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rassegna stampa del 25 maggio 2016

LIVESICILIA.IT
Meno deputati e stipendi più poveri. E addio ai senatori.
 È in arrivo una batosta per la casta politica siciliana. Solo qualche mese, giusto il tempo di far entrare a pieno regime da un lato la riforma che riduce il numero degli inquilini di Sala d'Ercole, dall'altra la riforma costituzionale che a ottobre dovrà superare lo scoglio del referendum. Una "mazzata" per chi di politica vive e ha vissuto. Visto che si restringeranno - e di molto - gli spazi per le conferme dei politici isolani così come gli spiragli per i nuovi aspiranti onorevoli a ogni livello.

Bye bye consigli provinciali

A dire il vero qualcosa è già avvenuto. Centinaia di poltrone sono già saltate con la riforma che ha portato all'abolizione delle Province e la nascita dei Liberi consorzi. Via, insomma, tutte la cariche di consiglieri provinciali e componenti delle giunte. Addio a una fetta della "casta", insomma, ma anche a un po' di rappresentatività sui territori. Tutto, però, pagato a carissimo prezzo. Visto che l'incapacità del governo regionale di portare avanti una riforma lineare, si è tradotta in un periodo di commissariamento mai visto prima: più di tre anni, con gli enti in mano, spesso, in mano a qualche fedelissimo del governatore. Alla casta, insomma, si è sostituita di frequente la "mini-casta" del cerchio magico del presidente Crocetta.

L'Ars si mette a dieta

Ma un po' di poltrone scompariranno anche a Palazzo dei Normanni. In questo caso è intervenuta una "legge-voto": una riforma regionale, insomma, che è passata anche dall'approvazione delle Camere. La legge ha ridotto, a partire dalle prossime elezioni, il numero dei deputati regionali da 90 a 70. Venti in meno, quindi, con terremoti in arrivo un po' in tutti i collegi elettorali. Dove i parlamentari in carica dovranno faticare e molto per conquistare una conferma e per respingere le ambizioni di qualche new entry.

Calano gli stipendi a Sala d'Ercole

Ma per la casta della politica siciliana, diverse brutte notizie arriveranno con l'approvazione della "riforma Boschi" di revisione della Costituzione italiana, qualora questa venisse confermata dal referendum. Le norme che prevedono, infatti, la modifica del Titolo quinto, riguardano ovviamente anche la Sicilia. E in particolare il "portafogli" dei futuri parlamentari di Sala d'Ercole. L'articolo 35 della riforma costituzionale, ad esempio, introduce i "limiti agli emolumenti dei componenti degli organi regionali". La norma, in pratica, che interviene sull'articolo 122 della Costituzione, fissa gli stipendi di presidente della Regione e deputati regionali "nel limite dell'importo di quelli attribuiti ai sindaci dei Comuni capoluogo di Regione". L'unità di misura, insomma, sarà lo stipendio del sindaco di Palermo Leoluca Orlando. Una indennità che equivale a circa 10.100 euro lordi al mese. Una somma che, al netto, rischia di essere di gran lunga inferiore a quella attualmente spettante ai deputati di Sala d'Ercole ai quali va una indennità di 11.100 euro lorda solo in parte. Insomma, nel passaggio dall'attuale alla nuova indennità, i prossimi parlamentari "rischiano" di perdere qualcosa come duemila euro netti al mese.

Via i rimborsi ai gruppi parlamentari

La riforma Boschi, poi, prevede anche la cancellazione di una delle voci che oggi rappresenta una delle indennità relative al mandato dei deputati siciliani: si tratta dei trasferimenti ai gruppi parlamentari, utilizzati appunto per il funzionamento delle strutture dei partiti all'interno del Parlamento e per il pagamento di spese e consulenze. Tra le disposizioni finali della "Boschi" infatti, è stabilito che "non possono essere corrisposti rimborsi o analoghi trasferimenti monetari recanti oneri a carico della finanza pubblica in favore dei gruppi politici presenti nei Consigli regionali".

Addio ai senatori, Sicilia penalizzata

Ma la cura dimagrante della casta non verrà avvertita solo sulle poltrone siciliane. Come è noto, infatti, la riforma Boschi prevede l'abolizione del bicameralismo perfetto, con una nuova composizione del Senato. Che intanto scenderà a soli 100 componenti dagli attuali 315.

Si tratterà di 74 consiglieri regionali, 21 sindaci e 5 senatori nominati dal capo dello Stato per 7 anni. Senatori che, quindi, non verranno eletti, ma indicati dagli stessi enti locali oltre che dal Capo dello Stato. Quanti saranno i senatori espressi allora dalla Sicilia? Il numero dei componenti del Senato assegnato a ciascuna regione è correlato al peso demografico di ciascuna, ma con il limite minimo di due senatori per Regione. E il punto sta proprio lì. Da un lato questo limite minimo, dall'altro la facoltà del Presidente della Repubblica di nominare cinque senatori a vita che rappresenterebbero, quindi, in percentuale, circa 4 milioni di italiani, si tradurrebbe in una "discriminazione" della Sicilia rispetto ad altre Regioni a Statuto speciale.

Alla Sicilia, infatti, con la revisione costituzionale, spetterebbero sette senatori: uno ogni 714 mila abitanti circa. Un rapporto assai diverso da quello delle Regioni speciali del Nord Italia, dove ad esempio, saranno due i senatori della Valle d'Aosta (uno ogni 63 mila abitanti), 4 quelli del Trentino (uno ogni 250 mila abitanti), mentre più simile il rapporto tra l'Isola e il Friuli Venezia Giulia (due senatori, uno ogni 600 mila abitanti).



IL CAOS DEI FONDI Mezza Sicilia nel caos
in attesa dei 500 milioni da Roma


Com'era prevedibile, i mattoni stanno crollando uno dopo l'altro. Le Province, i Comuni, gli enti regionali, il precariato siciliano, sono in frantumi. Senza più risorse e ossigeno. Tutto a causa di un accordo che non c'è. Dato per fatto, e per certo, già mesi fa. Ma ancora non ratificato ufficialmente. L'accordo tra il governo Crocetta e l'esecutivo di Renzi prevede lo sblocco del mezzo miliardo che attualmente tiene "in scacco" mezza Isola.

Ma l'accordo non c'è. Ci sarà. Lo assicurano, almeno, l'assessore Baccei che poco meno di un mese fa esprimeva un "cauto ottimismo": "Gli aspetti tecnici sono stati chiariti", aveva detto. Assai più ottimisti sono invece i renziani del Pd all'Ars: "Lo Stato - dichiara oggi il parlamentare Gianfranco Vullo - sbloccherà i 500 milioni di euro che la Regione Siciliana attende con un decreto legge che il Consiglio dei Ministri varerà già nei prossimi giorni. L'impegno preso dal presidente Matteo Renzi è serio e per questa ragione non ci sono dubbi sull'esito positivo. In questo modo - aggiunge - la Sicilia potrà gestire l'esercizio finanziario in corso senza dover operare tagli ai comuni ed ai servizi".

Tra pochi giorni. È questo l'ultimo, assai vago riferimento. Che farebbe pensare a una "fumata bianca" provvidenzialmente a ridosso dwlle elezioni amministrative siciliane. Ma c'è poco, adesso, da storcere il naso. Perché al di là delle dichiarazioni dei deputati - gli stessi che mesi addietro avevano dato per "fatto" quell'accordo che ancora non c'è - gli effetti sulla Regione si sono già sentiti, eccome. I Comuni, ad esempio, come abbiamo raccontato ieri sera, non hanno potuto chiudere i bilanci al 30 aprile. E proprio nelle ultime ore si sono visti recapitare una lettera della Regione con la quale viene comunicato che "dei 340 milioni previsti ne potranno essere erogati solo 105". Un disastro, perché oggi gli enti locali non possono compiere alcuna spesa. Compresa, ad esempio, quella destinata al pagamento delle ditte per lo smaltimento dei rifiuti: col rischio che un caos immondizia possa coinvolgere diversi centri siciliani.

Tutto perché quei 500 milioni non ci sono ancora. Accantonati - così vengono definiti tecnicamente - in attesa del "via libera" da Roma. Ma come detto, di danni già se ne sono visti parecchi. Oggi ad esempio i precari degli enti locali sono scesi in piazza. Anche le somme destinate ai loro stipendi sono state bloccate per circa la metà della cifra complessiva. Un caso che ha messo in ginocchio diversi Comuni, costretti a chiudere, oggi, uffici importanti come quelli per i Tributi, l'Anagrafe, lo Stato Civile, il Protocollo. Giù le serrande, quindi. Con enormi disagi per i cittadini.

Nel frattempo, caos simile nelle ex Province. Anche in questo caso, l'assessore alla Funzione pubblica Luisa Lantieri ha ammesso: "Nei prossimi giorni trasferiremo metà dei 18 milioni previsti. Al momento, di più non possiamo fare". Proprio perché metà di quella somma è vincolata all'accordo romano. E così, anche in questo caso, ecco disagi per i servizi per i portatori di handicap, per le scuole e per le strade. Guai che, a dire il vero, affondano anche in altre cause: come i ritardi nell'approvazione della riforma sulle Province, andata avanti tra strafalcioni, liti politiche, impugnative e frettolose riscritture.

Sempre il congelamento del mezzo miliardo, poi, aveva portato all'annuncio della chiusura delle riserve naturali siciliane. Una ipotesi scongiurata in che modo? Bloccando ulteriormente i contributi destinati alle borse di studio degli studenti. Anche quelli congelati per metà dello stanziamento complessivo. La coperta, infatti, è sempre quella. Ed è cortissima. All'Irsap, ad esempio, gli stipendi sono tornati a singhiozzare. E il governo regionale ci ha pure messo del suo, togliendo all'ente, già in grave sofferenza e obiettivo costante di decreti ingiuntivi, anche 500 mila euro per destinarli alla "propaganda dei prodotti siciliani".

Ma le conseguenze del "gelo romano" rischiano di crescere in maniera esponenziale nei prossimi giorni. Quando nelle casse degli enti e nei fondi destinati a varie categorie di personale, i soldi si esauriranno. Anche perché tra le cifre congelate c'è davvero di tutto. Oltre a Comuni, precari, province ecco bloccati 73 milioni dei 142 milioni previsti per i Forestali, 22 milioni dei 44 previsti per la società partecipata Servizi ausiliari Sicilia (tremila dipendenti), metà dei 12 milioni previsti per l'Ente acquedotti siciliano, metà dei dieci milioni per le "garanzie occupazionali" nei Consorzi di bonifica. Per questi ultimi enti previsto anche il ben più corposo "taglio" di 17 su 33 milioni destinato agli stipendi. Stesso discorso per gli ex Pip di Emergenza Palermo che, in caso di mancato accordo, vedrebbero andare in fumo quasi 15 dei 29 milioni destinati a loro. E poi c'è il famoso "allegato 1" della Finanziaria: un elenco lunghissimo di enti e soggetti vari. Tra questi, oltre all'Irsap, l'Istituto Vite e vino, l'Esa, gli enti parco, i teatri siciliani, la Fondazione orchestra sinfonica, le università per le borse di studio degli aspiranti medici, ecco anche i fondi per le comunità alloggio per minori e quelle per disabili. Tutti "appesi". Tutti in bilico. In attesa del "sì" di Roma.

AGRIGENTONOTIZIE

Libero consorzio Agrigento, Panepinto:«I commissari chiariscano su rinnovo contratti»
"Il vice presidente del gruppo parlamentare Pd all'Ars, Giovanni Panepinto, interviene in merito alla paventata ipotesi di mancato rinnovo dei contratti nei Liberi consorzi".
«Ho chiesto che venissero convocati in commissioni i commissari dei Liberi consorzi di Enna ed Agrigento. Domani alle 11 in prima Commissione all'Ars sarà avviato il necessario confronto sulla paventata ipotesi di mancato rinnovo dei contratti». Lo dice il vice presidente del gruppo parlamentare Pd all'Ars, Giovanni Panepinto."

LIVESICILIA

Il caos dei fondi
Mezza Sicilia nel caos in attesa dei 500 milioni da Roma
di Accursio Sabella
L'accordo tra il governo Crocetta e lo Stato non arriva ancora. E le conseguenze del ritardo riguardano già Comuni, province, enti e precari.
PALERMO - Com'era prevedibile, i mattoni stanno crollando uno dopo l'altro. Le Province, i Comuni, gli enti regionali, il precariato siciliano, sono in frantumi. Senza più risorse e ossigeno. Tutto a causa di un accordo che non c'è. Dato per fatto, e per certo, già mesi fa. Ma ancora non ratificato ufficialmente. L'accordo tra il governo Crocetta e l'esecutivo di Renzi prevede lo sblocco del mezzo miliardo che attualmente tiene "in scacco" mezza Isola.
Ma l'accordo non c'è. Ci sarà. Lo assicurano, almeno, l'assessore Baccei che poco meno di un mese fa esprimeva un "cauto ottimismo": "Gli aspetti tecnici sono stati chiariti", aveva detto. Assai più ottimisti sono invece i renziani del Pd all'Ars: "Lo Stato - dichiara oggi il parlamentare Gianfranco Vullo - sbloccherà i 500 milioni di euro che la Regione Siciliana attende con un decreto legge che il Consiglio dei Ministri varerà già nei prossimi giorni. L'impegno preso dal presidente Matteo Renzi è serio e per questa ragione non ci sono dubbi sull'esito positivo. In questo modo - aggiunge - la Sicilia potrà gestire l'esercizio finanziario in corso senza dover operare tagli ai comuni ed ai servizi".
Tra pochi giorni. È questo l'ultimo, assai vago riferimento. Che farebbe pensare a una "fumata bianca" provvidenzialmente a ridosso delle elezioni amministrative siciliane. Ma c'è poco, adesso, da storcere il naso. Perché al di là delle dichiarazioni dei deputati - gli stessi che mesi addietro avevano dato per "fatto" quell'accordo che ancora non c'è - gli effetti sulla Regione si sono già sentiti, eccome. I Comuni, ad esempio, come abbiamo raccontato ieri sera, non hanno potuto chiudere i bilanci al 30 aprile. E proprio nelle ultime ore si sono visti recapitare una lettera della Regione con la quale viene comunicato che "dei 340 milioni previsti ne potranno essere erogati solo 105". Un disastro, perché oggi gli enti locali non possono compiere alcuna spesa. Compresa, ad esempio, quella destinata al pagamento delle ditte per lo smaltimento dei rifiuti: col rischio che un caos immondizia possa coinvolgere diversi centri siciliani.
Tutto perché quei 500 milioni non ci sono ancora. Accantonati - così vengono definiti tecnicamente - in attesa del "via libera" da Roma. Ma come detto, di danni già se ne sono visti parecchi. Oggi ad esempio i precari degli enti locali sono scesi in piazza. Anche le somme destinate ai loro stipendi sono state bloccate per circa la metà della cifra complessiva. Un caso che ha messo in ginocchio diversi Comuni, costretti a chiudere, oggi, uffici importanti come quelli per i Tributi, l'Anagrafe, lo Stato Civile, il Protocollo. Giù le serrande, quindi. Con enormi disagi per i cittadini.
Nel frattempo, caos simile nelle ex Province. Anche in questo caso, l'assessore alla Funzione pubblica Luisa Lantieri ha ammesso: "Nei prossimi giorni trasferiremo metà dei 18 milioni previsti. Al momento, di più non possiamo fare". Proprio perché metà di quella somma è vincolata all'accordo romano. E così, anche in questo caso, ecco disagi per i servizi per i portatori di handicap, per le scuole e per le strade. Guai che, a dire il vero, affondano anche in altre cause: come i ritardi nell'approvazione della riforma sulle Province, andata avanti tra strafalcioni, liti politiche, impugnative e frettolose riscritture.
Sempre il congelamento del mezzo miliardo, poi, aveva portato all'annuncio della chiusura delle riserve naturali siciliane. Una ipotesi scongiurata in che modo? Bloccando ulteriormente i contributi destinati alle borse di studio degli studenti. Anche quelli congelati per metà dello stanziamento complessivo. La coperta, infatti, è sempre quella. Ed è cortissima. All'Irsap, ad esempio, gli stipendi sono tornati a singhiozzare. E il governo regionale ci ha pure messo del suo, togliendo all'ente, già in grave sofferenza e obiettivo costante di decreti ingiuntivi, anche 500 mila euro per destinarli alla "propaganda dei prodotti siciliani".
Ma le conseguenze del "gelo romano" rischiano di crescere in maniera esponenziale nei prossimi giorni. Quando nelle casse degli enti e nei fondi destinati a varie categorie di personale, i soldi si esauriranno. Anche perché tra le cifre congelate c'è davvero di tutto. Oltre a Comuni, precari, province ecco bloccati 73 milioni dei 142 milioni previsti per i Forestali, 22 milioni dei 44 previsti per la società partecipata Servizi ausiliari Sicilia (tremila dipendenti), metà dei 12 milioni previsti per l'Ente acquedotti siciliano, metà dei dieci milioni per le "garanzie occupazionali" nei Consorzi di bonifica. Per questi ultimi enti previsto anche il ben più corposo "taglio" di 17 su 33 milioni destinato agli stipendi. Stesso discorso per gli ex Pip di Emergenza Palermo che, in caso di mancato accordo, vedrebbero andare in fumo quasi 15 dei 29 milioni destinati a loro. E poi c'è il famoso "allegato 1" della Finanziaria: un elenco lunghissimo di enti e soggetti vari. Tra questi, oltre all'Irsap, l'Istituto Vite e vino, l'Esa, gli enti parco, i teatri siciliani, la Fondazione orchestra sinfonica, le università per le borse di studio degli aspiranti medici, ecco anche i fondi per le comunità alloggio per minori e quelle per disabili. Tutti "appesi". Tutti in bilico. In attesa del "sì" di Roma.

LA SICILIA

LA SITUAZIONE FINANZIARIA DEL CONSORZIO è parzialmente nota soltanto fino al 2013. Del dopo non c'è traccia
Cupa, in dieci anni il tracollo totale.
L'unica spiegazione di quanto accaduto viene dai "freddi numeri" dei bilanci.
La storia del consorzio universitario di Agrigento non è soltanto una storia della creazione di un'istituzione che In dieci anni ha visto il tracollo quasi totale del numero di iscritti e di corsi di laurea, ma è anche una storia di politica e di soldi.
Tanti soldi.
Impossibile, oggi, avere un'immagine completa. Purtroppo, mancano tanti puntini" da unire per tirar fuori una linea che tracci forme e sostanze di questa vicenda. Ci sono però i numeri dei bilanci, che, con la freddezza della loro ufficialità, ci raccontano parecchie cose.
Partiamo da un fatto l'ultimo documento consultabile, è il consuntivo 2013. Eppure il Consiglio di amministrazione ha al momento approvato fino al bilancio consuntivo 2°1 4. Lo si evince leggendo i verbali del Cda, come quello del 20 marzo 2015. quando erogano votò favorevolmente ad un rendiconto che presentava un disavanzo di 187.642 euro e indicava come il patto di stabilità non fosse stato rispettato. Non solo, ma già allora si sosteneva formalmente la necessità di poter contare su non meno di un milione e mezzo di euro per mettere a posto i conti e ripianare il passato, P quanto già all'epoca vi fossero crediti per oltre un milione e trecento mila euro vantati verso soci "disattenti, dei quali un milione soci fon datori. Degli esiti dette azioni di recupero coattivo, tuttavia, non si è saputo molto, Dicevamo, il bilancio 2014 ad oggi non è stato mai reso pubblico. Così per farsi un'idea dei costi è il caso di guardare i numeri del 2013. quando di personale si spendevano 441.952,18 euro (ma il dato potrebbe essere gravato dai 270mila euro dell'allora personale comandato proveniente dall'ex Provincia). 404.084 euro per spese e servizi, 95.723 euro per spese per docenze dottorati e gestione diretta attività didattica, 178.235 euro per "spese per consulenze e collaborazioni esterne e 1.352.915 di trasferimenti al Consorzio universitario di Agrigento. Alla fine quell'anno si è chiuso non con il segno meno solo grazie all'erosione dell'avanzo di amministrazione degli anni precedenti. In quell'anno si spesero anche le ulti me somme per il pagamento delle indennità degli amministratori, ovvero presiden2a e componenti del consiglio di amministrazione, una voce che tra il 2002ei1 2013 è costata al oltre un milione di euro, cui aggiungere robusti rimborsi spese.
Al netto di questo, comunque, i dirigenti finanziari, vista la situazione complessiva, misero nero su bianco la necessità di avviare una "immediata ricerca di nuove risorse finanziarie per equilibrare i bilanci del Polo". Questo perché, si disse tre anni fa, per quanto riguardala prevedibile evoluzione della gestione, occorrerà soffermarsi sulla necessità di equilibrare la gestione di competenza dei bilanci del Consorzio, in quanto le risorse di parte corrente non coprono il livello delle corrispondenti spese, e ciò potrebbe richiedere un ulteriore intervento aggiuntivo di natura finanziaria da parte degli Enti consorziati, al fine di non comprometterne gestionale; considerazioni, già espresse, nella relazione tecnica al bilancio di previsione dell'esercizio finanziario 2013'. Cosa si è mosso, per scongiurare la catastrofe, è tutto da capire.
Ma se questi dati, per grandi linee, erano comunque già noti agli ad detti ai lavori, per molti sicuramente sembrerà una novità sapere che per l'università di Palermo esiste una partita aperta da oltre otto milioni di euro con Agrigento.
Ma che in questo caso tutto è scritto in un bilancio, il consuntivo 2014 di Unipa, il quale appunto certifica. nel capitolo dedicato alla situazione Consorzi universitari" l'esistenza di un debito agrigentino (più volte verbalmente negato e contestato dalla precedente gestione) di oltre otto milioni e trecentomila euro alla data del 31dicembre 2013. Si tratta di fondi necessari per il rimborso degli stipendi già erogati dall'università ai docenti incardinati presso i Poli didattici dal 2010 al 2013. Il n'esposizione tanto grande che gli stessi revisori dei conti di Palermo reputano difficile il recupero delle somme e chiedono di costituire un fondo rischi per evitare danni maggiori in caso di mancato pagamento. Eppure nel bilancio si ritenne di riportare queste somme perché; tra le altre cose, esiste il persistente e condiviso interesse pubblico ad assicurare, ancorché transitoriamente, la continuità dell'offerta formativa". Va detto che il precedente rettore, Roberto Lagalla. tra i suoi ultimi atti si premurò a diffidare il Consorzio universitario per queste somme, ma, realmente, nessuno ne ha saputo nulla, in primis l'Amministrazione comunale di Agrigento, che a desso potrebbe trovarsi con una grossa "gatta da pelare", per quanto la linea sostenuta dalla macchina amministrativa del Cupa ha sempre ritenuto di non dover corrisponde re nulla a Palermo, anche se questo, per molti, non spiega il perché queste somme non siano state riportate nei bilanci.
G. SCHICCHI

UNIVERSITÀ
Ciulla (Fdl) sul Cupa.
"Programmare e ripartire per consentire un rilancio del Polo Universitario di Agrigento'. Interviene così!! portavoce provinciale di Fratelli d'italia- Alleanza Nazionale, Giuseppe Ciulla, sulla vicenda relativa alla chiusura di alcuni corsi di laurea al Cupa. "La politica ha certamente fallito, ma ora è il momento di rimboccarsi tutti le maniche per trovare strategie comuni che possano garantire un futuro ai tanti giovani di questa terra". Non è concepibile—afferma Ciulla — che la struttura universitaria agrigentina sia stata solo ed esclusivamente presa come oggetto di campagna elettorale. Fratelli d'Italia di Agrigento propone che i Soci aprano a nuovi Enti, come ad esempio al Parco Archeologico di Agrigento. L'esperienza del Palacongressi potrebbe ripetersi peri! Polo Universitario coinvolgendo altresì tutti i comuni della Provincia. L'errore fatto fino ad oggi è quello di pensare che una eventuale quota di partecipazione per il Cupa sia un costo; ma non si è mai considerato il valore di un ritorno in termini di crescita culturale e di sviluppo che
coinvolge l'intera provincia agrigentina". Il teatrino della politica deve terminare. Lanciamo un appello soprattutto al commissario straordinario del Libero Consorzio Comunale affinché possa in tempi brevi rivedere l'atto di recesso di quello che oggi è il principale finanziatore del Polo". Un appello — conclude Ciulla — che rivolgiamo anche al presidente della Regione Sicilia, Rosario Crocetta, affinchè vi sia una maggiore attenzione verso un territorio dalle mille difficoltà. Agrigento è la provincia dove tutto, o quasi, manca. Non si può permettere che una realtà di sviluppo e di speranza possa tragicamente morire per colpa
di una becera amministrazione".

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