LA SICILIA
PROCEDURE INFORMATIZZATE ALLA EX PROVINCIAIl Libero Consorzio dialogherà online con il cittadino mediante un portale.Con l'adozione del Piano di "informatizzazione delle procedure' il Libero Consorzio Comunale di Agrigento si prepara a dialogare, direttamente online attraverso un portale web, con il cittadino su determinate materie. Questo grazie alle norme più recenti che chiedono alle amministrazioni pubbliche di approvare un piano di informatizzazione delle procedure per la presentazione di istanze, dichiarazioni e segnalazioni che permetta la compilazione on line di procedure guidate accessibili tramite autenticazione con il Sistema pubblico per la gestione dell'identità digitale di cittadini e imprese. Il piano predisposto dal Settore Innovazione Tecnologica è stato pubblicato sul sito istituzionale nella sezione "Amministrazione Trasparente". Le procedure, una volta che saranno operative attraverso il portale web, permetteranno ai cittadini di completare l'iter amministrativo, il tracciamento dell'istanza con individuazione del responsabile del procedimento, l'indicazione dei termini entro i quali il richiedente ha diritto ad ottenere una risposta. Al momento il piano individua alcune tipologie di atti: richiesta di accesso agli atti (Protocollo), rilascio autorizzazione ambientale alle emissioni in atmosfera e rinnovo per impianti esistenti(Ambiente), approvazione progetto recupero ambientale di aree degradate (Ambiente), iscrizione Registro provinciale delle ditte per attività di recupero e/o messa in riserva di rifiuti speciali non pericolosi (Ambiente), rilascio nulla osta passi carrabili (infrastrutture Stradali), richiesta risarcimento danni causati dalla viabilità (Infrastrutture Stradali), alienazione relitti stradali (Edilizia e gestione patrimoniale), concessione in comodato d'uso immobili di proprietà dell'Ente (Edilizia e gestione patrimoniale); richiesta trasporto studenti portatori di handicap grave (Istruzione), autorizzazione concessione COSAP (Concessioni), contributi ad associazioni sportive Sport, (Cultura e Spettacolo), contributi per la valorizzazione, tutela e fruizione sociale dei beni culturali e ambientali (Sport, Cultura e Spettacolo), finanziamento manifestazioni culturali, sportive, di spettacolo Sport, Cultura e Spettacolo, patrocini gratuiti od onerosi di manifestazioni sportive Sport (Cultura e Spettacolo), autoscuole (Turismo, attività economiche e produttive), classificazione e vigilanza Strutture ricettive (Turismo, attività economiche e produttive) e concessione patrocini (Turismo, attività economiche e produttive).
RIFORMA DELLE PROVINCE POSSIBILI ELEZIONI DIRETTEPALERMO Il percorso del ddl relativo alla istituzione delle città metropoli- tane e dei Liberi consorzi di comuni è vicina al traguardo. La commissione Affari istituzionali ieri ha completato il sistema di elezione dei presidenti, resta da definire il destino del personale e l'aspetto finanziario. Se ne parlerà martedì e l'orientamento è di pervenire alla chiusura del testo in settimana. Il che, come il presidente dell'Ars Giovanni Ardizzone ha comunicato all'Aula, consentirà di metterlo all'ordine del giorno di Sala d'Ercole in tempi brevi, forse anche prima del Testo unico sulle attività produttive il cui percorso sarà mutato se tornerà in commissione in sede referente.E chiaro che il percorso della riforma delle province ha bisogno di un'accelerata perché vada in porto entro il sette aprile, data di scadenza del mandato dei commissari che in atto stanno sostituendo le defunte amministrazioni provinciali.Uno dei nodi più difficili da sciogliere è stato quello del sistema per la nomina dei presidenti dei Liberi consorzi e delle Città metropolitane. Il centrodestra, parte del Pd e il M5s hanno sostenuto l'elezione diretta dei presidenti, il governo e larga parte della maggioranza hanno puntato all'elezione di secondo grado, cioè sono elettori i consiglieri comunali. In commissione è stata adottata questa seconda ipotesi.Ma, al fine di evitare equivoci che peraltro già serpeggiano un po' qua un po' là, va rilevato che per la prima consiliatura andrà in vigore il sistema dell'elezione di secondo grado, novità invece si profilano per le successive: è stato approvato un emendamento che apre uno spiraglio all'elezione diretta, ma attraverso una serie di passaggi, perla verità solo apparentemente complessi. Ci si può arrivare per via degli statuti dei consorzi e delle città metropolitane: se lo prevedono gli statuti che dal punto vista demografico rappresentano la metà più uno della popolazione di tutti e sei i consorzi, dalla seconda consiliatura si può cambiare sistema. La stessa cosa dicasi per le tre aree vaste. E proprio per le città metropolitane, mentre in un primo tempo si era detto che sarebbero state presieduta dai sindaci delle città capoluogo, in commissione è stato stabilito che anche per loro si procederà alla elezione del presidente col sistema di secondo grado.Queste le linee di massima. Per completezza di cronaca, va ricordato che questa riforma è uscita dal pantano in cui era finita inseguito all'iniziativa del presidente dell'Ars Ardizzone che proponeva un testo in sostanza sulla linea della riforma nazionale che porta il nome dei sottosegretario Graziano Delrio, La differenza rispetto al testo del governo Crocetta è sostanziale: questa prevedeva la creazione di almeno 12 consorzi di comuni. La riforma nazionale che sta adottando l'Ars ne prevede sei che corrispondono ai territori delle ex province di Agrigento, Caltanissetta, Enna, Siracusa, Ragusa e Trapani. Le tre aree vaste di Palermo, Catania e Messina a loro volta corrispondono al territorio delle rispettive ex province.
CONSORZIO UNIVERSITARIO«Rifacciamo tutti i conti»Il Cda vuoi verificare se sono rispettate le percentuali pattuite con l'università.Consorzio universitario di Agrigento, l'attenzione rimane massima ma di fondi al momento ovviamente non vi è nemmeno l'ombra. Il ritiro dell'atto di recesso della Provincia nei giorni scorsi, infatti, ha solo restituito piena agibilità burocratica agli organi del Cupa, ma al momento ci si può limitare solamente agli atti di ordinaria amministrazione, Così il Cda si è riunito ieri affrontando alcuni punti ma rimandando tutto, preoccupazioni e speranze, alle prossime settimane. Necessario, infatti, sarà attendere la finanziaria da parte della Regione siciliana che è attesa solo tra un mese per capire cosa il Consorzio potrà fare nel proprio futuro. Il primo "scoglio" da superare sarà tra aprile e maggio quello della presentazione del piano dell'offerta formativa per il prossimo anno accademico. Per poter confermare i corsi già esistenti, evidentemente, dovrà essere prima necessario indicare la dovuta copertura finanziaria che, attualmente, è solo un miraggio lontano. Già lo scorso anno era stato necessario eliminare alcuni corsi proprio per problemi di natura strettamente finanziaria e il rischio, con la situazione di precario equilibrio attualmente raggiunta, è che si potrebbe dover ripetere lo stesso scenario.Durante il tavolo del Cda, comunque, si è discusso per iniziativa del vicepresidente Giovanni Di Maida di portare avanti una ricognizione complessiva di tutti i fondi collegati al decentramento ricevuti dall'Università di Palermo e l'ammontare totale delle tasse versate dagli studenti del Cupa a Unipa. In base a quei dati, successivamente, si potrà portare avanti un ragionamento per la rimodulazione della convenzione sui cosiddetti "costi standard", che attualmente sono coperti dall'università al 65%. Qualora le somme in ballo fossero quelle che si immaginano da Agrigento potrebbero chiedere un ulteriore innalzamento di questa percentuale liberando importanti risorse per il Consorzio. Martedì prossimo, inoltre, si terrà un primo incontro operativo per la creazione di un master e di un corso di formazione dedicati a tematiche collegate al diritto internazionale e all'accoglienza dei migranti.Quello che non è mutato è l'interesse degli studenti e la loro azione di "pressione". La prima importante novità è che il Cda ha accolto la proposta di far presenziare alle riunioni due rappresentanti degli allievi con la veste di uditori. Gli studenti il 23 marzo stanno organizzando un incontro all'Ars per avere impegni concreti per l'inserimento in Bilancio dei fondi promessi.GIOACCHINO SCHICCHI
Rescisso l'affidamentoIl Cupa lo darà all'Ersu
Residence universitario, il Consorzio rescinde l'affidamento a privati per passare la struttura all'Ersu.L'edificio, consegnato attraverso bando di gara alla Di porto Sea Assistance Sri nel 2013 e inaugurato a metà dello stesso anno, sarebbe dovuto essere gestito dal privato attraverso di un sistema misto, con il privato che aveva ricevuto la struttura per nove anni, potendo utilizzare le camere non occupate dagli studenti come bed and breakfast e dovendo in cambio corrispondere al Consorzio un canone di 22 mila euro annui e realizzare gli interventi di manutenzione.In questo anno e mezzo, però, le cose non sono affatto filate lisce, considerato che gli studenti non hanno mai utilizzato il residence (pare che le tariffe siano state ritenute troppo "salate") e che lo stesso per lungo periodo è rimasto chiuso non essendo in possesso della variazione catastale necessaria a poter accogliere ospiti. La Provincia, infatti, non aveva provveduto a realizzarla in fase di affidamento, dovendosene far carico successivamente. Adesso, il Consiglio di amministrazione del Cupa ha firmato una delibera di rescissione dell'affidamento per sopravvenuto interesse da parte dell'Ersu, i l'Ente regionale per il diritto allo studio, che in una prima fase aveva sostenuto di non poter farsi carico economicamente della struttura.intanto da alcuni giorni sono stati avviati i lavori di messa in sicurezza sommaria dell'ex ospedale di via Atena. Gli operai della ditta Cuffaro, per conto dell'università degli studi di Palermo, stanno rimuovendo cornicioni e parti in pietra ammalorate per scongiurare nuovi crolli. Si tratta però di interventi assolutamente provvisionali, che servono appunto ad eh- minare i rischi, mentre nessuna notizia si ha rispetto alla possibilità che il Rettorato si faccia carico dei lavori di recupero della struttura, per i quali sarebbero necessari quantomeno tre milioni di euro.G.S.
GIORNALE DI SICILIA
LA VERTENZA. La giunta chiede di riconvocare l'assemblea dei soci. Lunedì vertice con i parlamentari agrigentini"No alla chiusura delle Terme"Il Comune sollecita la RegioneSalvare le Terme, patrimonio della città e della Sicilia. E in sintesi l'obiettivo che si è voluto mettere nero su bianco in una determinazione della giunta comunale dopo la decisione dell'assemblea dei soci di chiudere le Terme. La delibera di giunta è una delle tre iniziative varate dal sindaco che ha anche avviato contatti con la Prefettura di Agrigento e convocato per lunedì 16 marzo, al Comune, tutti i parlamentari agrigentini, nazionali e regionali. «Appresa la decisione choc dell'assemblea dei Soci delle Terme Spa - dice il sindaco, Fabrizio Di Paola - ho attivato subito ogni canale per evitare che sia una sentenza senza appello. Sono in attesa di essere convocato dal governo regionale, ma ho avviato intanto una stretta interlocuzione con il Prefetto di Agrigento, Nicola Diomede, che sta tenendo i rapporti tra l'amministrazione comunale di Sciacca e il governo regionale. Ed è tramite il Prefetto che ho saputo di una riunione della giunta regionale con all'ordine del giorno anche la questione Terme».L'esecutivo cittadino chiede anche al governo regionale di essere ricevuto per manifestare le ragioni del territorio. Ed ancora, di convocare l'assemblea dei soci delle Terme Spa; di riavviare le attività delle Terme per salvaguardare anche la stagione estiva e il patrimonio termale; di approvare con urgenza il bando per l'affidamento ai privati; di assumere ogni opportuna decisione per valorizzare le risorse e il patrimonio termale. Intanto, li Nuovo Centrodestra ha replicato al Pd, difendendo, sulle terme, l'operato del centrodestra. «L'unica cosa seria che si è fatta in questi anni - sostiene l'Ncd - è stato un provvedimento del 2007 con cui l'assessore regionale Dare Misuraca autorizzò il transito di tutte le unità lavorative assunte dall'Azienda Autonoma delle Terme di Sciacca in periodi antecedenti al conferimento (fine anni 90) creando un bacino dove far confluire i dipendenti termali». (GP)
Rassegna
stampa del 13 marzo
Livesicilia.it
Caos
Agrigento, interviene anche Toti
E si dimette il vicesegretario
del Pd
Il
caos nella terra del Caos. Le amministrative di Agrigento si
arricchiscono ogni giorno di novità, smentite,
passi indietro e ripensamenti. Oggi è stato il turno persino di
Giovanni Toti, consigliere politico di Silvio Berlusconi: "Nessun
esponente di Forza Italia può partecipare alle primarie di altre
forze politiche". Cioè del Pd, del centrosinistra. Dove, però, il
clima non è certamente migliore. Sempre nella giornata di oggi,
arrivano le dimissioni del vicesegretario provinciale ddei
democratici, Cinzia Deliberto: "Questo è puro trasformismo. Non ci
sto".
Il
casus belli è legato, come detto, alla corsa verso la poltrona di
sindaco di Agrigento. Il
centrosinistra ha deciso di operare attraverso le primarie, per la
scelta del proprio candidato. Primarie un po' "originali", a dire
il vero, perché al di là di Epifanio Bellini, aspirante sindaco del
Pd, gli altri tre rivali sono di estrazione di centrodestra,
nonostante i loro referenti politici (è il caso dell'ex
berlusconiano Michele Cimino) abbiano nel frattempo "cambiato
strada".
Tra
questi, ecco Silvio Alessi, sponsorizzato da Riccardo Gallo,
parlamentare nazionale di Forza Italia e
vicecoordinatore regionale degli azzurri. Una scelta "benedetta"
persino dal governatore Rosario Crocetta, giunto nella città dei
Templi qualche giorno fa per prendere parte a un incontro insieme,
tra gli altri, al segretario provinciale del Pd Peppe Zambito, ma
anche agli esponenti del Pd e del Megafono Mariella Lo Bello, Maria
Iacono, Nelli Scilabra, Angelo Capodicasa e di Sicilia Democratica
(il movimento di Lino Leanza) cioè l'ex cuffariano Salvatore
Cascio.
Uno
strano, sorprendente inciucio, smentito in fretta dal segretario
regionale del Pd Fausto Raciti e da quello di Forza Italia, Enzo
Gibiino.
Una
smentita, quest'ultima, che suona come un "invito a ripensarci"
rivolto al proprio "vice": "Sono certo - ha detto - che
l'onorevole Riccardo Gallo saprà dimostrare ancora una volta la
propria lealtà a Forza Italia contribuendo alla scelta dei nostri
candidati". Un invito che il diretto intreressato non è che abbia
raccolto con entusiasmo: "Insieme ai tanti amici che con me hanno
dato vita al Patto per il Territorio, - ha detto all'agenzia
Adnkronos - ci siamo intestati un percorso lineare che individui i
migliori candidati e la migliore proposta politica alla luce del
sole. Non accetto censure da parte di chi non conosce la realtà
politica di Agrigento o, forse, peggio, non conosce la politica".
Il Patto per il Territorio è il movimento "civico" lanciato
dallo stesso Gallo.
Ma
il partito, quello al quale Gallo appartiene, ha preso oggi una
posizione ufficiale, e
nonostante non venga citata nello specifico la questione agrigentina,
il riferimento sembra chiaro. Le parole sono quelle di Giovanni Toti,
il più vicino consigliere politico di Silvio Berlusconi: "Nessun
dirigente, amministratore o parlamentare di Forza Italia - ha detto
- è mai stato autorizzato dal partito e tanto meno dal Presidente
Silvio Berlusconi a partecipare o collaborare, in qualsiasi forma e a
qualunque titolo, a competizioni interne ad altri movimenti politici
atte a selezionare candidati per le prossime elezioni amministrative.
I candidati del nostro movimento politico, - aggiunge Toti - a cui
tutti sono chiamati a dare il proprio sostegno, sono esclusivamente
quelli indicati dal partito attraverso i competenti organismi
nazionali e territoriali. Ogni altra iniziativa - conclude - è da
intendersi come meramente personale e, in ogni caso, non può essere
in contrasto con le indicazioni del movimento o tale da produrre
equivoci tra i sostenitori e gli elettori di Forza Italia".
Una
bocciatura evidente della "linea Gallo". Che
probabilmente creerà nuove frizioni in un partito dove, anche a
causa della questione agrigentina, si era ulteriormente allargato il
solco tra i "lealisti" e i "ricostruttori" che fanno capo a
Raffaele Fitto e Saverio Romano. Ma nel Pd, intanto, non è che si
stia meglio. Quelle primarie sono una farsa, secondo molti militanti.
O un "giochetto che non possiamo permetterci" come le ha definite
il parlamentare nazionale del Pd Giuseppe Lauricella.
E
oggi, sono arrivate anche le dimissioni dalla carica di
vicesegretario provinciale del partito di Cinzia Deliberto: "Ritengo
incomprensibile - ha scritto nella sua lettera di dimissioni - come
si possa consentire che nella città di Agrigento il Pd si presenti
alleato con il partito di Silvio Berlusconi, con il quale è
impossibile condividere i valori fondanti del Pd". Poi,
rivolgendosi al segretario provinciale Zambito: "Mi corre l'obbligo
di porre fine alla nomina - ha scritto - che tu stesso mi hai
conferito, poiché penso che il rapporto di fiducia di trasparenza e
condivisione degli obiettivi, sui cui si basava, si sia interrotto.
Le notizie non si possono apprendere tramite mass-media, rispetto a
progetti politici che diventano sempre più lontani dagli ideali di
sinistra e di centro sinistra; il Pd oggi, sta diventando solo un
grande contenitore nel quale i valori fondanti diventano sempre più
sbiaditi. Non voglio - ha aggiunto - essere spettatrice inerme,
tantomeno si può essere chiamati a ratificare le scelte di pochi.
Dopo gettonopoli, per il rinnovo delle istituzioni in seno al Comune
di Agrigento, mi sarei aspettata una posizione diversa, che desse
certezze e garanzie agli agrigentini. Purtroppo mi rendo conto che i
processi politici vengono governati da alcuni soggetti che hanno la
brutta abitudine di decidere per tutti in barba al concetto di
democrazia. Non voglio partecipare al 'Caos' che si sta creando
dentro il Pd, un trasformismo che non mi appartiene, che esaspera e
confonde i cittadini e i militanti che hanno ancora vivi gli ideali
di sinistra e di centrosinistra". E adesso all'ombra del tempio
della Concordia, litigano tutti.
"Rifiuti,
situazione ingestibile. Crocetta distruggerà la Sicilia"
I
controlli dell'Arpa in Sicilia venivano fatti da un funzionario, "una
persona per bene delle Istituzioni, ma che aveva avuto due ictus".
Lo segnala l'ex assessore all'Energia della Regione siciliana, Nicolò
Marino, nell'audizione alla Commissione parlamentare sul Ciclo dei
rifiuti. "Quando lo conobbi - dice l'ex pm - chiamai Crocetta e
gli dissi allarmato: 'Rosario la giunta ride'. Mi rispose che la
moglie era brava, e che dovevamo contattare lei per farlo ragionare.
Non voglio segretare perché l'ho anche scritto". "Questa è
la Regione siciliana - si legge nel verbale redatto a Roma il 23
febbraio scorso - ed è una delle tantissime cose che dovevamo
fronteggiare. L'ho detto anche al referente in Sicilia di Renzi,
l'onorevole Faraone, poco prima di andare via: 'se gli lasciate
ancora nelle mani la Sicilia, finirà per distruggerla'. Oggi
finalmente lui sta litigando con Crocetta". Al
rilievo di una componente della Commissione, che gli chiede se
"si rende conto della gravità di quello che dice?", l'ex
assessore Marino replica: "Io sono andato via per questo".
E motiva la sua scelta: "Nel settore dei rifiuti la migliore
squadra avrebbe avuto grandi difficoltà a riprendere in mano questa
situazione. Nel momento in cui la gestione diventa approssimativa
diventa impossibile recuperare".
La
precisazione
di Marino:
"Nella
trascrizione della commissione Ecomafia ci sono delle discrasie tra
quanto dichiarato e quanto verbalizzato: non ho detto la 'giunta
ride', ma 'la gente ride'". Lo precisa l'ex assessore regionale
all'Energia, Nicolò Marino, in una dichiarazione, spiegando che il
riferimento non era a un funzionario dell'Arpa, ma al commissario
della Provincia di Palermo e alle tante riunioni che si tenevano.
"Avvisai telefonicamente il governatore - ricostruisce Marino -
e gli dissi: la 'gente ride e tutto questo danneggia le istituzioni'.
Questo perché nel settore dei rifiuti gli organi di controllo non
aveva lavorato bene e io mi sono trovato in difficoltà".
Strade
a pezzi e lavoratori in bilico. Province, la riforma è un flop
"Scriviamo
insieme la riforma delle Province". Era questo il titolo di un
convegno organizzato a Palazzo Comitini,
a Palermo, tre settimane fa. Ma come, la riforma delle Province non
era stata già compiuta? Era stato, a pensarci bene, due anni fa
ormai, il "fiore all'occhiello" della rivoluzione crocettiana.
"Siamo riusciti a fare quello che nel resto d'Italia ancora non
hanno fatto", rivendicava fiero il governatore, riempiendo l'etere
italico di questo annuncio. Dopo due anni il suo partito, il Pd,
promuove il convegno: "Scriviamo insieme la riforma delle
Province".E
avrebbero dovuto aggiungere, probabilmente, qualche richiamo ai
tempi. "Scriviamola
in fretta, questa riforma" doveva essere il titolo esatto. Perché
da allora, sono passati altri venti giorni. E adesso manca meno di un
mese all'ultima scadenza: l'8 aprile bisognerà approvare la legge
che rende "attivi" i Liberi consorzi, sottraendoli a
commissariamenti infiniti e dannosi. "Scriviamola insieme, prima
che sia troppo tardi". L'ultimo
testo è quello (ri)scritto dall'ultimo assessore agli Enti locali,
Ettore Leotta. Un
testo che, intanto, ha cancellato la morfologia dei liberi consorzi,
così come l'aveva pensata il presidente Crocetta: le città
metropolitane, giusto per fare un esempio, corrisponderanno ai
territori delle Province di Palermo, Catania e Messina. Lo schema
"sei (Consorzi) più tre (Città metropolitane)" amano dire i
tecnici. Contro quello inizialmente indicato dal governo: "Almeno
nove (Consorzi) più tre".
Ma l'algebra lascia il tempo che
trova. Lascia, soprattutto, una Sicilia al macero. Immobile, mentre
cade pezzo dopo pezzo. Strada dopo strada. Scuola dopo scuola. Mentre
i commissari (nominati, revocati, rinnovati, contestati) alzano le
braccia: sono commissari staordinari e possono occuparsi solo
dell'ordinario. Cioè, praticamente di nulla. Ma
la politica non ha fretta. Ha prorogato di mese in mese quei
commissariamenti. Tra
strafalcioni e i soliti vizi. È il caso ad esempio della nomina di
Antonio Ingroia alla Provincia di Trapani, bocciata dall'Autorità
anticorruzione (non si possono cumulare più cariche, se ad
attribuirle è la stessa amministrazione, in questo caso quella
regionale). Ed è il caso dell'ultima infornata di nomine, zeppa di
fedelissimi del governatore e di dirigenti generali. Compreso il capo
di gabinetto di Crocetta, Giulio Guagliano, inviato a Caltanissetta
mentre ricopre, oltre al ruolo di braccio destro del presidente, tra
le altre cose, anche quello di amministratore unico di una società
complessa come la Resais: "Così la gente sa che quel commissario
risponde a me", ammise candidamente Crocetta. E
in effetti, nei territori, chi è costretto ad amministrare il
"vuoto" lasciato dalle Province che non ci sono più,
sa bene che a rispondere dello sfacelo è proprio il governo
regionale. I sindaci non ce la fanno più. "Hanno abolito le
Province e non le hanno sostituite con nulla. Non abbiamo più un
interlocutore", protesta Maurizio Lo Galbo, presidente della
sezione giovanile di Anci Sicilia, l'associazione che rappresenta i
Comuni dell'Isola. E la beffa è legata al fatto che a subire le
reazioni dei cittadini sono proprio loro. Nonostante le competenze
relative a molte strade (le provinciali, appunto), alla manutenzione
delle scuole, alla promozione turistica e culturale spettasse proprio
al vecchio ente che non c'è più. E una verifica "a campione"
tra i Comuni siciliani è sufficiente per avere un quadro chiaro del
disastro.
L'ultimo
motivo di scontro, nel Palermitano, riguarda la gestione
dell'acqua. Il
disastro economico di Aps, la partecipata provinciale che serviva la
maggior parte dei Comuni del Palermitano, infatti, ha spinto il
governo regionale a riassegnare le reti idriche proprio ai sindaci.
"Se domani - protesta Fabio Spatafora, primo cittadino di
Casteldaccia - mi riprendo la rete, ricevo una denuncia per reati
ambientali. Quella rete noi l'abbiamo ceduta nel 2005 in perfette
condizioni. Adesso è un colabrodo, e le perdite idriche sono
vastissime in tutto il territorio del mio Comune". E il grido
d'allarme dei sindaci sembra essere stato accolto dal Prefetto
Francesca Cannizzo che si starebbe rifiutando di firmare l'ordinanza.
"La quasi totalità dei sindaci dei comuni serviti dalla ex Aps -
protestano i sindacati, che da stamattina sono in sit-in di fronte a
Palazzo d'Orleans - non è nelle condizioni da domani di gestire il
servizio autonomamente". E il disastro delle reti idriche è lo
stesso delle reti stradali: "Siamo isolati - continua Spatafora -
per una frana di cinquanta metri si è interrotta, solo per fare un
esempio, la strada che collega Casteldaccia, Bagheria e Santa Flavia.
E nessuno si prende la briga di intervenire". Le
risposte, dai commissari di Provincia sono sempre quelle: non ci sono
soldi. E
non possono andare al di là dell'ordinaria amministrazione. "Ma in
certi casi - protesta il sindaco di Gangi, Giuseppe Ferrarello -
la politica finisce per vanificare i nostri sforzi. Siamo riusciti a
rendere Gangi, ad esempio, uno dei borghi più belli d'Italia. Ma a
volte è quasi impossibile raggiungerlo". Le solite strade
provinciali. Che a volte, però, si riempiono di neve. "Da queste
parti - racconta Ferrarello - non nevicava così dal 1981. Ma non
siamo un paese di mare, ce lo dovevamo aspettare". E invece, si è
sfiorata la tragedia, in qualche caso. "Le strade provinciali sono
franate e molto spesso allagate, ma nessuno interviene". E se
nevica, come detto, le situazioni virano verso il grottesco. "L'unico
operatore in grado di usare lo spazzanevi - racconta Ferrarello -
vive a Polizzi. Deve venire qui a prendere il veicolo, ma per mettere
il carburante deve recarsi a Castelbuono. Una sera, una persona ha
avuto un malore nella zona di Geraci e sono dovuto intervenire
attraverso la Protezione civile e il pick-up del Comune. Così come
sono stato costretto a fare, ad esempio, nel caso di un malato
costretto alla dialisi, rimasto isolato a causa della scarsa
manutenzione delle strade provinciali". E i danni alle strade si
riverberano nell'economia della zona: "Tra Gangi e San Mauro -
continua Ferrarello - è franato un tratto di strada: un percorso
costellato dalla bellezza di cinquecento aziende agricole. È facile
immaginare quanti e quali danni subiscano, in queste condizioni".
Il flop delle Province, spesso, finisce per colpire proprio i più
deboli: "Da tempo ormai, a causa del mancato trasferimento delle
funzioni e delle competenze, - denuncia il sindaco di Ventimiglia di
Sicilia, Antonio Rini - si è interrotto il servizio di trasporto
per i disabili". Senza contare che "nella nostra zona sono state
diverse le alluvioni e gli smottamenti - prosegue il primo
cittadino di Ventimiglia - ma non abbiamo più un interlocutore. Ci
rispondono solo che non ci sono soldi. Mentre non sono state
trasferite alcune competenze ai Comuni. Gli stessi dipendenti delle
ex Province sono spaesati, non sanno cosa devono fare e quale sarà
il loro futuro". Intanto, la politica discute. "Ma intanto le
scuole provinciali - insiste il sindaco di Casteldaccia Spatafora -
sono al freddo. Non sono garantiti nemmeno i riscaldamenti per i
nostri ragazzi". Un anno e mezzo fa il presidente Crocetta
esultava: "Siamo i primi in Italia". Oggi il suo partito e la sua
coalizione invita a "scrivere insieme la riforma delle Province".
Ma la storia è stata già scritta. È quella di un colossale
fallimento.
L'amico
del popolo.it
Agrigento:
dove l'emergenza è la norma e l'ordinario diventa straordinario
Nella
storia recente della nostra città a dettare l'agenda del governo e
delle scelte politico-sociali è la
"logica dell'emergenza",
ormai diventata una vera e propria "cultura" e prassi
amministrativa.
L'ultimo caso, in ordine di tempo, è la vicenda
del Consorzio Universitario di Agrigento (CUPA).
Anche
per quest'anno, pare, la "pezza" sia stata messa. Anche per
quest'anno abbiamo delle persone da "ringraziare" per il loro
"interessamento". Anche per quest'anno, pare, i "ragazzi
possono stare tranquilli". Anche per quest'anno, pare,
l'offerta formativa sarà garantita e bla bla bla fino al prossimo
anno quando, la "pezza" si sarà strappata e il "buco" fatto
più grande. Ma guai a fare ragionamenti altri rispetto all'emergenza
che nel caso specifico è far quadrare il bilancio, pena la messa in
liquidazione dell'Università nella nostra città. Ma quali sono le
garanzie per il futuro dei tremila giovani iscritti al CUPA? Quale
programmazione? Perché un giovane deve scegliere l'Università di
Agrigento? Sono domande che esulano l'"emergenza" e quindi non
devono essere poste, perché "è meglio l'uovo oggi che una
gallina domani".
Il
copione,
in questo, come nelle tante altre emergenze, è consolidato e si
ripete puntualmente cambiando "attori" e "protagonisti" ma
non platea. Ad una attenta analisi possiamo individuare queste fasi:
lo
scoppio improvviso dell'emergenza (quando
non si fa scoppiare ad arte); la
ricerca delle soluzioni (mai definitive!) con
la mobilitazione dei protagonisti (le vittime, i carnefici ed i
salvatori) che con ruoli e compiti diversi indicono tavoli tecnici,
incontri, promuovono interrogazioni, rilasciano dichiarazioni,
diramano comunicati stampa; segue
la tiepida indignazione dell'opinione pubblica ("leoni"
sui social, "agnellini" nella vita); il
rientro dell'emergenza grazie all'interessamento di qualcuno (da
ringraziare!) che naturalmente non mancherà di presentare il conto
al momento opportuno e d'inserire nel suo "curriculum" il
merito di avere fatto, quanto doveva fare e per questo pagato; infine
il ripetersi dell'emergenza col
suo carico drammatico di sofferenza per chi la vive in prima
persona.
Di
"pezze" fatte ad arte per
non fare vedere i buchi la nostra vita sociale e civile è piena.
E
così se dall'Università allarghiamo il nostro sguardo ci
accorgiamo che nella nostra città la norma è l'eccezione: vedi la
questione rifiuti, il servizio idrico, la viabilità, la "vicenda
Ospedale", l'edilizia scolastica, i crolli che si susseguono,
l'inquinamento ambientale, il mare che erode la costa, i servizi
essenziali (soprattutto delle categorie deboli) che restano senza
copertura finanziaria, i bilanci che non si chiudono, il centro
storico che crolla, la cattedrale che scivola a valle, il precariato
nel settore pubblico, la questione migranti, per non parlare delle
nostre pubbliche amministrazioni dove l'aggettivo
"straordinario" lo troviamo quasi dappertutto.
Abbiamo
- solo per fare qualche esempio - un "commissario straordinario"
in sostituzione del sindaco e della Giunta comunale, un "commissario
straordinario" del Consiglio comunale, un "commissario
straordinario" per il PRG, un "commissario straordinario" nel
libero consorzio ex provincia regionale di Agrigento, un "commissario
straordinario" per l'Ato idrico, un commissario
straordinario per l'Ato rifiuti...
Una
società, la nostra, in perenne emergenza, dove i "poteri
straordinari" governano l'ordinario e dove le emergenze dettano
l'«agenda setting» del nostro vivere sociale e
democratico.
Sembra
strano ma dalla "grammatica del vivere sociale" sono scomparsi
quasi del tutto le parole che fanno riferimento ad
una gestione normale della vita politica e amministrativa a
favore di termini che fanno riferimento alla "logica
dell'emergenza".
E così, per esempio, la pulizia
ordinaria delle strade diventa un'azione di "pulizia
straordinaria". Il termine "emergenza" accompagna tutti i
settori della normale amministrazione: si parla di "emergenza
idrogeologica", "emergenza rifiuti", "emergenza crolli",
"emergenza idrica", "emergenza bilancio", "emergenza
precari"...
Per non parlare delle procedure di "somma urgenza"
che danno il via a "interventi urgenti e indifferibili" con le
logiche - tristemente note - e di cui leggiamo sovente nelle cronache
locali e nazionali. E il bello è che, in alcuni casi, ci hanno
convinto che machiavellisticamente "il fine giustifica i mezzi"
anche se, purtroppo, ci accorgiamo, sempre più spesso, che i mezzi
hanno ostacolato il fine e che la logica della "deroga" a norme,
regolamenti e competenze e qualche volta alla stessa volontà
popolare, non ha affatto prodotto un buon governo e la risoluzione
dei problemi atavici della nostra terra.
Anzi ha mostrato
tutta la sua inefficacia perché, sovente, ha deformato i termini dei
problemi, che pure ci sono, provocando scontri istituzionali -
qualche volta alimentati o costruiti ad hoc - per mantenere questo
status quo con costi sociali enormi.
Forse
abbiamo bisogno di riscoprire termini come pianificazione,
programmazione, progettazione, partecipazione, cittadinanza,
legalità, impegno civile, corresponsabilità e non per fare
cose straordinarie, ma "per fare in modo straordinario le cose
ordinarie".
E
per fare questo non serve un "commissario con poteri straordinari",
non serve una "somma urgenza", ma semplicemente recuperare una
"urgenza somma" che la diligenza del "buon padre di famiglia"
che per tempo, con responsabilità, riesce a far fronte a quelli che
sono i bisogni della sua casa. E così come il buon padre di famiglia
non aspetta che gli caschi il tetto sulla testa per riparare una
perdita d'acqua, sarebbe saggio e giusto, per esempio, che ci si
occupi dell'erosione delle coste sanleonine ad agosto, quanto
splende il sole, e a gennaio, quando nevica e la pioggia scende
copiosa, ci si preoccupi della carenza idrica estiva.
Qualcuno,
già duemila anni fa ci ha ammonito: non si mettono pezze nuove su un
vestito vecchio o vino nuovo in otri vecchi. Ma...
Carmelo
Petrone
Siciliainformazioni.it
Consorzi
e "Aree" attraversano il triangolo delle Bermude
Il
passaggio dalle province regionali ai Liberi consorzi in
Sicilia attraversa
il triangolo delle Bermude, quel
tratto di mare in cui natanti ed aerei di tanto in tanto scompaiono o
vengono avvistati, secondo antiche leggende.
Non
c'è metafora migliore per rappresentare il passaggio al nuovo
assetto territoriale degli enti intermedi, a riprova che gli
"apparati" contano più delle volontà, e che la Sicilia del
dopoguerra, disegnata dai padri dell'autonomia, non ha nulla a che
vedere con la Sicilia di oggi. Lo Statuto speciale, le sue sono norme
costituzionali, ha previsto la nascita dei Liberi Consorzi, la
Siciliaha
voluto nella sostanza la permanenza delle province, lasciando
intatta la mappa disegnata dal fascismo. La
Commissione Affari istituzionali dell'Assemblea regionale
siciliana, cuore
pulsante del disegno di legge, ha accolto a metà il grido di dolore
che proveniva, in modo trasversale, dalla maggioranza dei suoi
membri, introducendo una norma che affida agli statuti dei Liberi
consorzi e delle Aree Metropolitane, la scelta dell'elezione dei
presidenti. Potranno decidere l'elezione diretta o quella di
secondo grado, ognuno potrà fare come gli pare. Una
decisione salomonica per superare l'empasse. Gli
orfani dell'elezione diretta si sono battuti in nome e conto della
democrazia, amputata dal "secondo grado" (elezione afidata ai
consiglieri comunali del Consorzio), gli altri, una sparuta minoranza
ormai, hanno ceduto al pressing tenace.
E'
assai probabile che prevalga l'elezione diretta negli statuti dei
liberi consorzi, perché
il secondo grado favorirebbe i sindaci dei Liberi Consorzi e delle
aree metropolitane. Il secondo grado proporrebbe, infatti, il voto
ponderato, commisurato alla popolazione residente, "schiacciando"
i piccoli comuni. Posta in questi termini, dunque, appare logico
prevedere che pur di sottrarsi al voto ponderato, si scelga
l'elezione diretta.
La
svolta era nell'aria, quando è stato esitata la bozza del disegno
di legge, ancora
priva di decisioni essenziali, le funzioni da assegnare ai liberi
consorzi, questione centrale e perno della riforma (trasferimento di
poteri e competenze dalla Regione e dai comuni ai liberi consorzi).
"La
legge pensata in partenza, scrivono in una nota i deputati del M5S, è
stata smontata quasi pezzo per pezzo, riportandoci
alla situazione del 1985. I
confini dei nuovi organismi sono uguali, come le competenze dei
liberi consorzi, per i quali si è fatta una sorta di copia e
incolla". In questo contesto i comuni che hanno scelto il
referendum per scegliere la loro sorte - Gela, Piazza Armerina,
Niscemi e Licodia Eubea - sembrano mosche bianche: hanno
avuto il torto di credere che Liberi
consorzi significasse
libertà di scelta.
Il
governo regionale ha passato la mano all'Assemblea. La sua voce è
diventata sempre più debole. Assediato da mille questioni aperte,
con l'acqua alla gola per via dell'esiguità delle risorse, ha di
fatto deciso di non inseguire - ammesso che sia possibile - gli
umori prevalenti del Parlamento regionale.