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Rassegna stampa del 20 marzo 2018

 

Ilfattoquotidiano
Statali, una parte degli aumenti è "a tempo". Dal 2019 chi guadagna meno perderà fino a 29 euro al mese

Una parte dell'aumento svanirà come la carrozza di Cenerentola. Allo scoccare della mezzanotte del 31 dicembre 2018. E a rimetterci di più saranno paradossalmente i dipendenti con gli stipendi più bassi. La sorpresa si chiama 'elemento perequativo' ed è nell'accordo per il rinnovo del contratto degli statali, siglato dopo otto anni di blocco e diversi mesi di trattative. E in base al quale i vari comparti, dai lavoratori dei ministeri a quelli della sanità, hanno siglato intese subito prima delle elezioni. Ora però si scopre una falla: nella fretta, spiega Il Sole 24 Ore, si era stabilito di dare a tutti un aumento pari al 3,48%. Ma quella quota, si è scoperto poi, avrebbe garantito i promessi 85 euro lordi mensiliin più solo ai ministeriali, che hanno buste paga mediamente più pesanti. Di lì la decisione di ricorrere a incrementi temporanei. Destinati a sparire nel 2019, a meno che non si trovino le risorse per stabilizzarli. "Aumento a elastico", lo definisce il Sole 24 Ore. Secondo cui, ulteriore beffa, ad essere più colpiti saranno gli statali che guadagnano meno. Secondo l'Unione sindacale di base, molto critica con Cgil, Cisl e Uil, è "una trappola". Tra l'altro l'Usb ricorda che non viene considerato "agli effetti dell'indennità di buonuscita o di anzianità, del trattamento di fine rapporto, dell'indennità sostitutiva del preavviso, né dell'indennità in caso di decesso. Insomma un "fuori busta" che rappresenta "oltre a un'inaccettabile presa in giro, la più clamorosa negazione della certezza del salario e del valore dello stesso Ccnl". Il segretario nazionale Cgil Fp Salvatore Chiaramonte, invece, difende la scelta di avvalersi di questo strumento. "In tutte le fasi di trattativa - spiega a ilfattoquotidiano.it - è stata comunicata la scelta di introdurre questo elemento che, tra l'altro, abbiamo l'obiettivo di rendere stabile con il rinnovo dei nuovi contratti". IL MECCANISMO DEGLI AUMENTI - L'accordo prevedeva aumenti retributivi sullo stipendio base dai 63 ai 117 euro mensili lordi a regime per gli statali. Parliamo dei dipendenti di ministeri, agenzie fiscali ed enti pubblici non economici. A questi incrementi andava aggiunta una componente provvisoria per i livelli più bassi, che oscilla tra i 21,10 e 25,80 euro. L''elemento perequativo' è però valido solo per dieci mensilità, ossia da marzo (con i primi aumenti tabellari) a dicembre 2018. Un extra 'a tempo determinato' che interessa più di due milioni di dipendenti pubblici. Il tempo di lanciare uno slogan prima delle elezioni, secondo i più critici. Non solo. A perdere più soldi sarà proprio chi guadagna di meno, l'esatto opposto dell'obiettivo dichiarato solo pochi mesi fa. "L'intento non era quello di fare un gioco di prestigio, ma di trovare una soluzione ad alcuni problemi tecnici", spiega Chiaramonte, che sottolinea l'intenzione di correre ai ripari. "Fra tre mesi ci sediamo al tavolo - continua - per il rinnovo dei contratti e nelle nostre piattaforme c'è anche la stabilizzazione di quella quota perequativa". A patto ovviamente di trovare le risorse. GLI EFFETTI SUGLI STIPENDI - Ma cosa cambia, in effetti, per le buste paga? Facciamo alcuni esempi, seguendo le tabelle elaborate dal Sole 24 ore. I dipendenti delle Regioni, quelli del settore della Sanità, ma anche gli insegnanti con meno anzianità perderanno circa 20 euro al mese, intorno al il 25% dell'aumento. Per un impiegato della sanità l'aumento medio è di 85,4 euro, ma quello stabile si ferma a 66,9. E se uno stipendio da 2.283,2 euro, con il nuovo accordo, sale stabilmente di 90,8 euro più 4 euro "temporanei", uno di 1.269,3 euro passa a 1.349,8 ma con un incremento stabile di soli 50,5 euro. Mentre 30 sono temporanei. Stesso discorso, ad esempio, per i dipendenti di Regioni ed enti locali. Con i nuovi contratti uno stipendio di 2.281,9 euro avrà rispetto al passato un aumento stabile di 90,3 euro e uno temporaneo di 2 euro, ma è sui dipendenti con redditi più bassi che il 'gioco di prestigio' avrà gli effetti più importanti. Chi oggi guadagna 1.341,4 euro (con un aumento stabile di 52 euro), porterà a casa dal 1 gennaio 2019 1.312,4 euro, per la perdita di un elemento perequativo pari a 29 euro. LE CAUSE DELL'ALTALENA - Come si è arrivati a questo? Il problema è sorto quando l'attuazione dell'accordo sugli aumenti medi da 85 euro al mese - siglato tra il governo Renzi e i sindacati pochi giorni prima del referendum costituzionale - si è scontrato con la realtà dei rinnovi contrattuali. L'intenzione iniziale era quella di dare più soldi a chi guadagnava di meno, ma è stata scelta la strada di una percentuale di aumento uguale per tutti da applicare ai vari settori. Peccato che questa percentuale sia stata plasmata sui dipendenti ministeriali, che hanno stipendi più alti rispetto a quelli degli altri settori della pubblica amministrazione. I quali, quindi, non arrivavano agli 85 euro medi promessi dall'accordo. Da qui la necessità di un aumento extra. "Avevamo da un lato l'esigenza - spiega Chiaramonte a ilfattoquotidiano.it - di garantire gli 85 euro a tutti, dall'altro quella di mettere a riparo tutti i percettori del bonus da 80 euro che con i nuovi contratti rischiavano di perderlo". Già, perché facendo i calcoli ci si è accorti che l'aumento dei contratti sarebbe costato a oltre 300mila dipendenti la perdita parziale o totale del bonus, perché gli stipendi rientravano nella fascia fra i 24mila e i 26mila euro. Da qui le correzioni in legge di Bilancio, che ha solo parzialmente risolto in problema. La manovra ha stabilito che il bonus fosse azzerato dai 26.600 euro in su e diminuito gradualmente dai 24.600 euro in poi. "Rimanevano senza copertura - aggiunge Chiaramonte - la maggioranza degli stipendi più bassi, per i quali si è pensato a una quota di solidarietà del reddito. Non è una sorpresa per nessuno che si tratta di una quota non stabile, ma la nostra intenzione è quella di trasformare uno strumento straordinario in una componente ordinaria dello stipendio".


Grandangoloagrigento.it

Musumeci: "Aboliamo il voto segreto all'Assemblea regionale siciliana.

E' una questione di etica, di trasparenza e di rispetto verso gli elettori". Lo chiede il presidente della Regione Siciliana, Nello Musumeci, in una lettera inviata al presidente dell'Ars, Gianfranco Micciche', mantenendo fede a un impegno gia' preannunciato alla vigilia delle elezioni. "Come Le e' noto, da lungo tempo e da piu' parti - accademiche, dottrinarie, politiche - e, non ultime, varie e diffuse espressioni della pubblica opinione - si legge nella nota di Musumeci - viene postulata l'abolizione o, almeno, il drastico ridimensionamento del ricorso al voto segreto anche nell'ambito dell'Assemblea Regionale Siciliana da Lei presieduta. Il voto segreto si e' via via trasformato nella principale arma dei 'franchi tiratori', ovverosia dei parlamentari che tradiscono un impegno assunto apertamente e altrettanto apertamente dichiarato". "Nella attualita' della fase politica - continua il presidente - ad alcuno puo' sfuggire come la stragrande maggioranza dei cittadini siciliani reclami assoluta trasparenza e coerenza di condotte politiche e parlamentari dai suoi rappresentanti, ai quali richiede prese di posizione nitide e riconoscibili e non certo proditorie 'imboscate' d'Aula. Non comprenderlo costituirebbe grave ritardo culturale e politico". "Non sussistendo alcun ostacolo di ordine costituzionale e nemmeno piu' semplicemente ordinamentale - conclude Musumeci - Le formulo, Onorevole Presidente, la richiesta di volere valutare la necessita' di avviare il procedimento parlamentare - a mio avviso non piu' procrastinabile - finalizzato alla modifica del Regolamento interno dell'Assemblea Regionale Siciliana, nella parte in cui prevede ancora il ricorso al voto segreto, limitandolo a casi ove siano da decidere soggettivi diritti personali. Confidando nella Sua sensibilita' verso un tema tanto attuale e largamente condiviso, auspico un iter parlamentare consapevole e celere e rimango in attesa di riscontro".

Sicilia24h.it
Università ad Agrigento, Di Rosa Mani Libere): "Firetto, promessa mantenuta o protagonismo civico?"

Il responsabile del movimento "Mani Libere" Giuseppe Di Rosa interviene sull'ennesimo smacco che sta subendo il Cua di Agrigento con il trasferimento della facoltà dei Beni Culturali nella sede di Palermo. Dice: "Il CUA di Agrigento ? Alfano, Firetto, Fontana, Di Mauro, Capodicasa, Panepinto, Cascio, Bosco, La Rocca Ruvolo, Cusumano, Gentile, Moscat, Lo Bello, Iacono, Zambuto, dove siete ? Non avete un sussulto al cuore a vedere morire la cultura agrigentina mentre il vostro sindaco si pavoneggia sui social incontrando ambasciatori e valorizzando le iniziative di protagonismo civico realizzate con soldi ed energie dei cittadini.
Professore Armao, lei che ha avuto la visibilità che le serviva nel periodo pre elettorale facendosi designare a capo della università agrigentina, adesso che fa oltre ad assistere alla sua morte definitiva ?
Personalità della cultura e della imprenditoria agrigentina e di oltre stretto alla corte di Firetto per Agrigento 2020, adesso perché non fate qualcosa per la vera sconfitta dell'unica cultura agrigentina?
Firetto, hai voluto Busetta al comando dell' università agrigentina e tuoi uomini nel CDA, ma Busetta risponde a te o al Rettore Micari? Che facciamo organizziamo una manifestazione con i tuoi uomini di Agrigento Manifesta ? A questo punto chiedo a tutti coloro che hanno finto sempre amore per la città un rigurgito di coscienza: versate un anno di proventi dalla politica nelle casse del Cua-Cupa dove ancora tenete i vostri uomini al comando. "Salvate l'università dei "nostri" figli anzicchè continuare a fare politica per i "vostri" figli". Sindaco, giunta, presidente del consiglio comunale, consiglieri di maggioranza, se avete ancora un pizzico di dignità politica, dimettetevi!" 

Marcella Carlisi su Cua:
"Nonostante le rassicurazioni dell'amministrazione e della maggioranza in Consiglio ho letto, con sgomento, l'eliminazione dei corsi di laurea dall'università di Agrigento. Nonostante le rassicurazioni dell'amministrazione e della maggioranza in Consiglio in questi mesi, ho letto, con sgomento, l'eliminazione dei corsi di laurea dall'università di Agrigento.

Le nomine politiche dei vertici del CUA si avviano a chiudere le porte dell'ateneo agrigentino. Perché non si riesce a mantenere un corso di laurea come Beni culturali che ospitava studenti che venivano anche da altre parti d'Italia? Eppure studiare queste materie ad Agrigento da una marcia in più.
A chi giova chiudere? Mancano i soldi o è una volontà politica?
Senza Palermo il CUA sembra non avere più una gamba: è indispensabile? Perché non aprirsi a nuove opportunità?
Mancano i soldi? Però spesso si trovano per spese voluttuarie.
Il Comune di Agrigento si lava la coscienza.
Leggo nelle misure correttive per la Corte dei Conti stilate dall'amministrazione di Agrigento:
con nota prot 99788 del 20/12/2017 è stata notificata al Consorzio universitario di Agrigento la volontà dell'ente di ridurre la quota di partecipazione annua per l'importo di € 47mila manifestando la disponibilità ad offrire in concessione un immobile del centro storico con canone annuo corrispondente alla residua quota di partecipazione residua di 103mila euro!
Dunque meno soldi in cambio di un immobile da ristrutturare non si sa con quali soldi dal CUA che, al momento, non avrebbe nemmeno il necessario per pagarsi il trasferimento.
Perché quando la provincia voleva offrire gli immobili dove attualmente si trova è stato detto di no? Perché in quel caso servivano i soldi e non gli immobili?
E così Agrigento cambia e rinasce come capitale della cultura ma senza la cultura.

lasicilia.it
GIRGENTI ACQUE, I SINDACATI CRITICANO LA GESTIONE DEL PERSONALE RITARDI NEI PAGAMENTI, E LA CREAZIONE DI UN "CLIMA INTIMIDATORIO E PERSECUTORIO VERSO I DIPENDENTI"
Ritardi nei pagamenti, la creazione di un "clima intimidatorio e persecutorio verso i dipendenti e innovativi sistemi di timbratura per i lavoratori attraverso lo scatto di un "selfie", ovvero un autoscatto çon il cellulare, all'ini­zio e alla fine della giornata di lavoro da inviare all'azienda. Sono queste alcune delle criticità che i sindacati di categoria Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltec Uil, con le rispettive segreterie provinciali, contestano alla società digestione del servizio idrico integrato Girgenti Acque. Tutto è contenuto in un documento nel quale i rappresentanti dei lavoratori chiedono l'avvio delle procedure di raffreddamento, anticamera per la dichiarazione dello sciopero. La lista delle doglianze delle sigle è lunga. Tra le questioni da affrontare, scrivono i sindacati, troviamo gli "ingiustificati ritardi nei pagamenti degli stipendi" e la mancata concessione delle ferie "nei tempi e nei modi definiti dal contratto collettivo gas e acqua, dalle leggi vigenti in materia e degli accordi sottoscritti in Prefettura". Ma non solo. I sindacati rilevano carenza anche strutturali, come un "parco auto non conforme alle direttive in materia di sicurezza", cui si aggiunge un uso "promiscuo dei lavoratori delle due aziende", Girgenti Acque e Hydortecne, che pur essendo una partecipata dovrebbe solo svolgere attività di installazione dei contatori e manutenzione degli stessi, nonostante gli operatori abbiano contratti di tipo diverso. Un lungo elenco di criticità che però l'azienda respinge con forza: se da un lato conferma, ad esempio, di aver pagato lo stipendio di febbraio, specifica che "gli episodici ritardi nel pagamento degli stipendi sono imputabili alla variabilità temporale dei flussi finanziari". Ma per Girgenti Acque tutti i punti elencati dai sindacati sono stati "oggetto di trattative nonché di accordi", e quindi accusa i rappresentanti dei lavoratori di produrre "un'informazione errata nei dipendenti". Rispetto a questi ultimi, la società "respinge quanto asserito dalle organizzazioni sindacali, in quanto il rapporto di lavoro viene gestito con professionalità, nella piena osservanza delle disposizioni di legge, del contratto collettivo, e dei canoni di correttezza e buona fede". Questo ammettendo, comunque, che in caso "di effettiva inosservanza dei doveri incombenti sui dipendenti, si è legittimamente esercitata l'azione disciplinare che nei casi più gravi, ha comportato il licenziamento" . Gi.SCH.

 FINANZIARIA, MARATONA NOTTURNA IN GIUNTA C'E' ANCHE IL "SOCIAL HOUSING" PER I GIOVANI PALERMO.
«Una finanziaria che sia una finanziaria e non quel grande contenitore dove ognuno metteva tutto e il contrario di tutto». Così parlò Nello Musumeci alla vigilia della maratona notturna di ieri a cui la giunta di governo ha affidato il compito di predisporre lo schema di bilancio e la legge di stabilità da presentare all Ars. Al via - come ampiamente anticipato ieri da La Sicilia - ci dovrebbe dunque essere un documento tecnico ridotto all'essenziale, da approvare tra marzo e aprile, con accanto un collegato con una serie di misure a parte, dove rientrerebbe un ruolo più attivo dell'aula, da definire tra giugno e luglio. Una misura in due tempi dunque, in grado di consentire una suddivisione di criteri, metodi e obiettivi, ma anche un momento differenziato per condividere successivamente pesi e responsabilità definite tra governo e maggioranza all'Ars. Lo stesso Musumeci, ieri in visita a Catania, ha tenuto a precisare la necessità di intervenire in tempi e modi diversi tra leggi di settore e norme "che hanno una ricaduta finanziaria nelle entrate e nelle uscite e debbono appartenere alla legge finanziaria». Del resto ha fatto notare il governatore siciliano: «II Bilancio è il più politico tra gli atti, uno strumento essenziale». Sul tavolo «solo alcune decine di norme», ha precisato. A partire dalla nstrutturazione delle politiche per l'edilizia popolare. Musumeci ha confermato che per gli Iacp si tratta ormai di giorni contati: «Creeremo un'Agenzia regionale per la casa che programmi e pianifichi con gli enti locali le esigenze del territorio. In Sicilia ci sono almeno 50mila famiglie che hanno bisogno di un alloggio popolare». Ma qual è in dettaglio la misura? Allo studio ci sarebbe la sperirnentazione di una forma di social housing per mille coppie siciliane per i quali gli interessi del mutuo contratto saranno a carico della Regione. Della fusione tra Irfis, Crias ed Ircac si è già detto, mentre tra le misure che potrebbero trovare posto nella legge finanziaria, la soppressione del consorzi di bonifica. Possibile anche l'inserimento di una norma ad hoc sul contratto dei regionali. Il traguardo del rinnovo del contratto non è imminente, ma le trattative sembrano incanalate nel binario giusto. Per quanto riguarda uno dei carrozzoni su cui più si discute in Sicilia, quello dell'Irsap (Istituto regionale sviluppo attività produttive) al momento il governo regionale non ha deciso l'immediata soppressione dell'ente. Anche in questo caso sarà compito di una specifica norma a parte stabilire in che modo venga modificata la struttura dell'ente e se dismetterlo del tutto. In ogni caso il contenitore, anche se transitorio, di gestione, potrà disporre di un'importante risorsa finanziaria di 83 milioni di euro da utilizzare in progetti a favore delle imprese siciliane. Focus puntato sui disabili gravissimi che lo scorso anno erano 2.500, «un fenomeno assolutamente sottovalutato, - ha commentato Musumeci- secondo la ricognizione effettuata dalle Asp sono 12mila». Definita anchela volontà di accorpare la Polizia provinciale delle nove provincia all'interno del Corpo forestale e i guardiaparco dei Nebrodi. Dulcis infundo quella che non puo essere derubricata a una semplice operazione nostalgia. Secondo Musumeci:"le Province richiedono una legge di settore. La riforma non può essere calata in uno strumento contabile. Le competenza essenziali a cui pensiamo riguardano rifiuti e acqua. Nel contesto legislativo della riforma degli enti di area vasta verrà collocata l'altra importante legge di settore sul riordino del sistema dei rifiuti che nella scorsa legislatura si arenò all'Ars dopo essersi impantanata".  

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