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rassegna stampa dal 12 al 16 agosto 2017

Corriere.it
Sicilia, tornano le Province(ma le chiamano «liberi consorzi»)
Ripristinate anche le indennità

A volte ritornano. E poco importa se con un altro nome. L'assembla regionale siciliana con un blitz alla vigilia di Ferragosto cancella anni di discussione e di riforme delle province e approva, su iniziativa del gruppo di Forza Italia (in minoranza) l'elezione diretta per il presidente dei Liberi consorzi, per il sindaco metropolitano e per i consiglieri di questi enti, che altro non sono che i discendenti delle vecchie e mai rimpiante Province. Se la legge entrerà in vigore le elezioni si dovrebbero svolgere in primavera, quando si voterà per le amministrative. Ma non è l'unica novità destinata a far discutere. Nel provvedimento varato l'altra sera è prevista anche la reintroduzione delle indennità, che per il presidente saranno uguali a quelle del sindaco della città capoluogo. Per i consiglieri, invece, sono previsti dei rimborsi spese. Ritorno al passato La legge regionale segna un ritorno al passato. La Sicilia, infatti, aveva deciso di anticipare la riforma Delrio cancellando per prima le Province, ma da allora le elezioni indirette (cioè affidate agli amministratori locali) sono sempre state rinviate. Esulta il centrodestra: «Abbiamo messo fine alla riforma più strampalata di Rosario Crocetta. Le ex province sono state massacrate da scelte scellerate del Pd per cinque anni. Ora si vede un po' di luce. Torna anche la democrazia con il voto a suffragio universale. Sono orgoglioso di essere stato il primo firmatario del disegno di legge che oggi con il voto d'Aula ha reintrodotto il voto diretto», afferma Vincenzo Figuccia, deputato di Forza Italia. Il blitz La reintroduzione «mascherata» delle province è stato un vero e proprio blitz. Il voto è arrivato dopo che l'aula aveva approvato le norme della cosiddetta finanziaria bis. A sorpresa i deputati hanno chiesto alla presidenza dell'Ars di mettere ai voti il disegno di legge, iscritto all'ordine del giorno da tempo, che reintroduce il voto diretto nelle ex Province. Marco Falcone, capogruppo di Forza Italia, osserva: «Oggi restituiamo la parola ai cittadini. Con questa legge certifichiamo al tempo stesso la politica fallimentare del Pd, che sulla riforma ottenne l'improvvido sostegno dei 5 Stelle, anche nel settore degli enti locali». Ribatte l'assessore regionale all'Agricoltura Antonello Cracolici: «La decisione del parlamento siciliano di approvare gli articoli della legge che ripristina l'elezione diretta a suffragio universale del sindaco metropolitano è una palese violazione della norma nazionale. È evidente che questa legge sarà inevitabilmente impugnata dal governo nazionale, determinando un ulteriore condizione di caos sulle ex province».


L'ecodelsud.it

Ex province e citta metropolitane al bivio.

Proclamare il dissesto della Città metropolitana di Messina. E' quanto chiede il commissario straordinario, Filippo Romano, nell'atto di indirizzo da oggi online nell'albo pretorio di palazzo dei Leoni. Atto di indirizzo "per la valutazione ed il definitivo accertamento dei presupposti di legge concernenti la dichiarazione di dissesto finanziario". Il provvedimento impegna il sindaco metropolitano, Renato Accorinti, a proporre l'adozione di un apposito decreto di proposta di dissesto da sottoporre allo stesso commissario nell'esercizio delle funzioni di Consiglio metropolitano. Tutto questo a causa di "uno squilibrio di parte corrente" in bilancio "di circa 25 milioni di euro". Come Romano precisa in conferenza stampa, la colpa di questo stato di cose non è della nuova legge approvata recentemente dall'Ars che reintroduce l'elezione diretta degli organi di governo delle ex Province. "Sin dal 2015 - dice, esibendo una copiosa documentazione - ho scritto a chi di dovere che la situazione finanziaria, in assenza di novità legislative, non sarebbe stata più gestibile a partire dal 2017". A penalizzare Liberi consorzi e Città metropolitane siciliani è "la legge finanziaria (ormai legge di stabilità, ndr)) 2015, approvata alla fine del 2014". La legge 190 del 23 dicembre 2014 che, come spiega Romano alla deputazione nazionale e regionale in una missiva inviata il 18 dicembre 2015, "ha obbligato le amministrazioni provinciali a erogare un contributo a favore dell'erario che, a carico del bilancio 2015 di questo ente ha inciso per un importo pari a 8.562.000 di euro, e che diventa circa 17 milioni per il 2016 e 25 milioni per il 2017″. In realtà, per il 2017, i milioni da versare sono poi diventati 28, come Romano testimonia in una comunicazione dell'8 giugno 2017 alla Corte dei conti, sezione controllo per la Regione siciliana, protagonista a sua volte di una forte denuncia circa il rischio di default degli enti intermedi. Questi oneri contributivi a carico delle ex Province - Romano parla di "prelievo forzoso" - sono riconducibili alla legge Delrio. La 56/2014 che, in vista della riforma costituzionale Renzi-Boschi, bocciata due anni dopo, ridisegna le Province come enti di area vasta non costitutivi dello Stato. Così comportando la revisione delle modalità elettive degli organi di governo e la riduzione delle funzioni. Il fallimento della riforma, durante il referendum dello scorso 4 dicembre, come scrive il commissario nell'atto di indirizzo, "ha determinato una condizione di incertezza sia nella prospettiva del superamento del provvisorio riassetto dei livelli di governo locale, sia nella regolamentazione degli assetti istituzionali e degli aspetti finanziari interessati alla riforma". Gli oneri di contribuzione sono intimamente connessi alla Delrio, nella misura in cui prevede la riduzione delle funzioni e il loro trasferimento alle Regioni. Oggi, la Città metropolitana di Messina "campa su 62 milioni l'anno, 48 dei quali derivanti dall'RcAuto. In precedenza poteva contare su 91 milioni di entrate". Nel giro di qualche tempo, il costo degli enti intermedi è di fatto passato da 9 miliardi l'anno (l'1% del bilancio dello Stato) a 6. Tuttavia, lo snellimento delle funzioni auspicato dalla legge Delrio non ha attecchito appieno, essendo restate a carico delle ex Province quelle più significative: manutenzione strade e scuole, trasporto degli alunni disabili: "La finanziaria 2015 - conferma il commissario - presuppone la riduzione delle funzioni e quindi delle risorse. Così, nelle regioni a statuto ordinario il personale è stato assorbito da altri enti, fino al 50% nelle Province, fino al 30 nelle Città metropolitane. In Sicilia non è possibile farlo. Quando mi sono insediato qui (anno 2013, ndr) il personale era di 1.043 unità. Oggi, grazie ai prepensionamenti e a trasferimenti ad altri enti per via ordinaria, siamo scesi a 840. Il costo del personale è passato da 38 a 30 milioni". Ma, come illustra il vice prefetto nell'atto di indirizzo, per il 2017, "la Città metropolitana di Messina ha dovuto riferire alla Corte dei conti l'impossibilità di chiudere in pareggio per via dello squilibrio di 25 milioni tra le entrate (57 milioni) e le spese rigide (81 milioni, di cui appunto 25 per contributo alla finanza pubblica e 3 per sanzioni connesse a pregresse inevitabili violazioni del patto interno di stabilità", "Finora - spiega - abbiamo utilizzato i risparmi degli anni precedenti ma adesso il bilancio non si può più approvare". La richiesta di dissesto, come riferisce Romano, è un atto dovuto per legge da parte di un amministratore. al fine di evitare sanzioni personali E' un atto revocabile ma, fermo restando questo quadro normativo, non è evitabile. Di certo, lo stato attuale di cose non è addebitabile alla classe politica che ha governato fino al giugno 2013: "Quando sono arrivato, l'ente era in salute economico-finanziaria. Il costo di Giunta e Consiglio era di 3 milioni l'anno su 91. Eventuali sanzioni, quindi, avrebbero potuto colpire il sottoscritto se non avesse segnalato la situazione". "Il sindaco - prosegue Romano - ha più volte sollecitato la modifica della normativa nazionale, cogliendo pienamente i termini della problematica. E in effetti l'ultima finanziaria prevede la restituzione delle somme alle Province delle regioni a statuto ordinario. Non a quelle della Sicilia". Con la beffa che tutto questo è stato generato da "un prelievo da parte dello Stato pari allo 0,3% del proprio bilancio". Determinante nella creazione delle cause che hanno generato il predissesto sembra invece il ruolo della Regione siciliana. Santino Paladino, sindacalista del Csa, dimostra, carte alla mano, come forti responsabilità in merito le abbia proprio la "classe politica regionale. Per gli enti siciliani, la Regione ha stanziato solo 91 milioni dei 183 che si era impegnata a versare, tenendosi i 70 milioni ricevuti dallo Stato. Ci hanno svenduto, soprattutto hanno svenduto le Città metropolitane". Adesso, la palla dovrebbe passare ad Accorinti, almeno fino a quando la legge che reintroduce le elezioni dirette nelle ex Province non entrerà in vigore, portando alla decadenza dei sindaci metropolitani e dei presidenti dei Liberi consorzi e a un nuovo commissariamento, fino alle amministrative del 2018. Commissariamento ulteriore per il quale Romano non si dice disponibile, anche per una questione di correttezza. Sarà il nuovo commissario, presumibilmente, a dovere recepire o meno il suo atto di indirizzo. Niente di simile, al momento, si registra negli altri otto enti intermedi dell'isola. Sebbene, conclude Romano, "di dissesto parliamo da almeno un anno".


Agrigentonotizie.it

Lo sfogo di Cambiano: "La sfiducia proviene da una politica sbagliata che vuole riemergere"


Lo sfogo di Cambiano: "La sfiducia proviene da una politica sbagliata che vuole riemergere"
„ "Se la decisione di questi 21 consiglieri è, quantomeno, servita a svegliare la città allora io non ho perso! C'è chi dice che le coscienze si siano svegliate in ritardo: io dico che non è mai troppo tardi. Se questi 21 voti hanno fatto sì che la mia città vedesse chiaro cosa significa vendere la città per una manciata di voti alle regionali allora nulla è stato vano". Lo ha scritto l'ormai ex sindaco di Licata Angelo Cambiano che si firma "onorato di essere un cittadino di Licata che non ha svenduto la propria dignità. "Ringrazio quanti, con i loro messaggi e la loro solidarietà, mi hanno dimostrato, nei fatti, - ha aggiunto Cambiano - che la sfiducia proviene non dalla città ma da una politica sbagliata che chiede disperatamente di riemergere"."Auguro a questa città, la mia città, che un giorno possa finalmente avere una politica degna, che non sia fatta di vincitori o di vinti ma di persone che sappiano lavorare fianco a fianco per la città mettendosi al servizio della città e non servendosi di essa - aveva già dichiarato, nei giorni precedenti, Angelo Cambiano - . È stato difficile essere sindaco di una città tanto problematica, ma è stato al contempo un vero onore per me. Io e la mia amministrazione ci abbiamo messo impegno, dedizione e passione".


Centro di accoglienza "a sorpresa", il sindaco: "Mi opporrò in tutti i modi"

„ È alta la tensione a Porto Empedocle, dopo l'apertura di un nuovo centro d'accoglienza a pochi passi da via Roma. Il sindaco Ida Carmina ha annunciato battaglia. "Intendo oppormi e porre in essere tutto ciò che sia possibile e necessario perché il territorio empedoclino e la sua cittadinanza abbiano il dovuto rispetto della dignità di popolo", ha dichiarato la prima cittadina. Attualmente Porto Empedocle vive uno dei momenti peggiori della sua storia, - ha aggiunto Carmina - grazie alle macerie ereditate dalla gestione passata, ed è una polveriera in cui si registrano forti tensioni sociali, come ripetutamente evidenziato su scala nazionale, anche attraverso la recente intervista su Rai 1 e come testimoniato dalle numerose manifestazioni e proteste intervenute durante l'anno". "Ciò era stato più volte evidenziato alla Regione Sicilia e nelle sedi opportune, - ha spiegato ancora il sindaco - al prefetto di Agrigento ed in ultimo alla riunione del Comitato dell'Ordine e dela Sicurezza Pubblica in cui si era disccusso il problema, consegnato il documento approvato dal Consiglio Comunale che ha espresso la volontà di Porto Empedocle di non accettare al momento nuove sistemazioni di immigrati nel nostro territorio e, comunque, non in pieno centro ed in zone sensibili vicino alla scuole elementari e medie". Adesso, invece, 43 minori stranieri non accompagnati sono stati alloggiati in un immobile in via Genuardi, in pieno centro. "Nessuno - ha concluso il sindaco - mi ha saputo indicare chi avesse consentito questo ingresso in città, su disposizione di quale Prefettura o Questura della Sicilia si sia 'utilizzato' il martoriato territorio empedoclino" .



Gds.it Incendi dolosi nei boschi in Sicilia
Stretta sui controlli

Incendi in Sicilia e sempre più spesso dolosi, basta dare un'occhiata ai numeri: sette gli arresti solo nell'ultima settimana di uomini sorpresi ad appiccare il fuoco. L'ultimo caso è delle ultime ore, con i carabinieri di Mussomeli che hanno arrestato, in flagranza di reato, un disoccupato di 34 anni residente in provincia di Agrigento con l'accusa di incendio boschivo, resistenza a pubblico ufficiale e lesioni personali aggravate. L'uomo avrebbe appiccato le fiamme in vari punti nell'area boschiva tra Comitini, Campofranco e Milena. L'uomo è stato sorpreso mentre appiccava il fuoco alle sterpaglie ed è fuggito col suo furgoncino. Dopo un rocambolesco inseguimento e una colluttazione i militari sono riusciti a bloccare il piromane. I due carabinieri e l'indagato sono dovuti ricorrere alle cure sanitarie dell'ospedale di Mussomeli: sono stati tutti dimessi con prognosi di pochi giorni. Le operazioni di spegnimento dell' incendio sono durate ore anche con l'utilizzo degli elicotteri della forestale. Venerdì altri due casi. Uno in provincia di Palermo, a Cefalù, dove la polizia ha fermato Antonino Fertitta, 38 anni,  accusato di incendio doloso, continuato e aggravato, sui boschi e sulla macchia mediterranea, con pericolo agli edifici e danni sull'area protetta del parco delle Madonie. Il 3 e il 4 agosto in contrada "Ferla", erano stati appiccati una decina di incendi. Furono anche minacciate diverse abitazioni. I residenti come vere sentinelle per evitare i roghi degli scorsi anni non hanno mai smesso di controllare la zona. Così immediatamente avevano raccontato agli agenti del commissariato di Cefalù di avere visto un uomo appiccare i roghi. Le testimonianze e le indagini hanno consentito di acquisire elementi contro Fertitta che hanno portato all'arresto. Tra martedì e mercoledì sono stati due gli arresti a Sciacca, altrettanti a Ragusa, uno in provincia di Trapani. Cinque persone, in totale, finite in manette e per tutti ancora una volta l'accusa è di avere provocato incendi in Sicilia, proprio mentre interi territori della regione venivano devastati dalle fiamme. Tre operazioni arrivate due giorni dopo il blitz di Ragusa che aveva portato all'arresto del quarantaduenne Andrea Reale con altri quattordici indagati a piede libero. Si tratta di vigili del fuoco volontari del distaccamento di Santa Croce Camerina che avrebbero attivato, con chiamate dai propri cellulari o da quello di parenti, interventi per incendi o animali vaganti in strada. In realtà non c'era alcun intervento da fare, ma era solo un modo per percepire la somma di circa dieci euro l'ora prevista per i volontari. I casi della scorsa settimana, invece, riguardarono 3 episodi distinti. A Sciacca Francesco Salvagio, 48 anni, e Paolo Raso, 69, sono stati arrestati dai vigili del fuoco del comando provinciale di Agrigento, mentre appiccavano un incendio nei pressi di monte San Calogero a Sciacca (Ag). I pompieri erano intervenuti per circoscrivere e domare le fiamme. Hanno però individuato e bloccato, in flagranza di reato, i due mentre erano nella zona di contrada Cutrone. Gli arrestati sono stati portati nelle camere di sicurezza della polizia di Stato. I due sono ai arresti domiciliari. A Ragusa, invece, la polizia ha arrestato due rumeni ubriachi che stavano appiccando un incendio boschivo sulla strada provinciale Vittoria-Scoglitti. Grazie alla segnalazione di un cittadino la volante del commissariato di Vittoria ha colto in flagranza i due che hanno anche aggredito gli agenti per tentare di fuggire. I due rumeni, dopo una notte in discoteca, - dice la polizia - hanno innescato ben otto focolai al fine di dar fuoco ai terreni coltivati. La polizia ha spento alcuni focolai mentre per gli altri è stato necessario il lavoro dei Vigili del Fuoco. Il gip ha convalidato gli arresti applicando la misura cautelare in carcere. Altro caso nel Trapanese: Fabio Milazzo, 20 anni, di Alcamo è stato arrestato in contrada Monte Porcello, a Salaparuta, dai carabinieri e da uomini del corpo forestale regionale di Castelvetrano perché ritenuto responsabile di un incendio appiccato in area boschiva di proprietà demaniale, estesa circa ettari 60.

disservizi
Il Comune di Sciacca diffida Girgenti Acque

L'amministrazione comunale di Sciacca ha diffidato il gestore del servizio idrico integrato, «Girgenti Acque», a rimuovere, con estrema tempestività le cause dei disservizi idrici in alcuni quartieri della città come via Gaie Di Garaffe, via delle Azalee, via Cappuccini, via Caricatore. Dal Comune vengono evidenziati «gravi disagi provocati dai disservizi agli impianti, con pregiudizio per la salute dei cittadini e l'immagine della città». E il sindaco, Francesca Valenti, e l'assessore ai Servizi a Rete, Gioacchino Settecasi, affermano: «Nonostante le ripetute segnalazioni i disservizi continuano a persistere. Una situazione che non è più tollerabile».


Firenze.it
La decisione del parlamento regionale Sicilia: l'Assemblea fa rinascere le province, ribattezzate città metropolitane e liberi consorzi

In Sicilia tornano in auge le province. Dopo aver conquistato il record negativo di 13 sedute e 10 ore di lavoro in tre mesi, l'Assemblea regionale siciliana mette il turbo prima delle vacanze e in pochi giorni, tra finanziaria bis, sblocco fondi per i dipendenti e riforma dei consorzi di bonifica reintroduce l'elezione diretta per le (ex) province. . Viene reintrodotto dunque il voto diretto per presidenti e consiglieri nelle ex province seppur ribattezzate città metropolitane e liberi consorzi, messo in calendario nell'ultima seduta utile prima della pausa estiva, con un vero e proprio blitz da parte dei deputati regionali che hanno chiesto il voto immediato e poi l'hanno approvato senza problemi. Così, dalla prossima primavera, quando scadranno gli attuali consigli, si torna al passato, con tanto di «rimborsi spese» per i consiglieri e stipendio del presidente equiparato a quello dei sindaci. I grillini  hanno votato contro e si attendono una messe di consensi anche in conseguenza dell'accresciuto sentimento di antipolitica che suscita questo ritorno al passato. Il Governatore Crocetta aveva voluto l'abolizione di questi enti già nel febbraio del 2013, eletto da appena quattro mesi. Detto fatto, un mese dopo, mentre Graziano Delrio, appena entrato in Parlamento incominciava a lavorare alla sua riforma per le province delle regioni ordinarie, effettivamente l'Ars approvava la prima norma sull'abolizione delle province e un anno dopo, istituisce i liberi consorzi di comuni. Ad agosto dell'anno scorso poi viene introdotta la norma per le elezioni di secondo livello proprio sulla linea della legge nazionale. Adesso invece si ritorna all'origine con un disegno di legge che, pur non modificando il nome ai liberi consorzi, reintroduce l'elezione diretta. Norma che per il deputato Pd Giovanni Panepinto sarà impugnata poiché in contrasto con la riforma Delrio. Per il deputato di Forza Italia, Vincenzo Figuccia, primo firmatario della riforma, al contrario, «abbiamo messo fine alla riforma più strampalata di Rosario Crocetta. Le ex province sono state massacrate da scelte scellerate del Pd per cinque anni. Ora si vede un po' di luce. Torna anche la democrazia con il voto a suffragio universale». Alla fine, con 32 favorevoli su 47 votanti, a fronte di un'assemblea che conta 90 deputati, la legge passa. Un pratico ritorno al passato. Ma chissà se anche questa volta, come è accaduto in passato, la decisione siciliana non possa costituire uno sprone per la politica nazionale, visti i guasti e le contraddizioni che la riforma Delrio sulle province ha causato e sta causando nel nostro ordinamento, senza aver prodotto particolari risparmi.


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