Giornale di Sicilia
Il nuovo governo
provvedimenti economici, Conte: il debito è sostenibile
Flat tax, fisco e lotta agli evasori
Le ricette per fare partire la crescita
Cartelle esattoriali, sanatoria per i cittadini in difficoltà Reddito di cittadinanza e potenziamento dei centri per l'impiego. Tagli alle pensioni d'oro, ma non si parla di Sud
Mila Onder - Maria Gabriella Giannice - Roma
Basta austerità. La nuova parola d'ordine è crescita, «stabile e sostenibile », da inserire in un contesto europeo rinnovato e non fuori dall'euro. E ancora, salario minimo, reddito di cittadinanza, pensioni dignitose, eliminando quelle d'oro. Infine, e soprattutto, rivoluzione fiscale. Nel discorso di richiesta di fiducia alle Camere, Giuseppe Conte detta la sua ricetta economica. Ricalca in gran parte, e rivendica, il contratto di governo tra M5S e Lega, ma ridimensionando alcune aspettative ed omettendo alcuni punti chiave: il Sud, l'Ilva, la Tav, l'Alitalia fino all'aumento dell'Iva, temi questi ultimi su cui è stato Matteo Salvini a colmare il vuoto.
L'Italia non esce dall'euro
Il presidente del Consiglio è partito dai conti pubblici, di fronte a quella che definisce «la speculazione finanziaria» che «si nasconde dietro lo spread». Il debito «è oggi pienamente sostenibile», ha assicurato. Il governo vuole ridurlo, ma con la crescita, «non con le misure di austerità che hanno contribuito a farlo lievitare». Conte è tornato quindi sulla questione euro: «l'uscita dell'Italia non è mai stata in discussione. Non è entrata nel contratto di governo e non è un obiettivo che ci proponiamo in questa legislatura », ha scandito.
Reddito di cittadinanza
Non immediatamente, ma arriverà invece la misura più attesa dagli elettori dei pentastellati, il reddito di cittadinanza. Sarà commisurato alla composizione del nucleo familiare e condizionato al reinserimento nel mondo del lavoro. Proprio per questo, il primo intervento sarà il potenziamento dei centri per l'impiego, decisamente meno costoso. Di cittadinanza saranno anche le pensioni, finanziate probabilmente con il taglio degli assegni superiori a 5.000 euro, ma non tout court, solo «nella parte non coperta dai contributi versati». Nessun accenno esplicito è arrivato invece sulla revisione della legge Fornero, su cui però è intervenuto Salvini, pronto a ribadire che la questione «è nel contratto».
Fisco e Flat Tax progressiva
Conte ha quindi annunciato «misure rivoluzionarie» sul fronte fiscale. Dopo la frenata sui tempi, la flat tax è diventata ora «l'obiettivo» e soprattutto si rivela non tanto come aliquota piatta ed unica ma come «riforma fiscale caratterizzata dall'introduzione di aliquote fisse, con un sistema di deduzioni che possa garantirne la progressività » prevista dalla Costituzione. A conti fatti potrebbe quindi concretizzarsi in una revisione dell'Ires e dell'Irpef molto più complessa e articolata di quanto finora emerso. Come la legge Fornero sulle pensioni, sul fisco è il tema Iva ad essere assente nel discorso. Ed anche in questo caso è stato Salvini ad intervenire, ribadendo che l'aliquota «non aumenterà». Carcere per gli evasori Insistendo ancora sul tema fiscale, Conte ha ribadito la necessità di rifondare il rapporto tra Stato e contribuenti, «all'insegna della buona fede e della reciproca collaborazione». Tolleranza zero però per i grandi evasori: per loro «occorre inasprire il quadro sanzionatorio la fine di assicurare il carcere vero». Nuovo patto sociale Sul fronte lavoro, infine, la proposta è di «un nuovo patto sociale» per dare voce ai giovani che non trovano lavoro e alle donne «discriminate e meno pagate ». Un ruolo attivo dovranno giocarlo i sindacati, recuperando il dialogo sociale.
Pace fiscale e rottamazione
Prima della «flat tax», che arriverà nel 2019 per le imprese e nel 2020 famiglie e lavoratori dipendenti, l'intervento che il nuovo Governo metterà in cantiere già a partire dal 2018 sarà la «pace fiscale» ovvero la chiusura delleliti pendenti fra Italiani ed Equitalia. La misura è prevista dal contratto di governo, ma la tempistica è stata data dal vicepremier Matteo Salvini «il primo intervento sarà la «pace fiscale» con la chiusura delle liti pendenti con il fisco» ha detto. La misura, non avrebbe una «finalità condonistica», ma dovrebbe diventare «un efficace aiuto ai cittadini in difficoltà». Secondo le stime della Lega ci sarebbero circa mille miliardi di cartelle esattoriali non riscosse, di queste il 50% sono ormai ritenute inesigibili, ma l'altra metà possono invece tradursi in entrate per lo Stato, ma - in quanto una tantum
- non possono concorrere alla riduzione del deficit strutturale. L'ipotesi sarebbe quella di offrire la possibilità a coloro che hanno cartelle esattoriali sotto un tetto da definire (si è parlato ora di 100.000 ora di 200.000) di chiudere la lite con il Fisco pagando un'aliquota calmierata di quanto dovuto. Secondo la Lega, dall'operazione «pace fiscale» potrebbero arrivare da 40 a 60 miliardi di gettito.
L'emergenza. Da Siculiana a Lentini c'è posto solo per l'immondizia di tre comuni. Per altri sessanta paesi nessuna certezza sulla destinazione. La protesta dei sindaci
Rifiuti, ora la Regione non sa dove smaltirli
In assessorato ore frenetiche. L'obiettivo è scaricare circa 450 tonnellate: altrimenti resteranno a marcire sulla strada
Nicola Cristaldi, sindaco di Mazara: «La nostra città, come tante altre della Sicilia, è carica di immondizia,non sappiamo dove portarla perché il presidente della Regione non ha ancora firmato il decreto».
Una parte dei rifiuti che non possono più essere scaricati a Siculiana verrà trasferita a Lentini. Un'altra piccola quota andrà nell'impianto di Trapani. Ma per tutta l'altra immondizia, prodotta da una sessantina di Comuni del Nisseno, del Trapanese, dell'Agrigentino e pure del Ragusano, fino alla tarda serata di ieri non c'era ancora una destinazione. E questo dà la misura del livello di emergenza che è scoppiato dopo il no del ministero alla proroga dell'or - dinanza che permette di far lavorare le discariche oltre i limiti di legge. Montagne di rifiuti rischiano di restare per strada. La discarica di Siculiana, dei fratelli Catanzaro, ha chiuso da un settimana perche in mancanza della proroga dell'ordinanza non può più accogliere i rifiuti. E ciò per la Regione significa dover trovare con urgenza una destinazione a circa 450 tonnellate al giorno prodotte nelle quattro province citate. Ieri, almeno fino al momento di andare in stampa, il problema poteva dirsi risolto solo per Palma di Montechiaro, Licata e Caltanissetta che potranno portare le loro 134 tonnellate giornaliere a Lentini. Una discarica più distante di quella di Siculiana: il trasporto costerà parecchio in più e i costi extra normalmente finiscono per far aumentare la Tari. I sei Comuni intorno a Mazara potranno scaricare a Trapani per i prossimi giorni, limitando i disagi. Restano però altre 320 tonnellate prodotte da almeno 60 Comuni che non hanno ancora destinazione. Non può accoglierli Bellolampo (l'impianto palermitano) perchè altrimenti si saturerebbe subito. E dunque il dipartimento guidato da Salvo Cocina ha faticato per tutta la giornata per ritagliare spazi nelle altre discariche rimaste attive. Il problema però è evitare che anche queste vadano al collasso lasciando in crisi il resto della Sicilia: in questo senso poco o nulla si può chiedere a Trapani e dunque non restano che le strutture della Sicilia orientale, più distanti e per questo motivo costose. È questo il gioco a incastro che si è creato col no di Roma alla proroga dell'ordinanza. Tecnicamente l'ordinanza scaduta a fine maggio permetteva di far lavorare al massimo gli impianti di biostabilizzazione che si trovano all'ingresso di ogni discarica e dai quali devono passare obbligatoriamente i rifiuti sostando per neutralizzare i principi inquinanti. Con l'ordinanza questa sosta poteva essere limitata a due settimana e in questo modo il percorso dei rifiuti era più veloce. Ora, in regime ordinario, si passa ad almeno tre settimane e ciò impedisce di far entrare i rifiuti extra in discarica, di fatto costringendo a lasciarli per strada o fuori dagli impianti negli autocompattatori. Il ministero ha scritto alla Regione una nota contestando i ritardi con cui sono stati portati avanti gli impegni presi quando l'ordinanza fu firmata, a dicembre. In particolare i ritardi riguardano proprio la realizzazione di nuovi impianti di bio-stabilizzazione. In assessorato ieri sono state ore frenetiche. Il dipartimento ha rifatto i conti decine di volte provando a far quadrare la divisione delle 450 tonnellate fra i pochi impianti disponibili ad accoglierli. Ma dall'altro lato ai sindaci non sono arrivate notizie. E la tensione è salita alle stelle come dimostra la protesta che nel pomeriggio, dopo giorni di incertezza, ha fatto Nicola Cristaldi, primo cittadino di Mazara del Vallo: «È possibile che non si sia ancora deciso in quale discarica noi dobbiamo portare i rifiuti? È incredibile. La nostra Mazara del Vallo, come tante altre città della Sicilia, è carica di immondizia e non sappiamo dove portarla perché il presidente della Regione, Nello Musumeci, non ha ancora firmato il decreto che ci permette di scaricarla. È una situazione paradossale». A Mazara da tre giorni l'immondizia non viene raccolta: «I turisti mi fermano per lamentarsi - ha aggiunto Cristaldi -. Ma davvero la Regione non comprende il danno incredibile anche di immagine che ci sta facendo?». Gia. Pi.
AGRIGENTONOTIZIE
Fondi per le strade, Uil Agrigento:
"Qualcosa comincia a muoversi".
La Uil di Agrigento continua a farsi
sentire sul difficile nodo della viabilità stradale e in particolar
modo sulle arterie di competenza provinciale che da troppi anni non
hanno visto una manutenzione ordinaria e straordinaria per quanto
concerne i lavori di ripristino e di messa in sicurezza, con i
risultati pessimi che hanno portato a chiusure continue in importanti
aree del territorio.
"La Uil da quasi 3 anni continua a
battere sulla viabilità generale in tutta la provincia che ha
toccato livelli di degrado fuori da ogni norma e con disagi e
disastri per i cittadini, per le imprese, per la nostra economia e
per il normale transito verso le strade primarie che anch'esse
presentano fatiscenze e incuria".
"Adesso qualcosa comincia a
muoversi, dallo sblocco dei fondi del Patto per il Sud ai 90 milioni
di euro che l'Assessorato regionale all'infrastrutture ha destinato
al libero di Consorzio di Agrigento per ripristinare un bel numero di
strade che sono in condizioni indegne. Adesso il nostro sollecito non
può che andare agli organi preposti per bandire e mettere a gara
l'iter progettuale per accelerare con la cantierizzazione delle opere
che sono di vitale importanza per la nostra provincia e ridare
dignità provinciale. Da troppo tempo i cittadini e una serie enorme
di comunità locali sono rimaste tagliate fuori dalle normali vie
d'accesso per i classici spostamenti da e per i paesi di residenza".
"La Uil agrigentina non esclude di
incontrare il commissario del Libero Consorzio agrigentino e il
dirigente del settore viabilità per avere un proficuo incontro sul
prosieguo dell'iter perchè è essenziale per gli agrigentini
riappropriarsi di diritti che negli ultimi anni sono stati negati e
che hanno visto poca sensibilità agli investimenti da parte degli
enti preposti a dare attuazione a fondi indispensabili per la ripresa
economica e per il diritto alla viabilità che in tante aree montane
sono imprescindibili per qualsiasi motivo,da quello sanitario ai
collegamenti verso Agrigento e Palermo che negli ultimi anni si sono
trasformate in gironi infernali".
LA SICILIA
RISOLUZIONE CONTRATTO
Girgenti Acque risponde a tono alle
accuse dell' Ati e controbatte.
g.s) Rescissione del contratto con la
Girgenti Acque, trascorsi i termini tutto tace. O quasi.
Lo scorso 30 maggio, infatti, sono
scaduti i 15 giorni imposti al gestore del servizio idrico integrato
dall'Ati per fornire risposte a presunte inadempienze e soprattutto
garantire alcuni obblighi contrattuali come l'avvio della
distribuzione idrica 24 ore su 24.
li gestore, da quanto ci risulta, ha
risposto entro 14 giorni alla diffida, respingendo in toto tutte le
osservazioni avanzate, annunciando, anzi, conseguenze per la diffida.
n privato sarebbe infatti pronto a ricorrere alle vie legali non solo
per resistere alle accuse, ma anche per rilevare le inadempienze
della parte pubblica, come più volte annunciato. Non solo, ma il
gestore ha ribadito come siano state queste carenze (in primis la
mancata consegna degli impianti da parte dei Comuni "ribelli")
ad impedire ad esempio la distribuzione h24, gravando tra l'altro
per milioni di euro per l'acquisto di acqua dal sovrambito invece che
prelevando la stessa delle sorgenti presenti sul territorio.
Una questione che nella diffida viene
totalmente glissata, con l'Ati che anzi ha sostenuto che "gli
esiti della gestione hanno ancora di più rafforzato le resistenze
dei comuni non consegnatari, che, sempre più allarmati dalle
inadempienze ... anche capaci di incidere sull'igiene pubblica e
sull'ordine pubblica, hanno in tali mancanze trovato conferme
riguardo le ragioni della loro decisione".
Quindi, siamo ovviamente al muro contro
muro, come era abbastanza prevedibile, anche perché la diffida,
comunque, non chiedeva solo la soluzione di problemi singoli, ma
tendeva a "far sì che l'intero sistema possa ritenersi
funzionante, senza dover registrare continue e ripetute mancanze".
Ci sono poi degli interrogativi che
oggi non hanno risposte. Se, come dice la diffida, quanto rilevato
avrebbe dovuto portare in modo praticamente automatico alla chiusura
dei rapporti, considerato che il gestore non ha in alcun modo
adempiuto a diverse delle richieste avanzate, gli dovrebbe già
essere stata notificata la risoluzione. Il ragionamento è tecnico,
ma è tranciante: nella diffida al privato sono state contestate
delle carenze che, dice il contratto, sono di per sé causa di
chiusura della convenzione, per quanto nella prima fase sarà
comunque la Girgenti Acque a continuare a gestire il tutto in attesa
di affidamento ad eventuali nuovi soggetti.
Perché ciò non è avvenuto? E'
necessario, come era stato detto, un ulteriore passaggio
dall'Assemblea Territoriale idrica? Oppure, come sussurrano alcuni -
anche le stesse associazioni per l'acqua pubblica - si sta
semplicemente imboccando un percorso che sì, ha strappato qualche
applauso, ma non porterà a casa il risultato?
IL NODO. LA "SQUADRA" DEI
SOTTOSEGRETARI
Nomine e deleghe Lega e Cinquestelle
non forzano i tempi
Telecomunicazioni: Salvini punta su
Silvio Berlusconi ma Di Maio potrebbe tentare il colpo e tenerla per
sé.
ROMA. Vice ministri e sottosegretari,
nodo intricatissimo. Il governo giallo-verde sceglie di affrontare le
nomine del sottogoverno - e le deleghe da assegnare - senza
accelerare. Il Cdm che disporrà le nomine si terrà giovedì della
settimana prossima o, più probabilmente, venerdì, e il premier
Giuseppe Conte entrerà nel vivo della questione solo al ritorno del
G7. Poi, una volta nominati viceministri e sottosegretari, si
procederà all'elezione dei presidenti di commissione.
Le due partite sono legate a doppio
filo e i vertici del Movimento cinquestelle e della Lega sono
chiamati a sciogliere un intricato gioco di incastri. Laddove il
ministro è in quota M55 è plausibile che il suo vice sia della
Lega, e viceversa. Mentre, laddove alla Camera una presidenza di
commissione spetterà ad uno dei partiti di governo, al Senato verrà
assegnata all'altro.
Ieri sera, intanto, il M5S
nell'assemblea congiunta convocata dopo il voto di fiducia al Senato
ha scelto i due capigruppo. A succedere a Giulia Grillo alla Camera
c'è una rosa di nomi che vede favorito il messinese Francesco D'Uva.
In poi e, fino a qualche ora fa c'era anche Laura Castelli che,
tuttavia, sembra destinata al Mef. Al Senato sarà il triestino
Stefano Patuanelli a presiedere, salvo sorprese, il gruppo dopo la
nomina a ministro di Danilo Toninelli.
Sulla partita
viceministri-sottosegretari si naviga a vista. Agli Esteri, tra i 5
Stelle, in pole c'è Emanuela Del Re (candidata alla Farnesina dal
M5S) ma potrebbe essere arruolato anche Vito Petrocelli. Ai Trasporti
come vice di Toninelli c'è il leghista Edoardo Rixi. Sempre in quota
Lega, i responsabili economici Armando Siri e Alberto Bagnai sono in
corsa come vice al Mef o al dicastero Mise-Lavoro dove potrebbe
finire anche il pentastellato Stefano Buffagni. E nel dicastero
guidato da Di Maio resta il nodo della delega alle Telecomunicazioni,
alla quale la Lega aspira (con un occhio a Silvio Berlusconi) ma su
cui, alla fine, potrebbe spuntarla il leader del M5S, tenendola per
sé.
Un'altra delega contesa è quella del
Turismo. Il titolare dell'Agricoltura Gian Marco Centinaio assicura
che, con il prossimo Consiglio dei ministri, sarà anche ministro del
Turismo ma c'è una soluzione alternativa, quello dello
spacchettamento in due della delega, con una parte che potrebbe
restare in capo al ministero per i Beni culturali. La delega si
servizi al momento "balla" tra due soluzioni:
l'assegnazione al premier Conte o l'arrivo, a Palazzo Chigi di Vito
Crimi.
Nel frattempo, si sta ultimando la
squadra della comunicazione del premier Conte e a Palazzo Chigi
dovrebbero approdare Rocco Casalino e Pietro Dettori, membro del
direttivo dell'Associazione Rousseau e tra le «menti» del blog del
Movimento. Ma la Lega non sembra avere intenzione di lasciare il
rapporto con i media di Palazzo Chigi a totale appannaggio del
Movimento: non è escluso, quindi, che con Matteo Salvini vice
premier, nel palazzo del governo approdi anche un esponente di segno
leghista.
MICHELE ESPOSITO