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Rassegna stampa del 21 luglio 2021

Giornale di Sicilia

Nuovo scalo aeroportuale, si riapre dibattito in Consiglio

Il confronto parte da una richiesta avanzata da don Mario Sorce in rappresentanza del cartello sociale promotore dell'iniziativa.
Si  alza  l'asticella  per  il  cartello  sociale,  dopo  la  riapertura  di  alcuni importanti snodi stradali, si punta adesso alla realizzazione di uno scalo aeroportuale in provincia. Nove anni dopo il  naufragio del primo progetto, mai andato oltre le intenzioni, la partita potrebbe riaprirsi. Nella giornata   di   martedì scorso si è svolto  infatti  nella  sala consiliare del comune di Agrigento un incontro sul tema «Aeroporto di Agrigento».  Il  confronto  parte  da una richiesta avanzata da Don Mario Sorce in rappresentanza   del Cartello Sociale promotore dell'iniziativa pro  Aeroporto al Presidente  del  Consiglio  Comunale  Giovanni Civiltà  che, sposando-ne  la  causa,  ha  trovato  unanime-mente  d'accordo  i  Presidenti  dei Gruppi  Consiliari  di  «Aula  Sollano»  ed  il  Sindaco  della  città  dei templi Miccichè  unitamente al Vice Sindaco Trupia. All'incontro erano presenti oltre a Mario Sorce, Piero  Hamel,  Salvatore  Burgio,  il  segretario della Uil  Gero Acquisto, il presidente della commissione turismo Carmelo Cantone e l'ex consigliere  comunale  Angelo  Principato. Il tema trattato ha coinvolto tutti i presenti che hanno dato, ognuno per la rispettiva parte, il proprio contributo,  evidenziando  che  per raggiungere l'obiettivo bisogna prescindere da qualsivoglia sfumatura  cromatica  producendo  un  sinergico   impegno   che   proceda a grandi passi in un'unica direzione: l'idea  che  l'aeroporto  diventi  fatto concreto.  Il  presidente  Civiltà  nel suo  intervento ha  evidenziato che attualmente  le Province  della Sicilia hanno un basso livello di acces-sibilità agli aeroporti, anche a causa  di  un  inadeguato  livello  di  do-tazione   infrastrutturale   aeropor-tuale  rispetto  ad  altre  regioni;  la realizzazione  di  un  Aeroporto  di Agrigento  potrebbe  sia  migliorare l'accessibilità  alle  province,  sia  in-tegrare  il  sistema  degli  scali  aero-portuali isolani, favorendo aree at-tualmente  non  servite  da  collega-menti   aerei   ed   attraendo nuovi flussi turistici. È un progetto ambizioso,  continua  il presidente Civiltà, che da un  lato  ha  una  portata storica e dall'altro suggerisce, dopo un periodo di crisi profonda, da do-ve  ripartire .  L'indotto  che  si  met-terebbe in atto, in termini di cresci-ta   del   territorio   sotto   molteplici aspetti,  è  veramente  importante  e determina   l'impegno   di   tutte   le amministrazioni  ed  i  Consigli  Comunali   interessati   che   ricadono nell'area  centro  meridionale  della Sicilia. Don Mario Sorce, ritenuto il vero collante del confronto, ha mutuato, preso in prestito dal linguaggio  sportivo  il  concetto  di  "squadra" portando  l'esempio  vincente della nazionale italiana. Solo grazie ad una vera sintonia tra i diversi at-tori,  solo  grazie  ad  uno  sforzo  co-rale  si  possono  raggiungere  lusin-ghieri risultati come quelli ottenuti dalla  Nazionale  di  calcio  guidata dal ct Mancini che ha tramutato un sogno in realtà. ( * DV * )

C'è anche Licata che vuole «volare»
Esiste in provincia di Agrigento un progetto che ha avuto tutti i pareri per la realizzazione dell'aeroporto in contrada Oliva a Licata. Il progetto pertanto avanti dall'ex Provincia Regionale di Agrigento, poi naufragato con la soppressione dell'Ente, sarebbe costato circa 45 milioni di euro e non mancarono scontri e polemiche. All'epoca l'ex presidente della Provincia Eugenio D'Orsi organizzò pure una marcia pro aeroporto. La realizzazione dell'infrastruttura oggi potrebbe essere realizzata grazie ai fondi del recovery plan. Di recente il deputato regionale Riccardo Gallo, insieme ad una delegazione di sindaci della provincia di Agrigento si è recato a Roma per chiedere al governo maggior impegno per il territorio agrigentino. (*DV*)

Forum Pa

Le prospettive per lo smart working per il post-pandemia: oltre il POLA verso il "Piano Unico" della PA

Home Riforma PA Smart Working Le prospettive per lo smart working per il post-pandemia: oltre il POLA verso il "Piano Unico" della PA
Lo Smart Working resterà uno degli strumenti fondamentali per il lavoro pubblico. Anche la convergenza del Pola all'interno del nuovo "Piano integrato di attività e organizzazione" della PA va letta come la volontà di superare la logica dell'adempimento e far leva su una più profonda responsabilizzazione delle singole Amministrazioni. Ecco perché sul lavoro agile non possiamo tornare indietro

Mariano Corso
Responsabile Scientifico, Osservatorio Smart Working Politecnico di Milano

Antonio Naddeo
Presidente ARAN

Enrico Deidda Gagliardo
ProRettore Università di Ferrara

La pandemia ha costituito una grande discontinuità nell'organizzazione e nel modo di lavorare della Pubblica Amministrazione e ha portato alla ribalta con particolare forza il tema dello Smart Working: quel nuovo modello di organizzazione del lavoro basato sull'autonomia e la responsabilizzazione sui risultati dei lavoratori che, lanciato e promosso dall'Osservatorio del Politecnico di Milano, ha trovato nella legge 81 del 2017 uno dei quadri giuridici più moderni e per certi versi rivoluzionari a livello internazionale. Cosa accadrà nel post-pandemia? Quel che è certo è che non potremo tornare indietro, ma si dovrà superare la logica dell'adempimento e far leva su una più profonda responsabilizzazione delle singole Amministrazioni. Anche la convergenza del Pola all'interno del nuovo "Piano Unico" della PA, il "Piano Integrato di Attività e Organizzazione" ex art. 6, del DL 80/2021, va in questa direzione.
Ne abbiamo parlato anche in occasione del recente FORUM PA 2021 nel corso del Talk "Quali prospettive per lo Smart Working nella PA dopo la pandemia? Il ruolo dei POLA e la loro evoluzione" di cui potete vedere la registrazione. In questo articolo riprendiamo alcune riflessioni centrali sul tema.
Smart Working: l'impatto della pandemia
L'adozione dello Smart Working nella PA aveva già trovato un forte sostegno da parte degli ultimi governi che, superata una logica di pura conciliazione, ne avevano compreso il forte potenziale come strumento di "spinta gentile" per diffondere flessibilità, managerialità e meritocrazia. Ma se il 2019 era stato un anno di forte crescita con il raddoppio del numero di Amministrazioni con progetti strutturati passato dall'8% al 16%, è stata la pandemia a marcare una vera discontinuità.
Con il decreto 1 marzo del 2020, nell'arco di poco più di un weekend, la sperimentazione dello Smart Working è diventato modello preferenziale, quando non addirittura unico, per lavorare all'interno della Pubblica Amministrazione. L'impatto dell'emergenza sulla diffusione è impressionante anche semplicemente dal punto di vista quantitativo: il 94% delle PA sono state spinte ad adottarlo; il numero di lavoratori pubblici che sono stati chiamati a lavorare, almeno parzialmente, da remoto sono passati dagli appena 44.000 pre-pandemia a circa 1.850.000, coinvolgendo quindi circa 6 lavoratori pubblici su 10.
Nonostante l'impreparazione manageriale e culturale, la scarsa digitalizzazione dei processi e la carenza di strumentazione disponibile, che ha costretto ad esempio 7 lavoratori su 10 a supplire usando strumenti propri, l'impatto è stato radicale e i risultati in termini di resilienza sono andati ben oltre le aspettative: il 60% dei lavoratori pubblici afferma di essere riuscito durante il lavoro da remoto a portare avanti tutte le attività, a fronte di solo un 4% di loro che afferma di non essere riuscito a portare avanti la maggior parte delle attività. Ciò che ha sorpreso ancora di più, tuttavia, sono stati i risultati qualitativi: benché non si trattasse di vero Smart Working, in quanto forzato e improvvisato, l'esperienza fatta durante la pandemia è stata l'occasione per accelerare il cambiamento dei processi, l'introduzione di nuovi strumenti e lo sviluppo di competenze e capacità che per molti anni si era faticato a sviluppare.
Le prospettive post-emergenza
Proprio a fronte di questi risultati il Governo ha deciso di rilanciare la centralità dello Smart Working affermando che il lavoro agile costituirà per il futuro non più una sperimentazione, ma la nuova modalità di lavorare a regime, una modalità da promuovere e spingere con decisione.
In questa ottica va letta la costituzione, presso il Ministero della PA, dell'Osservatorio Nazionale per il Lavoro Agile con la sua Commissione tecnica di esperti e, soprattutto la richiesta alle PA di sviluppare un Piano Organizzativo per il Lavoro Agile (POLA) per il quale sono state emanate apposite linee guida da parte del Dipartimento della Funzione Pubblica.
Il cambio di Governo, sebbene con accenti diversi, ha visto una sostanziale continuità di questa linea. Il Ministro Brunetta ha, tra i primi atti del suo mandato, confermato e riunito la Commissione tecnica dell'Osservatorio Nazionale a cui ha espresso le sue forti aspettative verso il contributo che lo Smart Working può dare al miglioramento e alla modernizzazione della Pubblica Amministrazione.
Dal POLA al "Piano Unico" della PA
In tale direzione, il Ministro ha inteso superare la logica dell'adempimento e far leva su una più profonda responsabilizzazione delle singole Amministrazioni nel rispetto delle loro peculiarità. In questa ottica vanno lette sia l'eliminazione delle soglie minime standard che la convergenza del Pola all'interno del nuovo "Piano Unico" della PA, il "Piano Integrato di Attività e Organizzazione" ex art. 6, del DL 80/2021, che intende programmare il futuro delle amministrazioni integrando in modo sostanziale le diverse prospettive verso l'orizzonte della creazione di Valore Pubblico per i cittadini e per le imprese, a partire dalla cura e dall'innovazione della salute organizzativa e professionale dell'amministrazione.
Il primo anno di applicazione del Pola, quindi, non va visto come l'ennesimo adempimento di cui è poi venuta meno l'utilità, bensì come una sperimentazione preziosa di cui comprendere i risultati in vista dello sviluppo di un nuovo strumento di programmazione che risulterà centrale per l'evoluzione organizzativa delle Amministrazioni nei prossimi anni.
Il fatto poi che nel 2020 l'adesione al Pola sia stata parziale non deve sorprendere, perché si spiega, oltre che con lo scarso tempo messo a disposizione, con il fatto che in questo primo anno la sua preparazione non era affatto obbligatoria. Si trattava in realtà di un atto che, pur avendo ottime ragioni di utilità, presentava per le Amministrazioni ben pochi "incentivi". Di fatto le Amministrazioni che hanno preparato e pubblicato il Pola, hanno messo al centro non una logica dell'adempimento bensì la possibilità di avere a disposizione uno strumento di stimolo e guida al miglioramento organizzativo e alla misura e analisi delle performance individuali e organizzative.
Smart Working nella PA: perché non possiamo tornare indietro
Quali sono dunque le prospettive per il futuro? Lo Smart Working resterà uno degli strumenti fondamentali per il lavoro pubblico, per almeno tre buoni motivi:
L'adozione dello Smart Working consente alle Amministrazioni notevoli vantaggi in termini di aumento della produttività, riduzione dei costi, flessibilità organizzativa e orientamento del capitale umano al miglioramento e all'innovazione.
Lo Smart Working è un'opportunità di flessibilità e miglioramento della vita professionale alla quale i lavoratori, compresi quelli del Pubblico Impiego, non sono disposti a rinunciare specie oggi che ne hanno visto i vantaggi. Un ritorno al passato avrebbe il doppio svantaggio di demotivare i lavoratori attualmente presenti nella PA e di rendere la Pubbliche Amministrazioni molto meno attrattive per i potenziali talenti. Un doppio rischio insostenibile in un momento come questo in cui bisogna procedere a un profondo reskilling interno e a un radicale cambio generazionale. Gli stessi sindacati sono oggi consapevoli che la flessibilità e l'equilibrio vita lavoro sono fattori ritenuti dai lavoratori centrali, spesso ancora più della retribuzione e della stabilità del posto di lavoro, e lotteranno quindi per mantenere ed estendere questa opportunità al maggior numero possibile di lavoratori.
Lo Smart Working, infine, è irrinunciabile perché è uno strumento fondamentale per spingere la PA alla digitalizzazione, alla riduzione dell'impatto ambientale e al miglioramento della competitività e dell'innovazione dei servizi pubblici, aspetti salienti del grande sforzo di riforma che il nostro Paese deve intraprendere con le risorse del PNRR.
Proprio a fronte di questa centralità, le modalità di adozione dello Smart Working, seppure declinate in funzione delle caratteristiche e degli obiettivi specifici di ciascuna PA, non possono essere lasciate all'iniziativa delle singole Amministrazioni, ma vanno guidate e monitorate centralmente in modo che possano esprimere tutto il loro potenziale di beneficio e trasformazione a favore del cittadino e della collettività.

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