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Rassegna stampa del 23 marzo 2018

 

Giornale di Sicilia

«Giornate del Fai», alla riscoperta delle tante bellezze della provincia
Quest'anno coinvolti, oltre al capoluogo, altri dieci centri
Alan David Scifo
Ci saranno anche gli storici quartieri di Agrigento, in primis la zona del Rabato con la sua storia e le sue tradizioni, tra i luoghi visitabili nelle giornate di primavera del Fai, presentate in uno dei luoghi interessati, l'ex Collegio dei Filippini, visitabile nel weekend con le sue collezioni civiche. Le visite guidate dai giovani del Fai e dagli «apprendisti ciceroni» delle scuole dell'agrigentino, si terranno sabato e domenica e interesseranno, oltre al capoluogo, anche altre città della provincia, come Aragona, Canicattì, Casteltermini, Favara, Licata, Naro, Palma di Montechiaro, Porto Empedocle, Sambuca di Sicilia e Sciacca. Luoghi mai visti e territori nascosti aprono le  porte, grazie al Fai, a tutti coloroche vogliono scoprire itinerari diversi dai soliti. Così Agrigento mostra la chiesa di San Domenico e quella di San Giuseppe, visitabili così come il Circolo Empedocleo. «È un nuovo modo per far scoprire le bellezze della città - ha spiegato il sindaco di Agrigento, Lillo Firetto - una bellezza che in questa fase della vita cittadina è sporcata da un pugno di civili che non si rassegnano alla differenziata e continuano a condurre una diversa condotta. La nostra città dall'altro lato ha invece fatto tanti passi avanti sotto questo punto di  vista e Non è un caso che aziendeimportanti sviluppano su questo grazie a condizioni ambientali gradevoli. Dobbiamo imparare a convivere con la bellezza per fare una leva culturale - aggiunge il primo cittadino - perché attraverso le bellezze e la cultura possiamo agevolare il turismo». Non solo il capoluogo apre le porte di beni non sempre visitabili, Aragona ad esempio mostrerà attraverso visite guidate la chiesa del Ss. Rosario e la sua cripta, così come il polo espositivo della chiesa Madre. Una vera chicca è la possibilità di visitare la miniera Cozzo Disi, aperta per due giorni in maniera eccezionale. Le visite non  prevedono alcun biglietto, solamente una piccola offerta che permetterà al Fondo Ambiente Italiano di poter continuare la propria opera di ricostruzione del bello, così come avvenuto ad Agrigento per il giardino della Kolymbetra e a Realmonte per la Scala dei Turchi, dove grazie fondi dell'associazione è stata realizzata la terrazza che si affaccia sulla marna bianca, meta di migliaia di turisti. «La famiglia Fai cresce ma noi riusciamo a far arrivare fondi  sempre anche per gli altri beni -commenta Giuseppe Taibi, capo delegazione Fai di Agrigento - gli investimenti del Fai continuano e lo abbiamo testimoniato anche i voti arrivati per la Capitale Della cultura. Il nuovo elemento, che cambia il modo di vedere queste operazioni, è la collaborazione con le istituzioni ed è questo quello che sta portando il cambiamento. La sinergia tra gli enti e il Fai ha portato Agrigento ad il primo paesaggio d'Italia del 2017. Oggi noi siamo diventati simbolo di sviluppo sostenibile, e questa è una grande cosa. Abbiamo dato anche una nuova visione dell'abusivismo - aggiunge Taibi -  oggi la lotta. La lotta all'abusivismo parte da Agrigento. Che io ricordi non ho mai visto un così immenso interesse per Agrigento». La rinascita della città dei templi che oggi mostra il suo lato più bello parte anche dal giardino della Kolymbetra, presente nel programma delle giornate di primavera, e presentato nelle sue peculiarità de Giuseppe Lo Pilato, direttore del giardino fiore all'occhiello della Valle dei templi, il parco archeologico che vanta centinaia di migliaia di presenze e segna numeri in crescita da diversi anni, sotto la direzione di Giuseppe Parello. Soddisfatta dei successi della città di Agrigento e della provincia anche la Soprintendente Gabriella Costantino, che ha raccontato i successi ottenuti dalla Sovrintendenza sotto la sua guida. (*ADS*)

Pool di pm al lavoro. Al vaglio la convenzione firmata nel 2008 dall'allora presidente della Provincia, Enzo Fontana, che di fatto assegnava a Girgenti Acque tutte le opere
L'indagine sulla nuova rete idrica scuote la città
La procura della Repubblica scava sui tanti perché che emergerebbero dall'affidamento diretto dell'appalto da 31 milioni
Gerlando Cardinale
Un'indagine che scuote la città. Ieri, dopo che la notizia è stata pubblicata dal nostro giornale, non si parlava d'altro. La tesi che hanno sempre sostenuto i sindaci dell'Ato è che l'appalto per il rifacimento della rete idrica si doveva  assegnare in maniera diretta e quindi senza gara di appalto perché Girgenti Acque, che nel 2008 aveva una composizione societaria diversa rispetto all'attuale, si era aggiudicata la concessione del servizio. Di conseguenza tutti gli altri lavori collegati, compreso il rifacimento della rete idrica - un appalto gigantesco da oltre 31 milioni di euro - spettavano alla società che gestiva il servizio idrico. Niente gara di appalto, quindi, per la più grande opera pubblica della storia della città. L'annuncio dei giorni scorsi del sindaco di Agrigento Calogero Firetto e dell'assessore Nello Hamel ha acceso i riflettori su un aspetto su cui gli inquirenti già indagavano e che sembra avere suggerito altri accertamenti. Non una nuova inchiesta rispetto a quella che due mesi fa ha travolto la città come un vero e proprio terremoto ma un approfondimento della stessa attività investigativa portata avanti da mesi dal pool di pm composto da Salvatore Vella, Paola Vetro e Alessandra Russo coordinati dal procuratore Luigi Patronaggio. Gli inquirenti ipotizzano l'esistenza di una rete affaristicaallestita attorno a Girgenti Acque, che avrebbe beneficiato di protezioni in cambio di posti di lavoro, incarichi e consulenze e di cui avrebbero fatto parte avvocati, politici a tutti i livelli e di ogni estrazione, giornalisti, forze dell'ordine e persino un  magistrato. I contorni precisi dell'inchiesta, che arriva alla Procura di Agrigento dopo un passaggio dalla Dda di Palermo che ha trasmesso la quasi totalità degli atti, sono ancora da mettere a fuoco e gli inquirenti, che hanno scoperto le carte solo in parte, con sequestri e la notifica degli avvisi di proroga delle indagini preliminari, sono al lavoro per mettere al posto ogni tassello. Un passaggio fondamentale sarebbe proprio la convenzione firmata nel 2008 dall'allora presidente della Provincia, Enzo Fontana, che di fatto assegnava a Girgenti Acque il compito di realizzare un'opera da 31 milioni e mezzo di euro senza alcuna procedura di evidenza pubblica. I vertici dell'Ato spiegarono che avendo già Girgenti Acque ottenuto l'assegnazione della concessione del servizio idrico, tutto ciò che ne conseguiva successivamente sarebbe stato di sua competenza, compreso il rifacimento della rete idrica presentato di recente come un'opera epocale che metterà per sempre la parola fine ai disagi degli utenti. I pm, però, vogliono capire se non sia stato questo, invece, il passaggio decisivo del presunto accordo corruttivo e affaristico visto che, di fatto, la convenzione ha spalancato le porte a Girgenti Acque a gestire migliaia e migliaia di posti di lavoro, consulenze e incarichi per decenni. L'inchiesta, adesso, sembra a un bivio. Nei giorni scorsi ilnumero delle persone iscritte nel  registro degli indagati è salito a 74 con il coinvolgimento di due dirigenti di una società di revisione contabile pugliesi, accusati di avere falsificato i bilanci di Girgenti Acque a beneficio della società. Si tratta della Deloitte & Touche S.p.a., una delle maggiori società di  revisione contabile in Italia e tra le più importanti al mondo che è stata  perquisita a fondo dai militari della Guardia di finanza del Nucleo di polizia finanziaria e dai carabinieri del Nucleo investigativo di Agrigento coordinati personalmente  dal pm Salvatore Vella a Bari. (*GECA*)

GrandangoloAgrigento

Uccisione del Commissario Montana, il ricordo del commissario del Libero consorzio Di Pisa
Il Dott. Alberto Di Pisa, attuale Commissario Straordinario del libero Consorzio di Agrigento, il 28 luglio 1985 giorno dell'uccisione del Commissario Beppe Montana, fu tra i primi Magistrati che si occupò delle  i ndagini sul barbaro omicidio. Trentatre anni dopo, in occasione della cerimonia di intitolazione dell'edificio che ospita la Questura di Agrigento, il Dott. Alberto Di Pisa ha elaborato una nota a ricordo della figura umana e professionale del Dott. Montana:
Nel giorno del ricordo delle vittime innocenti delle mafie, non dimenticando le vittime delle stragi, del terrorismo e del dovere, è stata intitolata a Beppe Montana la Questura di Agrigento. Ed una vittima del dovere è stato il commissario Beppe Montana, nativo di Agrigento, che la sera di una domenica di luglio del 1985, a Porticello, rientrando insieme alla fidanzata da una gita in mare con il proprio motoscafo, gita che era anche finalizzata alla individuazione delle ville dove si rifugiavano i boss mafiosi, venne ucciso dalla mafia. Montana, a soli 34 anni era diventato uno degli investigatori più abili ed apprezzati tanto che, come è noto, i colleghi avevano cominciato a chiamarlo Serpico. Era molto legato al commissario Antonino Cassarà anche lui ucciso dalla mafia poco tempo dopo il 6 agosto, in quella che, per Palermo, fu una estate di sangue. Ricordo ancora con sgomento il pomeriggio di quella domenica allorquando apprendemmo del grave delitto: io allora prestavo servizio presso la Procura della Repubblica di Palermo ed ero componente del pool antimafia costituito presso quell'ufficio. Il ricordo di Beppe Montana, ancora oggi mi suscita grande dolore e ciò per un duplice motivo, sia perché con Beppe Montana, che dirigeva la Squadra catturandi della Squadra mobile di Palermo da lui ideata e creata, si era istaurato un intenso rapporto di collaborazione e quasi di amicizia, sia perché toccò proprio a me occuparmi delle prime indagini sull'omicidio. Il ricordo che io ho di Beppe Montana è quello di un funzionario moderno, ostinato, instancabile, poco propenso a lavorare dietro la scrivania, animato da un grande attaccamento al suo lavoro che svolgeva con impegno pur consapevole dei pericoli ai quali lo esponeva la sua attività volta alla individuazione e alla cattura di pericolosi boss mafiosi latitanti. Ricordo come, ogni qualvolta arrestava un latitante, veniva nel mio ufficio in Procura per comunicarmelo e mi diceva " Glielo dico perché so che a lei fa piacere e apprezza il lavoro mio e della sezione catturandi". Come ho detto Beppe Montana era consapevole dei rischi che correva con il proprio lavoro e infatti, pochi giorni dopo l'uccisione del Consigliere istruttore Rocco Chinnici ebbe a dichiarare: " A Palermo siamo poco più di una decina a costituire un reale pericolo per la mafia. E i loro killer ci conoscono tutti. Siamo bersagli facili purtroppo. E se i mafiosi decidono di ammazzarci possono farlo senza difficoltà". Ma malgrado la consapevolezza dei pericoli a cui si esponeva nell'operare contro l'organizzazione mafiosa, non arretrava nell'impegno volto alla ricerca dei latitanti anche dei più pericolosi. Basta dire che pochi giorni prima di essere ucciso aveva scovato ed arrestato otto latitanti interrompendo un summit di mafia. Ultimo arresto era stato quello del pericoloso esponente mafioso Marino Mannoia individuato in un appartamento di Bagheria, e come mi disse personalmente, intercettando e seguendo la di lui convivente. La tenacia di Montana e dei suoi uomini nella ricerca dei boss latitanti non poteva essere tollerata e Cosa Nostra armò un gruppo di fuoco che il 28 luglio uccise Beppe Montana e il 6 agosto Ninni Cassarà dirigente della Sezione Investigativa e l'agente Antiochia che lo accompagnava. Del commando fece parte tra gli altri Agostino Mannoia, fratello di Marino Mannoia, quest'ultimo, dopo l'arresto, divenuto collaboratore di giustizia. Montana aveva innovato i sistemi di ricerca dei latitanti convinto che le indagini dovevano essere svolte con impegno totale e concentrato nel tempo e non occasionale e discontinuo. Ed era anche convinto che i latitanti non erano lontani dal proprio territorio, dal proprio quartiere, dai propri familiari; così anche oltre gli orari di lavoro e durante i giorni festivi trascorreva intere giornate a setacciare le zone costiere nella zona di Porticello, Mongerbino, Santa Flavia dove trovavano rifugio molti mafiosi ricercati dalla giustizia. E la domenica in cui venne ucciso anche la gita in motoscafo con la fidanzata e alcuni amici era un occasione per svolgere le proprie indagini per la individuazione di covi di latitanti. Non bisogna poi dimenticare che Beppe Montana oltre che essere un abile poliziotto era anche impegnato nel sociale. Collaborava infatti con Rocco Chinnici nell'educare i giovani alla legalità e fu il principale animatore del comitato in memoria di Calogero Zucchetto, agente della polizia di Stato anche lui ucciso dalla mafia. Beppe Montana va ricordato come un poliziotto che svolgeva il proprio lavoro con rigore, dignità e professionalità e come esempio di coraggio e dedizione al contrasto della criminalità mafiosa. Questo era Beppe Montana al di là delle commemorazioni più o meno retoriche da parte di chi non lo aveva conosciuto e con lui non aveva lavorato. Io credo che tutti i giovani e non soltanto quelli che vorranno indossare la divisa della polizia dovrebbero conoscere la storia di questo poliziotto che della lotta alla mafia aveva fatto quasi uno scopo di vita.

Agrigentonotizie

Nuovo contratto della sanità, incontro formativo della Fp Cgil

La Fp Cgil a confronto con i lavoratori degli enti locali per spiegare il nuovo contratto e della sanità per un giorno di formazione. Il sindacato ha organizzato due iniziative fissate per oggi (ieri per chi legge).
La prima sull'accordo preliminare di rinnovo del nuovo contratto nazionale del comparto delle funzioni locali arrivato dopo quasi un decennio e che produrrà miglioramenti concreti per le lavoratrici e i lavoratori. All'iniziativa, che si terrà nell'aula "Silvia Pellegrino" del Libero Consorzio di Agrigento sita in via Acrone 27, parteciperà il coordinatore nazionale del comparto Alessandro Purificato.
La seconda, che si svolgerà presso la sala convegni dell'ospedale "San Giovanni di Dio" sarà una intera giornata dedicata alla formazione. Interesserà tutto il personale del comparto dell'azienda sanitaria provinciale di Agrigento sul tema "Lavorare in sanità con il nuovo Ccnl e le nuove leggi: i diritti, le professionalità, le nuove relazioni sindacali e il ruolo delle Rru" ai partecipanti saranno riconosciuti 6 crediti formativi. Il corso sarà tenuto dal dipartimento formazione della Fp Cgil nazionale.

Agrigentoweb

Beppe Montana, il ricordo di Alberto Di Pisa

Il Dott. Alberto Di Pisa, attuale Commissario Straordinario di questo libero Consorzio, il 28 luglio 1985 giorno dell'uccisione del Commissario Beppe Montana, fu tra i primi Magistrati che si occupò delle indagini sul barbaro omicidio. Trentatrè anni dopo, in occasione della cerimonia di intitolazione dell'edificio che ospita la Questura di Agrigento, il Dott. Alberto Di Pisa ha elaborato una nota a ricordo della figura umana e professionale del Dott. Montana.
Ecco il testo:
Nel giorno del ricordo delle vittime innocenti delle mafie, non dimenticando le vittime delle stragi, del terrorismo e del dovere, è stata intitolata a Beppe Montana la Questura di Agrigento. Ed una vittima del dovere è stato il commissario Beppe Montana, nativo di Agrigento, che la sera di una domenica di luglio del 1985, a  Porticello, rientrando insieme alla fidanzata da una gita in mare con il proprio motoscafo, gita che era anche finalizzata alla individuazione delle ville dove si rifugiavano i boss mafiosi,  venne ucciso dalla mafia. Montana, a soli 34 anni era diventato uno degli investigatori più abili ed apprezzati tanto che, come è noto, i colleghi avevano cominciato a chiamarlo Serpico. Era molto legato al commissario Antonino Cassarà anche lui ucciso dalla mafia poco tempo dopo il 6 agosto, in quella che, per Palermo, fu una estate di sangue.
Ricordo ancora con sgomento il pomeriggio di quella domenica allorquando apprendemmo del grave delitto: io allora prestavo servizio presso la Procura della Repubblica di Palermo ed ero componente del pool antimafia costituito presso quell'ufficio. Il ricordo di Beppe Montana, ancora oggi mi suscita grande dolore e ciò per  un duplice motivo, sia perché con Beppe Montana, che dirigeva la Squadra catturandi della Squadra mobile di Palermo da lui ideata e creata, si era istaurato un intenso rapporto di collaborazione e quasi di amicizia, sia perché toccò proprio a me occuparmi delle prime indagini sull'omicidio.
Il ricordo che io ho di Beppe Montana è quello di un funzionario moderno, ostinato, instancabile, poco propenso a lavorare dietro la scrivania, animato da un grande attaccamento al suo lavoro che svolgeva con impegno pur consapevole dei pericoli ai quali lo esponeva la sua attività volta alla individuazione e alla cattura di pericolosi boss mafiosi latitanti. Ricordo come, ogni qualvolta arrestava un latitante, veniva nel mio ufficio in Procura per comunicarmelo e mi diceva " Glielo dico perché so che a lei fa piacere e apprezza il lavoro mio e della sezione catturandi". Come ho detto Beppe Montana era consapevole dei rischi che correva con il proprio lavoro e infatti, pochi giorni dopo l'uccisione del Consigliere istruttore Rocco Chinnici ebbe a dichiarare: " A Palermo siamo poco più di una decina a costituire un reale pericolo per la mafia. E i loro killer ci conoscono tutti. Siamo bersagli facili purtroppo. E se i mafiosi decidono di ammazzarci possono farlo senza difficoltà". Ma  malgrado la consapevolezza dei pericoli a cui si esponeva nell'operare contro l'organizzazione mafiosa, non arretrava nell'impegno volto alla ricerca dei latitanti anche dei più pericolosi. Basta dire che pochi giorni prima di essere ucciso aveva scovato ed arrestato otto latitanti interrompendo un summit di mafia. Ultimo arresto era stato quello del pericoloso esponente mafioso Marino Mannoia individuato in un appartamento di Bagheria, e come mi disse personalmente, intercettando e seguendo la di lui convivente. La tenacia di Montana e dei suoi uomini nella ricerca dei boss latitanti non poteva essere tollerata e Cosa Nostra armò un gruppo di fuoco che il 28 luglio  uccise Beppe Montana  e il 6 agosto Ninni Cassarà dirigente della Sezione Investigativa e l'agente Antiochia che lo accompagnava. Del commando fece parte tra gli altri Agostino Mannoia, fratello di Marino Mannoia, quest'ultimo, dopo l'arresto, divenuto collaboratore di giustizia.
Montana aveva innovato i sistemi di ricerca dei latitanti convinto che le indagini dovevano essere svolte con impegno totale e concentrato nel tempo e non occasionale e discontinuo.  Ed era anche convinto che i latitanti non erano lontani dal proprio territorio, dal proprio quartiere, dai propri familiari ; così anche oltre gli orari di lavoro e durante i giorni festivi trascorreva intere giornate a setacciare le zone costiere nella zona di Porticello, Mongerbino, Santa Flavia dove trovavano rifugio molti mafiosi ricercati dalla giustizia. E la domenica in cui venne ucciso anche la gita in motoscafo con la fidanzata e alcuni amici era un occasione per svolgere le proprie indagini per la individuazione di  covi di latitanti. Non bisogna poi dimenticare che Beppe Montana oltre che essere un abile poliziotto era anche impegnato nel sociale. Collaborava infatti con Rocco Chinnici nell'educare i giovani alla legalità e fu il principale animatore del comitato in memoria di Calogero Zucchetto, agente della polizia di Stato anche lui ucciso dalla mafia.
Beppe Montana va ricordato come un poliziotto che svolgeva il proprio lavoro con rigore, dignità e professionalità e come esempio di coraggio e dedizione al contrasto della criminalità mafiosa. Questo era Beppe Montana al di là delle commemorazioni più o meno retoriche da parte di chi non lo aveva conosciuto e con lui non aveva lavorato. Io credo che tutti i giovani e non soltanto quelli che vorranno indossare la divisa della polizia dovrebbero conoscere la storia di questo poliziotto che della lotta alla mafia aveva fatto quasi uno scopo di vita.
Alberto Di Pisa


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