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Rassegna stampa del 22 settembre 2015

Giornale di Sicilia

Previdenza. Il ministro Poletti conferma: ci stiamo lavorando. E il premier definisce «di buon senso» la scelta di flessibilità. I sindacati: bene, ma ora confrontiamoci

Pensioni «anticipate» e non solo per le donne

Una «opzione» pure per gli uomini che perdono il lavoro in età matura: potrebbe arrivare una sorta di «prestito»
Uscita anticipata dal lavoro in arrivo per le donne e per quegli uomini che hanno perso il lavoro a pochi anni dalla pensione: il governo - secondo quanto spiegato da tecnici vicini al dossier - sta valutando, per neutralizzare lo scalino in arrivo per le donne del settore privato, la possibilità di varare una nuova «opzione donna» per chi ha 62-63 anni di età e 35 di contributi. Il taglio all'assegno sarebbe di circa il 10%, inferiore quindi alla penalizzazione attuale che prevede che l'intera pensione sia calcolata con il contributivo. Ieri il premier Matteo Renzi ha definito di«buonsenso» la scelta di flessibilità, ribadendo l'attenzione ai conti e la necessità di recuperare nel tempo il costo aggiuntivo previsto nei primi anni dell'operazione. In pratica l'operazione nel lungo periodo dovrebbe essere neutrale. Ma questo dovrebbe valere per il prestito pensionistico (anche questo allo studio del governo), mentre risorse aggiuntive con tutta probabilità dovranno essere reperite per l'opzione donna. «Stiamo lavorando sulle riforma delle pensioni - ha detto il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti - . Sappiamo che c'è un aspetto da risolvere legato a uno scalino alto che blocca il turn over introdotto dalla Legge Fornero. Adesso analizziamo tutte le opzioni possibili. Ho visto che escono fantasiose anticipazioni che non c'entrano nulla col lavoro che stiamo facendo». Le possibili modifiche sarebbero già sul tavolo dei tecnici, che le stanno limando (vedi scheda a lato). E stanno anche valutando anche un'uscita anticipata per gli uomini che perdono il lavoro a pochi anni dalla pensione. I sindacati non commentano le anticipazioni ma chiedono al governo di aprire un confronto.Oggi èprevisto un nuovo presidio davanti al ministero dell'Economia mentre per giovedì sono attese le audizioni dei ministri dell'Economia e del Lavoro, Pier Carlo Padoan e Giuliano Poletti, e quella del presidente Inps, Tito Boeri. «Se l'unico criterio è l'aspettativa di vita - ha detto il numero uno della Cgil, Susanna Camusso- il temadella qualità del lavorononc'è più. Se vogliamo allora calcolare le aspettative di vita, facciamolo per mestieri e scopriremo che sono profondamente diverse tra chi stacca le cedole e chi sta all'altoforno ». «Il governo ci convochi - ha detto il leader Cisl, Annamaria Furlan - e ci dica quali sono le sue intenzioni. Chiediamo che ci sia flessibilità in uscita verso la pensione.Non si possono tenere al lavoro persone di 66-67 anni a prescindere dal lavoro che fanno». «Vorremmo vedere meglio  le carte - ha aggiunto il segretario generale Uil, Carmelo Barbagallo - per dire cosa pensiamo del piano del governo sulle pensioni. Non riusciamo a capire di cosa stanno parlando. Renzi ha parlato di flessibilità a costo zero, ma matrimoni con i fichi secchi non se ne possono fare. Abbiamo atteso mesi e la montagna non ha partorito neanche il topolino ».

ECCO LE IPOTESI DI MODIFICA

Una nuova «opzione donna» per favorire l'uscita in anticipo delle lavoratrici con una penalizzazione massima del 10% e l'arrivo di un analogo meccanismo per i disoccupati senior, che hanno perso il lavoro a pochi anni dalla pensione per i quali si studia anche un assegno di solidarietà. Sono queste alcune delle novità sul tavolo dei tecnici e che il governo potrebbe valutare nell'introdurre una maggiore flessibilità per l'uscita dal mondo del lavoro.
OPZIONE DONNA
Il governo lavora all'uscita anticipata delle donne dal lavoro dal 2016 a 62-63 anni, quindi con tre anni di anticipo, e con 35 di contributi.È una nuova versione della vecchia «opzione donna», che prevederebbe una riduzione dell'assegno legata alla speranza di vita e non più un ricalcolo della pensione su base esclusivamente contributiva. La riduzione si attesterebbe a circa 10% per tre anni di anticipo rispetto all'età di vecchiaia (contro il 25-30% di taglio che arriverebbe con il sistema contributivo).
La proposta affronta lo «scalino» chela riforma Fornero prevede per le donne:le lavoratrici del settore privato dal prossimo anno dovranno attendere un anno e 10 mesi in più,con il passaggio dell'età di vecchiaia da 63 anni e 9 mesi a 65 anni e7 mesi, mentre le lavoratrici autonome dovranno attendere un anno e 4 mesi in più (da 64 anni e 9 mesi a 66 anni e un mese). Nel lungo periodo l'operazione dovrebbe essere eutra per i conti dello Stato ma per i primi anni di utilizzo dell'opzione bisognerà trovare una copertura perchè le pensioni, anche se più basse, si pagheranno in anticipo e per un tempo più lungo.
OPZIONE UOMO PER DISOCCUPATI SENIOR
Per i lavoratori che perdono l'occupazione a pochi anni dalla pensione si studia «l'opzione uomo», ovvero la possibilità di accedervi con 3 anni di anticipo rispetto all'età di vecchiaia (66 anni e 7 mesi dal 2016) con un taglio dell'assegno legato non al ricalcolo contributivo, ma all'equità attuariale, cioè al tempo più lungo di percezione dell'assegno. Il governo studierebbe anche il prestito pensionistico e una sorta di assegno di solidarietà per le situazioni di maggiore disagio, da restituire una volta che si raggiungono i requisiti di pensione.
IPOTESI accantonate
Sembrano archiviate scelte più radicali, riguardanti i lavoratori in generale: quella avanzata in Parlamento da Damiano-Baretta (2% di taglio per ogni anno di anticipo con un limite dell'8%) e quella sulla «quota 100» tra età e contributi per i costi che potrebbero avere. Secondo i calcoli dell'Inps, esposti dal presidente Boeri in un'audizione alla Camera a giugno, le due ipotesi costerebbero a regime rispettivamente, se tutti coloro che ne hanno diritto utilizzassero l'opzione, 8,5 e 10,6 miliardi l'anno. Troppo per i conti dell'Italia.


Ex Province, sindaci pronti ad impugnare la riforma

Mentre il governo regionale cerca di scongiurare l'impugnativa della riforma delle ex Province, traballa la data delle elezioni. L'Anci Sicilia annuncia ricorsi sia contro il provvedimento che fissa al 29 novembre la data per andare a scegliere i vertici di Liberi Consorzi e Città metropolitane, sia contro la stessa legge di riforma. Ed è questo il primo elemento che potrebbe mettere a rischio le elezioni. Il governo non si sbilancia, ma se arrivasse da Roma l'impugnativa potrebbe essere la stessa Corte Costituzionale a decidere uno stop temporaneo, in attesa della decisione. O ancora, se il governo regionale decidesse di apportare modifiche alla riforma si potrebbe ipotizzare di sospendere l'applicazione della legge per il tempo necessario a ripassare dall'aula. Scenari ancora da definire ma che rendono molto probabile lo slittamento delle elezioni. I sindaci sono sul piede di guerra, puntano il dito contro numerose norme che «presentano forti criticità e seri dubbi di costituzionalità». E annunciano una pioggia di ricorsi, sia da parte dell'associazione che di «numerosi sindaci dell'Isola». «Presenteremo ricorso al Tar per bloccare le elezioni - dice il vicepresidente dell'Anci, Paolo Amenta- e impugneremo la legge davanti alla Corte costituzionale. I dubbi sono troppi. Questa legge ad esempio attribuisce agli enti di secondo livello funzioni senza garantire le risorse o non spiega il futuro del personale ». Critico il senatore di Ap (Ncd - Udc) Bruno Mancuo, che parla di «operazione di trasformismo politico».
Il governo è cauto. «Ancora non c'è nessuna certezza dell'impugnativa - ribadisce l'assessore alle Autonomie Locali, Giovanni Pistorio -. Mercoledì (domani per chi legge, ndr) incontrerò a Roma il sottosegretario agli Affari regionali» Il nodo è l'applicazione tout court della legge Delrio piuttosto che quella approvata dall'Ars il 30 luglio. «La Delrio - dice Pistorio - è una grande riforma economico-sociale ma il governo ne fa discendere applicazioni un po' troppo "invasive"». Su alcune Pistorio sembra disposto a cedere. «I principi di ordine economico della Delrio sono stati tutti rispettati - dice ancora Pistorio - . Il voto ponderato (ossia un "peso" diverso del voto per le elezioni di secondo livello, previste dopo la prima applicazione) lo avevo chiesto anche io, ma l'aula era orientata diversamente eabbiamo voluto evitare conflitti». Più difficile la partita sulle Città metropolitane: la legge regionale prevede l'elezione di secondo livello per i Sindaci metropolitani, la Delrio che siano automaticamente quelli della città capoluogo, almeno in prima applicazione. «Se i principi della stessa legge Delrio non sono inderogabili tanto che si limitano alla prima applicazione della legge, censurare la nostranormaper questo è un po' forte», dice Pistorio ribadendo che «in materia di Enti locali la Regione ha competenza esclusiva». Sull'ipotesi rinvio Pistorio è cauto. «Sono tutte ipotesi al momento-conclude - . Intanto mi confronterò con il governo, poi sarà una decisione da prendere in sede politica. Se modificare l'impianto della legge o resistere a una impugnativa che al momento è solo eventuale sarà una decisione politca. A me interessa solo che il sistema funzioni, trovare soluzioni affinchè il sistema funzioni»


Da oggi a San leone il forum del turismo presenta le eccellenze

...Comincia oggi, all'hotel Dioscuri Bay Palace di Agrigento, di fronte al porticciolo turistico di San Leone, avrà inizio il Forum del turismo con le esposizioni delle eccellenze agrigentine. Si tratta di un evento inserito nell'ambito delle attività del marchio d'area della provincia di Agrigento. Numerosi appuntamenti fino al 26 settembre. Alle 17,30 è prevista la cerimonia inaugurale con l'apertura al pubblico degli stand. Il convegno che aprirà le attività verterà sul tema "Le otenzialità di sviluppo turistico e la coesione territoriale". Domani alle 17 gli stand riapriranno al pubblico. Alle 17,30 è in programma il seminario su "Il web marketing: opportunità e offerte dal marchio d'area". Ed ancora alle 18 il convegno su "La comunicazione turisticacomeelemento di successo per la qualità dell'accoglienza". L'esposizione, ogni giorno, si si potrà visitare fino alle 22. (*ACAS*)

agrigentonotizie.it

Libero consorzio, via alla "Prima esposizione delle eccellenze agrigentine" e "Forum del turismo"

Inizia oggi 22 settembre, alle 17.30, con la cerimonia di inaugurazione, la "Prima esposizione delle eccellenze agrigentine" e il secondo "Forum del Turismo". La manifestazione organizzata dal Libero Consorzio Comunale di Agrigento in programma ad Agrigento nei locali del Dioscuri by Palace di San Leone prevede inoltre, alle 17.45, l'apertura degli stand e la visita degli stand consentita anche al pubblico. Alle 18 si terrà il convegno di apertura sul tema: "Le potenzialità di sviluppo turistico e la coesione territoriale". I lavori saranno introdotti da Marcello Maisano, Commissario straordinario del Libero Consorzio comunale di Agrigento. Seguiranno i saluti di Calogero Firetto, sindaco di Agrigento e Vittorio Messina, presidente Camera di Commercio di Agrigento. Moderatore il giornalista Giacomo Glaviano (presidente nazionale Fijet). Inoltre sono previsti gli interventi di Francesco Andria, professore ordinario dell'Università di Palermo, già presidente del corso di laurea in economia e gestione dei servizi turistici sul tema:"Il sistema turistico integrato". Angela Giurrandino, dottore di ricerca in diritto del turismo, parlerà su"La coesione territoriale nel turismo: il quadro nazionale". Achille Contino, dirigente del settore turismo del Libero Consorzio Comunale di Agrigento, già componente Comitato direttivo osservatorio nazionale del turismo si occuperà de "Il ruolo degli Enti Locali per la coesione territoriale in campo turistico". I lavori saranno conclusi da Mariella Lo Bello, assessore regionale all'Istruzione e Formazione.L'esposizione delle eccellenze agrigentine chiuderà alle 22.

livesicilia.it

Continua il crollo delle gare d'appalto di competenza regionale pubblicate sulla Gazzetta ufficiale.
   
In Sicilia continua il crollo delle gare d'appalto di competenza regionale pubblicate sulla Gazzetta ufficiale e monitorate dall'Ance Sicilia. Lo afferma l'associazione, rilevando come tra il gennaio e l'agosto 2015 si è registrata un'ulteriore flessione del numero di bandi (155 contro i 172 dello stesso periodo del 2014, -9,88%) e degli importi posti in gara (189,1 milioni a fronte di 211,4 milioni dei primi otto mesi dello scorso anno, pari a -10,55%). La provincia con il peggiore calo è stata Caltanissetta (-50% di gare e -81,50% di importi), mentre vi sono state insolite impennate a Catania (+37,50% di gare e +93,37% di importi) e a Ragusa (+62,50% di gare e + 142,40% di importi). Per l'Ance "Analizzando le serie storiche annuali complete, emerge che il mercato degli appalti in Sicilia ha ormai toccato il fondo".
Dal 2007, anno di inizio della crisi, con 1.238 gare per 1 miliardo e 269 milioni di euro, si è progressivamente scesi di oltre il 50%, fino al 2011, quando invece si era registrata una minima ripresa (615 gare, +7,89% rispetto al 2010, per 563 milioni, +5,42%). Dal 2012 è ricominciata inesorabile e costante la discesa, che nel 2014 ha segnato appena 307 gare per 356,4 milioni. Rispetto al 2007, la flessione è stata di -75,20% per numero di gare e di -71,93% per importi. "Spiace rilevare - osserva il presidente facente funzioni di Ance Sicilia Santo Cutrone - come l'attuale governo regionale non abbia saputo invertire la tendenza. Sicuramente - precisa Cutrone - ha inciso la situazione ereditata dalle precedenti amministrazioni, ma il mancato utilizzo dei fondi europei ha fatto il resto". "Anche a livello di singoli assessorati - aggiunge - non si rileva un particolare dinamismo nella pubblicazione di bandi di gara". "L'auspicio - conclude - è che, nell'imminenza dell'avvio della nuova programmazione dei fondi europei vi sia da parte della classe politica e della burocrazia una necessaria inversione di tendenza che non faccia perdere ulteriori risorse e consenta finalmente di aprire cantieri in Sicilia". (ANSA)


Il Sole 24 Ore

In pensione prima con taglio dell'assegno del 3- 4% all'anno
di Davide Colombo

È probabile che una prima indicazione concreta sulle misure previdenziali che potrebbero entrare in manovra (o in un Ddl collegato) arriverà giovedì, quando i ministri Pier Carlo Padoan e Giuliano Poletti verranno auditi a Montecitorio dalle commissioni riunite Bilancio e Lavoro di Camera e Senato. Oggetto dell'appuntamento è fare un punto sullo stato di utilizzo delle risorse destinate alle misure di salvaguardia degli «esodati». Ma a quanto sembra le intenzioni del Governo sono di uscire dalla teoria delle salvaguardie annuali e dare invece una soluzione strutturale, di impatto il più possibile limitato sul disavanzo. Ieri anche Matteo Renzi ha confermato la linea che il ministro dell'Economia va perorando da settimane:«I conti pensionistici non si toccano - ha detto il premier alla direzione del Pd - non andiamo ad intervenire mettendo la voce più sui costi delle pensioni. Ma se esiste la possibilità, e stiamo studiando il modo, per cui in cambio di un accordo si può consentire la flessibilità è un gesto di buon senso e buona volontà». Secondo il premier, bisogna lavorare ad una soluzione che «consenta forme di flessibilità in uscita con un piccolo aumento dei costi nell'immediato che poi vengono recuperati» successivamente. Dunque le ipotesi in campo sono tutte da prendere in considerazione fino a che non arriverà il via libera a quella più sostenibile. I paletti fissati sarebbero tre:la dote massima dell'intervento non dovrebbe superare il miliardo (cui va aggiunto il mezzo miliardo già prenotato per la perequazione degli assegni a seguito della sentenza 70/2015 della Consulta), l'anticipo non dovrebbe superare i 3-4 anni rispetto ai requisiti di vecchiaia (66 anni e 7 mesi per gli uomini e 65 e 7 mesi per le lavoratrici dipendenti del settore privato) e infine la penalizzazione non dovrebbe essere inferiore al 3-4% l'anno per ogni anno di anticipo. Entro questi paletti si trovano le diverse ipotesi di intervento cui stanno lavorando i tecnici. A partire dalla «nuova opzione donna» di cui si parlava ieri in ambienti vicini al dossier:uscita anticipata delle donne dal lavoro dal 2016 a 62-63 anni, quindi con tre anni di anticipo, e con 35 di contributi ma non più con ricalcolo contributivo dell'assegno (che equivale a un taglio del 25% circa) ma con una penalizzazione del 3,3% l'anno per massimo tre anni (con penalty non oltre il 10%). Si eviterebbe così l'innalzamento di 22 mesi previsto a gennaio per le dipendenti private (il requisito di vecchiaia è oggi 63 anni e nove mesi e sale come detto a 65 e 7 mesi). «Sappiamo che c'è un aspetto da risolvere legato a uno scalino alto che blocca il turn over introdotto dalla legge Fornero» ha detto ieri Poletti confermando che le opzioni sono al vaglio «assieme al ministro Padoan». Pure per i maschi che perdono il lavoro a pochi anni dalla pensione (non più di 3 o 4 anni) si studia la possibilità di una penalizzazione annua almeno del 3-4%, la minima indispensabile per garantire un equilibrio attuariale all'anticipo. Ma in campo resterebbe anche un possibile «prestito pensionistico», un assegno di solidarietà che scatta alla scadenza della Naspi nelle situazioni di maggiore disagio (forse utilizzando l'Isee) per disoccupati senior che poi restituirebbero con piccoli prelievi sulla pensione definitiva a regime. Si tratta in ogni caso di interventi soft che, se possono garantire un equilibrio nel medio-lungo periodo, necessitano comunque di una copertura di cassa nei primi anni di applicazione. E qui, appunto, sta il nodo tecnico, da risolvere nel quadro delle coperture dell'intera manovra. 

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