Giornale di Sicilia
Fondi europei già sul tavolo
Ma niente tecnici per i progetti
Cento milioni pronti da spendere entro l'anno, pena la perdita, fermi nei cassetti della Regione. Servirebbero a realizzare centri di raccolta e ad acquistare macchinari
Riccardo Vescovo
Cento milioni di euro fermi nei cassetti che la Sicilia rischia di restituire all'Europa se non saranno spesi entro l'anno prossimo. Dall'altra parte però ci sono progetti che viaggiano spediti nei settori dell'innovazione, nell'energia sostenibile, nell'agenda digitale. Insomma, va avanti a due velocità la spesa dei fondi comunitari del periodo 2014-2020, quelli destinati allo sviluppo. Se n'è discusso ieri a Palermo nel corso del primo incontro del comitato di sorveglianza del Po Fesr Sicilia 2014-2020, il gruppo che si occuperà di monitorare la spesa dei 4,5 miliardi di fondi europei nei prossimi anni.
Il nodo rifiuti
Cento milioni di investimenti nel settore dei rifiuti restano al palo perché alla Regione manca il personale specializzato in materia di fondi comunitari. «Sui rifiuti e sull'uso efficiente delle risorse - dice Vincenzo Falgares, capo della Programmazione - ci sono elementi che ci mettono in grande preoccupazione e bisogna trovare misure correttive immediate». Secondo Falgares «è un problema strutturale, c'è la necessità di migliorare la struttura organizzativa del dipartimento». Insomma, il dipartimento ha bisogno di rinforzi. Maurizio Pirillo, dirigente del dipartimento che si occupa dei Rifiuti, ricorda però che «avevo chiesto un anno fa un'attività di supporto e di assistenza tecnica che ho avuto a disposizione solo per pochissimo tempo». Per Falgares però l'assistenza tecnica, cioè l'invio di personale esterno, «non può sostituire l'amministrazione. Serve una strutturazione organizzativa migliore». Un punto su cui si trova d'accordo anche Pirillo: «Stando così le cose ci troviamo nell'assurda situazione che i soldi ci sono, possiamo spenderli ma abbiamo serie difficoltà non tanto per colpa della Regione ma a causa di questo sistema che vede responsabili le Srr, cioè i consorzi di Comuni». Pirillo quindi entra nei particolari di una situazione che rischia di trasformarsi in beffa: «I Comuni non sono nelle condizioni di eseguire correttamente l'attività di progettazione. Faccio un esempio: abbiamo un bando da venticinque milioni per realizzare impianti nel settore dei rifiuti che scade adesso, dove sono stati presentati tre progetti per soli 800 mila euro circa ciascuno». Insomma, i Comuni non sarebbero all'altezza. Quindi come migliorare questo aspetto? «Serve che la Regione si faccia carico non solo delle attività di progettazione ma che assicuri anche la gestione delle strutture realizzate. Ad esempio, nella Valle del Dittaino, provincia ennese, è stato realizzato un impianto di compostaggio che è chiuso perché manca un gestore. Bisogna spostare tutta la titolarità sulla Regione. Ma questo lavoro richiede professionalità che negli uffici non ci sono ancora. Servono almeno una decina di rinforzi. A parte il fatto che qui ai rifiuti non vuole venire nessuno, per scrivere questi bandi e seguire le procedure servono competenze particolari che io avevo richiesto già un anno fa e che oggi non ci sono». Dunque rischiano di restare al palo circa cento milioni di euro di investimenti di cui undici legati alla realizzazione di centri comunali di raccolta, ventuno per l'acquisto di mezzi e attrezzature per la raccolta differenziata e settanta per nuovi impianti di trattamento dei rifiuti e del percolato.
Le critiche di Roma e Bruxelles
Federico Lasco, uno dei dirigenti dell'Agenzia nazionale per la coesione territoriale, invita a fare attenzione ai comparti acqua, rifiuti ed energia, per i quali «la situazione è molto critica: la soluzione va cercata nella cooperazione rafforzata». E il rappresentante della Commissione europea, Lucio Paderi, chiede le opportune correzioni: «II problema del conseguimento dell'obiettivo c'è - dice - e c'è l'esigenza di strutturare iniziative di cooperazione rafforzata per creare degli obiettivi intermedi in modo tale che questi siano verificati passo dopo passo. Ci sono dei significativi rischi di ritardo che richiedono correttivi rapiti ed efficaci». Falgares si dice comunque fiducioso: «Abbiamo dato prova di recuperare ritardi ben più significativi e credo che una operazione di cooperazione rafforzata possa rappresentare una metodologia vincente».
La spesa che va bene
Al momento sono state avviate procedure per un miliardo e 850 milioni di euro: quasi un miliardo riguarda bandi già pubblicati, altri 800 milioni saranno sbloccati entro l'anno. In tutto sono 19 gli avvisi già pubblicati. L'iter viaggia spedito per quanto riguarda i progetti di ricerca e innovazione, per l'agenda digitale, la promozione e lo sviluppo delle pmi, l'energia sostenibile e la qualità della vita. Tra gli avvisi c'è quello da tredici milioni per la valorizzazione delle aree protette, quello da trentanove milioni per la tutela del patrimonio culturale, altri centocinquantacinque milioni per interventi di messa in sicurezza dei territori più esposti a rischio idrogeologico e alla erosione costiera.
L'obiettivo da raggiungere
I responsabili riuniti al tavolo di controllo hanno ricordato che il primo obiettivo da raggiungere è l'avvio di procedure, entro il 2018 procedure, per 3,4 miliardi di euro, oltre il 75% della dotazione. Un traguardo che, nonostante le difficoltà, è raggiungibile, almeno secondo il vicepresidente della Regione, Mariella Lo Bello: «Il Po-Fesr è partito - dice - abbiamo recuperato i ritardi iniziali, dovuti alla chiusura della passata programmazione, e già sono usciti bandi per un miliardo di euro, di cui molti per le imprese». Sono stati adottati trentasette provvedimenti di giunta per accompagnare l'attuazione del programma e rispetto al precedente ciclo «gli aiuti alle imprese sono stati messi a disposizione con un tempo mediamente inferiore ai sei mesi rispetto al primo avviso uscito nella programmazione 2007-2013». (RIVE)
Popoli in fuga
L'agenzia europea riceve una delegazione italiana che chiede la possibilità di sbarchi in altri porti dei paesi membri
Frontex: più sostegno all'Italia sui migranti
Sarà rivista l'operazione Triton e i paesi Ue dovranno fare fronte ai loro impegni per rafforzarla. Il Viminale: passo avanti
Massimo Nesticò
Sarà rivista l'operazione Triton ed i Paesi dell'Unione europea dovranno far fronte ai loro impegni di rafforzarla. Lo comunica il direttore di Frontex, Fabrice Leggeri, dopo aver ricevuto nella sede di Varsavia la delegazione italiana guidata dal direttore della Polizia delle frontiere, Giovanni Pinto. Soddisfatto il Viminale che aveva chiesto con urgenza l'incontro e ieri ha commentato: «finalmente un altro passo avanti». Pinto ha messo sul tavolo dell'Agenzia europea delle frontiere la richiesta che «nel caso di massiccio afflusso di migranti», come avvenuto una paio di settimane fa con 12mila sbarchi concentrati in un weekend, sia possibile sbarcare le persone soccorse nei porti di altri Paesi Ue. Tutti i partecipanti all'incontro hanno riconosciuto che l'Italia sta affrontando «una straordinaria pressione ed ha bisogno di un supporto addizionale dall'Ue e da Frontex ». Non c'è però stato - nè poteva esserci in questa fase di discussione preliminare in un tavolo tecnico - l'ok alla proposta di Roma. Sarà comunque costituito «senza ritardi» un gruppo di lavoro per identificare quello di cui c'è bisogno per rivedere il «concetto operativo» di Triton, alla luce delle decisioni già raggiunte a livello politico in seguito al piano d'azione presentato dalla Commissione europea lo scorso 6 luglio. Il gruppo di lavoro si occuperà anche di un'altra partita che sta a cuore dell'Italia e cioè il codice di condotta per le ong. Frontex ed alcuni Stati membri, infatti, vogliono condividere le loro esperienze operative per aiutare a sviluppare il codice e, una volta adottato, valutare come impatta sulle operazioni dell'Agenzia europea. Frontex, inoltre, che attualmente dispiega 400 persone, 12 navi, 3 aerei e 4 elicotteri per assistere l'Italia nella gestione della pressione migratoria e combattere il crimine transfrontaliero, si è impegnata a rafforzare la sua presenza negli hoptspot per aiutare le autorità italiane a velocizzare le procedure di identificazione e registrazione dei migranti e l'iter dell'asilo. L'Agenzia ha anche proposto di espandere l'uso di un aereo da ricognizione che manda in tempo reale video ed altri dati dal Mediterraneo Centrale al Frontex situation centre di Varsavia. Infine, è pronta ad aumentare il suo sostegno all'Italia nell'area dei rimpatri. Parecchi Paesi europei sono pronti a partecipare ai programmi, ma questo, rileva Frontex, «richiede una capacità di detenzione aggiuntiva» per i migranti che dovranno essere impatriati. Il ministro dell'Interno, Marco Minniti, nei giorni scorsi aveva spiegato che «una sola mossa» non può risolvere il problema. E quindi, pur senza cantare vittoria, ha accolto con soddisfazione l'esito della missione di Pinto a Varsavia. Si va, osservano al Viminale, verso la rinegoziazione dell'operazione Triton, «così come avevamo auspicato». Ma la strategia di Minniti di «suonare più tasti» non si ferma: oggi sarà a Berlino e domani a Tripoli per incontrare i sindaci libici. Intanto, l'Italia registra l'appoggio del ministro greco per le migrazioni Ioannis Mouzalas, secondo cui le richieste di Roma all'Europa «sono giuste: un problema europeo ed internazionale non può avere una soluzione nazionale. «Aiutarli a casa loro? Sarei d'accordo, ma ci vuole tempo, - aggiunge il ministro greco - meglio aiutare la gente prima che salga sulle barche - spiega il ministro - Occorre creare un modo legale, corridoi umanitari con cui i rifugiati arrivino in Europa, per esempio organizzando campi gestiti dall'Unhcr, ma sono d'accordo con quello che ha detto il ministro Marco Minniti a Tallinn, non può essere che il salvataggio sia internazionale, ma l'accoglienza nazionale». Mentre una bacchettata arriva da Praga. La Repubblica Ceca rimprovera all'Italia di non aver permesso i colloqui di sicurezza con dieci possibili candidati alla relocation e di non aver risposto ai successivi tentativi di contatto da parte ceca.
Verso le elezioni. Le mosse dei partiti per i candidati
Province, si accelera per il ritorno al voto
Palermo
Mentre continua la ricerca dei candidati per le Regionali, si avvicina il ritorno delle elezioni per le ex Province. L'assemblea che non approva una legge da fine aprile e che non riesce a sbloccare la Finanziaria Bis sarà chiamata presto ad approvare invece la norma che ripristina il voto diretto da parte dei cittadini per i consiglieri e i presidenti dei Liberi consorzi e delle città metropolitane che hanno sostituito le vecchie Province. La commissione Affari istituzionali dell'Ars, dopo l'indicazione arrivata dai partiti in conferenza dei capigruppo, ha accelerato l'iter. Così tanto che ieri è stata approvato il disegno di legge. Adesso ci vorrà soltanto il via libera dell'aula che appare scontato, considerata l'intesa tra i partiti. E stavolta, a differenza degli ultimi mesi, sugli scranni non dovrebbero mancare i deputati a garantire il numero legale.
La norma prevede che si voti entro il 28 febbraio 2018 e prevede il 30 per cento dei consiglieri in meno rispetto al passato. Sul fronte delle Regionali invece, dopo la candidatura a Palazzo d'Orleans del M5S di Giancarlo Cancelleri, gli altri grandi partiti continuano a cercare accordi. Intanto arriva la candidatura di Roberto La Rosa, indicato dal movimento «Siciliani Liberi». Nel suo programma ci sono «la costituzione della Sicilia in zona Economica speciale attraverso la totale devoluzione fiscale e amministrativa, la fiscalità di vantaggio, l'introduzione di una moneta complementare, la sburocratizzazione e uno status doganale speciale». Nel centrodestra e nel centrosinistra continua la ricerca dei candidati. Gli esponenti di Articolo 1 - Mdp, che hanno concordato insieme a Sinistra Italiana un «percorso unitario», e il parlamentare regionale Totò Lentini saranno all'in contro convocato da Leoluca Orlando per riproporre il «modello Palermo» per le regionali in Sicilia. Un percorso però, che si preannuncia in «salita». Ieri si sono sfilati gli esponenti di Area Popolare, che alle amministrative di giugno insieme ai Centristi per l'Europa e al Pd, hanno dato vita alla lista comune «Democratici e popolari». Il deputato di Ap, Dore Misuraca, spiega: «Abbiamo sostenuto Orlando e il cosiddetto modello Palermo. Ma Palermo non è la Sicilia intera e noi non facciamo parte della coalizione di centrosinistra così come non abbiamo partecipato a un tavolo del centrodestra. Abbiamo un nostro programma sul quale intendiamo costruire una coalizione. Lo ufficializzeremo a Taormina domenica 23 luglio». A proposito di Regionali, il segretario del Codacons Francesco Tanasi ha lanciato la proposta di un «test antidroga e di cultura generale per i candidati alle regionali in Sicilia». Per Tanasi appare lecita l'idea di conoscere il loro livello culturale, di correttezza ed eventuali abitudini, come l'assunzione di droghe».
Livesicilia.it
Province,
torna l'elezione diretta
C'è il sì dell'Ars, si vota a
febbraio
L'epocale
riforma delle Province annunciata dal governo Crocetta finisce nel
cestino. La commissione Affari istituzionali, oggi, ha
approvato il disegno di legge che prevede il ritorno
dell'elezione diretta per i presidenti e i consiglieri di Liberi
consorzi e Città metropolitane.
Scompaiono,
quindi, le elezioni di "secondo livello" scelte inizialmente dal
governo regionale e approvate dall'Ars. Elezioni mai
svolte, in realtà, visto che negli ultimi quattro anni le ex
Province sono rimaste al palo: commissariate oggi come nel
2013. Alla guida di enti sull'orlo del disastro, come
descritto chiaramente dalla Sezione di controllo della Corte dei
conti, solo commissari scelti direttamente dal presidente
della Regione. Un "potere" tolto ai cittadini e messo
nelle mani dell'esecutivo che, tramite quelle nomine, ha finito per
incidere anche negli incarichi di sottogoverno legati all'ente (dalle
partecipate provinciali agli aeroporti siciliani).
Adesso,
si torna quasi certamente al voto. Il via libera della prima
commissione, adesso, deve essere confermato dall'Aula. Ma
il consenso politico, quasi unanime, emerso proprio in commissione,
lascia presagire un cammino assai agevole del testo a Sala
d'Ercole.
E così, tornano le elezioni. Anche per i
presidenti delle Città metropolitane. Nella versione
originaria del ddl, "resisteva" l'automatismo tra il ruolo
di sindaco di Palermo, Messina e Catania e quello di presidente della
Città metropolitana delle ex Province corrispondenti. È stato però
approvato nei giorni scorsi un emendamento che ha esteso le
elezioni dirette anche al "sindaco metropolitano". Dopo
la chiusura, insomma, delle esperienza di Orlando, Accorinti e
Bianco, quasi certamente si andrà al voto anche per scegliere queste
cariche. Ridotti del trenta per cento, rispetto al passato,
poi il numero dei consiglieri. La norma ha fissato anche il
periodo utile per il ritorno alle urne: le elezioni dei Consigli e
dei presidenti dei Liberi consorzi e, in prima battuta, solo dei
Consigli delle Città metropolitane verranno svolte entro il
28 febbraio del 2018.
"Quello di oggi in
commissione Affari istituzionali - il commento dei deputati di
Forza Italia Marco Falcone e Franco Rinaldi - è un voto
che restituisce finalmente la parola ai siciliani sottraendola alle
segreterie di partito. Siamo altrettanto soddisfatti del taglio del
30 per centro del numero dei consiglieri, la nuova norma consentirà
infatti il giusto equilibrio tra rappresentanza e contenimento dei
costi. La presenza di una goverrnance realmente espressione dei
cittadini rimetterà in moto quegli enti sovracomunali che torneranno
ad essere punto di riferimento vero per i nostri territori -
concludono - come già accadeva prima della riforma, a dir poco
catastrofica, di Rosario Crocetta". Secondo Toto Cordaro,
capogruppo di Cantiere popolare, il voto di oggi fa calare il sipario
su quella che "è stata in realtà una vergognosa
operazione di potere, con 5 anni di commissariamento, appannaggio
degli amici del presidente, rivelatosi un disastro per la gestione
dell'ente intermedio". Duro anche il giudizio di Vincenzo
Figuccia, deputato di Fi, che critica Crocetta ("è stato come
Attila") e individua il governatore come il responsabile della
situazione "disastrata" in cui si trovano i Liberi consorzi
e le Città metropolitane.
Gds.it
Ex province, all'Ars
primo sì all'elezione diretta dei presidenti
Approvata in commissione all'Assemblea regionale
siciliana con il voto di Forza Italia e Pd una modifica alla norma
Delrio sull'abolizione delle Province. La legge, passata in
commissione Affari istituzionali, reintroduce non solo l'elezione
diretta del presidente e del consiglio del Libero consorzio
e della città metropolitana, ma anche il gettone di presenza. La
legge nazionale non prevede né gettoni né l'elezione diretta. La
norma è stata votata in commissione (contrari solo i 5 stelle) e
adesso andrà in aula per il voto finale. «Quando tutti parlavano di
riforma epocale per le ex province, sono stato tra i pochi a dire che
assecondare il presidente Crocetta sarebbe stato come trascinare al
suicidio la democrazia. - afferma Vincenzo Figuccia, deputato di
Forza Italia all'Assemblea regionale siciliana - Provare i
cittadini dell'esercizio del voto per eleggere i propri
rappresentanti è stato un fatto grave. Così come è stato grave
tenere i Liberi Consorzi e le Città Metropolitane a lungo
commissariati. Oggi questi enti territoriali si trovano disastrati
grazie all'opera di Crocetta che definire Attila è un eufemismo.
Con il ddl che reintroduce l'elezione diretta per tutti gli organi
torna la democrazia a lungo mortificata dalla prepotenza e
dall'incapacità di Rosario Crocetta».
Ilfattoquotidiano.it
Sicilia,
il grande bluff delle province abolite: dopo 5 anni tornano le
elezioni e gli stipendi per consiglieri e presidenti
Doveva essere la prima Regione d'Italia ad
eliminarle. Doveva essere la prima giunta regionale a
decretarne la soppressione. Doveva essere il primo
esperimento di cancellazione di un ente
intermedio previsto in Costituzione. E invece non è stato
niente di tutto ciò. Poco male, però. Perché alla fine la
Sicilia prima in una qualche classifica arriva sempre e
comunque. A questo giro sarà la prima Regione d'Italia a riportare
in vita le province. Sissignore: l'ultimo record
collezionato dal governo di Rosario Crocetta sarà
proprio la rivitalizzazione degli odiati enti
diventati col tempo simbolo della casta. La
commissione Affari istituzionali dell'Assemblea regionale
siciliana ha infatti approvato una legge che definire
gattopardesca è banale. Come Gesù Cristo
con Lazzaro, i deputati - come si fanno chiamare i
semplici consiglieri regionali in Sicilia - hanno imposto le mani
sulle province ormai defunte riportandole a nuova vita.
Un esperimento che da Roma osservano con curiosità, desiderosi forse
di replicarlo su scala nazionale. E dire che la norma doveva
essere soltanto una piccola modifica alla legge Delrio
sull'abolizione degli enti intermedi, approvata
anche in Sicilia dopo un tira e molla lungo quattro anni, e la
cancellazione di un ddl simile, presentato dallo stesso
governatore. Nei palazzi bizantini della burocrazia isolana,
però, quando vengono annunciate modifiche piccole piccole
è lecito aspettarsi i più estremi cambiamenti. E infatti la
norma votata in commissione Affari istituzionali non modifica la
legge Delrio: la svuota completamente,
cancellandola. I deputati del Pd, di Forza
Italia, di liste civiche di centro, destra e sinistra
(tranne i due del M5s) non solo hanno approvato la
reintroduzione dell'elezione diretta
del presidente e del consiglio del
Libero consorzio (nome affibbiato alle vecchie province in
uno dei tanti passaggi parlamentari) e della città
metropolitana (cioè le vecchie province di Messina,
Palermo e Catania). Hanno anche anche riportato
in vita il gettone di presenza - cioè lo
stipendio - per gli eletti negli enti intermedi. E pazienza se
la legge nazionale preveda esattamente l'opposto: nessun
gettone e neanche elezioni dirette per sindaci e
consiglieri, in nome della spending review. Potevano
gli onorevoli siciliani accodarsi all'ormai inflazionato taglio
della spesa che sopprimeva quegli enti così simili alle medievali
contee? Ma neanche per idea. Anche perché in Sicilia gli stessi
deputati che da anni annunciano l'intenzione di fare andare
avanti l'isola, sono riusciti perfino nell'impresa
di tornare indietro. Come i gamberi che negli
anni Duemila sognano un nuovo congresso di Vienna
con annesso ritorno all'Ancient Regime, cancellano riforme
bollate come epocali senza neanche arrossire. E
adesso spacciano la restaurazione degli odiati
enti intermedi come una vittoria della democrazia. "Quando
tutti parlavano di riforma epocale per le ex province, sono stato tra
i pochi a dire che assecondare il presidente Crocetta sarebbe stato
come trascinare al suicidio la democrazia. Provare
i cittadini dell'esercizio del voto per eleggere i propri
rappresentanti è stato un fatto grave. Così come è stato grave
tenere i Liberi Consorzi e le Città Metropolitane a lungo
commissariati. Oggi questi enti territoriali si
trovano disastrati grazie all'opera di Crocetta che definire Attila
è un eufemismo", dice per esempio il forzista Vincenzo
Figuccia, che mette nel mirino proprio il governatore dopo
aver votato la stessa norma dei deputati del Pd. Quasi
un lustro di riforme pasticciate, approvate a metà e poi cancellate,
infatti, hanno aperto una voragine da 200
milioni nei conti delle ex province che non hanno mai avuto dei
veri amministratori visto che Crocetta le ha affidate per quattro
anni a commissari nominati da lui. Una situazione
d'impasse che adesso viene risolta con il più
classico dei modi: il ritorno al passato. "Questa
legge sarà approvata sicuramente da tutti e prima che la legislatura
finisca. Anche perché è una norma che rappresenta il simbolo di
questi cinque anni: ora che si avvicinano le elezioni i partiti hanno
bisogno di tornare a coltivare il consenso locale
con i vari portatori di voti", dice Salvatore Siragusa,
deputato del Movimento 5 Stelle, unico partito a non votare la
legge bluff. In pratica l'Ars si farà
bastare poche settimane per riportare in vita gli odiati enti
intermedi, mentre per ucciderle c'era stato bisogno di quasi
quattro anni.
Entro febbraio del 2018, quindi, gli isolani
torneranno alle urne per rieleggere dopo cinque anni consiglieri e
presidenti di provincia che andranno poi ad incassare uno stipendio
identico a quello di consiglieri e presidenti dei capoluoghi. In più
per le città metropolitane di Palermo, Messina e Catania scompare
l'automatismo che fa diventare presidente il sindaco del capoluogo.
Un sistema che - fatta eccezione per il 30% di posti da consigliere
in meno - è praticamente identico a quello
esistente nel marzo del 2013. Quando Crocetta,
da cinque mesi eletto governatore della Regione
Sicilia, aveva approfittato di un'ospitata televisiva
da Massimo Giletti su Rai 1 per annunciare fiero
quella che doveva essere la prima grande riforma della sua
amministrazione: "Noi saremo i primi ad abolire le
province". Mai profezia fu più disgraziata.
Larepubblica.it
L'Ars
tenta il blitz: primo ok al ritorno delle vecchie Province con tanto
di gettoni ai consiglieri
All'Assemblea regionale
siciliana Forza Italia e Pd insieme votano una modifica alla norma
Delrio sull'abolizione delle Province. La legge, passata in
commissione Affari istituzionali, reintroduce non solo
l'elezione diretta del presidente e del consiglio del Libero
consorzio e della città metropolitana, ma anche il gettone di
presenza. La norma nazionale non prevede né gettoni né l'elezione
diretta. Di fatto la Sicilia, da prima regione che aveva abolito le
province, torna a cinque anni fa. La norma è stata votata in
commissione (contrari solo i 5 stelle) e adesso andrà in aula per il
voto finale. Ma c'è l'accordo di tutti. Una beffa, considerando
che la riforma incompiuta delle province venne sbandierata su Rai Uno
dal governatore Rosario Crocetta nel febbraio 2013 e ad oggi
non solo non è conclusa ma, anzi, rischia di venire del tutto
stravolta. Perché il testo votato in commissione prevede l'elezione
diretta dei consiglieri e del presidente delle ex Province, e in più
un gettone di presenza: il presidente della città metropolitana o
del Libero consorzio riceverà uno stipendio pari a quello del
sindaco del capoluogo, mentre il consigliere avrà un compenso
equiparato a quello del consigliere comunale. Esultano in casa
Forza Italia, consapevoli di aver smontato la riforma Crocetta ma
anche quella cara al Pd, cioè la norma nazionale Delrio:"Esprimiamo
piena soddisfazione per l'approvazione in commissione Affari
Istituzionali all'Ars del disegno di legge che prevede l'elezione
diretta dei consiglieri e dei sindaci metropolitani e dei consiglieri
e dei presidenti delle ex province. Un voto che restituisce
finalmente la parola ai siciliani sottraendola alle segreterie di
partito. Siamo altrettanto soddisfatti del taglio del 30 per centro
del numero dei consiglieri, la nuova norma consentirà infatti il
giusto equilibrio tra rappresentanza e contenimento dei costi. La
presenza di una goverrnance realmente espressione dei cittadini
rimetterà in moto quegli enti sovracomunali che torneranno ad essere
punto di riferimento vero per i nostri territori, come già accadeva
prima della riforma, a dir poco catastrofica, di Rosario Crocetta",
dicono Marco Falcone e Franco Rinaldi. Anche i Centristi si dicono
soddisfatti: "Tornare all'elezione diretta per i consiglieri,
per i presidenti dei Liberi consorzi e per i Sindaci metropolitani è
la scelta giusta per far governare gli enti intermedi secondo logiche
democratiche ponendo fine alla fase commissariale che è stata
deleteria ed ha annullato il potere del popolo di indicare i propri
rappresentanti, con il ddl approvato oggi in I commissione Ars si
apre la strada al suffragio universale per far tornare la politica
nelle ex province: la riforma voluta da Crocetta è stato un
fallimento che ha ridotto sul lastrico gli enti intermedi che una
volta rappresentavano un punto di riferimento anche per i comuni per
la gestione di importanti servizi", dice Marco Forzese,
capogruppo dei Centristi per la Sicilia all'Assemblea regionale
siciliana.