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Meno
deputati e stipendi più poveri. E addio ai senatori.
È in arrivo una batosta per la casta politica siciliana. Solo
qualche mese, giusto il tempo di far entrare a pieno regime da un
lato la riforma che riduce il numero degli inquilini di Sala
d'Ercole, dall'altra la riforma costituzionale che a ottobre dovrà
superare lo scoglio del referendum. Una "mazzata" per chi di
politica vive e ha vissuto. Visto che si restringeranno - e di
molto - gli spazi per le conferme dei politici isolani così come
gli spiragli per i nuovi aspiranti onorevoli a ogni livello.
Bye
bye consigli provinciali
A
dire il vero qualcosa è già avvenuto. Centinaia di poltrone sono
già saltate con la riforma che ha portato all'abolizione delle
Province e la nascita dei Liberi consorzi. Via, insomma, tutte la
cariche di consiglieri provinciali e componenti delle giunte. Addio a
una fetta della "casta", insomma, ma anche a un po' di
rappresentatività sui territori. Tutto, però, pagato a carissimo
prezzo. Visto che l'incapacità del governo regionale di portare
avanti una riforma lineare, si è tradotta in un periodo di
commissariamento mai visto prima: più di tre anni, con gli enti in
mano, spesso, in mano a qualche fedelissimo del governatore. Alla
casta, insomma, si è sostituita di frequente la "mini-casta" del
cerchio magico del presidente Crocetta.
L'Ars
si mette a dieta
Ma
un po' di poltrone scompariranno anche a Palazzo dei Normanni. In
questo caso è intervenuta una "legge-voto": una riforma
regionale, insomma, che è passata anche dall'approvazione delle
Camere. La legge ha ridotto, a partire dalle prossime elezioni, il
numero dei deputati regionali da 90 a 70. Venti in meno, quindi, con
terremoti in arrivo un po' in tutti i collegi elettorali. Dove i
parlamentari in carica dovranno faticare e molto per conquistare una
conferma e per respingere le ambizioni di qualche new entry.
Calano
gli stipendi a Sala d'Ercole
Ma
per la casta della politica siciliana, diverse brutte notizie
arriveranno con l'approvazione della "riforma Boschi" di
revisione della Costituzione italiana, qualora questa venisse
confermata dal referendum. Le norme che prevedono, infatti, la
modifica del Titolo quinto, riguardano ovviamente anche la Sicilia. E
in particolare il "portafogli" dei futuri parlamentari di Sala
d'Ercole. L'articolo 35 della riforma costituzionale, ad esempio,
introduce i "limiti agli emolumenti dei componenti degli organi
regionali". La norma, in pratica, che interviene sull'articolo 122
della Costituzione, fissa gli stipendi di presidente della Regione e
deputati regionali "nel limite dell'importo di quelli attribuiti ai
sindaci dei Comuni capoluogo di Regione". L'unità di misura,
insomma, sarà lo stipendio del sindaco di Palermo Leoluca Orlando.
Una indennità che equivale a circa 10.100 euro lordi al mese. Una
somma che, al netto, rischia di essere di gran lunga inferiore a
quella attualmente spettante ai deputati di Sala d'Ercole ai quali va
una indennità di 11.100 euro lorda solo in parte. Insomma, nel
passaggio dall'attuale alla nuova indennità, i prossimi parlamentari
"rischiano" di perdere qualcosa come duemila euro netti al
mese.
Via
i rimborsi ai gruppi parlamentari
La
riforma Boschi, poi, prevede anche la cancellazione di una delle voci
che oggi rappresenta una delle indennità relative al mandato dei
deputati siciliani: si tratta dei trasferimenti ai gruppi
parlamentari, utilizzati appunto per il funzionamento delle strutture
dei partiti all'interno del Parlamento e per il pagamento di spese e
consulenze. Tra le disposizioni finali della "Boschi" infatti, è
stabilito che "non possono essere corrisposti rimborsi o analoghi
trasferimenti monetari recanti oneri a carico della finanza pubblica
in favore dei gruppi politici presenti nei Consigli
regionali".
Addio
ai senatori, Sicilia penalizzata
Ma
la cura dimagrante della casta non verrà avvertita solo sulle
poltrone siciliane. Come è noto, infatti, la riforma Boschi prevede
l'abolizione del bicameralismo perfetto, con una nuova composizione
del Senato. Che intanto scenderà a soli 100 componenti dagli attuali
315.
Si
tratterà di 74 consiglieri regionali, 21 sindaci e 5 senatori
nominati dal capo dello Stato per 7 anni. Senatori
che, quindi, non verranno eletti, ma indicati dagli stessi enti
locali oltre che dal Capo dello Stato. Quanti saranno i senatori
espressi allora dalla Sicilia? Il numero dei componenti del Senato
assegnato a ciascuna regione è correlato al peso demografico di
ciascuna, ma con il limite minimo di due senatori per Regione. E il
punto sta proprio lì. Da un lato questo limite minimo, dall'altro la
facoltà del Presidente della Repubblica di nominare cinque senatori
a vita che rappresenterebbero, quindi, in percentuale, circa 4
milioni di italiani, si tradurrebbe in una "discriminazione"
della Sicilia rispetto ad altre Regioni a Statuto speciale.
Alla
Sicilia, infatti, con la revisione costituzionale, spetterebbero
sette senatori: uno ogni 714 mila abitanti circa. Un
rapporto assai diverso da quello delle Regioni speciali del Nord
Italia, dove ad esempio, saranno due i senatori della Valle d'Aosta
(uno ogni 63 mila abitanti), 4 quelli del Trentino (uno ogni 250 mila
abitanti), mentre più simile il rapporto tra l'Isola e il Friuli
Venezia Giulia (due senatori, uno ogni 600 mila abitanti).
IL
CAOS DEI FONDI
Mezza
Sicilia nel caos
in attesa dei 500 milioni da Roma
Com'era
prevedibile, i mattoni stanno crollando uno dopo l'altro. Le
Province, i Comuni, gli enti regionali, il precariato siciliano, sono
in frantumi. Senza più risorse e ossigeno. Tutto a causa di un
accordo che non c'è. Dato per fatto, e per certo, già mesi fa. Ma
ancora non ratificato ufficialmente. L'accordo tra il governo
Crocetta e l'esecutivo di Renzi prevede lo sblocco del mezzo miliardo
che attualmente tiene "in scacco" mezza Isola.
Ma
l'accordo non c'è. Ci sarà. Lo assicurano, almeno, l'assessore
Baccei che poco meno di un mese fa esprimeva un "cauto
ottimismo": "Gli
aspetti tecnici sono stati chiariti", aveva detto. Assai più
ottimisti sono invece i renziani del Pd all'Ars: "Lo Stato -
dichiara oggi il parlamentare Gianfranco Vullo - sbloccherà i 500
milioni di euro che la Regione Siciliana attende con un decreto legge
che il Consiglio dei Ministri varerà già nei prossimi giorni.
L'impegno preso dal presidente Matteo Renzi è serio e per questa
ragione non ci sono dubbi sull'esito positivo. In questo modo -
aggiunge - la Sicilia potrà gestire l'esercizio finanziario in
corso senza dover operare tagli ai comuni ed ai servizi".
Tra
pochi giorni. È questo l'ultimo, assai vago riferimento. Che
farebbe pensare a una "fumata bianca" provvidenzialmente a
ridosso dwlle elezioni amministrative siciliane. Ma c'è poco,
adesso, da storcere il naso. Perché al di là delle dichiarazioni
dei deputati - gli stessi che mesi addietro avevano dato per
"fatto" quell'accordo che ancora non c'è - gli effetti sulla
Regione si sono già sentiti, eccome. I Comuni, ad esempio, come
abbiamo raccontato ieri sera, non hanno potuto chiudere i bilanci al
30 aprile. E proprio nelle ultime ore si sono visti recapitare una
lettera della Regione con la quale viene comunicato che "dei 340
milioni previsti ne potranno essere erogati solo 105". Un disastro,
perché oggi gli enti locali non possono compiere alcuna spesa.
Compresa, ad esempio, quella destinata al pagamento delle ditte per
lo smaltimento dei rifiuti: col rischio che un caos immondizia possa
coinvolgere diversi centri siciliani.
Tutto
perché quei 500 milioni non ci sono ancora. Accantonati
- così vengono definiti tecnicamente - in attesa del "via
libera" da Roma. Ma come detto, di danni già se ne sono visti
parecchi. Oggi ad esempio i precari degli enti locali sono scesi in
piazza. Anche le somme destinate ai loro stipendi sono state bloccate
per circa la metà della cifra complessiva. Un caso che ha messo in
ginocchio diversi Comuni, costretti a chiudere, oggi, uffici
importanti come quelli per i Tributi, l'Anagrafe, lo Stato Civile, il
Protocollo. Giù le serrande, quindi. Con enormi disagi per i
cittadini.
Nel
frattempo, caos simile nelle ex Province. Anche
in questo caso, l'assessore alla Funzione pubblica Luisa Lantieri ha
ammesso: "Nei prossimi giorni trasferiremo metà dei 18 milioni
previsti. Al momento, di più non possiamo fare". Proprio perché
metà di quella somma è vincolata all'accordo romano. E così, anche
in questo caso, ecco disagi per i servizi per i portatori di
handicap, per le scuole e per le strade. Guai che, a dire il vero,
affondano anche in altre cause: come i ritardi nell'approvazione
della riforma sulle Province, andata avanti tra strafalcioni, liti
politiche, impugnative e frettolose riscritture.
Sempre
il congelamento del mezzo miliardo, poi, aveva portato all'annuncio
della chiusura delle riserve naturali siciliane.
Una ipotesi scongiurata in che modo? Bloccando ulteriormente i
contributi destinati alle borse di studio degli studenti. Anche
quelli congelati per metà dello stanziamento complessivo. La
coperta, infatti, è sempre quella. Ed è cortissima. All'Irsap, ad
esempio, gli stipendi sono tornati a singhiozzare. E il governo
regionale ci ha pure messo del suo, togliendo all'ente, già in grave
sofferenza e obiettivo costante di decreti ingiuntivi, anche 500 mila
euro per destinarli alla "propaganda dei prodotti siciliani".
Ma
le conseguenze del "gelo romano" rischiano di crescere in maniera
esponenziale nei prossimi giorni. Quando
nelle casse degli enti e nei fondi destinati a varie categorie di
personale, i soldi si esauriranno. Anche perché tra le cifre
congelate c'è davvero di tutto. Oltre a Comuni, precari, province
ecco bloccati 73 milioni dei 142 milioni previsti per i Forestali, 22
milioni dei 44 previsti per la società partecipata Servizi ausiliari
Sicilia (tremila dipendenti), metà dei 12 milioni previsti per
l'Ente acquedotti siciliano, metà dei dieci milioni per le "garanzie
occupazionali" nei Consorzi di bonifica. Per questi ultimi enti
previsto anche il ben più corposo "taglio" di 17 su 33 milioni
destinato agli stipendi. Stesso discorso per gli ex Pip di Emergenza
Palermo che, in caso di mancato accordo, vedrebbero andare in fumo
quasi 15 dei 29 milioni destinati a loro. E poi c'è il famoso
"allegato 1" della Finanziaria: un elenco lunghissimo di enti e
soggetti vari. Tra questi, oltre all'Irsap, l'Istituto Vite e vino,
l'Esa, gli enti parco, i teatri siciliani, la Fondazione orchestra
sinfonica, le università per le borse di studio degli aspiranti
medici, ecco anche i fondi per le comunità alloggio per minori e
quelle per disabili. Tutti "appesi". Tutti in bilico. In attesa
del "sì" di Roma.
AGRIGENTONOTIZIE
Libero consorzio Agrigento,
Panepinto:«I commissari chiariscano su rinnovo contratti»
"Il vice presidente del gruppo
parlamentare Pd all'Ars, Giovanni Panepinto, interviene in merito
alla paventata ipotesi di mancato rinnovo dei contratti nei Liberi
consorzi".
«Ho chiesto che venissero convocati in
commissioni i commissari dei Liberi consorzi di Enna ed Agrigento.
Domani alle 11 in prima Commissione all'Ars sarà avviato il
necessario confronto sulla paventata ipotesi di mancato rinnovo dei
contratti». Lo dice il vice presidente del gruppo parlamentare Pd
all'Ars, Giovanni Panepinto."
LIVESICILIA
Il caos dei fondi
Mezza Sicilia nel caos in attesa dei
500 milioni da Roma
di Accursio Sabella
L'accordo tra il governo Crocetta e
lo Stato non arriva ancora. E le conseguenze del ritardo riguardano
già Comuni, province, enti e precari.
PALERMO - Com'era prevedibile, i
mattoni stanno crollando uno dopo l'altro. Le Province, i Comuni, gli
enti regionali, il precariato siciliano, sono in frantumi. Senza più
risorse e ossigeno. Tutto a causa di un accordo che non c'è. Dato
per fatto, e per certo, già mesi fa. Ma ancora non ratificato
ufficialmente. L'accordo tra il governo Crocetta e l'esecutivo di
Renzi prevede lo sblocco del mezzo miliardo che attualmente tiene "in
scacco" mezza Isola.
Ma l'accordo non c'è. Ci sarà. Lo
assicurano, almeno, l'assessore Baccei che poco meno di un mese fa
esprimeva un "cauto ottimismo": "Gli aspetti tecnici sono stati
chiariti", aveva detto. Assai più ottimisti sono invece i renziani
del Pd all'Ars: "Lo Stato - dichiara oggi il parlamentare
Gianfranco Vullo - sbloccherà i 500 milioni di euro che la Regione
Siciliana attende con un decreto legge che il Consiglio dei Ministri
varerà già nei prossimi giorni. L'impegno preso dal presidente
Matteo Renzi è serio e per questa ragione non ci sono dubbi
sull'esito positivo. In questo modo - aggiunge - la Sicilia potrà
gestire l'esercizio finanziario in corso senza dover operare tagli
ai comuni ed ai servizi".
Tra pochi giorni. È questo l'ultimo,
assai vago riferimento. Che farebbe pensare a una "fumata bianca"
provvidenzialmente a ridosso delle elezioni amministrative siciliane.
Ma c'è poco, adesso, da storcere il naso. Perché al di là delle
dichiarazioni dei deputati - gli stessi che mesi addietro avevano
dato per "fatto" quell'accordo che ancora non c'è - gli
effetti sulla Regione si sono già sentiti, eccome. I Comuni, ad
esempio, come abbiamo raccontato ieri sera, non hanno potuto chiudere
i bilanci al 30 aprile. E proprio nelle ultime ore si sono visti
recapitare una lettera della Regione con la quale viene comunicato
che "dei 340 milioni previsti ne potranno essere erogati solo 105".
Un disastro, perché oggi gli enti locali non possono compiere alcuna
spesa. Compresa, ad esempio, quella destinata al pagamento delle
ditte per lo smaltimento dei rifiuti: col rischio che un caos
immondizia possa coinvolgere diversi centri siciliani.
Tutto perché quei 500 milioni non ci
sono ancora. Accantonati - così vengono definiti tecnicamente -
in attesa del "via libera" da Roma. Ma come detto, di danni già
se ne sono visti parecchi. Oggi ad esempio i precari degli enti
locali sono scesi in piazza. Anche le somme destinate ai loro
stipendi sono state bloccate per circa la metà della cifra
complessiva. Un caso che ha messo in ginocchio diversi Comuni,
costretti a chiudere, oggi, uffici importanti come quelli per i
Tributi, l'Anagrafe, lo Stato Civile, il Protocollo. Giù le
serrande, quindi. Con enormi disagi per i cittadini.
Nel frattempo, caos simile nelle ex
Province. Anche in questo caso, l'assessore alla Funzione pubblica
Luisa Lantieri ha ammesso: "Nei prossimi giorni trasferiremo metà
dei 18 milioni previsti. Al momento, di più non possiamo fare".
Proprio perché metà di quella somma è vincolata all'accordo
romano. E così, anche in questo caso, ecco disagi per i servizi per
i portatori di handicap, per le scuole e per le strade. Guai che, a
dire il vero, affondano anche in altre cause: come i ritardi
nell'approvazione della riforma sulle Province, andata avanti tra
strafalcioni, liti politiche, impugnative e frettolose riscritture.
Sempre il congelamento del mezzo
miliardo, poi, aveva portato all'annuncio della chiusura delle
riserve naturali siciliane. Una ipotesi scongiurata in che modo?
Bloccando ulteriormente i contributi destinati alle borse di studio
degli studenti. Anche quelli congelati per metà dello stanziamento
complessivo. La coperta, infatti, è sempre quella. Ed è cortissima.
All'Irsap, ad esempio, gli stipendi sono tornati a singhiozzare. E il
governo regionale ci ha pure messo del suo, togliendo all'ente, già
in grave sofferenza e obiettivo costante di decreti ingiuntivi, anche
500 mila euro per destinarli alla "propaganda dei prodotti
siciliani".
Ma le conseguenze del "gelo romano"
rischiano di crescere in maniera esponenziale nei prossimi giorni.
Quando nelle casse degli enti e nei fondi destinati a varie categorie
di personale, i soldi si esauriranno. Anche perché tra le cifre
congelate c'è davvero di tutto. Oltre a Comuni, precari, province
ecco bloccati 73 milioni dei 142 milioni previsti per i Forestali, 22
milioni dei 44 previsti per la società partecipata Servizi ausiliari
Sicilia (tremila dipendenti), metà dei 12 milioni previsti per
l'Ente acquedotti siciliano, metà dei dieci milioni per le "garanzie
occupazionali" nei Consorzi di bonifica. Per questi ultimi enti
previsto anche il ben più corposo "taglio" di 17 su 33 milioni
destinato agli stipendi. Stesso discorso per gli ex Pip di Emergenza
Palermo che, in caso di mancato accordo, vedrebbero andare in fumo
quasi 15 dei 29 milioni destinati a loro. E poi c'è il famoso
"allegato 1" della Finanziaria: un elenco lunghissimo di enti e
soggetti vari. Tra questi, oltre all'Irsap, l'Istituto Vite e vino,
l'Esa, gli enti parco, i teatri siciliani, la Fondazione orchestra
sinfonica, le università per le borse di studio degli aspiranti
medici, ecco anche i fondi per le comunità alloggio per minori e
quelle per disabili. Tutti "appesi". Tutti in bilico. In attesa
del "sì" di Roma.
LA SICILIA
LA SITUAZIONE FINANZIARIA DEL
CONSORZIO è parzialmente nota soltanto fino al 2013. Del dopo non
c'è traccia
Cupa, in dieci anni il tracollo
totale.
L'unica spiegazione di quanto
accaduto viene dai "freddi numeri" dei bilanci.
La storia del consorzio universitario
di Agrigento non è soltanto una storia della creazione di
un'istituzione che In dieci anni ha visto il tracollo quasi totale
del numero di iscritti e di corsi di laurea, ma è anche una storia
di politica e di soldi.
Tanti soldi.
Impossibile, oggi, avere un'immagine
completa. Purtroppo, mancano tanti puntini" da unire per tirar
fuori una linea che tracci forme e sostanze di questa vicenda. Ci
sono però i numeri dei bilanci, che, con la freddezza della loro
ufficialità, ci raccontano parecchie cose.
Partiamo da un fatto l'ultimo
documento consultabile, è il consuntivo 2013. Eppure il Consiglio di
amministrazione ha al momento approvato fino al bilancio consuntivo
2°1 4. Lo si evince leggendo i verbali del Cda, come quello del 20
marzo 2015. quando erogano votò favorevolmente ad un rendiconto che
presentava un disavanzo di 187.642 euro e indicava come il patto di
stabilità non fosse stato rispettato. Non solo, ma già allora si
sosteneva formalmente la necessità di poter contare su non meno di
un milione e mezzo di euro per mettere a posto i conti e ripianare il
passato, P quanto già all'epoca vi fossero crediti per oltre un
milione e trecento mila euro vantati verso soci "disattenti, dei
quali un milione soci fon datori. Degli esiti dette azioni di
recupero coattivo, tuttavia, non si è saputo molto, Dicevamo, il
bilancio 2014 ad oggi non è stato mai reso pubblico. Così per farsi
un'idea dei costi è il caso di guardare i numeri del 2013. quando
di personale si spendevano 441.952,18 euro (ma il dato potrebbe
essere gravato dai 270mila euro dell'allora personale comandato
proveniente dall'ex Provincia). 404.084 euro per spese e servizi,
95.723 euro per spese per docenze dottorati e gestione diretta
attività didattica, 178.235 euro per "spese per consulenze e
collaborazioni esterne e 1.352.915 di trasferimenti al Consorzio
universitario di Agrigento. Alla fine quell'anno si è chiuso non
con il segno meno solo grazie all'erosione dell'avanzo di
amministrazione degli anni precedenti. In quell'anno si spesero
anche le ulti me somme per il pagamento delle indennità degli
amministratori, ovvero presiden2a e componenti del consiglio di
amministrazione, una voce che tra il 2002ei1 2013 è costata al oltre
un milione di euro, cui aggiungere robusti rimborsi spese.
Al netto di questo, comunque, i
dirigenti finanziari, vista la situazione complessiva, misero nero su
bianco la necessità di avviare una "immediata ricerca di nuove
risorse finanziarie per equilibrare i bilanci del Polo". Questo
perché, si disse tre anni fa, per quanto riguardala prevedibile
evoluzione della gestione, occorrerà soffermarsi sulla necessità di
equilibrare la gestione di competenza dei bilanci del Consorzio, in
quanto le risorse di parte corrente non coprono il livello delle
corrispondenti spese, e ciò potrebbe richiedere un ulteriore
intervento aggiuntivo di natura finanziaria da parte degli Enti
consorziati, al fine di non comprometterne gestionale;
considerazioni, già espresse, nella relazione tecnica al bilancio di
previsione dell'esercizio finanziario 2013'. Cosa si è mosso,
per scongiurare la catastrofe, è tutto da capire.
Ma se questi dati, per grandi linee,
erano comunque già noti agli ad detti ai lavori, per molti
sicuramente sembrerà una novità sapere che per l'università di
Palermo esiste una partita aperta da oltre otto milioni di euro con
Agrigento.
Ma che in questo caso tutto è scritto
in un bilancio, il consuntivo 2014 di Unipa, il quale appunto
certifica. nel capitolo dedicato alla situazione Consorzi
universitari" l'esistenza di un debito agrigentino (più volte
verbalmente negato e contestato dalla precedente gestione) di oltre
otto milioni e trecentomila euro alla data del 31dicembre 2013. Si
tratta di fondi necessari per il rimborso degli stipendi già erogati
dall'università ai docenti incardinati presso i Poli didattici dal
2010 al 2013. Il n'esposizione tanto grande che gli stessi revisori
dei conti di Palermo reputano difficile il recupero delle somme e
chiedono di costituire un fondo rischi per evitare danni maggiori in
caso di mancato pagamento. Eppure nel bilancio si ritenne di
riportare queste somme perché; tra le altre cose, esiste il
persistente e condiviso interesse pubblico ad assicurare, ancorché
transitoriamente, la continuità dell'offerta formativa". Va
detto che il precedente rettore, Roberto Lagalla. tra i suoi ultimi
atti si premurò a diffidare il Consorzio universitario per queste
somme, ma, realmente, nessuno ne ha saputo nulla, in primis
l'Amministrazione comunale di Agrigento, che a desso potrebbe
trovarsi con una grossa "gatta da pelare", per quanto la linea
sostenuta dalla macchina amministrativa del Cupa ha sempre ritenuto
di non dover corrisponde re nulla a Palermo, anche se questo, per
molti, non spiega il perché queste somme non siano state riportate
nei bilanci.
G. SCHICCHI
UNIVERSITÀ
Ciulla (Fdl) sul Cupa.
"Programmare e ripartire per
consentire un rilancio del Polo Universitario di Agrigento'.
Interviene così!! portavoce provinciale di Fratelli d'italia-
Alleanza Nazionale, Giuseppe Ciulla, sulla vicenda relativa alla
chiusura di alcuni corsi di laurea al Cupa. "La politica ha
certamente fallito, ma ora è il momento di rimboccarsi tutti le
maniche per trovare strategie comuni che possano garantire un futuro
ai tanti giovani di questa terra". Non è concepibileafferma
Ciulla che la struttura universitaria agrigentina sia stata solo
ed esclusivamente presa come oggetto di campagna elettorale. Fratelli
d'Italia di Agrigento propone che i Soci aprano a nuovi Enti, come
ad esempio al Parco Archeologico di Agrigento. L'esperienza del
Palacongressi potrebbe ripetersi peri! Polo Universitario
coinvolgendo altresì tutti i comuni della Provincia. L'errore
fatto fino ad oggi è quello di pensare che una eventuale quota di
partecipazione per il Cupa sia un costo; ma non si è mai considerato
il valore di un ritorno in termini di crescita culturale e di
sviluppo che
coinvolge l'intera provincia
agrigentina". Il teatrino della politica deve terminare. Lanciamo
un appello soprattutto al commissario straordinario del Libero
Consorzio Comunale affinché possa in tempi brevi rivedere l'atto
di recesso di quello che oggi è il principale finanziatore del
Polo". Un appello conclude Ciulla che rivolgiamo anche al
presidente della Regione Sicilia, Rosario Crocetta, affinchè vi sia
una maggiore attenzione verso un territorio dalle mille difficoltà.
Agrigento è la provincia dove tutto, o quasi, manca. Non si può
permettere che una realtà di sviluppo e di speranza possa
tragicamente morire per colpa
di una becera amministrazione".