17 gennaio - sabato
CONSORZIO UNIVERSITARIO. Corsa
contro il tempo per la sopravvivenza, a rischio l'istruzione di
circa tremila studenti. Molta attesa una legge in deroga della
Regione
Senza i fondi dell'ex Provincia il
Cupa chiuderà
MARIA IMMORDINO: «SIAMO NELLE MANI
DEL COMMISSARIO, SOLTANTO LA REVOCA DELLA FUORIUSCITA DAL POLO PUÒ
EVITARE LA FINE»
Il futuro dell'Università
agrigentina è nelle mani del commissario straordinario dell'ex
Provincia, Alessandra Di Liberto. Un filo sottile lega la
sopravvivenza del Cupa al funzionario regionale, che non ha inserito
in Bilancio il finanziamento di 750 mila euro decretando, di fatto,
la soppressione del polo distaccato dell'Ateneo palermitano. "Siamo
nelle mani del commissario — ha spiegato ieri, al termine di un
lungo ed articolato Consiglio d'amministrazione, la presidente del
Polo, Maria Immordino. Soltanto la revoca della delibera che dispone
la fuoriuscita dall'ente, con la conseguente perdita del
finanziamento — spiega la preside — può far si che le lezioni
continuino in contrada Calcarelle. In questo senso è importante
l'azione della Regione, che in attesa della legge per il riordino
della formazione in Sicilia, annunciata dall'assessore
all'Istruzione, Mariella Lo Bello, dovrebbe autorizzare la
Provincia ad utilizzare parte dell'avanzo di amministrazione, dando
la possibilità di sforare il patto di stabilità. Significa che
paradossalmente la Provincia ha a disposizione una somma di 4 milioni
di euro (spendibili) ma non li può utilizzare perché altrimenti
andrebbe a violare quelli che sono i dettami del patto di stabilità.
La Regione, potrebbe porre rimedio a tutto ciò". Ieri la notizia
della fuoriuscita dal Consorzio anche da parte della Camera di
commercio ha messo in apprensione il Cda del Polo, ma il fatto che
l'ente Camerale abbia deliberato di mantenere per il 2015 la quota
da versare, cioè 50 mila euro, ha reso meno amara la giornata ai
dirigenti della sede universitaria agrigentina. "Stiamo cercando in
tutti i modi di resistere — ha aggiunto Maria Immordino — abbiamo
tagliato tutti i costi, l'ateneo di Palermo, con il suo rettore
Lagalla, in sede di novazione del Contratto ha anche ridotto la quota
a carico del Cupa che prima era del 50 per cento e da agosto 2014 è
stata portata al 30%". Per mantenere in vitali Cupa comunque è
necessaria una somma pari ad un milione di euro. Soldi che qualcuno
dovrà mettere. Intanto il deputato regionale del Nuovo centrodestra
ed ex presidente della Provincia, Enzo Fontana sollecita il Governo
regionale a trovare una soluzione per il Cupa. "Qualcosa comincia a
smuoversi sulle problematiche che riguardano il Consorzio
Universitario di Agrigento e la paventata chiusura, ma ancora non
basta. Il Consorzio Universitario come ho dichiarato più volte è un
patrimonio di tutti, ha una storia, delle peculiarità e 3000
studenti che reclamano il diritto alla formazione. Il recesso del
Libero consorzio da parte del commissario Di Liberto — aggiunge
l'onorevole Fontana - è sembrato un tanti- no precipitoso, ma sono
convinto che possa rientrare, anche perché con oltre il 90% delle
quote azionarie è il vero collante del Polo agrigentino. In
commissione "Lavoro" si è stabilito di chiedere al Governo
regionale attraverso una risoluzione, il trasferimento necessario
delle risorse economiche per scongiurare la chiusura. E' chiaro che
l'esecutivo e l'Assessore alla istruzione Mariella Lo Bello
devono trovare una soluzione che veda il Cupa e gli studenti
protagonisti. (PAPI)
IERI MATTINA L'ANNUNCIO Il
presidente Vittorio Messina «L'ente verrà accorpato, resta la
voce in bilancio»
Ritira le quote pure la Camera di
commercio
La Camera di Commercio, uno dei tre
soci fondatori del Cupa, toglie il suo appoggio al Consorzio
Universitario di Calcarelle. Il presidente della Camera di Commercio
di Agrigento, nel corso di una conferenza stampa ha annunciato che
«.. valutata la partecipazione della ex Provincia Regionale di
Agrigento al Consorzio Universitario di Agrigento indispensabile, in
considerazione dell'attuale compagine sociale, con delibera
presidenziale n. 2 del 16 dicembre 2014, la Camera di Commercio di
Agrigento è costretta a recedere dal Consorzio Universitario della
Provincia di Agrigento, pur impegnandosi a mantenere in bilancio lo
stesso contributo al fine di continuare ad esercitare il ruolo
propulsivo e di mediazione dell'Ente a favore delle istanze di
progresso e sviluppo del territorio, tramite una fondamentale
infrastruttura immateriale».
Questa la motivazione, anche in
considerazione di un altro documento amministrativo il n. 11 del 15
dicembre 2014 con il quale si avvia l'accorpamento tra le Camera di
Agrigento, Caltanissetta e Trapani che diventeranno una sola
struttura così come è stato imposto dall'articolo 1, comma 5
della legge 580 del 1983 e relative modifiche avvenute lungo questi
anni.
A dicembre il ministro degli Interni,
on Angelino Alfano nell'inaugurare, alla presenza del magnifico
rettore dell'Ateneo palermitano, Roberto La Galla, un moderno
auditorium annesso alla struttura del Cupa, con la chiarezza che lo
caratterizza, ebbe a dire che non ci sono più soldi per mantenere i
consorzi o poli universitari e quindi occorreva individuare nuovi
percorsi culturali se si voleva salvare il Cupa agrigentino. Subito
dopo il commissario dell'ex Provincia Regionale di Agrigento cosa
fa? firma una determina, la n. 199 del dicembre 2014, con la quale
recede unilateralmente dal Cupa mettendo di fatto in liquidazione la
struttura universitaria agrigentina.
Infatti le cifre parlano chiaro. Ai
sensi dell'art. 4 dello statuto del Consorzio, l'allora Provincia
regionale di Agrigento possedeva 2.052 quote (valore nominale in euro
516,45) per complessivi euro 1.059.755,00, il Comune di Agrigento
possiede' 290 quote pari a 149 770 50 ed infine la Camera di
Commercio appena 100 quote per un totale di 51.645,0tJ' di Euro. E'
facile intuire che con il ritiro dell'Ente provincia il Cupa è in
liquidazione. Può chiudere i battenti e mandare tutto alle ortiche.
(V.A)
CENSIMENTO. Nell'Agrigentino, sono
Sciacca, Licata, Cianciana, Calamonaci, Cattolica Eraclea e Porto
Empedocle i centri che figurano nel report che è stato stilato
IN PROVINCIA 6 OPERE INCOMPIUTE DA
FINANZIARE
Il totale delle somme necessarie
ammonta ai milioni 650 mila euro. Il ministero apre a scenari nuovi
però peri privati.
Sono solo sei al momento i comuni
dell'Agrigentino di cui sono note opere pubbliche "incompiute"
e per cui occorrono nuovi finanziamenti. E il totale delle somme
necessarie ammonta a 15 milioni 650 mila euro circa. Ma sono stime
destinate a salire di mese in mese, secondo quanto affermato dai
ministero per le Infrastrutture, perché la legge che obbliga gli
enti al censimento è, infatti, solo del 2011, mentre il conteggio è
partito a fine 2013. Lo Stesso ministero apre a scenari nuovi però
per i privati: è al vaglio la possibilità di bonus fiscali per chi
investe dove il pubblico ha fallito, cambiando anche la destinazione
d'uso delle 'incompiute'. Nel caso della nostra provincia, sono
Sciacca, Licata, Cianciana, Calamonaci, Cattolica Eraclea e Porto
Empedocle i centri che figurano nel report. Per fare una quadro
generale della situazione, la Sicilia è al terzo posto sia per
incompiute (dopo il Lazio con 83 e la Sardegna con 68), che per
capitali dei quali necessita: 98 milioni di euro su 1.500 milioni
stimati per l'intera Penisola. Veniamo al dettaglio provinciale. A
Sciacca tra i dati raccolti e riferiti al 2013 (ma pubblicati a
luglio 2014, così come per gli altri enti), si parla del
completamento della piscina comunale i cui lavori sono stati eseguiti
al 50 per cento e per la quale servono ancora 1milione 181mila 500
euro. A Cianciana servono ancora oltre 2l9mila euro per ultimare il
campo da tennis con annesso campo di calcetto i cui lavori sono fermi
al 29,31 per cento. Su Licata invece si tratta del completamento di
una parte di un'area a verde attrezzato e del collegamento viario
con il Rione Fondachello per i quali servono ancora 600 mila euro. Ma
si parla anche della copertura della piscina comunale e di altri
locali, quali gli spogliatoi, il locale bar, etc: i lavori, quasi al
58 per cento, per essere completati necessitano di 700 mila euro.
Sono invece oltre 900mila gli euro che servono per completare le
opere di urbanizzazione secondaria nel Piano di edilizia economica
popolare di contrada Safarello con campi polivalenti, tribune,
spogliatoi, parcheggi e sistemazione dell'area a verde: i lavori
qui sono al 39 per cento. A Cattolica richiedono un impiego di 150
mila euro, invece, quelli relativi alla condotta fognaria esterna, in
parte spezzata, e all'impianto di depurazione non in esercizi . le
opere sono ferme al 74,81 per cento. A Calamonaci 65Omila euro
servono per la strada agricola 'Pozzillo', ferma al 54,38per
cento. Ma anche della strada agricola ex Consortile per Villafranca:
ferma al 42 per cento, occorrono altri 900 mila euro. A Porto
Empedocle 8 milioni e 960mila euro necessitano perché l'Irsap
(Consorzio Asi di Agrigento in liquidazione Gestione Separata Irsap)
porti a termine i lavori (fermi all'11 per cento) dell'asse
stradale per il miglioramento della viabilità della direttrice
costiera est-ovest della Sicilia e dell'accessibilità al porto,
nonché il completamento dell'asse viario a servizio delle aree
industriali, portuali e turistiche marinare. Occorrono, invece,
1milione 390mila euro circa per completare i lavori di costruzione
della strada di accesso all'agglomerato industriale empedoclino
attraverso il centro abitato e di raccordo alla viabilità statale di
servizio, lato Realmonte: qui le opere sono ferme al 27 per cento.
(LOG)
LA SICILIA
"Fuori dal Cupa, ma non per scelta
nostra"
Camera di commercio. Il presidente
Vittorio Messina spiega alla stampa come si è arrivati a questa
situazione.
Fuori dal Cupa, suo malgrado, per
evitare di dover rimanere "con il cerino in mano". E' questa,
in estrema sintesi, la posizione della Camera di commercio di
Agrigento che, attraverso il suo presidente, ha convocato ieri
mattina la stampa per precisare quale è e quale sarà
l'atteggiamento dell'Ente carnevale nei confronti dell'università
agrigentina.
Chiara, nel suo sviluppo, la dinamica
cronologica degli eventi; il 12 dicembre scorso la Giunta camerale
decide, nonostante le difficoltà collegate alla riforma dell'ente,
di rinviare ogni decisione di recesso, La posizione dura solo qualche
giorno, perché il 14 dicembre l'ex Provincia esce dal Consorzio,
spingendo "in considerazione dell'attuale compagine societaria"
il presidente a firmare un atto che fa uscire anche la Camera di
commercio perché di fatto il Cupa sarebbe da porre in liquidazione
(come avevamo evidenziato giusto ieri).
"Dal canto nostro - dice Messina -
garantiremo comunque per il 2015, anche fuori dal Cupa, il nostro
contributo di 51.645,58 euro perché crediamo nell'università
agrigentina. Purtroppo, però, senza la partecipazione della
Provincia è difficile che si possa proseguire".
Del resto, va ricordato, la Camera di
commercio è sempre stata tra i soci più critici rispetto alla
gestione dei bilanci e delle risorse dell'università. "Con
grande amarezza - aggiunge Messina - devo dire; avevamo ragione.
Adesso, credo, è necessario ripensare il futuro del Consorzio
universitario evitando gli errori del passato".
Messina, confortato dal proprio
segretario generale, Giuseppe Virgilio, ha inoltre chiarito che
l'arto di recesso presentato, nonostante non sia stato oggetto né
di specifica assemblea dei soci né tantomeno sia stato comunicato
nel corso dell'ultimo consiglio di amministrazione (passaggio, il
primo, previsto dallo Statuto), è da ritenersi ufficiale.
Così, sempre al momento, il Comune di
Agrigento, è l'unico socio fondatore sopravvissuto e ha il
"privilegio" di tenere il famoso "cerino" (per dire, due
giorni fa è stata confermata dal Cda la dotazione organica, pur
essendo al momento scoperti da un punto di vista economico per il
2015). Da chiarire, inoltre, rimane il ruolo dei componenti del
consiglio di amministrazione, tutti nominati da soci fondatori al
momento più o meno definitivamente fuori dal Consorzio (Giovanni Di
Maida e Maria Immordino furono nominati dalla ex Provincia e Giovanni
Tuzzolino dalla Camera di Commercio). Questi, per regolamento, non
hanno tuttavia alcun obbligo di dimissioni. Intanto la politica
chiede interventi. Nei giorni scorsi, a vario titolo, sono
intervenuti i deputati regionali Fontana, Panepinto, Maggio il
deputato nazionale Moscat. In molti, adesso, chiedono interventi
economici nell'im-mediato e una seria programmazione (finanzia via
e progettuale) per il rilancio dell'Università.
G. SCHICCHI
Agrigentoflash
Cupa, Fontana: "La politica sta
spingendo il Governo a trovare una soluzione"
Il deputato regionale del Ncd Vincenzo
Fontana sollecita il Governo regionale a trovare una soluzione per il
Cupa di Agrigento.
"Qualcosa comincia a smuoversi sulle
problematiche che riguardano il Consorzio Universitario di Agrigento
e la paventata chiusura, ma ancora non basta.
Il Consorzio Universitario come ho
dichiarato più volte è un patrimonio di tutti, ha una storia, delle
peculiarità e 3000 studenti che reclamano il diritto alla formazione
e allo studio in un momento congiunturale e di crisi che
trasversalmente colpisce il nostro Paese.
Il recesso del Libero Consorzio da
parte del commissario Di Liberto mi è sembrato un tantino
precipitoso, ma sono convinto che possa rientrare, anche perché con
oltre il 90% delle quote azionarie è il vero collante del Polo
agrigentino.
La Camera di Commercio che è anche un
altro socio del Cupa trovandosi in una situazione particolare in
attesa della riforma del settore tra le inerzie del Governo regionale
e il passaggio in Aula che presenta criticità, avendo l'obbligo
delle dismissioni delle quote azionarie nelle società partecipate si
trova in oggettiva difficoltà e spero che possa anch'essa
rientrare dal recesso.
In V commissione lavoro si è stabilito
di chiedere al Governo regionale attraverso una risoluzione, il
trasferimento necessario delle risorse economiche per scongiurare la
chiusura.
E' chiaro che l'esecutivo e
l'Assessore alla istruzione Mariella Lo Bello devono trovare una
soluzione che veda il Cupa e gli studenti protagonisti.
Io continuo a non spegnere l'attenzione
e invito tutti i colleghi parlamentari agrigentini di maggioranza e
opposizione di essere da pungolo, la battaglia è comune e riguarda
il presente e il futuro di studenti e famiglie che reclamano il
diritto di studiare nella propria provincia.
Io penso che si debba guardare al
Consorzio agrigentini in prospettiva di rilancio, dare una forte
specificazione e specialità anche alle corsualità, vista
l'importanza strategica del Mediterraneo e di Agrigento.
Puntare a master qualificati e
spendibili attingendo anche dal fondo sociale europeo. Si deve
trovare una soluzione che non sia emergenziale ma che abbia costrutto
e un percorso nel medio e lungo periodo, Crocetta non può
abbandonare la cultura, lo studio e una provincia, ripeto spingiamo
tutti a una risoluzione che guardi studenti, territorio e futuro per
mantenere una struttura che è stata realizzata con tantissime
energie e che ha in vent'anni permesso a tanti studenti agrigentini
di poter realizzare obiettivi e futuro occupazionale partendo dal
proprio territorio".
Sicilia24h
Cupa: Fontana la politica sta
spingendo il Governo regionale a trovare una soluzione
Il deputato regionale del Ncd Vincenzo
Fontana sollecita il Governo regionale a trovare una soluzione per il
Cupa di Agrigento.
"Qualcosa comincia a smuoversi sulle
problematiche che riguardano il Consorzio Universitario di Agrigento
e la paventata chiusura, ma ancora non basta. Il Consorzio
Universitario come ho dichiarato più volte è un patrimonio di
tutti, ha una storia, delle peculiarità e 3000 studenti che
reclamano il diritto alla formazione e allo studio in un momento
congiunturale e di crisi che trasversalmente colpisce il nostro
Paese. Il recesso del Libero Consorzio da parte del commissario Di
Liberto mi è sembrato un tantino precipitoso, ma sono convinto che
possa rientrare, anche perché con oltre il 90% delle quote azionarie
è il vero collante del Polo agrigentino. La Camera di Commercio che
è anche un altro socio del Cupa trovandosi in una situazione
particolare in attesa della riforma del settore tra le inerzie del
Governo regionale e il passaggio in Aula che presenta criticità,
avendo l'obbligo delle dismissioni delle quote azionarie nelle
società partecipate si trova in oggettiva difficoltà e spero che
possa anch'essa rientrare dal recesso. In V commissione lavoro si è
stabilito di chiedere al Governo regionale attraverso una
risoluzione,il trasferimento necessario delle risorse economiche per
scongiurare la chiusura. E' chiaro che l'esecutivo e l'Assessore
alla istruzione Mariella Lo Bello devono trovare una soluzione che
veda il Cupa e gli studenti protagonisti. Io continuo a non spegnere
l'attenzione e invito tutti i colleghi parlamentari agrigentini di
maggioranza e opposizione di essere da pungolo, la battaglia è
comune e riguarda il presente e il futuro di studenti e famiglie che
reclamano il diritto di studiare nella propria provincia. Io penso
che si debba guardare al Consorzio agrigentini in prospettiva di
rilancio, dare una forte specificazione e specialità anche alle
corsualità, vista l'importanza strategica del Mediterraneo e di
Agrigento.Puntare a master qualificati e spendibili attingendo anche
dal fondo sociale europeo. Si deve trovare una soluzione che non sia
emergenziale ma che abbia costrutto e un percorso nel medio e lungo
periodo,Crocetta non può abbandonare la cultura, lo studio e una
provincia, ripeto spingiamo tutti a una risoluzione che guardi
studenti, territorio e futuro per mantenere una struttura che è
stata realizzata con tantissime energie e che ha in vent'anni
permesso a tanti studenti agrigentini di poter realizzare obiettivi e
futuro occupazionale partendo dal proprio territorio.
18 gennaio - domenica
GIORNALE DI SICILIA
UNIVERSITA' Da ieri
l'associazione, in piazza Progresso, raccoglie le firme contro lo
stop al Cupa agrigentino
«No alla chiusura del Consorzio»
Una petizione di «Vivere Licata»
Da ieri i giovani di "Vivere Licata"
sono impegnati nella raccolta delle firme per dire no alla chiusura
del Consorzio universitario di Agrigento. L'iniziativa era stata
annunciata nei giorni scorsi da Ivan Marchese, presidente
dell'associazione, e ieri mattina il gazebo è stato allestito in
piazza Progresso. Qui tre ragazze dell'associazione hanno chiesto
ai licatesi di firmare contro lo stop al Cupa, ottenendo risposte
positive. Ieri pomeriggio il gazebo è stato allestito in piazza
Sant'Angelo, abituale ritrovo dei giovani soprattutto nel fine
settimana, e stamani tornerà in piazza Progresso. "Stiamo
difendendo — dicono i giovani di "Vivere Licata" — gli
interessi di tutti: degli studenti, ma anche delle loro famiglie.
Soprattutto con l'attuale situazione di crisi tanti non possono
permettersi di mantenere un figlio all'università lontano da casa.
In questo modo, invece, è possibile raggiungere ogni giorno
Agrigento per frequentare le lezioni. Bisogna evitare la chiusura dei
Consorzio universitario". Ad apporre per prima la firma sulla
petizione era stata, nei giorni scorsi, Mariagrazia Brandara,
commissario straordinario del Comune. "La mia — aveva annunciato
il commissario - non è una formale adesione, ma sostanziale, dovuta
al fatto che, come alcuni magari ricorderanno, la sottoscritta
all'epoca è stata, assieme ad altri noti personaggi del mondo
politico e culturale agrigentino, tra i promotori del Comitato
istituito, con l'obiettivo di sollecitare la creazione di un polo
universitario ad Agrigento, per andare incontro alle esigenze di
tutti quegli studenti che, una volta raggiunto il diploma di
maturità, per ragioni familiari ed anche economiche, avrebbero avuto
difficoltà ad intraprendere la carriera universitaria". (AAU)
RIFIUTI La discarica di Siculiana,
del gruppo Catanzaro ha superato il collaudo tecno
dopoilavon_di_amphamento al primo lotto della quarta vasca di
contenimento.
RIPARTE LA RACCOLTA
Oggi, ultimo giorno di conferimento
nella discarica di Catania per le imprese che si occupano della
raccolta e dello smaltimento dei rifiuti nei 24 comuni di Gesa e
Dedalo, compreso il capoluogo. L'ordinanza del presidente della
Regione Crocetta che disponeva l'utilizzo della discarica di Grotta
San Giorgio gestita dalla Sicula Trasporti, fissa in oggi la data
ultima per il conferimento di questi comuni. Da domani, o al massimo
martedì prossimo, la discarica di Siculiana gestita dal Gruppo
Catanzaro, dovrebbe riaprire i battenti facendo tornare alla
normalità tutto il comparto. Venerdì scorso,com'è noto, ha avuto
un esito favorevole il collaudo del primo lotto della quarta vasca di
contenimento rifiuti dell'impianto di contrada Matarano chiusa
ormai da un mesetto circa.
I tecnici della regione hanno
presentato una relazione al Dipartimento rifiuti che deve adesso dare
il via libera definitivo alla riapertura dell'impianto.
Intanto oggi, gli autocompattatori, di
Iseda, Sap e Icoen continueranno a fare la spola da e per Catania per
provare a svuotare più contenitori possibili in modo che se anche
domani non si dovesse raccogliere, la situazione non sarebbe
particolarmente grave. In questo mese di disagi, non ci sono state
proteste da parte di nessuno, i sindacati non hanno avuto nulla da
dire, neppure a livello pro- positivo per il futuro e i cittadini, in
barba alle ordinanze, hanno continuato a disparsi della propria
spa4zatura come meglio gli è sembrato, I cassonetti, nonostante si
sapesse che la raccolta veniva effettuata due volte a settimana, sono
spesso stati riempiti oltre che di rifiuti "normali", di armadi
dismessi, materassi, sedie e mobilia di varia provenienza.
La speranza è comunque che si faccia
in fretta visto che alla Regione son arrivate anche le documentazioni
che parlano di un rischio esaurimento della struttura della Sicula
Trasporti a Catania, dove al momento, finiscono i rifiuti di un
comune su due in Sicilia, e la chiusura in vista per l'impianto
dell'Oìkos a Motta Sant'Anastasia, prevista per maggio. A questo
si aggiungano le situazioni «delicate» dell'impianto di contrada
Timpazzo a Gela, dove i comuni di Gesa e Dedalo in casi di emergenza
han no conferito, e che al momento lavora a regime ridotto.
Il tutto mentre il 31 gennaio, scade la
proroga che il Comune di Agrigento ha dato alle aziende del
raggruppamento di imprese che assicurano la raccolta e lo smaltimento
dei rifiuti. E se da un lato la differenziata non decolla perchè non
esiste una vera politica che la pubblicizzi e la renda fattibile,
dall'altro si comincia ad annusare il fallimento delle nuove Srr
che nelle intenzioni del Dipartimento e della Regione, avrebbero
dovuto sciogliere definitivamente i famosi carrozzoni mangiasoldi
degli Ato che seppur in liquidazione, esistono ancora con costi a
carico della collettività. (AMM).
19 gennaio - lunedì
GIORNALE DI SICILIA
ISTITUZIONI PUBBLICE Affollata
assemblea plenaria a Ribera nella sede dell'ente
Scarseggiano i fondi, resta ancora a
rischio l'Istituto «Toscanini»
Dei problema saranno investiti il
presidente della Regione Rosario Crocetta e il ministro
dell'istruzione Stefania Giannini
Futuro ancora incerto per l'istituto
musicale provinciale "Arturo Toscanini" che ha la sua sede in via
Roma a Ribera e che è guidato dal prof. Claudio Montesano. La
carenza di fondi di cui dispone l'istituto ha messo di nuovo in
allarme studenti, famiglie, docenti che cercano da diverso tempo di
avere risposte più chiare e precise sui futuro di una delle
istituzioni musicali più prestigiose della Sicilia. Per fare il
punto della situazione e vedere in concreto cosa fare per superare le
difficoltà che vengono registrate è stata indetta un'assemblea
plenaria, convocata dal presidente dell'istituto Gaetano Pennino e
dal direttore Claudio Montesano per attivare tutti i percorsi utili
alla salvaguardia del Conservatorio di Musica agrigentino. Da mesi -
è stato fatto rilevare - i docenti subiscono gravi disagi nella
corresponsione degli stipendi perché l'Ente principale istitutore
e finanziatore il Libero Consorzio Comunale di Agrigento non riesce a
garantire il finanziamento pattuito in Convenzione vigente di
transito in piena autonomia del "Toscanini". Incerto resta,
altresì, il necessario finanziamento per il 2015. All'assemblea
hanno preso parte i Deputati nazionali senatore Giuseppe Ruvolo e gli
Onorevoli Angelo Capodicasa e Maria Iacono nonché il deputato
regionale onorevole Matteo Mangiacavallo, il sindaco di Ribera
Carmelo Pace, i'ex Sottosegretario di Stato Nenè Mangiacavallo,
l'ex presidente della Provincia Emanuele Siragusa e 1' ex
consigliere provinciale prof. Pietro D'Anna. Nutrita la presenza di
studenti, famiglie e docenti che sono intervenuti e che hanno
particolarmente stigmatizzato l'ipotesi di una insufficienza di
appena duecentomila euro per garantire il Toscanini: "Non è
possibile crede re - è stato sottolineato - che per tale modesto
budget il Conservatorio debba essere condotto a rischio di chiusura
dopo 24 annidi produttività e tangibili successi". E' stata
rimarcata la intensa attività portata avanti finora e il fatto che
molti laureati del "Toscanini" sono oggi docenti in varie
pubbliche scuole e lavorano nel campo musicale classico in importanti
Fondazioni sinfoniche, provvedendo, così, a formare e a introdurre
nei mercato del lavoro molti giovani del territorio. Nel corso dei
lavori è stato deciso di costituire un corposo Comitato dei genitori
coordinati dall'avv. Patrizia Marrone con l'assistenza del
maestro Gaetano Francolino. Il comitato avrà il compito di porre in
essere ogni utile iniziativa anche sul pIano legale a tutela del
diritto allo studio dei propri figli studenti dei "Toscanini".Alla
fine di un ampio dibattito, gli esponenti politici intervenuti hanno
espresso la loro piena disponibilità a rappresentare studenti e loro
famiglie per portare avanti tutte le iniziative politiche a sostegno
dell'istituto, invitando il Presidente a chiedere audizione urgente
al Commissario straordinario della ex Provincia di Agrigento
Alessandra Di Liberto, al Presidente della Regione Rosario Crocetta,
al Vicepresidente della Regione ed Assessore Regionale all'istruzione
Manda Lo Bello, al Ministro dell'Istruzione Stefania Giannini. Alle
audizioni parteciperà una delegazione mista con la presenza dei
parlamentari. (tc)
LA SICILIA
Il « Toscanini» come il Cupa
Ribera. Senza finanziamenti dall'ex
Provincia l'istituto rischia la chiusura
Ribera. Rischia di chiudere, dopo ben
24 anni di intensa attività didattica, l'Istituto Superiore di
Studi Musicali «Arturo Toscanini» di Ribera, per mancanza di
finanziamenti, circa 200 mila euro, necessari per la sua
sopravvivenza.
L'allarme è stato lanciato sabato
durante una partecipata assemblea che si è svolta nei locali dei
conservatorio in via Roma, convocata dal direttore Claudio Montesano
e dal presidente Gaetano Pennino.
Lo scopo dell'incontro è quello di
attivare tutti percorsi utili alla salvaguardia del conservatorio
musicale agrigentino.
Da mesi i docenti subiscono gravi
disagi nella corresponsione degli stipendi perché l'ente
principale istitutore e finanziatore, il Libero Consorzio Comunale di
Agrigento, non riesce a garantire il finanziamento pattuito con la
convenzione vigente di transito in piena autonomia del «Toscanini»,
incerto altresì il necessario finanziamento per il 2015.
Affollato consesso di studenti,
famiglie, docenti, deputazione e autorità istituzionali, Presenti il
senatore Ruvolo, i deputati Capodicasa, acono, Mangiacavallo, d
sindaco Pace, l'ex segretario Mangiacavallo, l'ex presidente
della Provincia Siragusa e l'ex consigliere D'Anna i quali hanno
stigmatizzato l'ipotesi di una insufficienza finanziaria di appena
duecentomila euro per garantire la vita del «Toscanini»,
E' stato detto che non è possibile
credere che per una modesta somma di denaro il conservatorio debba
essere condotto a rischio di chiusura dopo 24 annidi produttività e
tangibili successi,
Molti laureati del «Toscanini» sono
oggi docenti in varie pubbliche scuole e lavorano nel campo musicale
classico in importanti fondazioni sinfoniche. E' stato costituito
un comitato dei genitori coordinato dall'avv. Patrizia Marrone con
l'assistenza del maestro Gaetano Francolino allo scopo di porre in
essere ogni utile iniziativa anche sul piano legale a tutela del
diritto allo studio degli studenti.
ENZO MINIO
LiveSicilia
La Regione
La politica li tiene appesi a un
filo
I precari a tempo indeterminato
di Accursio Sabella
Lsu, Asu, Pip, articolisti e
dipendenti di Comuni e province. La loro storia inizia addirittura
nel 1988. Da allora, di contratto in contratto e di proroga in
proroga, questi lavoratori attendono una stabilizzazione che forse
non arriverà mai.
PALERMO - "Solo con quell'articolo,
Capitummino fece entrare trentamila precari negli enti locali". Il
ricordo è dell'ex presidente della Regione Totò Cuffaro. Che non fu
da meno. E la battuta, raccolta in un articolo del Corriere della
sera di qualche anno fa e firmato da Gian Antonio Stella racconta
un'epoca. Fotografa una storia di ieri, che è anche storia di oggi.
Proprio nei giorni scorsi i 22.400 lavoratori a tempo determinato
sono tornati a lavoro. L'approvazione dell'esercizio provvisorio ha
dato loro un altro po' di ossigeno. Una nuova proroga, in attesa
della successiva. In Sicilia, infatti, il precariato è stabile.
Solido. Eterno. Ed enorme.
L'articolo cui faceva riferimento l'ex
governatore era il numero 23 della Finanziaria dello Stato del 1988.
Una norma che prevedeva, per il triennio 1988-1990 il finanziamento,
nei territori del Mezzogiorno, di "progetti di utilità collettiva"
tramite l'impiego, a tempo parziale e per un periodo non superiore
a 12 mesi, di giovani di età compresa tra i 18 e i 29 anni. Sono i
cosiddetti Lsu: lavoratori socialmente utili. In molti casi "offerti"
dalle cooperative alle amministrazioni locali per una serie di
servizi: dalla manutenzione ambientale al recupero urbano. Questi
lavoratori vengono inviati quindi nei Comuni, nelle Province, in
qualche caso nelle parrocchie. Dopo un anno di lavoro avrebbero
dovuto lasciare il posto ad altri "coetanei". E invece poco a
poco, anno dopo anno, la loro precarietà è diventato, appunto,
sempre più stabile. Siamo agli albori del precariato. Il presidente
della Regione era Rino Nicolosi, l'assessore al Lavoro Vincenzino
Leanza.
A favorire la contrattualizzazione di
quelli che presto diventeranno "ex Lsu", invece, è la norma
voluta dall'allora assessore al Lavoro Giuseppe Drago. È sua la
legge regionale del 21 dicembre del 1995 che, di fatto, estromette le
cooperative dalla gestione dei lavoratori. Che saranno destinatari di
contratti a tempo determinato. Inizialmente di cinque anni, poi via
via più brevi. E da lì si procederà di proroga in proroga. Drago,
per la cronaca, l'anno dopo sarà il candidato all'Ars più votato.
Nel frattempo il bacino dei precari
degli enti locali cresce e supera quota quarantamila. In quegli anni
- siamo entrati nel nuovo secolo - i governi nazionali
stabiliscono il blocco delle assunzioni e del turn-over nelle
pubbliche amministrazioni. Innescando un meccanismo inevitabile: non
potendo assumere e non potendo così sostituire i lavoratori che nel
frattempo non erano più a lavoro (deceduti o in pensione), la
componente "precaria" nelle piante organiche cresceva a
dismisura. In qualche caso, finendo per rappresentare la metà
dell'intera forza lavoro di Comuni, Province ed enti locali. Nel
frattempo, con una legge del 2001 il contributo a sostegno dei
precari passa a carico del Fondo regionale, mentre cinque anni dopo,
il governo Cuffaro porterà le ore settimanali previste dal contratto
da 18 a 24.
Di proroga in proroga, e di anno in
anno, viene sventolata la speranza di una stabilizzazione per questi
lavoratori. Una speranza che attraversa i governi Cuffaro e Lombardo
fino a giungere ai giorni nostri. La legge nazionale voluta l'anno
scorso dall'ex ministro D'Alia da un lato indica chiaramente
nell'assunzione a tempo indeterminato il destino ultimo dei precari,
ma allo stesso tempo fissa paletti molto stretti affinché i Comuni
possano assumere. Comuni che nel frattempo, di Finanziaria in
Finanziaria, si trovano sempre più poveri. E sempre più in
difficoltà: la stabilizzazione, al di là delle buone intenzioni,
appare un miraggio. Fino a due giorni fa. Quando l'Ars si è
limitata, fuori tempo massimo, a spostare di un altro anno il limite
della proroga annuale. Poi si vedrà.
Ma intanto la galassia dei precari
degli enti locali è enorme: quasi 25 mila persone. La maggior parte
di questi lavoratori (18.500) hanno un contratto a tempo determinato
a carico della Regione siciliana che spende, solo per loro, la cifra
annua di 257 milioni di euro. A questi vanno aggiunti poi i 646
lavoratori con contratto a tempo determinato in servizio alla Regione
Siciliana. Per loro, il costo annuo è di circa 17 milioni.
Precari, sì. Ma quantomeno destinatari
di contratti. Diversa è la situazione dei lavoratori Asu. Quelli
che, di fatto, non hanno compiuto il "salto" da Lsu a lavoratore
a tempo determinato. E sono quindi destinatari di un sussidio. Per
loro, quasi seimila in tutto, la Regione eroga 36 milioni l'anno.
E tra i "precari storici", e
destinatari solo di un sussidio peculiare è la storia dei cosiddetti
"ex Pip" che ha inizio nel 2001 con il varo del progetto
"Emergenza Palermo". "Un regalo di Orlando al capoluogo" ha
attaccato fino a pochi giorni fa il governatore Crocetta, così come
aveva fatto mesi prima il suo predecessore Lombardo. Dall'avvio del
progetto, anche questi tremila lavoratori vanno avanti di proroga in
proroga, fino al 2004 quando entra in funzione la società Spo
(Società per l'occupazione), che rimane in piedi fino all'aprile
del 2010, quando questi lavoratori vengono assunti con contratto a
tempo indeterminato per tre anni nella 'Social Trinacria Onlus'.
I precari vengono così smistati presso ospedali, prefetture,
tribunali. Fino all'arrivo di Crocetta. Sarà lui a recidere il
cordone ombelicale con la onlus. I Pip passano direttamente a carico
della Regione siciliana. A loro va il sussidio, erogato tecnicamente
dall'Inps.
Pochi giorni fa, agli "sgoccioli"
del 2014, l'Ars ha deciso di accantonare per qualche giorno
addirittura bilancio e proroga dei precari degli enti locali, per
concentrarsi sul rinnovo del finanziamento per gli ex Pip, appunto.
Molti di questi, attendevano sullo spiazzale antistante l'Assemblea
regionale siciliana. "Non dobbiamo dare l'impressione - ha
sommessamente fatto notare qualche deputato in quella occasione -
che basti venire a protestare sotto Palazzo dei Normanni per ottenere
qualcosa". Ma il luogo della protesta è anche quello del brindisi.
"Crocetta, Crocetta!" esultavano questi lavoratori in occasione
della scorsa finanziaria, dopo l'ok alla proroga. Qualche mese dopo
sarebbero ripartite le eterne proteste. Dello speciale precariato
siciliano. Quello a tempo indeterminato.
Canicattìweb
Regione Sicilia, Province ancora al
bivio: Nello Musumeci incalza Crocetta
Scadono il 7 aprile i termini della
gestione commissariale delle ex Province. E già si agitano le acque
per il timore che si possa ricorrere all'ennesima proroga se la
telenovela della riforma non arriva all'epilogo.
Negli ultimi mesi si sono alternati
agli Enti locali ben tre assessori e la speranza è che con Ettore
Leotta finalmente si possa essere arrivati alla stabilizzazione di
uno degli incarichi più importanti del governo regionale, e che il
progetto di riforma delle province arrivi a Palazzo dei Normanni in
tempo per evitare un'altra proroga. Peraltro, questa riforma
rientra negli impegni assunti dal governo Crocetta venerdì sera a
Palazzo d'Orleans in presenza del sottosegretario Graziano Delrio
che conduce la mediazione dei rapporti col governo centrale.
Fino a questo momento non risulta che
alla commissione Affari istituzionali sia pervenuto un progetto dal
governo, completo di relazione tecnica. Come è noto, recentemente su
questa riforma sono sorte divergenze anche tra il presidente dell'Ars
Giovanni Ardizzone el governatore Rosario Crocetta. Per il primo
sarebbe più semplice recepire sic et simpliciter la legge nazionale
che porta il nome di Delrio varata lo scorso anno: pur modificandone
la ragione sociale e il sistema elettorale, stabilisce che i consorzi
corrispondano alle delimitazioni territoriali delle vecchie province.
Secondo Crocetta, almeno questa è la
versione ultima, in Sicilia i consorzi di comuni dovranno essere più
delle attuali nove province. In atto, in commissione giacciono due
ddl della lista Musumeci, il primo del dicembre 2012, il secondo del
maggio scorso: si prevede l'elezione diretta del presidente della
provincia (o consorzio) e del sindaco della città metropolitana
nonché il trasferimento di numerose competenze dalla Regione
all'ente intermedio. Posizione condivisa anche da una parte della
maggioranza come Giovanni Panepinto (Pd).
Il problema della riforma in vista
della scadenza della gestione commissariale delle ex province, lo
solleva il capo dell'opposizione di centrodestra, Nello Musumeci:
"Il nuovo assessore agli Enti Locali Ettore Leotta venga in Aula
nei prossimi giorni per dire con chiarezza quale idea di provincia
intende realizzare il governo". Quindi mette il dito nella piaga
che ormai si rinnova ciclicamente: "Mancano solo poco più di due
mesi alla scadenza di legge e nutriamo seri dubbi che il governo e la
sua maggioranza riescano a varare la tanto strombazzata riforma che
non hanno saputo fare in un anno e mezzo".
"Fino ad oggi - conferma Musumeci -
non è arrivata alcuna nuova proposta alla competente commissione,
mentre il governatore e il suo partito continuano a parlare due
linguaggi diversi sul nuovo modello dell'ente intermedio. Città
metropolitane ristrette o allargate? Confini provinciali rigidi o
flessibili? Presidenti eletti dal popolo o nominati? Competenze e
funzioni di sempre o nuove responsabilità decentrate dalla Regione?
Regna una gran confusione, mentre sul territorio sono solo i
cittadini a pagare il prezzo della paralisi delle province, voluta da
una irragionevole furia devastatrice di un finto rivoluzionario".
Come è noto, la telenovela inizia nel
febbraio 2013 quando Crocetta annuncia, dallo studio televisivo di
Massimo Giletti: "Da domani le province siciliane non esisteranno
più". Quindi, annulla le elezioni provinciali e fa approvare dalla
maggioranza la legge che prevede entro il 31 dicembre 2013 la
istituzione dei nuovi Enti intermedi e il commissariamento delle ex
province. Che viene prorogato prima volta con legge del marzo 2014
("non oltre il 31 ottobre 2014″). Poi, non essendo ancora pronta
la riforma, con legge del 20 novembre 2014 «non oltre il termine
inderogabile del 7 aprile 2015″.