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/ Rassegna stampa » 2015 » Gennaio » 19 » Rassegna stampa del 17 - 18 e 19 gennaio 2015

Rassegna stampa del 17 - 18 e 19 gennaio 2015

17 gennaio - sabato

CONSORZIO UNIVERSITARIO. Corsa contro il tempo per la sopravvivenza, a rischio l'istruzione di circa tremila studenti. Molta attesa una legge in deroga della Regione
Senza i fondi dell'ex Provincia il Cupa chiuderà
MARIA IMMORDINO: «SIAMO NELLE MANI DEL COMMISSARIO, SOLTANTO LA REVOCA DELLA FUORIUSCITA DAL POLO PUÒ EVITARE LA FINE»
Il futuro dell'Università agrigentina è nelle mani del commissario straordinario dell'ex Provincia, Alessandra Di Liberto. Un filo sottile lega la sopravvivenza del Cupa al funzionario regionale, che non ha inserito in Bilancio il finanziamento di 750 mila euro decretando, di fatto, la soppressione del polo distaccato dell'Ateneo palermitano. "Siamo nelle mani del commissario — ha spiegato ieri, al termine di un lungo ed articolato Consiglio d'amministrazione, la presidente del Polo, Maria Immordino. Soltanto la revoca della delibera che dispone la fuoriuscita dall'ente, con la conseguente perdita del finanziamento — spiega la preside — può far si che le lezioni continuino in contrada Calcarelle. In questo senso è importante l'azione della Regione, che in attesa della legge per il riordino della formazione in Sicilia, annunciata dall'assessore all'Istruzione, Mariella Lo Bello, dovrebbe autorizzare la Provincia ad utilizzare parte dell'avanzo di amministrazione, dando la possibilità di sforare il patto di stabilità. Significa che paradossalmente la Provincia ha a disposizione una somma di 4 milioni di euro (spendibili) ma non li può utilizzare perché altrimenti andrebbe a violare quelli che sono i dettami del patto di stabilità. La Regione, potrebbe porre rimedio a tutto ciò". Ieri la notizia della fuoriuscita dal Consorzio anche da parte della Camera di commercio ha messo in apprensione il Cda del Polo, ma il fatto che l'ente Camerale abbia deliberato di mantenere per il 2015 la quota da versare, cioè 50 mila euro, ha reso meno amara la giornata ai dirigenti della sede universitaria agrigentina. "Stiamo cercando in tutti i modi di resistere — ha aggiunto Maria Immordino — abbiamo tagliato tutti i costi, l'ateneo di Palermo, con il suo rettore Lagalla, in sede di novazione del Contratto ha anche ridotto la quota a carico del Cupa che prima era del 50 per cento e da agosto 2014 è stata portata al 30%". Per mantenere in vitali Cupa comunque è necessaria una somma pari ad un milione di euro. Soldi che qualcuno dovrà mettere. Intanto il deputato regionale del Nuovo centrodestra ed ex presidente della Provincia, Enzo Fontana sollecita il Governo regionale a trovare una soluzione per il Cupa. "Qualcosa comincia a smuoversi sulle problematiche che riguardano il Consorzio Universitario di Agrigento e la paventata chiusura, ma ancora non basta. Il Consorzio Universitario come ho dichiarato più volte è un patrimonio di tutti, ha una storia, delle peculiarità e 3000 studenti che reclamano il diritto alla formazione. Il recesso del Libero consorzio da parte del commissario Di Liberto — aggiunge l'onorevole Fontana - è sembrato un tanti- no precipitoso, ma sono convinto che possa rientrare, anche perché con oltre il 90% delle quote azionarie è il vero collante del Polo agrigentino. In commissione "Lavoro" si è stabilito di chiedere al Governo regionale attraverso una risoluzione, il trasferimento necessario delle risorse economiche per scongiurare la chiusura. E' chiaro che l'esecutivo e l'Assessore alla istruzione Mariella Lo Bello devono trovare una soluzione che veda il Cupa e gli studenti protagonisti. (PAPI)

IERI MATTINA L'ANNUNCIO Il presidente Vittorio Messina «L'ente verrà accorpato, resta la voce in bilancio»
Ritira le quote pure la Camera di commercio
La Camera di Commercio, uno dei tre soci fondatori del Cupa, toglie il suo appoggio al Consorzio Universitario di Calcarelle. Il presidente della Camera di Commercio di Agrigento, nel corso di una conferenza stampa ha annunciato che «.. valutata la partecipazione della ex Provincia Regionale di Agrigento al Consorzio Universitario di Agrigento indispensabile, in considerazione dell'attuale compagine sociale, con delibera presidenziale n. 2 del 16 dicembre 2014, la Camera di Commercio di Agrigento è costretta a recedere dal Consorzio Universitario della Provincia di Agrigento, pur impegnandosi a mantenere in bilancio lo stesso contributo al fine di continuare ad esercitare il ruolo propulsivo e di mediazione dell'Ente a favore delle istanze di progresso e sviluppo del territorio, tramite una fondamentale infrastruttura immateriale».
Questa la motivazione, anche in considerazione di un altro documento amministrativo il n. 11 del 15 dicembre 2014 con il quale si avvia l'accorpamento tra le Camera di Agrigento, Caltanissetta e Trapani che diventeranno una sola struttura così come è stato imposto dall'articolo 1, comma 5 della legge 580 del 1983 e relative modifiche avvenute lungo questi anni.
A dicembre il ministro degli Interni, on Angelino Alfano nell'inaugurare, alla presenza del magnifico rettore dell'Ateneo palermitano, Roberto La Galla, un moderno auditorium annesso alla struttura del Cupa, con la chiarezza che lo caratterizza, ebbe a dire che non ci sono più soldi per mantenere i consorzi o poli universitari e quindi occorreva individuare nuovi percorsi culturali se si voleva salvare il Cupa agrigentino. Subito dopo il commissario dell'ex Provincia Regionale di Agrigento cosa fa? firma una determina, la n. 199 del dicembre 2014, con la quale recede unilateralmente dal Cupa mettendo di fatto in liquidazione la struttura universitaria agrigentina.
Infatti le cifre parlano chiaro. Ai sensi dell'art. 4 dello statuto del Consorzio, l'allora Provincia regionale di Agrigento possedeva 2.052 quote (valore nominale in euro 516,45) per complessivi euro 1.059.755,00, il Comune di Agrigento possiede' 290 quote pari a 149 770 50 ed infine la Camera di Commercio appena 100 quote per un totale di 51.645,0tJ' di Euro. E' facile intuire che con il ritiro dell'Ente provincia il Cupa è in liquidazione. Può chiudere i battenti e mandare tutto alle ortiche. (V.A)

CENSIMENTO. Nell'Agrigentino, sono Sciacca, Licata, Cianciana, Calamonaci, Cattolica Eraclea e Porto Empedocle i centri che figurano nel report che è stato stilato
IN PROVINCIA 6 OPERE INCOMPIUTE DA FINANZIARE
Il totale delle somme necessarie ammonta ai milioni 650 mila euro. Il ministero apre a scenari nuovi però peri privati.
Sono solo sei al momento i comuni dell'Agrigentino di cui sono note opere pubbliche "incompiute" e per cui occorrono nuovi finanziamenti. E il totale delle somme necessarie ammonta a 15 milioni 650 mila euro circa. Ma sono stime destinate a salire di mese in mese, secondo quanto affermato dai ministero per le Infrastrutture, perché la legge che obbliga gli enti al censimento è, infatti, solo del 2011, mentre il conteggio è partito a fine 2013. Lo Stesso ministero apre a scenari nuovi però per i privati: è al vaglio la possibilità di bonus fiscali per chi investe dove il pubblico ha fallito, cambiando anche la destinazione d'uso delle 'incompiute'. Nel caso della nostra provincia, sono Sciacca, Licata, Cianciana, Calamonaci, Cattolica Eraclea e Porto Empedocle i centri che figurano nel report. Per fare una quadro generale della situazione, la Sicilia è al terzo posto sia per incompiute (dopo il Lazio con 83 e la Sardegna con 68), che per capitali dei quali necessita: 98 milioni di euro su 1.500 milioni stimati per l'intera Penisola. Veniamo al dettaglio provinciale. A Sciacca tra i dati raccolti e riferiti al 2013 (ma pubblicati a luglio 2014, così come per gli altri enti), si parla del completamento della piscina comunale i cui lavori sono stati eseguiti al 50 per cento e per la quale servono ancora 1milione 181mila 500 euro. A Cianciana servono ancora oltre 2l9mila euro per ultimare il campo da tennis con annesso campo di calcetto i cui lavori sono fermi al 29,31 per cento. Su Licata invece si tratta del completamento di una parte di un'area a verde attrezzato e del collegamento viario con il Rione Fondachello per i quali servono ancora 600 mila euro. Ma si parla anche della copertura della piscina comunale e di altri locali, quali gli spogliatoi, il locale bar, etc: i lavori, quasi al 58 per cento, per essere completati necessitano di 700 mila euro. Sono invece oltre 900mila gli euro che servono per completare le opere di urbanizzazione secondaria nel Piano di edilizia economica popolare di contrada Safarello con campi polivalenti, tribune, spogliatoi, parcheggi e sistemazione dell'area a verde: i lavori qui sono al 39 per cento. A Cattolica richiedono un impiego di 150 mila euro, invece, quelli relativi alla condotta fognaria esterna, in parte spezzata, e all'impianto di depurazione non in esercizi . le opere sono ferme al 74,81 per cento. A Calamonaci 65Omila euro servono per la strada agricola 'Pozzillo', ferma al 54,38per cento. Ma anche della strada agricola ex Consortile per Villafranca: ferma al 42 per cento, occorrono altri 900 mila euro. A Porto Empedocle 8 milioni e 960mila euro necessitano perché l'Irsap (Consorzio Asi di Agrigento in liquidazione Gestione Separata Irsap) porti a termine i lavori (fermi all'11 per cento) dell'asse stradale per il miglioramento della viabilità della direttrice costiera est-ovest della Sicilia e dell'accessibilità al porto, nonché il completamento dell'asse viario a servizio delle aree industriali, portuali e turistiche marinare. Occorrono, invece, 1milione 390mila euro circa per completare i lavori di costruzione della strada di accesso all'agglomerato industriale empedoclino attraverso il centro abitato e di raccordo alla viabilità statale di servizio, lato Realmonte: qui le opere sono ferme al 27 per cento. (LOG)

LA SICILIA

"Fuori dal Cupa, ma non per scelta nostra"
Camera di commercio. Il presidente Vittorio Messina spiega alla stampa come si è arrivati a questa situazione.
Fuori dal Cupa, suo malgrado, per evitare di dover rimanere "con il cerino in mano". E' questa, in estrema sintesi, la posizione della Camera di commercio di Agrigento che, attraverso il suo presidente, ha convocato ieri mattina la stampa per precisare quale è e quale sarà l'atteggiamento dell'Ente carnevale nei confronti dell'università agrigentina.
Chiara, nel suo sviluppo, la dinamica cronologica degli eventi; il 12 dicembre scorso la Giunta camerale decide, nonostante le difficoltà collegate alla riforma dell'ente, di rinviare ogni decisione di recesso, La posizione dura solo qualche giorno, perché il 14 dicembre l'ex Provincia esce dal Consorzio, spingendo "in considerazione dell'attuale compagine societaria" il presidente a firmare un atto che fa uscire anche la Camera di commercio perché di fatto il Cupa sarebbe da porre in liquidazione (come avevamo evidenziato giusto ieri).
"Dal canto nostro - dice Messina - garantiremo comunque per il 2015, anche fuori dal Cupa, il nostro contributo di 51.645,58 euro perché crediamo nell'università agrigentina. Purtroppo, però, senza la partecipazione della Provincia è difficile che si possa proseguire".
Del resto, va ricordato, la Camera di commercio è sempre stata tra i soci più critici rispetto alla gestione dei bilanci e delle risorse dell'università. "Con grande amarezza - aggiunge Messina - devo dire; avevamo ragione. Adesso, credo, è necessario ripensare il futuro del Consorzio universitario evitando gli errori del passato".
Messina, confortato dal proprio segretario generale, Giuseppe Virgilio, ha inoltre chiarito che l'arto di recesso presentato, nonostante non sia stato oggetto né di specifica assemblea dei soci né tantomeno sia stato comunicato nel corso dell'ultimo consiglio di amministrazione (passaggio, il primo, previsto dallo Statuto), è da ritenersi ufficiale.
Così, sempre al momento, il Comune di Agrigento, è l'unico socio fondatore sopravvissuto e ha il "privilegio" di tenere il famoso "cerino" (per dire, due giorni fa è stata confermata dal Cda la dotazione organica, pur essendo al momento scoperti da un punto di vista economico per il 2015). Da chiarire, inoltre, rimane il ruolo dei componenti del consiglio di amministrazione, tutti nominati da soci fondatori al momento più o meno definitivamente fuori dal Consorzio (Giovanni Di Maida e Maria Immordino furono nominati dalla ex Provincia e Giovanni Tuzzolino dalla Camera di Commercio). Questi, per regolamento, non hanno tuttavia alcun obbligo di dimissioni. Intanto la politica chiede interventi. Nei giorni scorsi, a vario titolo, sono intervenuti i deputati regionali Fontana, Panepinto, Maggio il deputato nazionale Moscat. In molti, adesso, chiedono interventi economici nell'im-mediato e una seria programmazione (finanzia via e progettuale) per il rilancio dell'Università.
G. SCHICCHI

Agrigentoflash

Cupa, Fontana: "La politica sta spingendo il Governo a trovare una soluzione"
Il deputato regionale del Ncd Vincenzo Fontana sollecita il Governo regionale a trovare una soluzione per il Cupa di Agrigento.
"Qualcosa comincia a smuoversi sulle problematiche che riguardano il Consorzio Universitario di Agrigento e la paventata chiusura, ma ancora non basta.
Il Consorzio Universitario come ho dichiarato più volte è un patrimonio di tutti, ha una storia, delle peculiarità e 3000 studenti che reclamano il diritto alla formazione e allo studio in un momento congiunturale e di crisi che trasversalmente colpisce il nostro Paese.
Il recesso del Libero Consorzio da parte del commissario Di Liberto mi è sembrato un tantino precipitoso, ma sono convinto che possa rientrare, anche perché con oltre il 90% delle quote azionarie è il vero collante del Polo agrigentino.
La Camera di Commercio che è anche un altro socio del Cupa trovandosi in una situazione particolare in attesa della riforma del settore tra le inerzie del Governo regionale e il passaggio in Aula che presenta criticità, avendo l'obbligo delle dismissioni delle quote azionarie nelle società partecipate si trova in oggettiva difficoltà e spero che possa anch'essa rientrare dal recesso.
In V commissione lavoro si è stabilito di chiedere al Governo regionale attraverso una risoluzione, il trasferimento necessario delle risorse economiche per scongiurare la chiusura.
E' chiaro che l'esecutivo e l'Assessore alla istruzione Mariella Lo Bello devono trovare una soluzione che veda il Cupa e gli studenti protagonisti.
Io continuo a non spegnere l'attenzione e invito tutti i colleghi parlamentari agrigentini di maggioranza e opposizione di essere da pungolo, la battaglia è comune e riguarda il presente e il futuro di studenti e famiglie che reclamano il diritto di studiare nella propria provincia.
Io penso che si debba guardare al Consorzio agrigentini in prospettiva di rilancio, dare una forte specificazione e specialità anche alle corsualità, vista l'importanza strategica del Mediterraneo e di Agrigento.
Puntare a master qualificati e spendibili attingendo anche dal fondo sociale europeo. Si deve trovare una soluzione che non sia emergenziale ma che abbia costrutto e un percorso nel medio e lungo periodo, Crocetta non può abbandonare la cultura, lo studio e una provincia, ripeto spingiamo tutti a una risoluzione che guardi studenti, territorio e futuro per mantenere una struttura che è stata realizzata con tantissime energie e che ha in vent'anni permesso a tanti studenti agrigentini di poter realizzare obiettivi e futuro occupazionale partendo dal proprio territorio".


Sicilia24h

Cupa: Fontana la politica sta spingendo il Governo regionale a trovare una soluzione
Il deputato regionale del Ncd Vincenzo Fontana sollecita il Governo regionale a trovare una soluzione per il Cupa di Agrigento.
"Qualcosa comincia a smuoversi sulle problematiche che riguardano il Consorzio Universitario di Agrigento e la paventata chiusura, ma ancora non basta. Il Consorzio Universitario come ho dichiarato più volte è un patrimonio di tutti, ha una storia, delle peculiarità e 3000 studenti che reclamano il diritto alla formazione e allo studio in un momento congiunturale e di crisi che trasversalmente colpisce il nostro Paese. Il recesso del Libero Consorzio da parte del commissario Di Liberto mi è sembrato un tantino precipitoso, ma sono convinto che possa rientrare, anche perché con oltre il 90% delle quote azionarie è il vero collante del Polo agrigentino. La Camera di Commercio che è anche un altro socio del Cupa trovandosi in una situazione particolare in attesa della riforma del settore tra le inerzie del Governo regionale e il passaggio in Aula che presenta criticità, avendo l'obbligo delle dismissioni delle quote azionarie nelle società partecipate si trova in oggettiva difficoltà e spero che possa anch'essa rientrare dal recesso. In V commissione lavoro si è stabilito di chiedere al Governo regionale attraverso una risoluzione,il trasferimento necessario delle risorse economiche per scongiurare la chiusura. E' chiaro che l'esecutivo e l'Assessore alla istruzione Mariella Lo Bello devono trovare una soluzione che veda il Cupa e gli studenti protagonisti. Io continuo a non spegnere l'attenzione e invito tutti i colleghi parlamentari agrigentini di maggioranza e opposizione di essere da pungolo, la battaglia è comune e riguarda il presente e il futuro di studenti e famiglie che reclamano il diritto di studiare nella propria provincia. Io penso che si debba guardare al Consorzio agrigentini in prospettiva di rilancio, dare una forte specificazione e specialità anche alle corsualità, vista l'importanza strategica del Mediterraneo e di Agrigento.Puntare a master qualificati e spendibili attingendo anche dal fondo sociale europeo. Si deve trovare una soluzione che non sia emergenziale ma che abbia costrutto e un percorso nel medio e lungo periodo,Crocetta non può abbandonare la cultura, lo studio e una provincia, ripeto spingiamo tutti a una risoluzione che guardi studenti, territorio e futuro per mantenere una struttura che è stata realizzata con tantissime energie e che ha in vent'anni permesso a tanti studenti agrigentini di poter realizzare obiettivi e futuro occupazionale partendo dal proprio territorio.

18 gennaio - domenica

GIORNALE DI SICILIA

UNIVERSITA' Da ieri l'associazione, in piazza Progresso, raccoglie le firme contro lo stop al Cupa agrigentino
«No alla chiusura del Consorzio»
Una petizione di «Vivere Licata»
Da ieri i giovani di "Vivere Licata" sono impegnati nella raccolta delle firme per dire no alla chiusura del Consorzio universitario di Agrigento. L'iniziativa era stata annunciata nei giorni scorsi da Ivan Marchese, presidente dell'associazione, e ieri mattina il gazebo è stato allestito in piazza Progresso. Qui tre ragazze dell'associazione hanno chiesto ai licatesi di firmare contro lo stop al Cupa, ottenendo risposte positive. Ieri pomeriggio il gazebo è stato allestito in piazza Sant'Angelo, abituale ritrovo dei giovani soprattutto nel fine settimana, e stamani tornerà in piazza Progresso. "Stiamo difendendo — dicono i giovani di "Vivere Licata" — gli interessi di tutti: degli studenti, ma anche delle loro famiglie. Soprattutto con l'attuale situazione di crisi tanti non possono permettersi di mantenere un figlio all'università lontano da casa. In questo modo, invece, è possibile raggiungere ogni giorno Agrigento per frequentare le lezioni. Bisogna evitare la chiusura dei Consorzio universitario". Ad apporre per prima la firma sulla petizione era stata, nei giorni scorsi, Mariagrazia Brandara, commissario straordinario del Comune. "La mia — aveva annunciato il commissario - non è una formale adesione, ma sostanziale, dovuta al fatto che, come alcuni magari ricorderanno, la sottoscritta all'epoca è stata, assieme ad altri noti personaggi del mondo politico e culturale agrigentino, tra i promotori del Comitato istituito, con l'obiettivo di sollecitare la creazione di un polo universitario ad Agrigento, per andare incontro alle esigenze di tutti quegli studenti che, una volta raggiunto il diploma di maturità, per ragioni familiari ed anche economiche, avrebbero avuto difficoltà ad intraprendere la carriera universitaria". (AAU)

RIFIUTI La discarica di Siculiana, del gruppo Catanzaro ha superato il collaudo tecno dopoilavon_di_amphamento al primo lotto della quarta vasca di contenimento.
RIPARTE LA RACCOLTA
Oggi, ultimo giorno di conferimento nella discarica di Catania per le imprese che si occupano della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti nei 24 comuni di Gesa e Dedalo, compreso il capoluogo. L'ordinanza del presidente della Regione Crocetta che disponeva l'utilizzo della discarica di Grotta San Giorgio gestita dalla Sicula Trasporti, fissa in oggi la data ultima per il conferimento di questi comuni. Da domani, o al massimo martedì prossimo, la discarica di Siculiana gestita dal Gruppo Catanzaro, dovrebbe riaprire i battenti facendo tornare alla normalità tutto il comparto. Venerdì scorso,com'è noto, ha avuto un esito favorevole il collaudo del primo lotto della quarta vasca di contenimento rifiuti dell'impianto di contrada Matarano chiusa ormai da un mesetto circa.
I tecnici della regione hanno presentato una relazione al Dipartimento rifiuti che deve adesso dare il via libera definitivo alla riapertura dell'impianto.
Intanto oggi, gli autocompattatori, di Iseda, Sap e Icoen continueranno a fare la spola da e per Catania per provare a svuotare più contenitori possibili in modo che se anche domani non si dovesse raccogliere, la situazione non sarebbe particolarmente grave. In questo mese di disagi, non ci sono state proteste da parte di nessuno, i sindacati non hanno avuto nulla da dire, neppure a livello pro- positivo per il futuro e i cittadini, in barba alle ordinanze, hanno continuato a disparsi della propria spa4zatura come meglio gli è sembrato, I cassonetti, nonostante si sapesse che la raccolta veniva effettuata due volte a settimana, sono spesso stati riempiti oltre che di rifiuti "normali", di armadi dismessi, materassi, sedie e mobilia di varia provenienza.
La speranza è comunque che si faccia in fretta visto che alla Regione son arrivate anche le documentazioni che parlano di un rischio esaurimento della struttura della Sicula Trasporti a Catania, dove al momento, finiscono i rifiuti di un comune su due in Sicilia, e la chiusura in vista per l'impianto dell'Oìkos a Motta Sant'Anastasia, prevista per maggio. A questo si aggiungano le situazioni «delicate» dell'impianto di contrada Timpazzo a Gela, dove i comuni di Gesa e Dedalo in casi di emergenza han no conferito, e che al momento lavora a regime ridotto.
Il tutto mentre il 31 gennaio, scade la proroga che il Comune di Agrigento ha dato alle aziende del raggruppamento di imprese che assicurano la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti. E se da un lato la differenziata non decolla perchè non esiste una vera politica che la pubblicizzi e la renda fattibile, dall'altro si comincia ad annusare il fallimento delle nuove Srr che nelle intenzioni del Dipartimento e della Regione, avrebbero dovuto sciogliere definitivamente i famosi carrozzoni mangiasoldi degli Ato che seppur in liquidazione, esistono ancora con costi a carico della collettività. (AMM).

19 gennaio - lunedì

GIORNALE DI SICILIA

ISTITUZIONI PUBBLICE Affollata assemblea plenaria a Ribera nella sede dell'ente
Scarseggiano i fondi, resta ancora a rischio l'Istituto «Toscanini»
Dei problema saranno investiti il presidente della Regione Rosario Crocetta e il ministro dell'istruzione Stefania Giannini
Futuro ancora incerto per l'istituto musicale provinciale "Arturo Toscanini" che ha la sua sede in via Roma a Ribera e che è guidato dal prof. Claudio Montesano. La carenza di fondi di cui dispone l'istituto ha messo di nuovo in allarme studenti, famiglie, docenti che cercano da diverso tempo di avere risposte più chiare e precise sui futuro di una delle istituzioni musicali più prestigiose della Sicilia. Per fare il punto della situazione e vedere in concreto cosa fare per superare le difficoltà che vengono registrate è stata indetta un'assemblea plenaria, convocata dal presidente dell'istituto Gaetano Pennino e dal direttore Claudio Montesano per attivare tutti i percorsi utili alla salvaguardia del Conservatorio di Musica agrigentino. Da mesi - è stato fatto rilevare - i docenti subiscono gravi disagi nella corresponsione degli stipendi perché l'Ente principale istitutore e finanziatore il Libero Consorzio Comunale di Agrigento non riesce a garantire il finanziamento pattuito in Convenzione vigente di transito in piena autonomia del "Toscanini". Incerto resta, altresì, il necessario finanziamento per il 2015. All'assemblea hanno preso parte i Deputati nazionali senatore Giuseppe Ruvolo e gli Onorevoli Angelo Capodicasa e Maria Iacono nonché il deputato regionale onorevole Matteo Mangiacavallo, il sindaco di Ribera Carmelo Pace, i'ex Sottosegretario di Stato Nenè Mangiacavallo, l'ex presidente della Provincia Emanuele Siragusa e 1' ex consigliere provinciale prof. Pietro D'Anna. Nutrita la presenza di studenti, famiglie e docenti che sono intervenuti e che hanno particolarmente stigmatizzato l'ipotesi di una insufficienza di appena duecentomila euro per garantire il Toscanini: "Non è possibile crede re - è stato sottolineato - che per tale modesto budget il Conservatorio debba essere condotto a rischio di chiusura dopo 24 annidi produttività e tangibili successi". E' stata rimarcata la intensa attività portata avanti finora e il fatto che molti laureati del "Toscanini" sono oggi docenti in varie pubbliche scuole e lavorano nel campo musicale classico in importanti Fondazioni sinfoniche, provvedendo, così, a formare e a introdurre nei mercato del lavoro molti giovani del territorio. Nel corso dei lavori è stato deciso di costituire un corposo Comitato dei genitori coordinati dall'avv. Patrizia Marrone con l'assistenza del maestro Gaetano Francolino. Il comitato avrà il compito di porre in essere ogni utile iniziativa anche sul pIano legale a tutela del diritto allo studio dei propri figli studenti dei "Toscanini".Alla fine di un ampio dibattito, gli esponenti politici intervenuti hanno espresso la loro piena disponibilità a rappresentare studenti e loro famiglie per portare avanti tutte le iniziative politiche a sostegno dell'istituto, invitando il Presidente a chiedere audizione urgente al Commissario straordinario della ex Provincia di Agrigento Alessandra Di Liberto, al Presidente della Regione Rosario Crocetta, al Vicepresidente della Regione ed Assessore Regionale all'istruzione Manda Lo Bello, al Ministro dell'Istruzione Stefania Giannini. Alle audizioni parteciperà una delegazione mista con la presenza dei parlamentari. (tc)

LA SICILIA


Il « Toscanini» come il Cupa
Ribera. Senza finanziamenti dall'ex Provincia l'istituto rischia la chiusura
Ribera. Rischia di chiudere, dopo ben 24 anni di intensa attività didattica, l'Istituto Superiore di Studi Musicali «Arturo Toscanini» di Ribera, per mancanza di finanziamenti, circa 200 mila euro, necessari per la sua sopravvivenza.
L'allarme è stato lanciato sabato durante una partecipata assemblea che si è svolta nei locali dei conservatorio in via Roma, convocata dal direttore Claudio Montesano e dal presidente Gaetano Pennino.
Lo scopo dell'incontro è quello di attivare tutti percorsi utili alla salvaguardia del conservatorio musicale agrigentino.
Da mesi i docenti subiscono gravi disagi nella corresponsione degli stipendi perché l'ente principale istitutore e finanziatore, il Libero Consorzio Comunale di Agrigento, non riesce a garantire il finanziamento pattuito con la convenzione vigente di transito in piena autonomia del «Toscanini», incerto altresì il necessario finanziamento per il 2015.
Affollato consesso di studenti, famiglie, docenti, deputazione e autorità istituzionali, Presenti il senatore Ruvolo, i deputati Capodicasa, acono, Mangiacavallo, d sindaco Pace, l'ex segretario Mangiacavallo, l'ex presidente della Provincia Siragusa e l'ex consigliere D'Anna i quali hanno stigmatizzato l'ipotesi di una insufficienza finanziaria di appena duecentomila euro per garantire la vita del «Toscanini»,
E' stato detto che non è possibile credere che per una modesta somma di denaro il conservatorio debba essere condotto a rischio di chiusura dopo 24 annidi produttività e tangibili successi,
Molti laureati del «Toscanini» sono oggi docenti in varie pubbliche scuole e lavorano nel campo musicale classico in importanti fondazioni sinfoniche. E' stato costituito un comitato dei genitori coordinato dall'avv. Patrizia Marrone con l'assistenza del maestro Gaetano Francolino allo scopo di porre in essere ogni utile iniziativa anche sul piano legale a tutela del diritto allo studio degli studenti.
ENZO MINIO

LiveSicilia

La Regione
La politica li tiene appesi a un filo
I precari a tempo indeterminato
di Accursio Sabella
Lsu, Asu, Pip, articolisti e dipendenti di Comuni e province. La loro storia inizia addirittura nel 1988. Da allora, di contratto in contratto e di proroga in proroga, questi lavoratori attendono una stabilizzazione che forse non arriverà mai.
PALERMO - "Solo con quell'articolo, Capitummino fece entrare trentamila precari negli enti locali". Il ricordo è dell'ex presidente della Regione Totò Cuffaro. Che non fu da meno. E la battuta, raccolta in un articolo del Corriere della sera di qualche anno fa e firmato da Gian Antonio Stella racconta un'epoca. Fotografa una storia di ieri, che è anche storia di oggi. Proprio nei giorni scorsi i 22.400 lavoratori a tempo determinato sono tornati a lavoro. L'approvazione dell'esercizio provvisorio ha dato loro un altro po' di ossigeno. Una nuova proroga, in attesa della successiva. In Sicilia, infatti, il precariato è stabile. Solido. Eterno. Ed enorme.
L'articolo cui faceva riferimento l'ex governatore era il numero 23 della Finanziaria dello Stato del 1988. Una norma che prevedeva, per il triennio 1988-1990 il finanziamento, nei territori del Mezzogiorno, di "progetti di utilità collettiva" tramite l'impiego, a tempo parziale e per un periodo non superiore a 12 mesi, di giovani di età compresa tra i 18 e i 29 anni. Sono i cosiddetti Lsu: lavoratori socialmente utili. In molti casi "offerti" dalle cooperative alle amministrazioni locali per una serie di servizi: dalla manutenzione ambientale al recupero urbano. Questi lavoratori vengono inviati quindi nei Comuni, nelle Province, in qualche caso nelle parrocchie. Dopo un anno di lavoro avrebbero dovuto lasciare il posto ad altri "coetanei". E invece poco a poco, anno dopo anno, la loro precarietà è diventato, appunto, sempre più stabile. Siamo agli albori del precariato. Il presidente della Regione era Rino Nicolosi, l'assessore al Lavoro Vincenzino Leanza.
A favorire la contrattualizzazione di quelli che presto diventeranno "ex Lsu", invece, è la norma voluta dall'allora assessore al Lavoro Giuseppe Drago. È sua la legge regionale del 21 dicembre del 1995 che, di fatto, estromette le cooperative dalla gestione dei lavoratori. Che saranno destinatari di contratti a tempo determinato. Inizialmente di cinque anni, poi via via più brevi. E da lì si procederà di proroga in proroga. Drago, per la cronaca, l'anno dopo sarà il candidato all'Ars più votato.
Nel frattempo il bacino dei precari degli enti locali cresce e supera quota quarantamila. In quegli anni - siamo entrati nel nuovo secolo - i governi nazionali stabiliscono il blocco delle assunzioni e del turn-over nelle pubbliche amministrazioni. Innescando un meccanismo inevitabile: non potendo assumere e non potendo così sostituire i lavoratori che nel frattempo non erano più a lavoro (deceduti o in pensione), la componente "precaria" nelle piante organiche cresceva a dismisura. In qualche caso, finendo per rappresentare la metà dell'intera forza lavoro di Comuni, Province ed enti locali. Nel frattempo, con una legge del 2001 il contributo a sostegno dei precari passa a carico del Fondo regionale, mentre cinque anni dopo, il governo Cuffaro porterà le ore settimanali previste dal contratto da 18 a 24.
Di proroga in proroga, e di anno in anno, viene sventolata la speranza di una stabilizzazione per questi lavoratori. Una speranza che attraversa i governi Cuffaro e Lombardo fino a giungere ai giorni nostri. La legge nazionale voluta l'anno scorso dall'ex ministro D'Alia da un lato indica chiaramente nell'assunzione a tempo indeterminato il destino ultimo dei precari, ma allo stesso tempo fissa paletti molto stretti affinché i Comuni possano assumere. Comuni che nel frattempo, di Finanziaria in Finanziaria, si trovano sempre più poveri. E sempre più in difficoltà: la stabilizzazione, al di là delle buone intenzioni, appare un miraggio. Fino a due giorni fa. Quando l'Ars si è limitata, fuori tempo massimo, a spostare di un altro anno il limite della proroga annuale. Poi si vedrà.
Ma intanto la galassia dei precari degli enti locali è enorme: quasi 25 mila persone. La maggior parte di questi lavoratori (18.500) hanno un contratto a tempo determinato a carico della Regione siciliana che spende, solo per loro, la cifra annua di 257 milioni di euro. A questi vanno aggiunti poi i 646 lavoratori con contratto a tempo determinato in servizio alla Regione Siciliana. Per loro, il costo annuo è di circa 17 milioni.
Precari, sì. Ma quantomeno destinatari di contratti. Diversa è la situazione dei lavoratori Asu. Quelli che, di fatto, non hanno compiuto il "salto" da Lsu a lavoratore a tempo determinato. E sono quindi destinatari di un sussidio. Per loro, quasi seimila in tutto, la Regione eroga 36 milioni l'anno.
E tra i "precari storici", e destinatari solo di un sussidio peculiare è la storia dei cosiddetti "ex Pip" che ha inizio nel 2001 con il varo del progetto "Emergenza Palermo". "Un regalo di Orlando al capoluogo" ha attaccato fino a pochi giorni fa il governatore Crocetta, così come aveva fatto mesi prima il suo predecessore Lombardo. Dall'avvio del progetto, anche questi tremila lavoratori vanno avanti di proroga in proroga, fino al 2004 quando entra in funzione la società Spo (Società per l'occupazione), che rimane in piedi fino all'aprile del 2010, quando questi lavoratori vengono assunti con contratto a tempo indeterminato per tre anni nella 'Social Trinacria Onlus'. I precari vengono così smistati presso ospedali, prefetture, tribunali. Fino all'arrivo di Crocetta. Sarà lui a recidere il cordone ombelicale con la onlus. I Pip passano direttamente a carico della Regione siciliana. A loro va il sussidio, erogato tecnicamente dall'Inps.
Pochi giorni fa, agli "sgoccioli" del 2014, l'Ars ha deciso di accantonare per qualche giorno addirittura bilancio e proroga dei precari degli enti locali, per concentrarsi sul rinnovo del finanziamento per gli ex Pip, appunto. Molti di questi, attendevano sullo spiazzale antistante l'Assemblea regionale siciliana. "Non dobbiamo dare l'impressione - ha sommessamente fatto notare qualche deputato in quella occasione - che basti venire a protestare sotto Palazzo dei Normanni per ottenere qualcosa". Ma il luogo della protesta è anche quello del brindisi. "Crocetta, Crocetta!" esultavano questi lavoratori in occasione della scorsa finanziaria, dopo l'ok alla proroga. Qualche mese dopo sarebbero ripartite le eterne proteste. Dello speciale precariato siciliano. Quello a tempo indeterminato.

Canicattìweb

Regione Sicilia, Province ancora al bivio: Nello Musumeci incalza Crocetta
Scadono il 7 aprile i termini della gestione commissariale delle ex Province. E già si agitano le acque per il timore che si possa ricorrere all'ennesima proroga se la telenovela della riforma non arriva all'epilogo.
Negli ultimi mesi si sono alternati agli Enti locali ben tre assessori e la speranza è che con Ettore Leotta finalmente si possa essere arrivati alla stabilizzazione di uno degli incarichi più importanti del governo regionale, e che il progetto di riforma delle province arrivi a Palazzo dei Normanni in tempo per evitare un'altra proroga. Peraltro, questa riforma rientra negli impegni assunti dal governo Crocetta venerdì sera a Palazzo d'Orleans in presenza del sottosegretario Graziano Delrio che conduce la mediazione dei rapporti col governo centrale.
Fino a questo momento non risulta che alla commissione Affari istituzionali sia pervenuto un progetto dal governo, completo di relazione tecnica. Come è noto, recentemente su questa riforma sono sorte divergenze anche tra il presidente dell'Ars Giovanni Ardizzone el governatore Rosario Crocetta. Per il primo sarebbe più semplice recepire sic et simpliciter la legge nazionale che porta il nome di Delrio varata lo scorso anno: pur modificandone la ragione sociale e il sistema elettorale, stabilisce che i consorzi corrispondano alle delimitazioni territoriali delle vecchie province.
Secondo Crocetta, almeno questa è la versione ultima, in Sicilia i consorzi di comuni dovranno essere più delle attuali nove province. In atto, in commissione giacciono due ddl della lista Musumeci, il primo del dicembre 2012, il secondo del maggio scorso: si prevede l'elezione diretta del presidente della provincia (o consorzio) e del sindaco della città metropolitana nonché il trasferimento di numerose competenze dalla Regione all'ente intermedio. Posizione condivisa anche da una parte della maggioranza come Giovanni Panepinto (Pd).
Il problema della riforma in vista della scadenza della gestione commissariale delle ex province, lo solleva il capo dell'opposizione di centrodestra, Nello Musumeci: "Il nuovo assessore agli Enti Locali Ettore Leotta venga in Aula nei prossimi giorni per dire con chiarezza quale idea di provincia intende realizzare il governo". Quindi mette il dito nella piaga che ormai si rinnova ciclicamente: "Mancano solo poco più di due mesi alla scadenza di legge e nutriamo seri dubbi che il governo e la sua maggioranza riescano a varare la tanto strombazzata riforma che non hanno saputo fare in un anno e mezzo".
"Fino ad oggi - conferma Musumeci - non è arrivata alcuna nuova proposta alla competente commissione, mentre il governatore e il suo partito continuano a parlare due linguaggi diversi sul nuovo modello dell'ente intermedio. Città metropolitane ristrette o allargate? Confini provinciali rigidi o flessibili? Presidenti eletti dal popolo o nominati? Competenze e funzioni di sempre o nuove responsabilità decentrate dalla Regione? Regna una gran confusione, mentre sul territorio sono solo i cittadini a pagare il prezzo della paralisi delle province, voluta da una irragionevole furia devastatrice di un finto rivoluzionario".
Come è noto, la telenovela inizia nel febbraio 2013 quando Crocetta annuncia, dallo studio televisivo di Massimo Giletti: "Da domani le province siciliane non esisteranno più". Quindi, annulla le elezioni provinciali e fa approvare dalla maggioranza la legge che prevede entro il 31 dicembre 2013 la istituzione dei nuovi Enti intermedi e il commissariamento delle ex province. Che viene prorogato prima volta con legge del marzo 2014 ("non oltre il 31 ottobre 2014″). Poi, non essendo ancora pronta la riforma, con legge del 20 novembre 2014 «non oltre il termine inderogabile del 7 aprile 2015″.


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