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rassegna stampa dal 21 al 23 settembre 2019

LA SICILIA

SULLA STRADA PROVINCIALE 13SCRICCHIOLA IL CAVALCAVIA CALCINACCI SFIORANO LE AUTO


Il fatto. Grossi pezzi sono cadutisulla trafficata arteria, fortunatamente, non provocando danni.FAVARA. Scricchiolano viadotti ecavalcavia in territorio agrigentino. Grandi e piccoli segnali dicedimento si susseguono uno dopo l'altro. L'ultimo crollo ieri notte.Calcinacci e parti di cornicione si sono staccati dal cavalcaviadella strada provinciale 13, sottostante la statale 189, nei pressidel bivio per Favara, che ha costretto i tecnici dei Vigili del fuocoa chiudere l'arteria per circa quattro ore. Grossi pezzi sono cadutisulla trafficata arteria, fortunatamente, non provocando feriti, nédanni alle auto e ai mezzi a due ruote in transito. La stradaquotidianamente è percorsa da migliaia di utenti, soprattuttostudenti e pendolari, i primi raggiungono i tanti istituti scolasticidella città dei Templi, i secondi il luogo di lavoro. Ma l'arteriaporta anche all'ospedale "San Giovanni di Dio" e alla zonaindustriale di contrada "San Benedetto". Quando calcinaccie detriti, ieri notte, sono venuti giù, stavano passando alcuneautovetture, fortunatamente i conducenti si sono accorti della"pioggia" di pietre , ed hanno arrestato subito la marcia.Una vettura di passaggio, in particolare, è stata sfiorata dai pezzidi calcestruzzo. Gli automobilisti hanno fatto rallentare lacircolazione e nel frattempo sono stati avvertiti iVigili del fuoco del Comando provinciale. Sul posto, poco dopo, sonointervenuti i pompieri con l'autoscala e alcune pattuglie delle forzedi polizia. Per la rimozione di altri frammenti pericolanti gliuomini in divisa sono stati costretti a interdire la circolazionestradale. I Vigili del fuoco hanno operato per circa mezz'ora iltempo di eliminare altre porzioni pronte a schiantarsi sull'asfalto.Intervenuti d'urgenza anche i tecnici di Anas, Libero Consorzio, eProtezione civile, che non avrebbero fortunatamente ravvisatoparticolari problemi per quanto riguarda la staticità delcavalcavia.

LA SICILIA
APPALTI: I PALETTI PER LA REVOCA INAUTOTUTELA DI UNA GARA IN FASE DI AVANZATO SVOLGIMENTO.

Il Tar Catania Sez. II, con larecentissima sentenza 2206 del 18 scorso (presidente Brugaletta,relatore Barone) ha affrontato il delicato tema della legittimitàdella revoca di una procedura di gara di fornitura di presidiospedalieri, intervenuta quando la gara stessa si trovava in faseormai avanzata, con individuazione concreta dei futuri aggiudicatariprovvisori dei vari lotti posti in gara. L'Amministrazione aveva motivato larevoca in virtù di una lentezza del procedimento, addebitabile allapiattaforma informatica che aveva gestito la gara, ed al possibilerischio di contenziosi, ed aveva quindi preferito procedere al ritiroin autotutela di tutti gli atti di gara. In particolare, per come si legge insentenza, l'amministrazione aveva adottato la revoca degli atti digara in ragione di alcune criticità informatiche registratesi nelcorso delle gara telematica che avrebbero determinato «ilsostanziale stravolgimento delle tempistiche e delle modalità disvolgimento della gara a causa della lentezza della piattaformainformatica, compromettendo il principio dell'assenza di soluzione dicontinuità nell'espletamento delle fasi di apertura delladocumentazione amministrativa e di quella di apertura delle offerteeconomiche». Tale atto di ritiro in autotutela erastato, quindi, motivato in relazione all'esigenza di prevenire unpossibile contenzioso scaturente dalle problematiche legate allaimpossibilità di garantire la assenza di soluzione di continuitànello svolgimento delle diverse fasi di gara a causa della perduranteed irrisolta inefficienza del sistema informatico utilizzato. Diverseimprese partecipanti ed aspiranti all'aggiudicazione, in quantocollocate in posizione utile nei vari lotti in gara, con separatiricorsi poi riuniti, avevano tuttavia censurato tale provvedimento,assumendo che non fosse sufficientemente motivato. Il Tar esaminando tali ricorsi hainnanzitutto confermato e ribadito l'orientamento tradizionalesecondo cui l'amministrazione conserva sempre il potere di ritirarein autotutela il bando, le singole operazioni di gara o lo stessoprovvedimento di aggiudicazione, ancorché definitivo, in presenza digravi vizi dell'intera procedura, ovvero a fronte di motivi diinteresse pubblico tali da rendere inopportuna, o anche solo dasconsigliare, la prosecuzione della gara dovendo tener conto dellepreminenti ragioni di salvaguardia del pubblico interesse. Il Tar ha ricordato che tale potere diautotutela trova: fondamento nei principi di legalità, imparzialitàe buon andamento, cui deve essere improntata l'attività dellapubblica amministrazione, ai sensi dell'articolo 97 dellaCostituzione, in attuazione dei quali l'amministrazione deve adottareatti il più possibile rispondenti ai fini da conseguire. Ne consegue però, ed ecco laprecisazione poi risultata dirimente ai fini dell'accoglimento deiricorsi, che tale potere d'intervento in autotutela è subordinato,tra l'altro, anche ad una adeguata motivazione circa la natura e lagravità delle anomalie verificate e la sussistenza di concretimotivi di interesse pubblico in funzione deiquali sia evidente l'inopportunità e/o l'inutilità dellaprosecuzione della gara stessa. Trattasi ad avviso del Tar di attivitàdiscrezionale in ordine alla quale è sufficiente al riguardo che lamotivazione che deve sorreggere l'esercizio dell'autotutela nonrisulti illogica né illegittima per travisamento dei presupposti (difatto e di diritto). Pur sulla scorta di tali premesse, ilTar ha quindi rilevato che nel caso concreto posto al suo esame nonsussistessero validi presupposti per l'esercizio del potere di ritirodegli atti di gara in autotutela. Per un primoaspetto, infatti, ha osservato che le dedotte "criticità"di natura informatica che avevano rallentato la gara si eranolimitate a provocare una complessiva "lentezza" edappesantimento della piattaforma informatica (con rallentamento delleoperazioni di "upload" e di "download"),ma ciò di per sé non era sintomatico della possibile compromissionedei principi che regolano l'integrità della documentazione di gara,né della possibile violazione del principio di «assenza disoluzione di continuità nell'espletamento delle fasi di gara», infunzione di prevenzione del rischio di alterazione e manomissionedella documentazione di gara medesima. Il Tar ha poi osservato, sotto ilprofilo temporale, che tale attività di "ritiro" era a benvedere intervenuta quando ormai si era già proceduto, nell'ordine:1) alla verifica della documentazione amministrativa; 2) alla fasedel soccorso istruttorio; 3) all'apertura delle offerte economiche,ed ha ritenuto quindi tale attività quanto meno «intempestiva» senon contraddittoria rispetto alle rilevate «difficoltà gestionalidi conduzione della piattaforma» indicate dall'Amministrazione ,osservando che tale difficoltà avrebbe dovuto eventualmente indurrel'amministrazione ad intervenire in una fase antecedente all'aperturadelle offerte economica, non appena resasi conto dei problemigestionali della piattaforma informatica. Si è infine osservato che la meraastratta esigenza di prevenire possibili contenziosi non era statasupportata da alcun concreto elemento, sicché doveva ritenersiirragionevole porre a base dell'interesse pubblico (che in quantopresupposto del legittimo esercizio di autotutela deve essereconnotato da una certa attualità e concretezza) un fattore di per séincerto (contenzioso da parte di concorrenti), in assenza, peraltro,di altri dati oggettivi che facessero propendere per una verosimileinstaurazione di futuri contenziosi incentrati sulle modalità esulla durata delle operazioni di gara. n Tar conclusivamente non ha mancato disegnalare che dando spazio a simili argomenti, si finirebbe a poterconsentire a qualunque Amministrazione di revocare una procedura digara ormai quasi conclusa, sol perché sussista un generico pericolodi contenziosi (tendenziale fenomeno fisiologico in tutte leprocedure di gara), e ciò non pare certamente in linea coni principidi buon andamento ed efficienza ex art. 97 Costituzione cui devonoispirarsi anche simili atti di autotutela.

LA SICILIA

LICATA, DAL 4 OTTOBRE AL VIA LABORSA SICILIANA DEL TURISMO.LICATA

. E' tutto pronto per la primaedizione della Borsa siciliana del Turismo in programma a Licata dal4 al 6 Ottobre al Chiostro del Carmine. Prevista la presenza deimigliori tour operator nazionali ed internazionali. "L'evento -come ci spiegano Ivan Milite ed Ezio Savone - è organizzato alloscopo di realizzare un momento di aggregazione tra operatori delsettore turistico, attraverso la rete delle agenzie di Viaggio e daràla possibilità di creare nuovi contatti con tutti gli Agenti diViaggio presenti in Fiera. Una formula già collaudata che consentiràalle Aziende, di ottimizzare e ridurre i tempi e i costi per l'attivadi commercializzazione, permettendo agli operatori di incontrare inbreve tempo il maggior numero di Agenzie di Viaggio in una locationed in un contesto esclusivo ricco di storia qual è appunto ilChiostro del Carmine in Licata". Tra i Tour Operator che hannoaderito alla prima edizione, ci sono Bdsonline, Grandi Navi Veloci,il Gruppo Blu Net, Going, Rep House con Transavia Flexible Autos, IGrandi Viaggi, Axa Assicurazioni, il Gruppo Scalia Group di Palermoed altri che si aggregheranno a breve. "Un ringraziamentoparticolare - spiegano ancora Milite e Savone - va dato all'exAssessore allo Sporto Angelo Vincenti che ha creduto in questo eventofin dall'inizio e al nuovo Assessore Andrea Burgio che si staimpegnando per poter permettere anche, di poter accedere al Faro diLicata per sabato 5 Ottobre". Gli stessi organizzatori hannoquindi spiegato quali sono i canali per potersi ancora iscrivere allaprima edizione della Borsa siciliana del Turismo. "Per poteressere presenti alla Bst che, ribadiamo sarà esclusivamenteriservata gratuitamente a tutti gli operatori turistici, basteràaccreditarsi sul sito www.borsasicilianadelturismo.it cliccando supartecipa, oppure inviare una mail a:info@borsasicilianadelturismo.it". Inutile dire che l'eventosarà una vetrina niente male per l'intero territorio licatese. Lacompetenza dei tour operator non potrà che far crescere l'offertaturistica della città.

"ROSARIO LIVATINO E' PIU' VIVOCHE MAI"CANICATTÌ.

 Il "giudiceragazzino" assassinato dalla mafia ventinove anni fa è statocommemorato nel corso di diversi momenti. E nel giorno del ricordoarrivano buone notizie dal Vaticano per il processo dibeatificazione.CANICATTÌ. Rosario Livatino è piùvivo che mai. Nel giorno del 29° annversario dalla barbarauccisione, il postulatore della causa di beatificazione, don GiuseppeLivatino prima della cerimonia di commemorazione ha preannunciato chealla Congregazione per le cause dei Santi in Vaticano hanno aperto iplichi inviati da Agrigento lo scorso anno, all'interno dei qualierano custoditi tutti gli atti del processo diocesano svoltosi interra agrigentina, attestanti le prove che potrebbero portare ilgiudice canicattinese alla beatificazione. Dunque, nel giorno dellamemoria, Livatino ha evidenziato come in tempi ragionevolmente brevil'illustre parente potrebbe davvero assurgere agli onori dellachiesa. Il sacerdote ha illustrato la situazione ai media presentiieri mattina nei pressi della stele che ricorda quel tragico giornodi 29 anni fa, stele dinanzi la quale si sono ritrovati i massimirappresentanti del mondo giudiziario provinciale, i sindaci di varicomuni - tra i quali Agrigento e Canicattì - ma anche delleassociazioni e della politica. Particolarmente incisive le parolespese dal presidente della sottosezione dell'associazione nazionaledei magistrati di Agrigento, il giudice Giuseppe Miceli, il quale neltessere con garbo i tratti del lavoro svolto in silenzio da Livatino,negli anni in cui si contavano decine di morti ammazzati sulle stradeogni giorno, ne ha ricordato l'esempio soprattutto per le nuovegenerazioni. Don Livatino ha letto una preghiera molto apprezzata daipresenti, pubblicata anche su una sorta di "santino"distribuito ai parenti. A essere presente anche l'assessore regionaleSalvatore Cordaro in rappresentanza del governo regionale.Protagonisti anche alcuni studenti di Favara, fieri di mostrare lebandiere dell'associazione Libera. Le associazioni Tecnopolis e Amicidel giudice Livatino hanno onorato dunque al meglio l'organizzazionedi questo giorno della memoria, iniziato di mattina a Canicattì conla messa in suffragio del giudice. Nei prossimi giorni il programmadi quella che è stata battezzata come "settimana dellalegalità" culminerà con altri eventi, in primo luogo con lacommemorazione del giudice Antonino Saetta e del figlio Stefano,uccisi il 25 settembre del 1988.

Sabato 21 settembre 2019

Giornale di Sicilia

Perde pezzi il viadotto della statale 189

Su posto carabinieri, vigili del fuoco e tecnici dell'Anas, l'arteria rimasta chiusa per 4 ore
Statale 189. Il viadotto che sovrasta l'ingresso per la zona industriale (*FOTO RIZZO*)
Concetta Rizzo
Era già accaduto nel maggio 2017.  Il viadotto della statale 189, la Agrigento-Palermo, nella notte fra giovedì e ieri, è tornato a sbriciolarsi. Pezzi, più o meno grandi, di calcinacci sono caduti sulla sottostante strada provinciale: la zona d'ingresso all'area industriale, in contrada San Benedetto. A lanciare l'Sos - era l'una circa - è stato un'automobilista di passaggio che ha rischiato anche di essere centrato dal cedimento di calcinacci. Subito  si è messa in moto la macchina dei soccorsi: si sono precipitati i carabinieri della tenenza di Favara, i vigili del fuoco del comando provinciale e i tecnici dell'Anas. I pompieri, con tanto di autoscala, dopo che la strada provinciale è stata interdetta, hanno rimosso tutte le altre parti pericolanti: di fatto hanno messo in sicurezza la provinciale sottostante al cavalcavia. Fino alle 4 circa la strada è rimasta sbarrata e quei pochi mezzi in transito sono stati deviati. I tecnici dell'Anas si sono occupati, invece, delle verifiche tecniche. Nel 2017, due volte nell'arco di una settimana, si registrarono cedimenti di calcinacci dallo stesso viadotto della statale 189. Allora, per qualche giorno, venne sbarrato l'accesso alla provinciale 15, venendo da Aragona Caldare, da Grotte e da Favara. Un ingresso che permette d'accedere alla zona industriale di contrada San Benedetto e, naturalmente, di dirigersi verso contrada Consolida e dunque verso l'ospedale «San Giovanni di Dio». È una storia che si ripete nell'Agrigentino: viadotti che si sbriciolano, strade che vengono all'improvviso sbarrate ed interdette. Timori che, per gli automobilisti, si trasformano in polemiche ed accuse, ma anche in accorate richieste di intervento. Perché a venire meno è il diritto alla mobilità. È una provincia di viadotti «a perdere», quella di Agrigento. Partendo dal capoluogo ed allargandosi, a macchia d'olio, a tutto il circondario, le emergenza, ciclicamente, non mancano. L'emblema dei disagi è, però, uno soltanto: il viadotto Morandi, strategico per il collegamento fra Agrigento e Porto Empedocle, chiuso da metà marzo del 2017. Interdizione che, allora, arrivò poche dopo che la Procura di Agrigento aveva aperto un fascicolo di inchiesta «per accertare se il viadotto costituisca un pericolo per la pubblica incolumità». Ma la chiusura di fine marzo del 2017 non è stata la prima. Akragas I era stato chiuso, per la prima volta, per circa 4 mesi, nel 2015. Anche allora per lavori di messa in sicurezza. Negli scorsi giorni, l'amminist razione comunale di Agrigento ha voluto incontrare l'Anas per verificare tempi e prospettive dei cantieri del viadotto Akragas II, della galleria Spinasanta e del ponte Petrusa. Nel primo caso sono stati riscontrati «gravi ritardi» nello svolgimento degli interventi (che sarebbero dovuti partire a luglio a pieno ritmo) mentre il cantiere si sta di fatto installando solo ora. Entro la prossima settimana dovrebbero comunque essere messe in campo diverse squadre che dovrebbero iniziare a lavorare anche sui piloni, soprattutto quelli in condizioni peggiori. Nel frattempo è invece in corso di affidamento il servizio di realizzazione del progetto della viabilità complementare. Per quanto il viadotto «Petrusa», Anas ha rassicurato sulla consegna delle opere entro l'anno. (*CR*)

Lampedusa, avviata una raccolta firme
Tartarughe marine, a rischio chiusura il centro di recupero
Calogero Giuffrida - LAMPEDUSA

Chiudelo storico «ospedale» delle tartarughe marine sulle Pelagie perché i locali della Stazione Marittima non sarebbero più idonei ad ospitare e a curare gli animali. Si mobilitano con una petizione online i volontari e il popolo delweb. Sono già più 78mila le firme raccolte in due settimane per la petizione  - intitolata «Il centro recupero tartarughe marine di Lampedusa non deve chiudere» - lanciata su change. org da Camilla Bignami con una lettera al governatore Nello Musumeci, al sindaco Toto Martello, al ministro dell'Ambiente Sergio Costa, all'asses - sore regionale delTerritorio Toto Cordaro e alla presidente del Wwf Italia Donatella Bianchi. Tanti i messaggi e gli appelli anche su Facebook. «Da trent'anni ilLampedusa Turtle Group opera per la tutela, il salvataggio e il recupero delle tartarughe marine. Il centroospita annualmente circa cento tartarughe marine e vive - viene spiegato sul sito - grazie all'impegno di volontari, italiani e stranieri che, soprattutto nei mesi estivi, collaborano con il personale nelle attività di monitoraggio, recupero, cura e marcatura delle tartarughe e nelle attività di sensibilizzazione dei turisti». Nei giorni scorsi, la responsabile del centro Daniela Freggi ha «dovuto prendere atto -si legge nella lettera - di come il Wwf, cui a livello puramente formale era demandata la gestione del centro, abbia ritirato la sua disponibilità e comunicato alla Regione l'interruzione dell'attività. La pubblica amministrazione delle Pelagie ha così potuto sollecitare un decreto di chiusura ». L'associazione Caretta Caretta, presieduta da Daniela Freggi, che «ha di fatto gestito il centro sin dall'inizio, ha chiesto alla Regione, proprietaria dei locali, di poter subentrare alWwf, così da regolarizzare definitivamente la propria posizione e poter proseguire le attività. Se la risposta dovesse essere negativa, si arriverebbe al rapido smantellamento del centro e purtroppo alla perdita di un fiore all'occhiello della protezione animali in Italia». Il Wwf e il sindaco, in un comunicato co giunto, hanno spiegato che «il centro di Lampedusa non risulta più idoneo al trattamento degli animali recuperati, tant'è che dal mese di gennaio il Wwf Italia, comunicando alla Regione una serie di difficoltà logistiche e gestionali, ha chiesto il trasferimento degli esemplari esistenti in strutture più idonee. L'interesse di tutti è quello di creare un punto di riferimentoper il recupero e lo studio delle tartarughe marine che operi in stretta collaborazione istituzionale in particolare con l'Area Marina Protetta Isole Pelagie. Per questo il Wwf ha sottoscritto un apposito protocollo d'intesa con l'Area Marina gestita dal Comune, con l'Istituto Zooprofilattico della Sicilia e con Marevivo, l'intento è quello di operare tutti con maggiore sinergia e realizzare un nuovo centro, previo tutte le autorizzazioni veterinarie, nelle strutture certamente più idonee. La prospettiva è anche quella di riattivare il centro di Linosa».(*CAGI*)

Il cedimento del cornicione del palazzo Liberty
Piazza Cavour, l'area del crollo resta ancora sotto sequestro

C'è chi ha dimenticato qualche farmaco, chi aveva preso pochi vestiti e chi, invece, aveva scordato di portarsi appresso qualche documento importante. Ma ci sono anche i professionisti - proprietari o affittuari di diversi studi - che, inevitabilmente, hanno avuto esigenza di recuperare faldoni e pratiche per poter continuare a lavorare. I proprietari degli appartamenti dei tre stabili evacuati, subito dopo il crollo del gigantesco cornicione del palazzo liberty di piazza Cavour, continuano a fare avanti e indietro dalle loro abitazioni o dagli studi professionali. Ma per poter accedere negli appartamenti, ed è inevitabile che ciò avvenga, è necessario che vi sia la presenza dei vigili del fuoco e della Protezione civile comunale. Perché è necessario che gli accessi vengano fatti in piena sicurezza. L'area rimane sotto sequestro, disposto dalla sostituto procuratore Antonella Pandolfi, che è il titolare del fascicolo d'inchiesta subito aperto per l'ipotesi di reato di disastro colposo. Dell'inchiesta si stanno interessando anche il procuratore capo Luigi Patronaggio e l'aggiunto Salvatore Vella. Intanto, ieri, l'avvocato Elisa Iacono -legale dell'impresa che stava effettuando i lavori di manutenzione e restauro sul palazzo che si affaccia in piazza Cavour - ha voluto precisare che«"a crollare è stato il cornicione dell'immobile e non il ponteggio. L'impalcatura posta ai fini del ripristino del prospetto dello stabile è stata anzi travolta proprio dal crollo». La Protezione civile, nelle ore immediatamente successive al cedimento che tanta paura e apprensione ha determinato in tutta la città, ha disposto che dovranno essere «i proprietari dell'immobile interessato dal crollo ad occuparsi della messa in sicurezza dell'edificio e delle zone interessate, fatte salve le misure di competenza dell'autorità giudiziaria». Un passaggio, comunque, inevitabile anche perché il palazzo liberty che si affaccia su piazza Cavour è un immobile di proprietà privata. Resta attivo, inoltre, il numero 333.6141869 per l'assistenza alla popolazione, primi fra tutti gli sgomberati del palazzo dove c'è stato il crollo e dei due condomini attigui. Sono stati infatti più di 20 gli appartamenti evacuati, in via precauzionale. Molti, però, sono immobili non abitati da famiglie, ma utilizzati come studi professionali. Il numero di assistenza è stato attivato in collaborazione con la Protezione civile del Libero consorzio comunale di Agrigento. (*CR*)

Domenica 22 settmbre

A 29 anni dall'assassinio
Canicattì e Agrigento nel ricordo di Livatino

Paolo Picone
CANICATTÌ
Giudice e santo: a distanza di 29 anni dall'omicidio, il ricordo e l'esempio del giudice canicattinese Rosario Livatino è ancora molto attuale. Ieri a Canicattì, dove su iniziativa delle associazioni «Amici del giudice Rosario Angelo Livatino» e «Tecnopolis», del Comune e della postulazione per la causa di beatificazione, è in corso la Settimana della legalità, è stato il giorno della memoria. Una messa, alla quale hanno partecipato i rappresentanti provinciali delle forze dell'ordi - ne e le autorità cittadine, si è svolta nella chiesa di San Domenico, lo stesso tempio in cui Rosario Livatino era solito ritirarsi in preghiera. C'erano gli studenti, che nell'era dei social, hanno preso spunto dalle frasi che era solito scrivere Livatino, per riempire i propri account facebook e instagram di foto del magistrato ucciso dalla mafia la mattina del 21 settembre 1990 in contrada Gasena, sul vecchio tracciato della Statale 640. Livatino stava percorrendo la statale, con la sua vecchia Ford Fiesta e dopo aver salutato i genitori aveva lasciato Canicattì per dirigersi verso il tribunale di Agrigento, che si trovava allora in piazza Gallo al termine della via Atenea. I killer affiancarono la sua auto e lui scappato per la campagna, venne raggiunto e crivellato di colpi. Ieri ad Agrigento, nel corso della cermonia in memoria del giudice, l'assessore regionale Totò Cordaro ha detto: «Ricordiamo  un uomo per bene, un giudiceche ha fatto fino alla fine il suo lavoro ed è stato illuminato dalla fede». Don Giuseppe Livatino (omonimo ma non parente) ha annunciato che, nei prossimi mesi, potrebbe arrivare la firma, da parte della commissione, sul decreto di venerabilità, primo passo verso la beatificazione. Ieri durante un convegno a Matera, lo ha ricordato anche monsignor Vincenzo Bertolone, arcivescovo di Catanzaro. Bertolone è agrigentino, è nato a San Biagio Platani, ed è a lui che è stato assegnato il compito di essere il nuovo «postulatore per la causa di beatificazione del servo di Dio -Rosa - rio Angelo Livatino». «Un attimo prima di morire, quando gli si avvicinarono, chiese ai suoi assassini: "Che cosa vi ho fatto?". Ma ormai la macchina della morte stava per giungere». Il racconto dei suoi ultimi istanti di vita, con il disperato tentativo di sfuggire agli assassini che lo tallonavano e lo uccisero, è nella confessione di uno dei killer, poi pentitosi, del gruppo di fuoco della Stidda. Un'esecuzione spietata -dice monsignor Bertolone - con la quale si consumò quello che a molti apparve da subito un martirio consumato in odio alla giustizia e alla fede incarnati in quel giovane magistrato, indifeso di fronte alle pistole, ma forte e saldo nei suoi convincimenti morali ed etici, improntati alla fede in Cristo. Che Livatino fosse un cristiano tutto d'un pezzo è fuor di dubbio. Nella sua agenda del 1978, ad esempio, si legge un'invocazione che suona come consacrazione di una vita intera: "Ho prestato giuramento: sono in magistratura. Che Iddio mi accompagni e mi aiuti a rispettare il giuramento e a comportarmi nel modo che l'educazione che i miei genitori mi hanno impartito esige". Era un giudice per il quale la ricerca e l'applicazione della giustizia non potevano essere disgiunte dalla fede. E pure per questo, probabilmente, fu ammazzato. Ultimata la fase diocesana, si è aperta quella Vaticana per la beatificazione. Sono ancora molte le questioni da chiarire». (* PAPI*)

Stabilizzazione degli Asu, il giallo all'Ars
La norma ha il via libera del governo ma dovrà essere votata in Aula e poi superare l'esame del Consiglio dei ministri. Forti dubbi da parte dei sindacati che annunciano mobilitazioni
Domani seduta calda

Dovrebbe iniziare con la lettura da parte di Micciché del dossier sui presunti errori di Armao
La norma è una delle poche che, almeno finora, ha passato la tagliola imposta dal governo dopo l'annuncio del blocco della spesa: c'è la stabilizzazione dei 5.300 Asu in quel che resta del Collegato, la manovrina che l'Ars dovrebbe votare domani. Ma il condizionale non è posto a caso perché la legge deve prima avere il voto dell'Ars (e nulla è sicuro in questa fase parlamentare) e poi superare l'esame del consiglio dei ministri. Il motivo di tanta incertezza è legato alle scarse risorse stanziate: al punto che gli stessi sindacati si dicono scettici sui risultati che potranno essere con seguiti.  Un passo indietro. Il Collegato era un maxi testo di 98 articoli e una quarantina  di milioni di euro di budget che l'Ars doveva approvare in primavera per recuperare tutte le norme non inserite in Finanziaria. La settimana scorsa il governo ha comunicato di non poterne garantire l'approva - zione per via della crisi finanziaria che impone di coprire al più presto un nuovo disavanzo da 400 milioni che si aggiunge a quello da 600 scoperto a marzo. Da qui il blocco di tutte le norme di spesa. La commissione Cultura, guidata da Luca Sammartino, ha cancellato dal testo tutte le norme senza copertura finanziaria e, su pressing dei grillini, ha tenuto vivo l'articolo che stabilizza gli Asu perché non prevede uscite aggiuntive rispetto a quelle già preventivate per pagare gli stipendi da precario a questo personale. E qui si arriva al nodo centrale. Gaetano Agliozzo e Massimo Raso per la Funzione Pubblica Cgil, Paolo Montera e Calogero Emanuele per la Cisl Fp e Danilo Borrelli per la Uil- Temp ricordano che i 5.300 Asu al momento percepiscono circa 600 euro al mese («somma inferiore perfino al reddito di cittadinanza») e per questo  motivo la stabilizzazione doveva portare con sé un aumento dello stipendio e delle ore di impiego. Negli ultimi 20 anni questo personale è stato utilizzato da Comuni, Asp, enti regionali e parchi archeologici che ora - in base all'articolo inserito nella manovrina - dovrebbe provvedere entro 90 giorni a varare i piani di stabilizzazione. «Entro il 2020 dovranno essere completate tutte le procedure di stabilizzazione per i lavoratori Asu della Sicilia - hanno illustrato i deputati regionali del Movimento 5 Stelle Giovanni Di Caro,Valentina Zafarana e Antonio De Luca -. Gli enti utilizzatori avranno 90 giorni dall'en - trata in vigore dalla legge per completare le procedure di stabilizzazione, anche con fuoriuscite e mobilità verso altri enti. In caso di inadempienza, provvederà direttamente l'assessorato regionale al Lavoro che procederà alle stabilizzazioni». Funzionerà? Secondo i sindacati, no. E per questo motivo Cgil, Cisl e Uil annunciano perfino la mobilitazione: «Restano irrisolte le forti criticità in merito al pagamento dei sussidi. Non accetteremo altre perdite di tempo». La manovrina prevede anche altre stabilizzazioni. Il personale medico che presta servizio sulle ambulanza potrà «accedere alle procedure di assegnazione degli incarichi convenzionali a tempo indeterminato destinati al servizio di emergenza-urgenza del 118». In questo caso basta aver maturato il requisito dei 18 mesi di servizio (anche non continuativi) sulle ambulanze. Un'altra norma che verrà votata domani imporrà «ai soggetti privati accreditati con il servizio sanitario regionale di prevedere nei loro organici la figura dell'operatore socio sanitario». Ci sono poi norme paracadute per i dipendenti Pumex, che passerebbero alla Resais, e per una categoria di lavoratori Alvaviva che potrebbe essere stabilizzata dalla Regione. Ma tutte queste norme attendono soprattutto che l'Ars si sblocchi e inizi a votare. E poiché domani la seduta dovrebbe iniziare con la lettura da parte del presidente Micciché del dossier che descrive i presunti errori di Armao, non è da escludere che la seduta si trasformi in un dibattito politico sull'assessore all'Economia. Il voto a quel punto non sarebbe scontato.

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