momento in poi il testo cheriscrive il numero e l'organiz - zazione degli Ato insieme alleregole di gestione degli 11 mila dipendenti ha faticosamente marciatoin commissione Ambiente ma non è mai arrivato in aula. E ilcalendario dei lavori fissato dalla conferenza dei capigruppo allafine della scorsa settimana esclude questa e le altre riforme. Noncita, per fare un altro esempio, neppure la riforma-bis dell'acquapubblica, quella resa necessaria dall'impugnativa statale del testoapprovato nell'estate del 2015. Servono correzioni che riscrivanole regole per fissare le tariffe e delimitare le competenze deiprivati. Ma anche in questo caso non c'è alcuna indicazione sulladata in cui il testo verrà votato. La riforma che sembrava viaggiarepiù speditamente è quella degli appalti. Il testo messo a puntodall'assessore alle Infrastrutture, Giovanni Pistorio, modificala struttura delle cosiddette stazioni uniche appaltanti aumentandonei componenti e velocizzando così le procedure di affidamento dellegare. È un testo che è stato invocato per accelerare la spesa deifondi europei (già in ritardo) e del Patto per la Sicilia cheprevede investimenti da oltre due miliardi. Anche questa riforma èuscita ufficialmente dall'agenda e ciò ha sollevato la protesta diSantino Barbera della Filca Cisl: «Governo e deputati non hannointeresse a velocizzare le gare. Eppure oggi per espletare una garanon sono sufficienti 6 mesi a causa di lungaggini burocratiche spessoincomprensibili e a causa di stazioni appaltanti che sono emblema dilentezza e farraginosità. Il risultato è che in Sicilia a volteoccorrono sei anni per arrivare a un finanziamento». All'appellodella Cisl Pistorio ha risposto allargando le braccia: «Comprendiamoil disappunto degli operatori del settore dell'edilizia per ilritardo con cui all'Ars sta avanzando la riforma. Il fatto che iltesto sia stato incardinato alla fine dell'anno, in una fase moltocomplessa dell'attività legislativa perchè connessa dapprima allasessione di bilancio e ora anche con la delicatissima questione deiliberi consorzi, ha determinato una condizione di difficileagibilità». Fuori dal politichese, Pistorio ha messo sul tappeto ilvero problema. Da dicembre a oggi l'Ars ha lavorato di fatto solosulla manovra economica: dapprima per le variazioni al bilancio 2015,poi per l'esercizio provvisorio e ora per la Finanziaria 2016.Quest'ultima, secondo il calendario ufficiale andrebbe approvataentro il 28 febbraio, anche se non è da escludere che si sfori allaprima settimana di marzo. Nel frattempo un'altra emergenza hascavalcato quelle che riguardano rifiuti, acqua e appalti: è il casoProvince. Per regolamento il Parlamento non può esaminare altreleggi se non la Finanziaria durante la sessione di bilancio, tuttaviaè stata decisa un'eccezione che riguarda solo le Province.Deputati e governo hanno deciso di approvare subito una correzionealla riforma che ha abolito i vecchi enti: di sicuro verrà approvatauna leggina che rinvia in autunno le elezioni nella CittàMetropolitana di Palermo e probabilmente anche in tutti gli altriLiberi Consorzi (gli enti che hanno sostituito le Province). Ed èprobabile che in questa legge venga inserito un articolo che finiràper abrogare di fatto la riforma delle Province approvata fra il 2013e il 2015: una maggioranza trasversale vuole infatti il ritornoall'elezione diretta del presidente dei Liberi Consorzi e delleCittà Metropolitane. È anche un modo per restituire spazielettorali in una fase in cui all'Ars è previsto il taglio di benventi seggi fin dalle prossime elezioni di ottobre. Tutto questo hafatto scivolare alla primavera le riforme dei rifiuti, malgrado gliallarmi sulla tenuta del sistema appena lanciati dall'AutorhityAnticorruzione di Cantone. E ha fatto scivolare anche altre leggi damesi in cantiere come la riforma delle Opere Pie (sommerse da debitiper 30 milioni che da oltre due anni impediscono il pagamento deglistipendi), il testo unico sul commercio e la norma che crea il fondopensioni per le Camere di Commercio. Senza dimenticare la riformadella formazione professionale, per la verità mai uscita dallacommissione. Il punto è che tutte queste norme rischiano di nonessere mai più votate. «Sì - ammette il vicecapogruppo del Pd,Giovanni Panepinto - c'è la possibilità che si vada alla prossimalegislatura. Per questo noi chiediamo di stilare un calendario dipoche e indispensabili cose da fare. A cominciare dall'acqua, da unriordino delle Province e delle regole sugli appalti». Il timore,che da giorni fa capolino anche alla presidenza dell'Ars, è chefino a marzo il Parlamento sia occupato nell'approvazione dellaFinanziaria e che dopo la legislatura sia di fatto conclusa. Se ilgoverno fisserà le Amministrative a maggio in 140 Comuni è chiaroche un mese prima l'Ars si fermerà per la campagna elettorale. Poici sarà qualche settimana di lavoro prima della pausa estiva e inseguito non si rientrerà più in aula perchè - a meno di sorprese,cioè di anticipazioni - a ottobre sono previste le Regionali.
Agrigentonotizie.it
PortoEmpedocle, si parte con la differenziata: assistenza ai cittadini
Riapronoquesta mattina, lunedì 16 gennaio , gli uffici start-up di via IVnovembre a PortoEmpedocle,per supportare quei cittadini, che non hanno ancora ritirato lenuove pattumiere per potere effettuare la raccolta differenziata deirifiuti che inizia ufficialmente oggi In questa prima fase, com'ènoto, il servizio riguarderà leutenze domestiche e commerciali di contrada Bellavista,contrada Ciuccafa, contrada Pero, Lido Azzurro, contrada Marinella,contrada Caliato, Zona Bassa da zona Cannelle a zona Stazione,Salita Spinola e Zona Vincenzella. "Il personale dell'ufficio, -si legge in una nota dell'Iseda - rimarrà a disposizione dichiunque abbia bisogno di informazioni, chiarimenti edelucidazioni sucome differenziare i rifiuti e sui calendari da seguire peril nuovo porta a porta. A tutti i cittadini che anche in questigiorni si sono recati presso gli uffici messi a disposizione dall'Aroin via IV Novembre, sono già stati consegnati sia i contenitori diplastica di differenti colori che saranno utilizzati per effettuarela suddivisione dei rifiuti, sia tutto il materiale informativorelativo alla differenziata". "I cittadini della Zona A, -chiariscono ancora dall'azienda - dovranno quindi esporre icontenitori di plastica all'esterno delle proprie abitazioni o deicondomini tuttile sere a partire dalle ore 20 e fino alle 6 del mattino.Il primo materiale ad essere conferito con il nuovo metodo, saràil secco residuo".
Giornale di Sicilia
Sabato 14 gennaio 2017
Cantone: rifiuti, entro 2 mesi la Sicilia risponda
L'Anticorruzione: gestione degli Ato clientelare, la Regione indichi come intende cambiare. L'assessore: fatti passi avanti
Stefania Giuffrè
palermo
Un dossier di quattordici pagine in cui il sistema dei rifiuti in Sicilia viene messo sotto i riflettori dell'Anticorruzione. Il quadro è quello di un settore martoriato, in cui «l'esperienza delle ex ATO - gestite secondo logiche clientelari - si è rivelata disastrosa sotto ogni punto di vista», scrive il presidente dell'Autorità, Raffaele Cantone. La relazione arriva al termine di una indagine conoscitiva, avviata dopo «numerosi esposti pervenuti all'Anac in cui vengono denunciate presunte illegittimità riferite alle condotte poste in essere dai comuni e dalle società d'ambito nella gestione del servizio di igiene urbana nella Regione Siciliana ». Indagine durante la quale sono stati sentiti sia l'assessore ai Rifiuti, Vania Contrafatto, che il presidente di Anci Sicilia, Leoluca Orlando. Contrafatto aveva segnalato che molti Comuni operano in regime di proroga con affidamenti diretti del servizio di raccolta e smaltimento «sempre alle stesse ditte», Orlando aveva parlato di anomalie che «sarebbero conferma e dalla condizione di oligopolio che caratterizza il sistema ». Nel dossier viene ricostruita la sovrapposizione di enti e competenze, frutto di una disciplina che Cantone definisce «non solo contraddittoria, ma anche difficilmente applicabile». Ci sono numeri e cifre. Gli Ato innanzitutto, i cosiddetti ambiti ottimali, società che una legge datata 2010 ha sostituito con le Srr (società per la regolamentazione del servizio di gestione rifiuti). Da allora però gli Ato sono in liquidazione e le Srr non sono mai definitivamente decollate. Per dare la misura del «fenomeno Ato», l'Anac riporta i rilievi che la Corte dei conti tracciò rispetto alla gestione fra il 2007 e il 2009: costi lievitati, un'esposizione debitoria che sfiorava i 900 milioni di euro, incapacità di riscuotere i crediti nei confronti dei Comuni e dei cittadini per quanto riguarda la tassa sui rifiuti, modestissima percentuale di raccolta differenziata. Con la riforma del 2010 gli Ato da 27 passarono a 18, le competenze furono, nei fatti, proro ate. Il risultato è stato che negli Ato in liquidazione sono arrivati i commissari e l'Anac fa notare che la compresenza di commissari straordinari e commissari liquidatori «non sembra, tuttavia, aver garantito adeguatamente la transizione verso i nuovi assetti gestionali». Un sistema in cui «le Srr sarebbero connotate dalle medesime criticità proprie delle ex società d'ambito». Enti a cui si sono aggiunti (con una circolare del 2013) gli Aro, ossia ambiti territoriali delineati dagli stessi Comuni che possono procedere all'affidamento del servizio. Il risultato è stato di 260 Aro su 390 Comuni, in 103 casi si tratta di Aro composti da un solo Comune. «Non si ritiene tuttavia corretta la gestione autonoma del servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti ad opera del comune che è contemporaneamente socio della Srr», scrive ancora l'Anticorruzione. Cantone poi mette sotto esame la riforma varata dal governo Crocetta e che attende il via libera dell'Ars, quella che dovrebbe traghettare il sistema. Il presidente ell'Anticorruzione ne approva alcuni passaggi ma pone dubbi su alcuni passaggi: la dimensione degli Ato (ne sono previsti 9, il governo nazionale ne aveva chiesti 5 sebbene la legge preveda un bacino «non inferiore almeno a quella del territorio provinciale»); il rischio di frammentazione negli enti di governo degli stessi Ato; la sovrapposizione di competenze nell'espletamento delle gare fra la stazione regionale unica di committenza, gli enti di governo (per le gare sottosoglia) e gli Urega provinciali (Uffici regionali per l'espletamento di gare). Ma soprattutto Cantone punta l'indice sul fatto che «l'incapacità di gestire la fase transitoria completando il processo di liquidazione delle Società d'ambito rischia di pregiudicare l'implementazione del futuro sistema di governance». Il dossier è stato trasmesso al Ministero, con cui da mesi la Regione collabora e con cui ha un accordo da rispettare sull'ammodernamento del sistema, e alla Corte dei Conti. Alla Regione ha dato 60 giorni di tempo per illustrare le iniziative che intendono adottare in merito». L'assessore Contrafatto dice che «il sistema dei rifiuti, in Sicilia, sconta anni di gestioni disastrose, di scelte scellerate, di decisioni mancate e sono soddisfatta che l'Anac, nella sua delibera, riconosca la bontà del ddl presentato su mia proposta dal presidente Crocetta e il fatto che la nostra Regione stia finalmente cambiando passo». Quanto ai rilievi mossi da Cantone Contrafatto spiega: «Illustreremo perché la scelta di 9 Ato è quella ottimale, in base alla popolazione, alla quantità di rifiuti prodotti, alla viabilità, all'impiantistica». Per Contrafatto poi «nessun rischio caos nella fase transitoria: abbiamo applicato le norme del codice civile, gli Ato erediteranno tutti i rapporti salvaguardando i lavoratori. Non ci sarà nessuna paralisi». (*STEGI*)
Servizi ai disabili
Siglata intesa tra il comune di Naro e il libero consorzio
Il Libero Consorzio Comunale di Agrigento e il comune di Naro hanno sottoscritto un protocollo d'intesa che consente al Comune di Naro di accedere e utilizzare il Registro Provinciale degli Enti autorizzati allo svolgimento di servizi a favore degli alunni disabili gravi, già iscritti all'albo Regionale. A sottoscrivere l'accordo il Commissario del Libero Consorzio Roberto Barberi e il Sindaco di Naro Calogero Cremona.
Domenica 15 gennaio 2017
Malattie, congedi, permessi: pronta una stretta
Per la salute c'è la proposta di uno «spacchettamento ad ore» che consentirebbe di non perdere giorni interi in caso di esami clinici
Marianna Berti
ROMA
Nuove regole su malattia, congedi e permessi stanno per arrivare nella pubblica amministrazione. La riapertura della contrattazione segnerà infatti anche una svolta su queste materie. Che l'argomento venga affrontato lo prevede l'intesa del 30 novembre tra sindacati e governo, ma lì si accenna alla ripresa del confronto ad hoc, negoziato che era partito all'Aran nel 2014 ma senza poi giungere a un risultato. Non sarà però questa la strada, non ci sarà un tavolo specifico, ma secondo fonti ben informate il pacchetto malattia rientrerà direttamente nella trattativa «madre» sui rinnovi contrattuali. Fin qui la forma, che già suggerisce come il tema sia caldo. Tanto che un riferimento comparirà anche nell'atto di indirizzo, fischio d'inizio ufficiale della contrattazione, che la ministra della P.a, Marianna Madia, sta preparando. Ma qualcosa sui contenuti già si può anticipare. Il lavoro fatto all'Aran, ormai tre anni fa, aveva conosciuto una fase avanzata, per cui non andrà totalmente disperso. Allora la discuss one si concentrò soprattutto sulla possibilità di spacchettare la «malattia» in ore, in modo che il dipendente pubblico che deve allontanarsi per una visita specialistica o per un esame non salti l'intera giornata di lavoro. Certo quel che si può rivedere nei contratti è quello che i contratti precedenti hanno stabilito, quindi la legge resta fuori, è il caso della 104, che regola i permessi per le gravi disabilità. In questo campo il contratto può intervenire solo su aspetti «a latere», come ad esempio le modalità di fruizione (tra cui rientra il preavviso). Ma, come noto, i lavori per il rinnovo contrattuale vanno di pari passo con la definizione di un decreto di riforma del pubblico impiego, che arriverà a febbraio. Il governo non lascerà quindi cadere i termini per attuare la delega Madia sul lavoro pubblico, anche se sono ancora allo studio le modalità. Per dirne una, c'è l'incognita sulla dirigenza, che rientrerebbe nel calderone ma su cui pende la bocciatura arrivata dalla Consulta a fine novembre. A p oposito, il ministero potrebbe presentare i decreti correttivi su furbetti del cartellino (con cambiamenti marginali), partecipate e dirigenza sanitaria già alla conferenza unificata del 19 gennaio, per cercare l'intesa con gli enti territoriali, come richiesto dalla Corte Costituzionale. Tuttavia sarebbe prima necessario un passaggio in Cdm. Male che va c'è una Conferenza con le Regioni in calendario già per il 2 febbraio. Di sicuro per la fine del prossimo mese l'esecutivo vuole incassare l'ac - cordo, anche perché il decreto furbetti ha già colpito (è stato registrato il caso di un primo licenziamento). Quanto al contrasto degli abusi sulla malattia, o meglio sulle assenze, l'esecutivo è determinato a portare avanti il progetto di un polo unico della medicina fiscale, in capo all'Inps (con le Asl messe da parte). L'obiettivo è rendere gli accertamenti più efficienti. La novità rientrerà nel decreto di febbraio. Decreto che dovrebbe essere anticipato da un confronto con i sindacati, sempre nel rispetto dell'accordo del 30 novembre, che sarà anche al centro della riforma. A questo punto è chiaro come il ministero della P.a sia concentrato già su diversi fronti e sembra difficile che riesca a portare a casa secondo i termini stabiliti le deleghe su altri temi rimasti aperti, dalla revisione dei poteri del premier al taglio delle prefetture.
Sambuca
Pro Loco, dimissioni in massa
Si sono dimessi il presidente, Leo Di Verde, il vice presidente, Calogero Galluzzo, ed i consiglieri Antonella Leggio e Salvatore Rinaldo della Pro Loco di Sambuca. In attesa di nuove elezioni sarà il consigliere più anziano a guidare la Pro Loco. L'incarico è stato conferito a Michele Falco. L'attuale direttivo, entro i termini stabiliti dallo statuto, convocherà l'assemblea dei soci per eleggere i quattro componenti che poi eleggeranno presidente e vice presidente. (*GP*)
Lunedì 16 gennaio 2017
I nodi della sicilia
I sindacati dell'edilizia protestano: per ottenere un finanziamento a volte occorrono anche sei anni
Rifiuti, acqua, appalti: l'Ars cancella le riforme
La legislatura sta per finire e le leggi della svolta non ci sono. Al palo anche le Opere Pie e Camere di Commercio
Giacinto Pipitone
palermo
Sono finite tutte le cassetto. Le grandi riforme annunciate da governo e Parlamento non sono neanche state inserite nel calendario delle leggi da approvare da qui a marzo. E il rischio è che l'ingorgo elettorale che si creerà fra la primavera e l'autunno possa far terminare l'attività legislativa con il varo della Finanziaria e poco più. La riforma che più di tutte sembrava urgente è quella che riguarda i rifiuti. Il governo nazionale l'ha invocata nell'estate del 2015 e la giunta, su proposta dell'assessore Vania Contrafatto, l'ha fatta arrivare all'Ars a giugno del 2016. Da quel momento in poi il testo che riscrive il numero e l'organiz - zazione degli Ato insieme alle regole di gestione degli 11 mila dipendenti ha faticosamente marciato in commissione Ambiente ma non è mai arrivato in aula. E il calendario dei lavori fissato dalla conferenza dei capigruppo alla fine della scorsa settimana esclude questa e le altre riforme. Non cita, per fare un altro esempio, neppure la riforma-bis dell'acqua pubblica, que la resa necessaria dall'impugnativa statale del testo approvato nell'estate del 2015. Servono correzioni che riscrivano le regole per fissare le tariffe e delimitare le competenze dei privati. Ma anche in questo caso non c'è alcuna indicazione sulla data in cui il testo verrà votato. La riforma che sembrava viaggiare più speditamente è quella degli appalti. Il testo messo a punto dall'asses - sore alle Infrastrutture, Giovanni Pistorio, modifica la struttura delle cosiddette stazioni uniche appaltanti aumentandone i componenti e velocizzando così le procedure di affidamento delle gare. È un testo che è stato invocato per accelerare la spesa dei fondi europei (già in ritardo) e del Patto per la Sicilia che prevede investimenti da oltre due miliardi. Anche questa riforma è uscita ufficialmente dall'agenda e ciò ha sollevato la protesta di Santino Barbera della Filca Cisl: «Governo e deputati non hanno interesse a velocizzare le gare. Eppure oggi per espletare una gara non sono sufficienti 6 mesi a causa di lung ggini burocratiche spesso incomprensibili e a causa di stazioni appaltanti che sono emblema di lentezza e farraginosità. Il risultato è che in Sicilia a volte occorrono sei anni per arrivare a un finanziamento». All'appello della Cisl Pistorio ha risposto allargando le braccia: «Comprendiamo il disappunto degli operatori del settore dell'edilizia per il ritardo con cui all'Ars sta avanzando la riforma. Il fatto che il testo sia stato incardinato alla fine dell'anno, in una fase molto complessa dell'attività legislativa perchè connessa dapprima alla sessione di bilancio e ora anche con la delicatissima questione dei liberi consorzi, ha determinato una condizione di difficile agibilità». Fuori dal politichese, Pistorio ha messo sul tappeto il vero problema. Da dicembre a oggi l'Ars ha lavorato di fatto solo sulla manovra economica: dapprima per le variazioni al bilancio 2015, poi per l'esercizio provvisorio e ora per la Finanziaria 2016. Quest'ultima, secondo il calendario ufficiale andrebbe approvata entro il 8 febbraio, anche se non è da escludere che si sfori alla prima settimana di marzo. Nel frattempo un'altra emergenza ha scavalcato quelle che riguardano rifiuti, acqua e appalti: è il caso Province. Per regolamento il Parlamento non può esaminare altre leggi se non la Finanziaria durante la sessione di bilancio, tuttavia è stata decisa un'eccezione che riguarda solo le Province. Deputati e governo hanno deciso di approvare subito una correzione alla riforma che ha abolito i vecchi enti: di sicuro verrà approvata una leggina che rinvia in autunno le elezioni nella Città Metropolitana di Palermo e probabilmente anche in tutti gli altri Liberi Consorzi (gli enti che hanno sostituito le Province). Ed è probabile che in questa legge venga inserito un articolo che finirà per abrogare di fatto la riforma delle Province approvata fra il 2013 e il 2015: una maggioranza trasversale vuole infatti il ritorno all'elezione diretta del presidente dei Liberi Consorzi e delle Città Metropolitane. È anche un modo per restituire spazi elettorali in una fase in cui all'Ars è previsto il taglio di ben venti seggi fin dalle prossime elezioni di ottobre. Tutto questo ha fatto scivolare alla primavera le riforme dei rifiuti, malgrado gli allarmi sulla tenuta del sistema appena lanciati dall'Autorhity Anticorruzione di Cantone. E ha fatto scivolare anche altre leggi da mesi in cantiere come la riforma delle Opere Pie (sommerse da debiti per 30 milioni che da oltre due anni impediscono il pagamento degli stipendi), il testo unico sul commercio e la norma che crea il fondo pensioni per le Camere di Commercio. Senza dimenticare la riforma della formazione professionale, per la verità mai uscita dalla commissione. Il punto è che tutte queste norme rischiano di non essere mai più votate. «Sì - ammette il vicecapogruppo del Pd, Giovanni Panepinto - c'è la possibilità che si vada alla prossima legislatura. Per questo noi chiediamo di stilare un calendario di poche e indispensabili cose da fare. A cominciare dall'acqua, da un riordino delle Province e delle regole sugli appalti». Il timore, che da giorni fa capolino anche alla presidenza dell'Ars, è che fino a marzo il Parlamento sia occupato nell'approvazione della Finanziaria e che dopo la legislatura sia di fatto conclusa. Se il governo fisserà le Amministrative a maggio in 140 Comuni è chiaro che un mese prima l'Ars si fermerà per la campagna elettorale. Poi ci sarà qualche settimana di lavoro prima della pausa estiva e in seguito non si rientrerà più in aula perchè - a meno di sorprese, cioè di anticipazioni - a ottobre sono previste le Regionali.
Livesicilia.it
Crocettae il nuovo aeroporto. Quando a volare è la fantasia
RosarioCrocetta ne parla come se quasi già lo vedesse. I sindaci della zona sono ovviamente in solluchero. E gliinvestitori, indiani nella fattispecie, sfoderano ottimismo esorrisi. La storia e un po' anche la cronaca suggerirebbero forsemaggiore prudenza negli annunci, roboanti come i motori di un jet aldecollo, sull'aeroporto che nascerà, all'indicativo,dalle parti della Piana del Mela. Quello stesso aeroporto che secondol'Enac in Sicilia, dove di aeroporti ce ne sono già sei,difficilmente nascerà mai. Ma Crocetta la sicula politica giàvolano, anche se al momento solo con la fantasia. Un decollo chetanto non costa nulla.
Piùaeroporti per tutti
Solonegli ultimi dieci anni in Sicilia sui giornali sono apparsiaeroporti più o meno dappertutto. AComiso, alla fine, dopo mille peripezie, lo scalo, già esistente eriqualificato, è nato. Altrove, sono rimasti i titoloni.
Comequelli che riguardavano il leggendario aeroporto di Agrigento, sucui la politica sicula si esercitò parecchio tra la fine delloscorso e l'inizio dell'attuale decennio. Erano gli anni d'oro delcuffarismo e la provincia agrigentina poteva contare su sponsorpolitici di peso. L'aeroporto doveva nascere prima a Piano Romano,poi si spostò in Contrada Sant'Oliva, tra Licata e Campobello.«L'aeroporto si farà, non c'è dubbio, siamo tutti d'accordo»,diceva con granitica certezza Cuffaro nel 2009.
LaRegione aveva già messo da parte pure i quattrini. Ma quelguastafeste di Vito Riggio, che già allora guidava l'Enac, andavadicendo che l'aeroporto non c'era, che non c'erano pratiche istruitee spargeva scetticismo. Un po' come lo stesso Riggio, dalla suasempiterna poltrona romana, ha fatto in questi giorni a propositodello scalo messinese che è nei piani dell'imprenditore indianoMahesh Panchavaktra.
Gliaerei dalle parti di Agrigento non atterrarono mai. Anche se tuttoprocedeva "a gonfie vele", assicuravano gli amministratoridell'epoca. E c'era anche una società svizzera, ma con radicisaldamente sicule, messinesi per la precisione, a essere dellapartita.
Già,i famosi capitali stranieri, evocati ieri come allora. Come accaddeper l'altro aeroporto fantasma dei tempi recenti, quello nientemenoche intercontinentale che doveva nascere a Enna, per la precisione aCenturipe. Anche lì articoli di stampa a non finire, governoregionale contento e ottimista (erano i tempi di Lombardo) einvestitori stranieri, cinesi in questo caso, in pole position. Anchelì, la struttura da 300 milioni, non decollò. "L'aeroportointercontinentale di Enna, un sogno che rischia di rimanere tale",raccontava Livesicilia nel 2012, profezia sventuratamenteveritiera.
Ilprogetto messinese e l'Enac
Dopogli annunci degli anni passati seguiti da buchi nell'acqua, saràquesta la volta buona per far nascere il settimo aeroporto sicilianodopo Catania, Palermo, Birgi, Comiso, Lampedusa ePantelleria? Crocettaè convinto di sì. "L'operazione prevede un miliardo di dollari diinvestimenti e l'aeroporto può essere realizzato in un anno e mezzodalla autorizzazione", ha spiegato Crocetta.
Dall'Enacè subito arrivata la frenata di Vito Riggio.Che ha ricordato "l'esistenza del Piano nazionale degliaeroporti a cui bisogna attenersi per lo sviluppo del settore".Piano nazionale che non prevede nuovi aeroporti in Sicilia e che, ingenerale, premia i grandi scali e marginalizza quelli minori.
Loscetticismo di Riggio è stato censurato da Crocetta. Chein tema di annunci aerei ama fare le cose in grande, come quandocomunicò che l'Ast sarebbe diventata una compagnia aerea (ma le aliai pullman non spuntarono). "L'area metropolitana di Messina èpenalizzata dal punto di vista delle infrastrutture portuali. Il buonRiggio potrebbe dire che la zona produce poco, ma bisogna leggere ilprogetto. - ha detto Crocetta - L'idea è di utilizzare il porto diMilazzo per creare una struttura portuale a Milazzo capace diintercettare navi da 200 tonnellate, che venga messo in comunicazionecon le ferrovie".
Verbavolant
G ià,il "buon Riggio", come dice Crocetta, potrebbe cambiareidea. Magariquando avrà ricevuto qualcosa di scritto. Visto che lo stesso Enac"si asterrà - si leggeva in una nota dell'Ente per l'aviazionecivile - da ulteriori commenti in merito all'ipotesi di realizzazionedi un nuovo aeroporto in Sicilia fino a quando non avrà ricevuto unarelazione scritta sul progetto stesso, che l'Ente analizzerà evaluterà secondo le proprie competenze". Aspettandoqualcosa di scritto resta lo show del Crocettaaccantoal magnate indiano, cheparla di un'iniziativa che può portare dai 1.500 ai 15mila posti dilavoro (forbice invero larghetta) e che spiega come il progetto potràdare slancio al made in Sicily nel mondo. L'aeroporto infattidovrebbe essere anche cargo, per quanto il traffico di cargo nelvicino aeroporto di Catania sia minimo. Il piano faraonico da unmiliardo di investimento per un aeroporto cargo-passeggeri, un portoe un centro logistico (più stabilimenti per la produzione dipannelli solari e altro ancora) fa sognare non solo il governatore maanche gli amministratori locali. Sarà davvero la volta buona? Laprudenza sarebbe d'obbligo anche se far volare i sogni non costaniente.