Ilfattoquotidiano
Statali, una
parte degli aumenti è "a tempo". Dal 2019 chi guadagna meno
perderà fino a 29 euro al mese
Una parte dell'aumento
svanirà come la carrozza di Cenerentola. Allo scoccare della
mezzanotte del 31 dicembre 2018. E a rimetterci di più saranno
paradossalmente i
dipendenti con gli stipendi più bassi.
La sorpresa si chiama 'elemento
perequativo' ed è
nell'accordo per il rinnovo
del contratto degli statali,
siglato dopo otto anni di blocco e diversi mesi di trattative. E in
base al quale i vari comparti, dai lavoratori dei ministeri a quelli
della sanità,
hanno siglato intese subito prima delle elezioni.
Ora però si scopre una falla: nella fretta, spiega Il
Sole 24 Ore, si
era stabilito di dare a tutti un aumento pari al 3,48%. Ma quella
quota, si è scoperto poi, avrebbe garantito i promessi 85
euro lordi mensiliin più solo
ai ministeriali, che hanno buste paga mediamente più pesanti. Di lì
la decisione di ricorrere a incrementi temporanei. Destinati a
sparire nel 2019, a meno che non si trovino le risorse per
stabilizzarli. "Aumento a elastico", lo definisce il Sole
24 Ore. Secondo cui, ulteriore
beffa, ad essere più colpiti saranno gli statali che guadagnano
meno. Secondo l'Unione sindacale di base,
molto critica con Cgil, Cisl e Uil, è "una trappola".
Tra l'altro l'Usb ricorda che non viene considerato "agli
effetti dell'indennità di buonuscita o
di anzianità, del trattamento di fine
rapporto, dell'indennità sostitutiva del preavviso, né
dell'indennità in caso di decesso. Insomma un "fuori busta"
che rappresenta "oltre a un'inaccettabile presa in giro, la più
clamorosa negazione della certezza del salario e
del valore dello stesso Ccnl". Il segretario nazionale Cgil
Fp Salvatore Chiaramonte, invece, difende la
scelta di avvalersi di questo strumento. "In tutte le fasi di
trattativa - spiega a ilfattoquotidiano.it - è
stata comunicata la scelta di introdurre questo elemento che, tra
l'altro, abbiamo l'obiettivo di rendere stabile con
il rinnovo dei nuovi contratti".
IL MECCANISMO DEGLI AUMENTI - L'accordo
prevedeva aumenti retributivi sullo stipendio base dai 63 ai 117 euro
mensili lordi a regime per gli statali. Parliamo dei dipendenti
di ministeri, agenzie fiscali ed enti pubblici
non economici. A questi incrementi andava aggiunta una
componente provvisoria per i livelli più bassi, che oscilla tra i
21,10 e 25,80 euro. L''elemento perequativo' è però valido
solo per dieci mensilità, ossia da marzo (con
i primi aumenti tabellari) a dicembre 2018. Un extra 'a tempo
determinato' che interessa più di due milioni di dipendenti
pubblici. Il tempo di lanciare uno slogan prima delle elezioni,
secondo i più critici. Non solo. A perdere più soldi sarà proprio
chi guadagna di meno, l'esatto opposto dell'obiettivo dichiarato
solo pochi mesi fa. "L'intento non era quello di fare un
gioco di prestigio, ma di trovare una soluzione ad alcuni problemi
tecnici", spiega Chiaramonte, che sottolinea l'intenzione di
correre ai ripari. "Fra tre mesi ci sediamo al tavolo - continua
- per il rinnovo dei contratti e nelle nostre piattaforme c'è
anche la stabilizzazione di quella quota perequativa". A
patto ovviamente di trovare le risorse.
GLI EFFETTI SUGLI STIPENDI - Ma
cosa cambia, in effetti, per le buste paga? Facciamo alcuni esempi,
seguendo le tabelle elaborate dal Sole 24 ore. I
dipendenti delle Regioni, quelli del settore della Sanità, ma anche
gli insegnanti con meno anzianità
perderanno circa 20 euro al mese, intorno al il 25% dell'aumento.
Per un impiegato della sanità l'aumento
medio è di 85,4 euro, ma quello stabile si ferma a 66,9. E se uno
stipendio da 2.283,2 euro, con il nuovo accordo, sale stabilmente di
90,8 euro più 4 euro "temporanei", uno di 1.269,3 euro passa a
1.349,8 ma con un incremento stabile di soli 50,5 euro. Mentre 30
sono temporanei. Stesso discorso, ad esempio, per i
dipendenti di Regioni ed enti locali. Con i nuovi contratti
uno stipendio di 2.281,9 euro avrà rispetto al passato un aumento
stabile di 90,3 euro e uno temporaneo di 2 euro, ma è sui dipendenti
con redditi più bassi che il 'gioco di prestigio' avrà gli
effetti più importanti. Chi oggi guadagna 1.341,4 euro (con un
aumento stabile di 52 euro), porterà a casa dal 1 gennaio 2019
1.312,4 euro, per la perdita di un elemento perequativo pari a 29
euro.
LE CAUSE DELL'ALTALENA - Come
si è arrivati a questo? Il problema è sorto quando l'attuazione
dell'accordo sugli aumenti medi da 85 euro al mese - siglato tra
il governo Renzi e i sindacati pochi giorni prima
del referendum costituzionale -
si
è scontrato con la realtà dei rinnovi contrattuali. L'intenzione
iniziale era quella di dare più soldi a chi guadagnava di meno, ma è
stata scelta la strada di una percentuale di aumento uguale per tutti
da applicare ai vari settori. Peccato che questa percentuale sia
stata plasmata sui
dipendenti ministeriali, che hanno stipendi più alti rispetto a
quelli degli altri settori della pubblica amministrazione. I quali,
quindi, non arrivavano agli 85 euro medi promessi dall'accordo. Da
qui la necessità di un aumento extra. "Avevamo da un lato
l'esigenza - spiega Chiaramonte a ilfattoquotidiano.it -
di
garantire gli 85 euro a tutti, dall'altro quella di mettere a
riparo tutti i percettori del bonus
da 80 euro che
con i nuovi contratti rischiavano di perderlo". Già, perché
facendo i calcoli ci si è accorti che l'aumento dei contratti
sarebbe costato a
oltre 300mila dipendenti la
perdita parziale o totale del bonus, perché gli stipendi rientravano
nella fascia fra i 24mila e i 26mila euro. Da qui le correzioni
in legge di Bilancio,
che ha solo parzialmente risolto in problema. La manovra ha stabilito
che il bonus fosse azzerato dai 26.600
euro in
su e diminuito gradualmente dai 24.600
euro in
poi. "Rimanevano senza copertura - aggiunge Chiaramonte - la
maggioranza degli stipendi più bassi, per i quali si è pensato a
una quota di solidarietà del
reddito. Non è una sorpresa per nessuno che si tratta di una quota
non stabile, ma la nostra intenzione è quella di trasformare uno
strumento straordinario in una componente ordinaria dello stipendio".
Grandangoloagrigento.it
Musumeci:
"Aboliamo
il voto segreto all'Assemblea regionale siciliana.
E'
una questione di etica, di trasparenza e di rispetto verso gli
elettori". Lo chiede il presidente della Regione Siciliana, Nello
Musumeci, in una lettera inviata al presidente dell'Ars, Gianfranco
Micciche', mantenendo fede a un impegno gia' preannunciato alla
vigilia delle elezioni. "Come Le e' noto, da lungo tempo e da
piu' parti - accademiche, dottrinarie, politiche - e, non
ultime, varie e diffuse espressioni della pubblica opinione - si
legge nella nota di Musumeci - viene postulata l'abolizione o,
almeno, il drastico ridimensionamento del ricorso al voto segreto
anche nell'ambito dell'Assemblea Regionale Siciliana da Lei
presieduta. Il voto segreto si e' via via trasformato nella
principale arma dei 'franchi tiratori', ovverosia dei
parlamentari che tradiscono un impegno assunto apertamente e
altrettanto apertamente dichiarato". "Nella attualita' della
fase politica - continua il presidente - ad alcuno puo'
sfuggire come la stragrande maggioranza dei cittadini siciliani
reclami assoluta trasparenza e coerenza di condotte politiche e
parlamentari dai suoi rappresentanti, ai quali richiede prese di
posizione nitide e riconoscibili e non certo proditorie 'imboscate'
d'Aula. Non comprenderlo costituirebbe grave ritardo culturale e
politico". "Non sussistendo alcun ostacolo di ordine
costituzionale e nemmeno piu' semplicemente ordinamentale -
conclude Musumeci - Le formulo, Onorevole Presidente, la richiesta
di volere valutare la necessita' di avviare il procedimento
parlamentare - a mio avviso non piu' procrastinabile -
finalizzato alla modifica del Regolamento interno dell'Assemblea
Regionale Siciliana, nella parte in cui prevede ancora il ricorso al
voto segreto, limitandolo a casi ove siano da decidere soggettivi
diritti personali. Confidando nella Sua sensibilita' verso un tema
tanto attuale e largamente condiviso, auspico un iter parlamentare
consapevole e celere e rimango in attesa di riscontro".
Sicilia24h.it
Università
ad Agrigento, Di Rosa Mani Libere): "Firetto, promessa mantenuta o
protagonismo civico?"
Il
responsabile del movimento "Mani Libere" Giuseppe Di Rosa
interviene sull'ennesimo smacco che sta subendo il Cua di Agrigento
con il trasferimento della facoltà dei Beni Culturali nella sede di
Palermo. Dice:
"Il
CUA di Agrigento ?
Alfano, Firetto, Fontana, Di Mauro,
Capodicasa, Panepinto, Cascio, Bosco, La Rocca Ruvolo, Cusumano,
Gentile, Moscat, Lo Bello, Iacono, Zambuto, dove siete ?
Non avete un sussulto al cuore a vedere
morire la cultura agrigentina mentre il vostro sindaco si pavoneggia
sui social incontrando ambasciatori e valorizzando le iniziative di
protagonismo civico realizzate con soldi ed energie dei
cittadini.
Professore Armao, lei che ha avuto la visibilità che
le serviva nel periodo pre elettorale facendosi designare a capo
della università agrigentina, adesso che fa oltre ad assistere alla
sua morte definitiva ?
Personalità della cultura e della
imprenditoria agrigentina e di oltre stretto alla corte di Firetto
per Agrigento 2020, adesso perché non fate qualcosa per la vera
sconfitta dell'unica cultura agrigentina?
Firetto, hai voluto
Busetta al comando dell' università agrigentina e tuoi uomini nel
CDA, ma Busetta risponde a te o al Rettore Micari? Che facciamo
organizziamo una manifestazione con i tuoi uomini di Agrigento
Manifesta ? A questo punto chiedo a tutti coloro che hanno finto
sempre amore per la città un rigurgito di coscienza: versate un anno
di proventi dalla politica nelle casse del Cua-Cupa dove ancora
tenete i vostri uomini al comando.
"Salvate
l'università dei "nostri" figli anzicchè continuare a fare
politica per i "vostri" figli".
Sindaco, giunta, presidente del
consiglio comunale, consiglieri di maggioranza, se avete ancora un
pizzico di dignità politica, dimettetevi!"
Marcella
Carlisi su Cua:
"Nonostante
le rassicurazioni dell'amministrazione e della maggioranza in
Consiglio ho letto, con sgomento, l'eliminazione dei corsi di
laurea dall'università di Agrigento.
Nonostante
le rassicurazioni dell'amministrazione e della maggioranza in
Consiglio in questi mesi, ho letto, con sgomento, l'eliminazione
dei corsi di laurea dall'università di Agrigento.
Le nomine
politiche dei vertici del CUA si avviano a chiudere le porte
dell'ateneo agrigentino. Perché non si riesce a mantenere un corso
di laurea come Beni culturali che ospitava studenti che venivano
anche da altre parti d'Italia? Eppure studiare queste materie ad
Agrigento da una marcia in più.
A chi giova chiudere? Mancano i
soldi o è una volontà politica?
Senza Palermo il CUA sembra non
avere più una gamba: è indispensabile? Perché non aprirsi a nuove
opportunità?
Mancano i soldi? Però spesso si trovano per spese
voluttuarie.
Il Comune di Agrigento si lava la coscienza.
Leggo
nelle misure correttive per la Corte dei Conti stilate
dall'amministrazione di Agrigento:
con nota prot 99788 del
20/12/2017 è stata notificata al Consorzio universitario di
Agrigento la volontà dell'ente di ridurre la quota di
partecipazione annua per l'importo di € 47mila manifestando la
disponibilità ad offrire in concessione un immobile del centro
storico con canone annuo corrispondente alla residua quota di
partecipazione residua di 103mila euro!
Dunque meno soldi in
cambio di un immobile da ristrutturare non si sa con quali soldi dal
CUA che, al momento, non avrebbe nemmeno il necessario per pagarsi il
trasferimento.
Perché quando la provincia voleva offrire gli
immobili dove attualmente si trova è stato detto di no? Perché in
quel caso servivano i soldi e non gli immobili?
E così Agrigento
cambia e rinasce come capitale della cultura ma senza la cultura.
lasicilia.it
GIRGENTI ACQUE, I SINDACATI CRITICANO LA GESTIONE DEL PERSONALE
RITARDI NEI PAGAMENTI, E LA CREAZIONE DI UN "CLIMA INTIMIDATORIO E PERSECUTORIO VERSO I DIPENDENTI"
Ritardi nei pagamenti, la creazione di un "clima intimidatorio e persecutorio verso i dipendenti e innovativi sistemi di timbratura per i lavoratori attraverso lo scatto di un "selfie", ovvero un autoscatto çon il cellulare, all'inizio e alla fine della giornata di lavoro da inviare all'azienda.
Sono queste alcune delle criticità che i sindacati di categoria Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltec Uil, con le rispettive segreterie provinciali, contestano alla società digestione del servizio idrico integrato Girgenti Acque.
Tutto è contenuto in un documento nel quale i rappresentanti dei lavoratori chiedono l'avvio delle procedure di raffreddamento, anticamera per la dichiarazione dello sciopero.
La lista delle doglianze delle sigle è lunga.
Tra le questioni da affrontare, scrivono i sindacati, troviamo gli "ingiustificati ritardi nei pagamenti degli stipendi" e la mancata concessione delle ferie "nei tempi e nei modi definiti dal contratto collettivo gas e acqua, dalle leggi vigenti in materia e degli accordi sottoscritti in Prefettura". Ma non solo.
I sindacati rilevano carenza anche strutturali, come un "parco auto non conforme alle direttive in materia di sicurezza", cui si aggiunge un uso "promiscuo dei lavoratori delle due aziende", Girgenti Acque e Hydortecne, che pur essendo una partecipata dovrebbe solo svolgere attività di installazione dei contatori e manutenzione degli stessi, nonostante gli operatori abbiano contratti di tipo diverso.
Un lungo elenco di criticità che però l'azienda respinge con forza: se da un lato conferma, ad esempio, di aver pagato lo stipendio di febbraio, specifica che "gli episodici ritardi nel pagamento degli stipendi sono imputabili alla variabilità temporale dei flussi finanziari".
Ma per Girgenti Acque tutti i punti elencati dai sindacati sono stati "oggetto di trattative nonché di accordi", e quindi accusa i rappresentanti dei lavoratori di produrre "un'informazione errata nei dipendenti".
Rispetto a questi ultimi, la società "respinge quanto asserito dalle organizzazioni sindacali, in quanto il rapporto di lavoro viene gestito con professionalità, nella piena osservanza delle disposizioni di legge, del contratto collettivo, e dei canoni di correttezza e buona fede".
Questo ammettendo, comunque, che in caso "di effettiva inosservanza dei doveri incombenti sui dipendenti, si è legittimamente esercitata l'azione disciplinare che nei casi più gravi, ha comportato il licenziamento" .
Gi.SCH.
FINANZIARIA, MARATONA NOTTURNA IN GIUNTA
C'E' ANCHE IL "SOCIAL HOUSING" PER I GIOVANI
PALERMO.
«Una finanziaria che sia una finanziaria e non quel grande contenitore dove ognuno metteva tutto e il contrario di tutto». Così parlò Nello Musumeci alla vigilia della maratona notturna di ieri a cui la giunta di governo ha affidato il compito di predisporre lo schema di bilancio e la legge di stabilità da presentare all Ars.
Al via - come ampiamente anticipato ieri da La Sicilia - ci dovrebbe dunque essere un documento tecnico ridotto all'essenziale, da approvare tra marzo e aprile, con accanto un collegato con una serie di misure a parte, dove rientrerebbe un ruolo più attivo dell'aula, da definire tra giugno e luglio. Una misura in due tempi dunque, in grado di consentire una suddivisione di criteri, metodi e obiettivi, ma anche un momento differenziato per condividere successivamente pesi e responsabilità definite tra governo e maggioranza all'Ars.
Lo stesso Musumeci, ieri in visita a Catania, ha tenuto a precisare la necessità di intervenire in tempi e modi diversi tra leggi di settore e norme "che hanno una ricaduta finanziaria nelle entrate e nelle uscite e debbono appartenere alla legge finanziaria».
Del resto ha fatto notare il governatore siciliano: «II Bilancio è il più politico tra gli atti, uno strumento essenziale». Sul tavolo «solo alcune decine di norme», ha precisato. A partire dalla nstrutturazione delle politiche per l'edilizia popolare. Musumeci ha confermato che per gli Iacp si tratta ormai di giorni contati: «Creeremo un'Agenzia regionale per la casa che programmi e pianifichi con gli enti locali le esigenze del territorio. In Sicilia ci sono almeno 50mila famiglie che hanno bisogno di un alloggio popolare». Ma qual è in dettaglio la misura? Allo studio ci sarebbe la sperirnentazione di una forma di social housing per mille coppie siciliane per i quali gli interessi del mutuo contratto saranno a carico della Regione.
Della fusione tra Irfis, Crias ed Ircac si è già detto, mentre tra le misure che potrebbero trovare posto nella legge finanziaria, la soppressione del consorzi di bonifica. Possibile anche l'inserimento di una norma ad hoc sul contratto dei regionali. Il traguardo del rinnovo del contratto non è imminente, ma le trattative sembrano incanalate nel binario giusto.
Per quanto riguarda uno dei carrozzoni su cui più si discute in Sicilia, quello dell'Irsap (Istituto regionale sviluppo attività produttive) al momento il governo regionale non ha deciso l'immediata soppressione dell'ente. Anche in questo caso sarà compito di una specifica norma a parte stabilire in che modo venga modificata la struttura dell'ente e se dismetterlo del tutto. In ogni caso il contenitore, anche se transitorio, di gestione, potrà disporre di un'importante risorsa finanziaria di 83 milioni di euro da utilizzare in progetti a favore delle imprese siciliane.
Focus puntato sui disabili gravissimi che lo scorso anno erano 2.500, «un fenomeno assolutamente sottovalutato, - ha commentato Musumeci- secondo la ricognizione effettuata dalle Asp sono 12mila». Definita anchela volontà di accorpare la Polizia provinciale delle nove provincia all'interno del Corpo forestale e i guardiaparco dei Nebrodi.
Dulcis infundo quella che non puo essere derubricata a una semplice operazione nostalgia. Secondo Musumeci:"le Province richiedono una legge di settore. La riforma non può essere calata in uno strumento contabile. Le competenza essenziali a cui pensiamo riguardano rifiuti e acqua. Nel contesto legislativo della riforma degli enti di area vasta verrà collocata l'altra importante legge di settore sul riordino del sistema dei rifiuti che nella scorsa legislatura si arenò all'Ars dopo essersi impantanata".