giornale di sicilia
I soldi della regione
Un decreto del presidente riscrive le regole per assegnare i contributi. entro trenta giorni le nuove domande
Fondi ai disabili, Crocetta allarga la platea
Giacinto Pipitone - Palermo
Fondi ai disabili, Crocetta cambia tutto. Il presidente ha firmato un nuovo decreto che riscrive le regole per assegnare i contributi. La novità è che riapre la partita per ottenere gli aiuti: anche chi non è iscritto negli elenchi di Asp e Comuni potrà ottenere i 1.500 euro mensili (minimo). Basterà fare domanda entro 30 giorni. Così per la prima volta Palazzo d'Orleans riceve il plauso delle associazioni del settore. Il decreto approvato in giunta giovedì sera è la quasi totale riscrittura di quello che era stato varato a fine marzo per spendere gli allora disponibili 36 milioni. Oggi il budget è di 38 milioni ma comprende anche altre voci di spesa. Per la parte che riguarda il finanziamento che garantisce a ogni disabile di poter pagare l'assistenza H 24 le regole di un mese vengono rivoluzionate.In primis cambiano (meglio, aumentano) i beneficiari. Gli ultimi dati in possesso delle Asp e dei Comuni indicavano in circa 2.500 i disabili gravissimi in Sicilia. Una cifra sempre contestata dal comitato Siamo andicappati Non Cretini, nato dall'iniziativa dei fratelli Alessio e Gianluca Pellegrino e di Giovanni Cupidi. Secondo cui molti portatori di handicap erano ancora sconosciuti al servizio pubblico e quindi rischiavano l'abbandono.Crocetta ha accolto l'obiezione. E il nuovo decreto indica il termine di 30 giorni per fare la domanda e ottenere i fondi per l'assistenza. Il termine scatterà dalla pubblicazione deldecreto: che avverrà dopo il via libera della commissione Sanità dell'Ars. Le istanze - si legge nel decreto - dovranno essere inoltrate congiuntamente presso i Comuni e le Asp di ppartenenza. E l'intero procedimentodi valutazione di ogni domanda dovrà definirsi entro 90 giorni dalla presentazione dell'istanza». Quindi anche chi non ha mai avuto un contatto col servizio sanitario pubblico può farsi avanti. In generale Crocetta prevede che i requisitiper ottenere l'aiuto siano quelli fissati dallo Stato col decreto del 26 settembre 2016 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 30 novembre). Il finanziamento concesso in prima battuta è per tutti di 1.500 euro netti al mese. Finora nessuno ha avuto soldi. Ma chi è già iscritto negli elenchi di Asp e Comuni li riceverà subito e avrà anche gli arretrati a partire da marzo. Tutti gli altri dovranno attendere «la definizione del procedimento ». Il decreto indica esplicitamente che chi deve fare domanda riceverà i soldi non prima dell'1 ottobre 2017: in piena campagna elettorale, ha maliziosamente notato qualcuno fra i disabili. Cambiano anche altre regole fondamentali. In primo luogo quella sulla rendicontazione, che non viene prevista. È previsto solo il cosiddetto Patto di cura che disabile e Asp devono siglare per dichiarare che i finanziamenti saranno utilizzati per una delle forme ipotizzate dalla Regione: integrazione del pagamento degli attuali assistenti, ricerca di nuovi assistenti o tecnologie per migliorare la qualità della vita. Il decreto prevede anche che le Asp e i servizi sociali dei Comuni effettueranno visite domiciliari a sorpresa per le verifiche sull'attuazione di quanto concordato nel Patto di cura. In seguito verrà redatto anche il Piano di assistenza individuale con cui le Asp e i servizi sociali indicano nel dettaglio tutto quanto è necessario alla vita quotidiana del disabile: ed è questo che dovrebbe mandare a regime l'erogazione dei contributi e delle varie forme di assistenza previste dal servizio pubblico. Non a caso il decreto demanda a questa fase «la definizione complessiva del contributo individuale». Infine, entro il 31 dicembre di ogni anno il disabile o la sua famiglia devono fornire alle Asp la certificazione di esistenza in vita per «consentire la prosecuzione dell'erogazione dei contributi». Fin qui le nuove regole. Che per la prima volta provocano la soddisfazione degli interessati. Si allenta la tensione fra governo e comitati dei familiari: «Il presidente - commenta Giuseppe Catalano, uno dei leader delle recenti proteste - ha accolto le nostre richieste. Ora il sistema va nella giusta direzione».
I nodi della sicilia
Su concessioni e tariffe una sentenza della corte costituzionale smonta la legge del parlamento siciliano
Bocciata la riforma dell'acqua, tornano i privati
L'Isola deve adeguarsi alle norme nazionali, senza favorire le imprese pubbliche. Panepinto: aumento dei costi dietro l'angolo
Riccardo Vescovo - Palermo
Stop alla selva di gestori del servizio idrico in Sicilia, i Comuni dovranno scegliere provincia per provincia, per ciascuno dei nove ambiti territoriali, il soggetto a cui affidare le reti. E addio ai sogni di gestione diretta, di tariffe calmierate dalla Regione, di riappropriazione delle reti. La Sicilia, detto in parole povere, deve adeguarsi alle norme nazionali in materia di gestione dell'ac - qua e non può legiferare contro i privati e in favore di società pubbliche, perché lederebbe i principi di libera concorrenza. È questo che stabilisce in sintesi una sentenza della Corte costituzionale che di fatto smonta il tentativo del Parlamento siciliano di rendere pubblico il servizio idrico nell'Isola per evitare possibili speculazioni di privati. La legge, approvata due anni fa, è rimasta in vigore fino a oggi, quando la Consulta ha accolto il ricorso dello Stato contro tutta una serie di paletti e principi che erano stati introdotti all'Ars. Non che gli effetti pratici siano così immediati, del resto la legge non era mai concretamente entrata in vigore dal momento che non aveva mai fissato delle regole sulla governance degli ambiti territoriali, cioè su come dovevano operare i Comuni riuniti provincia per provincia. Ma secondo Gaetano Armao, avvocato cassazionista e docente di diritto amministrativo, «la legge varata dall'Ars due anni fa avendo ridotto la durata delle concessioni ha bloccato gli investimenti dei gestori privati in Sicilia danneggiando gravemente il servizio. L'Autonomia impone scelte responsabili. Senza il commissario dello Stato occorre istituire subito un organismo indipendente che valuti le norme e impedisca questo scempio». Quando la legge fu portata in Aula, l'assessore ai Servizi di pubblica utilità, Vania Contrafatto, avvertì sul rischio che la legge potesse essere impugnata. A cominciare da quello che riduceva da 30 anni a 9 anni la durata delle concessioni ai privati a vantaggio delle gestioni pubbliche, norma che per la Consulta viola la libera concorrenza. Viene anche cassata la parte che affidava alla giunta la possibilità di incidere sulle tariffe, che invece sono già stabilite a livello nazionale da un'Autorità. «Non ci potranno essere aumenti alle tariffe - spiega la Contrafatto - perché sono stabilite da un'Autorità nazionale. Al contrario se le avessimo liberalizzate avremmo rischiato degli aumenti nel caso di interventi di manutenzione». Bocciata poi la parte in cui si affidavano le reti agli enti locali, considerata una sorta di «esproprio» illegittimo, mentre a livello politico la parte più dirompente interessa decine di Comuni siciliani che avevano scelto di non aderire alle gestioni private e di procedere in maniera autonomia e che adesso dovranno consegnare le reti ai privati. Tra i leader del movimento per l'acqua pubblica c'è il deputato Giovanni Panepinto: «Bisognava scandalizzarsi nel 2004 - attacca - quando la Regione fece chiudere l'Eas e regalò un patrimonio immenso a una società francese con una lunga coda di imprese locali. È chiaro che questa sentenza beffeggia i 27 milioni di italiani che sono andati a votare nel referendum del 2011 e pone la questione sulla mancata costituzione del governo regionale in sededi giudizio. Avere cancellato la possibilità di regolare le tariffe è il preludio di un aumento indiscriminato dei costi, nel 2018 si stima che l'in - cremento sarà non meno del 20 per cento. In Sicilia avremo l'acqua più cara del mondo, a livello sociale sarà come la benzina». Ma Claudio Barone, segretario regionale della Uil, avverte l'Ars: «Era una norma sbagliata. Bene ha fatto la Corte Costituzionale a bocciarla. Le emergenze si affrontano senza proclami e demagogia». (*RIV*)
Beni culturali. Da quando la mostra si è conclusa anche le sale destinate ai reperti archeologici sono tornate nell'oblio. Il sindaco Nicolini: non posso fare nè miracoli, nè assunzioni
Museo di Lampedusa, niente custodi: resta chiuso
La struttura inaugurata dal presidente Mattarella ha ospitato fino allo scorso ottobre l'esposizione dell'«Amorino»
Alfonso Bugea -Agrigento
È stato desiderato per anni. Ma per anni era rimasto chiuso. Poi il sindaco di Lampedusa Giusi Nicolini trovò il modo aprirlo cedendo alcune stanze all'«Amorino» del Caravaggio. La struttura venne, così, finalmente aperta e, con la mostra dedicata al Maestro, anche i reperti archeologici trovati sul suolo e negli abissi del mare di Lampedusa erano tornati alla vita. Il Museo archeologico di piazza Castello, così, poteva finalmente aprire i battenti. Una trovata talmente geniale che non era sfuggita neanche al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, precipitatosi nel giugno del 2016, nella più grande delle isole Pelagie, con corazzieri e ministri al fianco, per garantire solennità all'evento. Tanto che la Rai in diretta trasmise l'inaugurazione e l'intervento (per la prima volta abraccio) del presidente Mattarella. Due erano le mostre: la prima, appunto, riguardava l'Amorino di Caravaggio, in transito nell'ultimo lembo d'Italia per poi far rientro agli Uffizi di Firenze. L'altra era l'esposizione de reperti archeologici delle Pelagie, attraverso un percorso realizzato da Antonella Polito della Soprintendenza di Agrigento. Il museo è rimasto aperto da giugno ad ottobre, l'opera era visibile tutti i giorni. Ingresso per residenti tre euro, dieci per i forestieri, cinque il biglietto ridotto. Nei primi venti giorni - dicono le uniche stime disponibili - hanno varcato la soglia del Museo oltre duemila persone. Poi sui dati dell'affluenza è calato il silenzio. Ad ottobre l'Amorino èstato impacchettato e spedito. E con l'opera di Caravaggio sono andati via anche i custodi che fino a quel momento avevano tenuto aperto il Castello. L'archeologia delle Pelagie è, così, ritornata nell'oblio, nel silenzio. E chissà per quanto altro tempo ancora. Magari aspettando un'altro Caravaggio. Il problema ruota attorno alla mancanza di personale per la custodia. Spetterebbe al Comune di Lampedusa provvedere, in base ad una convenzione firmata con la Soprintendenza di Agrigento. Spetterebbe. In realtà Giusi Nicolini allarg a le braccia. «Io non posso fare miracoli, nè concorsi per assunzioni. Lampedusa è un ente con difficoltà econoniche. Uno dei tanti». Dunque? «Ho fatto il possibile. Ho fatto un primo passo, ed emesso un avviso di manifestazione d'interesse nella speranza che qualcuno si faccia avanti. Ma non uno qualsiasi, uno che dimostri di poter gestire la struttura garantendo continuità e una gestione attiva». A Lampedusa, però, è già in piena campagna elettorale. Si vota a giugno. E ben che vada del Museo se ne tornerà a parlare in autunno inoltrato. Quasi un anno dopo la chiusura. «Io mi sono appena insediata» dice Giacinta Lomagro, dirigente del Polo museale di Agrigento, una struttura sorta dopo l'inaugurazione della mostra. «Ma farò tutto quanto è possibile. Intanto - assicura - invierò una lettera per chiedere informazioni. Capisco che è una situazione legata alla difficoltà economica di reperire personale. Neanche il mio ufficio, del resto, viene risparmiato dalla crisi che investe gli enti pubblici. Ma farò in odo che il museo possa riaptrire al più presto, tornando alla fruibilità pubblica». Il museo è ospitato in un immobile, il cosidetto Castello, che sovrasta il porto, un "ponte"tra il mare e la zona abitata. Propone un itinerario il cui filo conduttore porta la firma di un talento dell'archeologia, Antonella Polito, studiosa della Soprintendenza di Agrigento, autrice di lavori e testi anche sulla storia dell'antica Akragas. Le testimonianze sono di ogni tipo, vasellami, anfore, scodelle e perfino le lucerne funerarie, ritrovate nella necropoli, provengono dalle botteghe di ceramisti del centro e nord della Tunisia. Ben documentata la presenza di un'anfora destinata al trasporto di salse di pesce, tipica del centro produttivo di Leptiminus, odierna Lamta, sulla costa africana, le cui salse erano famose al punto da meritare una citazione nella Naturalis Historia di Plinio il Vecchio. Appartiene al quel periodo anche il pezzo forte della mostra una statua femminile in marmo che era stata ritrovata a Lampedusa durante i lavori di costruzione delle fondamenta di una abitazione. Fu Paolo Orsi nel 1905 il primo a darne notizia. Ma queste tracce di Umanità per ora restano chiuse, senza via d'uscita.
Sindacato. Il segretario provinciale Gero Acquisto interviene dopo l'approvazione della recente Finanziaria che destina ai Consorzi pochi fondi per garantire l'attività
Università, la Uil: «La Regione ha decretato la sua chiusura»
Si è riunito il Consiglio d'amministrazione del Consorzio universitario della Provincia di Agrigento per la programmazione delle attività didattiche. Il presidente Gaetano Armao ha illustrato la situazione attuale del Cupa: «Fondato nel 1994, in un costante trend di crescita - ha detto Armao - ha realizzato in questi anni importanti obiettivi: l'aumento numero dei soci, che da tre iniziali (Provincia, Comune e Camera di Commercio) sono diventati 13; circa 1.809 gli studenti iscritti». Tre le facoltàdi laurea presenti: Architettura; Giurisprudenza; Lettere, ma ci sono anche i corsi di Laurea triennali: Beni culturali e archeologici, Servizio Sociale. Sono stati istituiti Master e Corsi di perfezionamento. E la didattica si svolge in due diversi plessi: nella sede di via Quartararo ed a Villa Genuardi. Un'ulteriore prestigiosa sede, nella centralissima città di Agrigento presso il Palazzo Tomasi di Lampedusa. Il Polo Universitario di Agrigento ha il fine di perseguire una seria politica finalizzata al gradule sviluppo della ricerca e dell'innovazione tecnologica, all'attenta ottimizzazione dell'offerta formativa, al progressivo miglioramento dei servizi, all'avviamento di importanti processi di internazionalizzazione e di collegamento con il mondo del lavoro e dell'impresa. Fin qui la fotografia del momento attuale che ha visto l'esclusiva partnership con l'università di Palermo. Mentre per il futuro si sta lavorando a nuove intese con la Luiss di Milano, con la Kore di Enna e con l'università di Messina per l'attivazione di un corso di laurea in veterinaria. I problemi non mancano sicuramente. Ed uno degli ostacoli alla programmazione è la carenza di fondi. Anche le notizie che arrivano dall'Ars non sono confortanti. Su questo argomento ha preso posizione la Uil di Agrigento con il segretario generale Gero Acquisto che ha analizzato l'ultima finanziaria regionale approvata dall'Ars "che - dice Acquisto - boccia ancora una volta l'operato dei parlamentari agrigentini e la loro azione politica. Niente di buono perlo sviluppo e le opportunità per il nostro territorio, anzi a questo punto per il Consorzio Universitario è notte fonda. I 3 milioni e 200 mila euro da dividere tra i consorzi siciliani, rappresentano la morte per il polo accademico agrigentino. Ci aspettavamo una presa di posizione netta della deputazione che non c'è stata. Noi abbiamo detto sempre come Uil che il Cupa è un patrimonio di tutti senza colorazioni politiche, ma avamposto di cultura, sapere e realizzazione per gli studenti e per le famiglie che scommettevano su una università territoriale e trampolino di opportunità e di professionalità. Purtroppo la politica, la gestione e la governance nei tempi di crescita, ha guardato quasi esclusivamente al carrierismo di amici e parenti e a spese che oggi come si è visto erano poco giustificate, con l'aggravante che i rapporti con l'ateneo palermitano hanno avuto negli ultimi anni solo contenziosi e rapporti tesi e di smantellamento del polo decentrato. Oggi la situazione si fa buia, conoscendo la serietà del Presidente Armao - conclude Acquisto - chiederemo un altro incontro per avere direttamente da lui contezza se ci sono ancora margini". (*PAPI*)
Ex Provincia
Nuovi fondi per lavori nelle vie interne
Grazie allo sblocco dei fondi (90 milioni di euro per tutte le province) da parte dell'Assessorato Regionale delle Infrastrutture il Libero Consorzio Comunale di Agrigento potrà finalmente effettuare interventi di una certa consistenza sulle strade provinciali attualmente chiuse o limitazioni al traffico. «Una buona notizia - si legge in una nota - quella arrivata da Palermo, sull'avvio dell'Accordo di Programma Quadro tra Regione Siciliana, Anas, Ministero delle Infrastrutture e Agenzia per la Coesione territoriale, che non coglie impreparati i tecnici , che già da tempo avevano trasmesso l'elenco delle strade che necessitavano di interventi urgenti con i relativi progetti e schede tecniche. Sarà dunque possibile, come da precedenti stime dei funzionari tecnici del Libero Consorzio, chiudere l'iter progettuale e bandire in tempi brevi le relative gare d'appalto per la realizzazione degli interventi infrastrutturali previsti dall'Apq».
Agrigentoweb
Viabilità: la Regione Siciliana sblocca i fondi per i progetti del Libero Consorzio
Grazie allo sblocco dei fondi (90 milioni di euro per tutte le province) da parte dell'Assessorato Regionale delle Infrastrutture il Libero Consorzio Comunale di Agrigento potrà finalmente effettuare interventi di una certa consistenza sulle strade provinciali attualmente chiuse o limitazioni al traffico. Una buona notizia, quella arrivata da Palermo, sull'avvio dell'Accordo di Programma Quadro tra Regione Siciliana, Anas, Ministero delle Infrastrutture e Agenzia per la Coesione territoriale, che non coglie impreparati i tecnici del Settore Infrastrutture Stradali, che già da tempo avevano trasmesso l'elenco delle strade che necessitavano di interventi urgenti con i relativi progetti e schede tecniche.
Sarà dunque possibile, come da precedenti stime dei funzionari tecnici del Libero Consorzio, chiudere l'iter progettuale e bandire in tempi brevi le relative gare d'appalto per la realizzazione degli interventi infrastrutturali previsti dall'Apq.
Nel nutrito elenco di priorità trasmesso a suo tempo dal Settore Infrastrutture Stradali spiccano alcune strade di importanza strategica nei collegamenti interni (spesso si tratta delle uniche vie di collegamento tra paesi o frazioni dell'entroterra agrigentino). Tra queste la SP n.24-A Cammarata-Stazione Cammarata, la SP n. 34 Bivio Tamburello-Bivona, la SP n. 20-A Stazione Acquaviva-Casteltermini, la SP n. 3-B Favara-Bivio Crocca, la SP n. 80 Baiata-Favara, la NC n. 7 Esa-Chimento, la SP n. 2 Montaperto-Giardina Gallotti e la NC n. 3 Cottonaro-Lavanche. Tutti i relativi progetti sono stati elaborati dai tecnici del Settore Infrastrutture Stradali.
Canicattìweb
Completato il primo ciclo di visite istituzionali del commissario del Libero consorzio comunale di Agrigento Giuseppe Marino.
Dopo il suo insediamento, il commissario Marino ha incontrato, il prefetto di Agrigento Nicola Diomede, il sindaco di Agrigento Calogero Firetto, il cardinale Francesco Montenegro, il questore di Agrigento Mario Finocchiaro, il comandante provinciale dell'Arma dei Carabinieri col. Mario Mettifogo, il comandante provinciale della Guardia di Finanaza ten. col. Fabio Sava, il presidente del Tribunale di Agrigento Pietro Maria Antonio Falcone e il Procuratore della Repubblica di Agrigento Luigi Patronaggio.
In questi colloqui, che si sono svolti nelle sedi delle varie istituzioni, il commissario straordinario Marino ha ribadito la necessità di continuare un rapporto di stretta ed efficace collaborazione con le altre Istituzioni in funzione di fornire risposte ai bisogni dei cittadini-utenti e per la risoluzione delle criticità del territorio provinciale.
In particolar modo ha rassicurato il Prefetto di Agrigento sull'impegno del Libero Consorzio per migliorare le condizioni di percorrenza della viabilità provinciale.
Il commissario straordinario Giuseppe Marino, ha messo a disposizione le qualificate risorse professionali del Libero Consorzio di Agrigento, tra cui la Polizia provinciale e la Protezione civile provinciale, nell'ottica di raggiungere una sempre maggiore efficacia ed efficienza dell'azione amministrativa.
Livesicilia.it
Alla
fiera coi soldi pubblici"
Danno erariale alla Provincia
Le partecipazione dei
consiglieri provinciali a fiere, eventi e manifestazioni non sono
"missioni istituzionali".
Ecco perché non dovevano essere
rimborsate. La Corte dei Conti ha condannato l'ex presidente del
Consiglio della Provincia di Catania, Giovanni Leonardi, a borsare
quasi 30 mila euro per il danno erariale provocato. La sentenza è di
primo grado, Dunque, non definitiva. Fu Leonardi, nel 2011 e 2012, ad
autorizzare le spese attingendo al "Fondo organismi consiliari".
Secondo la Procura contabile, legittime erano soltanto le spese per
la partecipazione agli incontri all'Unione delle province italiane e
all'Unione regionale delle province siciliane.
Ecco
nel dettaglio le spese per ciascun consigliere provinciale: Ernesto
Calogero (1.800 euro per la partecipazione a due fiere a Milano e
Verona), Sebastiano Cutili (865 per la trasferta alla Fiera
dell'artigianato di Milano), Filippo Gagliano (973 euro per recarsi
al Vinitaly di Verona), Domenico Galvagno (1.600 euro per la Fiera
dei sapori e quella Agroalimentare di Plovdiv, in Bulgaria), Sergio
Gruttadauria (2.527 per alcune partecipazioni alle sedute romane
della sezione italiana del Consiglio dei Comuni e delle Regioni
d'Europa), Francesco Laudani (2.800 euro per andare al Vinitaly di
Verona e alla Fiera dell'artigianato a Milano), Salvatore Valerio
Marletta (2.500 euro per la partecipazione al Forum città euroarabe
di Malaga e a due fiere a Milano e in Bulgaria), Edoardo Pappalardo
(1.500 euro per due fiere a Milano e Roma), Carmelo Pelegretti (4.500
euro per le trasferte a Malaga, Milano, Verona e Plovdiv), Orazio
Santo Primavera (400 euro per partecipare al seminario Best Practice
di Roma), Antonino Sinatra (1.200 euro per il forum di Malaga),
Carmelo Sgroi (1.200 euro per il Vinitaly di Verona), Maurizio
Gaetano Tagliaferro (2.07 euro, anche lui per andare alle fiere di
Milano e Verona), Antonio Tomarchio (2.800 euro per partecipare alle
celebrazioni torinesi per i 150 anni dell'unità Italia e ad una
mostra dell'artigianato a Firenze e al Forum delle amministrazioni di
Napoli), Salvatore Tomarchio (1.400 euro per le fiere di Milano e
Plovdiv), Giuseppe Zitelli (3.172 euro per partecipare due volte a
Vinitaly e una alla Fiera di Milano).
Come
si legge nella sentenza del collegio presieduto da Luciana Savagnone,
il fondo utilizzato prevede la "copertura di tutte le spese di
funzionamento degli organi consiliari - presidenza, commissioni e
gruppi -... non vi è nessuna rispondenza di funzioni fra le funzioni
dei Gruppi consiliari e le manifestazioni a cui gli stessi
partecipano... sono stati, quindi, utilizzati i fondi destinati a
coprire le spese degli organi consiliari per coprire spese di diversa
natura".
Demolita la
riforma dell'acqua
La Consulta: "Incostituzionale"
Un
buco nell'acqua. È proprio il caso di dirlo.
La Corte costituzionale ha "demolito"
la riforma del sistema idrico approvata dall'Ars meno di
due anni fa. Una sentenza durissima, che ha censurato i passaggi più
importanti della legge, bocciando oltre una dozzina di norme,
giudicate incostituzionali.
In particolare, la
Consulta ha sanzionato una "invasione di campo" della Sicilia su
materie la cui decisione spetta allo Stato. In particolare,
la fissazione delle tariffe dell'acqua e la durata e le modalità
delle concessioni agli affidatari. Ad esempio, bocciato il passaggio
che prevede un limite di nove anni per le concessioni ai privati, a
fronte di una durata illimitata per gli organismi "in house".
Norma che finirebbe per violare il principio costituzionale di tutela
della concorrenza "che non ammette discriminazioni in base alla
natura - pubblica, mista o privata - del soggetto affidatario".
Una norma, insomma, troppo svantaggiosa per gli affidatari, secondo i
rilievi che erano già stati sollevati anche dal ministero
dell'Ambiente e inviati alla Regione, e che puntavano il dito anche
contro la norma che "sembra porre a carico del soggetto affidatario
ogni variazione economica che possa intervenire nel periodo di
affidamento per qualsiasi causa, anche non imputabile al gestore".
Anche questa cassata.
Sull'applicazione delle
tariffe, la norma regionale attribuiva questo compito alla giunta.
Violando così le norme statali secondo cui spetta all'Autorità
per l'energia elettrica il gas e il sistema idrico il compito di
definire, nell'ambito della convenzione tipo, "le penali, le
sanzioni in caso di inadempimento e le condizioni di risoluzione
secondo i principi del codice civile" e "i criteri e le modalità
di applicazione delle tariffe determinate dall'ente di governo
dell'ambito e del loro aggiornamento annuale, anche con riferimento
alle diverse categorie di utenze". La norma statale, ricorda la
Consulta "è diretta a preservare l'equilibrio
economico-finanziario della gestione e ad assicurare all'utenza
efficienza e affidabilità del servizio. Trattandosi di profili che
attengono alla tutela della concorrenza, si deve concludere che i
poteri legislativi esercitati con la norma censurata invadono la
competenza legislativa esclusiva statale".
Bocciata
pure la norma che prevede che gli acquedotti, le reti fognarie, gli
impianti di depurazione e le altre infrastrutture e
dotazioni patrimoniali del Sistema idrico possano rimanere di
proprietà degli enti locali. Cassata anche quella che consentiva la
gestione diretta del servizio da parte dei Comuni, anche in forma
associata, e tramite la costituzione di "sub-ambiti" all'interno
dell'Ato idrico. Cassato l'articolo che prevede la creazione di
un Fondo di solidarietà alimentato, per il primo anno, attraverso le
risorse derivanti dal Sistema idrico integrato. Si tratterebbe,
secondo la Consulta, di un costo ulteriore che finirebbe per ricadere
comunque sulla tariffa complessiva.
Si tratta solo dell'ultima
tra le impugnative del Consiglio dei ministri su leggi approntate dal
governo e approvate dall'Assemblea regionale. In passato era stato il
turno della riforma degli appalti, di quelli sui rifiuti, passando
per diverse norme contenute nelle Finanziarie regionali.
"Dopo
la vicenda dei sindaci defenestrati per mancata approvazione del
bilancio - ha commentato Gaetano Armao, docente universitario ed ex
assessore regionale - è un susseguirsi di norme
incostituzionali. L'eliminazione del controllo preventivo da parte
del Commissario dello Stato sancito dalla Corte costituzionale
avrebbe dovuto determinare un supplemento di responsabilità da parte
del Parlamento regionale. Siamo invece in preda - prosegue - ad un
delirio dove politici senza scrupoli o pivelli senza conoscenze
legiferano su tutto danneggiando i siciliani. Occorre istituire
subito un organismo indipendente che impedisca questo scempio
dell'autonomia, indicando sin da subito - conclude - le norme che
non possono essere votate per palese incostituzionalità".
Panepinto:
"Calpestata l'Autonomia"
"La sentenza
della Corte Costituzionale che ha sostanzialmente cassato gli
articoli che riguardano la gestione del servizio idrico in Sicilia e
il modello tariffario - compresa la parte relativa al costo
dell'acqua fornita da Siciliacque - di fatto azzera il referendum
al quale hanno votato 27 milioni di italiani e calpesta l'Autonomia
siciliana e le prerogative statutarie". Lo dichiara il
vicecapogruppo all'Ars del Pd, Giovanni Panepinto. "È evidente
- aggiunge - che la grande lobby dell'acqua non pensi che sia una
partita chiusa. Chi oggi festeggia questa sentenza dovrebbe ricordare
che nel 2004 fu stipulata una convezione di 40 anni con una società
per la gestione di risorse idriche, strutture e dighe pagate dai
contribuenti siciliani. Credo che questa vicenda metta in discussione
anche i rapporti fra il Partito Democratico, il governo regionale che
non si è costituito di fronte ai giudici della Corte e che non ha
applicato la legge in questi due anni, e il governo nazionale -
conclude - che ha impugnato la legge".
Gds.it
Un debito fuori bilancio pari a 75,5 milioni di euro "scuote"
Palazzo d'Orleans.
Il governo Crocetta s'è affrettato ad approvare un disegno di
legge per intervenire sulle disposizioni contabili dopo avere preso
visione di una relazione, consegnata dalla Ragioneria generale, con
la quale i dirigenti del Dipartimento Economia spiegano l'origine di
questi debiti e forniscono il dettaglio delle voci.
Una parte di questo debito, si legge nel ddl 'disposizioni
contabili', sarebbe stato contratto fino all'esercizio finanziario
chiuso a dicembre del 2015 e "regolarizzato sulla disponibilità
di impegni residui e/o di residui passivi eliminati per perenzione
amministrativa". "Pertanto - si legge nella relazione
tecnica - il riconoscimento del debito fuori bilancio risulta pari a
75,5 milioni di euro". La Ragioneria generale spiega, tuttavia,
che la copertura di questo debito, è garantita dagli stanziamenti
per complessivi 85,3 milioni di euro, appostati nell'assestamento di
bilancio per il 2016, approvato lo scorso dicembre. Dunque si
tratterebbe di una regolarizzazione di partite sospese a fronte di
pagamenti effettuati dal cassiere ma ancora non contabilizzati. Il
ddl è stato strasmesso agli uffici dell'Assemblea regionale e
dovrebbe approdare presto in commissione Bilancio.
PIGNORAMENTI. Alla Regione siciliana nel 2016 sono stati
pignorati 24,2 milioni di euro. E' quanto emerge dalla
relazione tecnica allegata al disegno di legge sui debiti fuori
bilancio, approvato dalla giunta Crocetta. Più del 50% dei
pignoramenti ha riguardato gli assessorati alla Formazione e
all'Energia: il primo ha dovuto sborsare 8,4 milioni di euro, il
secondo 7,7 mln. Sfiora i 2 mln di euro il plafond per le
espropriazioni forzate eseguite all'assessorato alla Famiglia, mentre
al Territorio la cifra è di 1,7 milioni. Altri 1,6 mln di
pignoramenti sono stati eseguiti all'assessorato all'Agricoltura e un
milione ai Beni culturali.
Alle Infrastrutture le espropriazioni ammontano a 971.973 euro.
Seguono la Presidenza della Regione (314.909,45 euro), la Salute
(114.156,63 euro), le Autonomie locali (111.368,07 euro), l'Economia
(49.422,33 euro), il Turismo (15.840,62) e le Attività produttive
(12.546,05).
sicilia24h.it
Completato il primo ciclo
di visite istituzionali del Commissario del Libero Consorzio Comunale
di Agrigento Giuseppe Marino.
Dopo
il suo insediamento, il Commissario Marino ha incontrato, il Prefetto
di Agrigento Nicola Diomede, il Sindaco di Agrigento Calogero
Firetto, il Cardinale Francesco Montenegro, il Questore di
Agrigento Mario Finocchiaro, il Comandante Provinciale dell'Arma
dei Carabinieri Col. Mario Mettifogo, il Comandante Provinciale della
Guardia di Finanaza Ten. Col. Fabio Sava, il Presidente del Tribunale
di Agrigento Pietro Maria Antonio Falcone e il Procuratore della
Repubblica di Agrigento Luigi Patronaggio.
In
questi colloqui, che si sono svolti nelle sedi delle varie
Istituzioni, il Commissario Straordinario Marino ha ribadito la
necessità di continuare un rapporto di stretta ed efficace
collaborazione con le altre Istituzioni in funzione di fornire
risposte ai bisogni dei cittadini-utenti e per la risoluzione delle
criticità del territorio provinciale. In particolar modo ha
rassicurato il Prefetto di Agrigento sull'impegno del Libero
Consorzio per migliorare le condizioni di percorrenza della viabilità
provinciale.
Il
Commissario Straordinario Giuseppe Marino, ha messo a disposizione le
qualificate risorse professionali del Libero Consorzio di Agrigento,
tra cui la Polizia Provinciale e la Protezione Civile provinciale,
nell'ottica di raggiungere una sempre maggiore efficacia ed
efficienza dell'azione amministrativa.