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rassegna stampa del 4 ottobre 2017

Giornale di Sicilia

Il personale. I sindacati: fondi non ancora stanziati
Regionali, è già rottura sul contratto
Via libera a 5 mila precari
palermo

È rottura fra governo e sindacati sul contratto dei regionali. Mentre l'assessore alla Famiglia, Carmencita Mangano, annuncia la stabilizzazione di 5 mila precari. Ieri l'Aran, l'agenzia per la  contrattazione nel pubblico impiego, ha convocato i sindacati per discutere del rinnovo del contratto. Sul tavolo i dieci milioni stanziati dalla giunta. Una somma che secondo tutte le sigle presenti non è sufficiente a garantire neppure aumenti minimi. «Nessun aumento contrattuale - commenta Luca Crimi della Uil -. Durante l'incontro all'Aran il commissario Claudio Alongi ha certificato che le risorse stanziate  dal governo per i rinnovi sono del tutto insufficienti». Cgil, Cisl e Uil hanno diffuso una nota in cui prendono le distanze dal governo: «Non siamo disponibili a discutere direttive emanate da un governo che non è stato capace di presentare una piattaforma contrattuale sia per il comparto che per la dirigenza». E anche i Cobas, guidati da Dario Matranga e Marcello Minio, si sono alzati e hanno abbandonato il tavolo di trattativa: «Siamo indisponibili a finte trattative. Non ci sono sufficienti garanzie per i lavoratori. E dovremmo fidarci di chi ha già mostrato tutto il proprio disprezzo nei confronti dei regionali danneggiandoli in ogni occasione possibile?» Intanto la Mangano, candidata a Palermo nella lista Ap, ha annunciato che è stata «avviata la procedura per la stabilizzazione dei cinquemila Asu. È stata pubblicata sul sito del dipartimento Lavoro la circolare che disciplina il percorso. Entro il prossimo 8 novembre, i lavoratori impiegati nelle attività socialmente utili dovranno presentare l'istanza per l'inserimento nella "sezione esuberi" all'interno dell'elenco unico regionale, istituita per agevolare lo svuotamento del bacino Asu». Il cammino però è ancora lungo.  (Gia. Pi. )


Scuole sicure, solo 10 i progetti presentati
Riccardo Vescovo - Palermo

A dieci giorni dalla scadenza di un fondamentale bando per la messa in sicurezza delle scuole, sono solo dieci le pratiche presentate alla Regione da Comuni e Province siciliane. Altre 300 pratiche sono incomplete e anche se venissero definite resterebbero comunque poche rispetto ai 4.345 edifici che si trovano nell'Isola. A disposizione ci sono 25 milioni necessari alla verifica del rischio sismico, cioè per capire la tenuta delle strutture, il loro stato e per progettare eventuali interventi. Oggi sono solo 700 le scuole che hanno effettuato questi controlli, le altre 3.600 sono inadempienti e non conoscono lo stato di sicurezza dell'edificio. Tra l'altro senza queste verifiche sul rischio sismico la nuova normativa prevede che le scuole non possano ricevere finanziamenti per alcun tipo di lavoro, per cui il bando è davvero strategico. Eppure continua a essere snobbato. A nulla sono valsi gli appelli dell'assessore regionale all'Istruzione, Bruno Marziano, e degli stessi  sindacati degli edili. Gli enti ocali continuano a disertare sistematicamente le opportunità finanziarie per mettere in sicurezza le scuole. Era già successo lo scorso anno quando un gruppo di Comuni hanno perso 17 milioni per aver presentato in ritardo i progetti di messa in sicurezza di scuole. Ora il rischio riguarda 25 milioni di fondi comunitari propedeutici alla spesa di altri 100 milioni che saranno messi a disposizione all'inizio del prossimo anno dal dipartimento guidato da Gianni Silvia per gli interventi di messa in sicurezza veri e propri. Per accedere a questa misura, come detto, le scuole dovranno verificare se esiste o no un rischio sismico. In pochi lo stanno facendo. Il bando ha l'obiettivo di finanziare gli interventi per «eseguire indagini diagnostiche e verifiche tecniche per valutare il rischio sismico degli edifici scolastici e ad aggiornarne la mappatura». Possono partecipare al bando i proprietari degli edifici che possono ottenere un rimborso pari al 100 per cento del costo delle indagini e delle verifiche tecniche. Le domande possono essere inviate tramite il portale dell'Ares, l'Anagrafe dell'edilizia scolastica della Regione e c'è tempo fino alle 14 del 13 ottobre. «Abbiamo mandato una pec a tutti i Comuni - dice il dirigente Mario Medaglia - l'assessore ha fatto una conferenza stampa, abbiamo pubblicizzato al massimo il bando ma al momento la partecipazione sembra minima". Eppure a spingere i Comuni verso la partecipazione dovrebbero essere non solo i fatti di cronaca relativi a crolli e cedimenti in alcune scuole, ma anche i numeri del settore. Oggi la legge prevede che per poter ottenere un finanziamento, le scuole debbano registrarsi presso l'anagrafe dell'edilizia scolastica inserendo tutta una serie di dati. Dal portale emerge che dei 4.345 edifici quasi uno su tre è stato costruito tra il 1961 e il 1975 mentre il 18 per cento tra il 1921 e il 1960. Sono solo poco più di mille quelli realizzati dopo il 1976, anno in cui sono entrate in vigore leggi più rigide in materia antisismica. Emergono in molti casi gravi carenze a livello di controlli e certificazioni. Il 75 per cento degli istituti non rispetta la normativa antisismica mentre solo il 17 per cento degli edifici ha effettuato la verifica sismica. Numeri che comunque, è bene dirlo, non rappresentano solo adempimenti burocratici ma fotografano  un settore pieno di criticità. Anche perché a livello strutturale nel 40 per cento delle scuole serve un intervento di manutenzione, sia completa (nel 7,8 per cento dei casi), sia parziale (nel 33 per cento circa delle scuole). L'assessorato guidato da Bruno Marziano è pronto a correre ai ripari e a prolungare l'avviso, ma al momento questa è solo una ipotesi: dare questa notizia ora rischierebbe di far adagiare nuovamente gli uffici tecnici dei Comuni inadempienti. Il rischio è di allungare ancora i tempi mentre il nuovo anno scolastico è iniziato e i primi giorni di maltempo hanno fatto emergere pericoli e problemi strutturali. (*RIVE*)

Comuni e Province in ritardo. Incomplete altre trecento pratiche, sempre poche rispetto ai 4.345 edifici dell'Isola da definire
Oggi sono solo 700 le scuole che hanno effettuato questi controlli, le altre 3.600 sono inadempienti e non conoscono lo stato di sicurezza dell'edificio. Il 75 per cento degli istituti non rispetta la normativa antisismica. Soltanto il 17 per cento degli edifici ha effettuato la verifica sismica
L'inerzia pubblica sulla pelle dei giovani
Piero Cascio

Possibile che in Sicilia tutti gli amministratori di enti locali non abbiano figli? Sembrerebbe di sì a leggere le sconfortanti cifre sull'adesione al bando per la messa in sicurezza delle scuole dal pericolo di terremoti. Come se la Sicilia non fosse quella che è, una terra a forte, fortissimo rischio sismico. Solo dieci pratiche presentate per l'accesso a un fondo messo a disposizione proprio per la prevenzione. A fronte di 4.345 edifici scolastici presenti sul territorio dell'Isola. Un'inezia. E mentre sindaci, assessori e burocrati dormono sonni beati, disinteressandosi della sorte dei loro figli e di quelli altrui, nelle sedi scolastiche, moltissime di antica costruzione, i tetti continuano a cedere o a imbarcare acqua, come ci raccontano le cronache. Si grida spesso alla mancanza di risorse, i Comuni non riescono ad approvare i bilanci e a garantire i servizi. Ma quando i soldi ci sono, non vengono impiegati. Un'inerzia inaccettabile.


L'intervista. Lillo Firetto, sindaco di Agrigento: «Stiamo lavorando per beneficiare dei fondi. Pronte le richieste per sette scuole, le presenteremo entro i termini»
«Dalla Regione pochi aiuti, occorrono più risorse»
Giuseppe Pantano

«Stiamo preparando richieste per sette scuole. Saranno presentate entro i termini perché la sicurezza nelle scuole è un tema di straordinaria importanza e bisogna sfruttare ogni possibilità per intervenire ». È quanto afferma Lillo Firetto, sindaco di Agrigento, annunciando che il suo Comune si farà trovare  pronto per beneficiare dei fondi messi a disposizione dalla Regione per la verifica del rischio sismico.
Sindaco, come vi state muovendo ormai a pochi giorni dalla scadenza del termine ultimo? «Noi abbiamo già preparato le schede, disponiamo dell'anagrafe scolastica e rispetteremo la scadenza per tutti gli istituti comprensivi e anche per altre strutture scolastiche. Ho avuto conferma, proprio in queste ore, dagli uffici che sfrutteremo anche questa possibilità. La nostra sensibilità verso questo tema è dimostrata anche da interventi che abbiamo già effettuato in altre scuole, per i quali siamo già in fase di contabilizzazione. Nei miei primi due anni di sindacatura sulle scuole ho puntato tanto e adesso stiamo cominciando a raccogliere i frutti di questo lavoro che è stato svolto».  
Come giudica, invece, il lavoro svolto dalla Regione nel supporto ai Comuni per interventi nelle scuole, soprattutto a beneficio della sicurezza? «Per interventi di questo tipo le risorse non sono mai sufficienti e  questo è di tutta evidenza. Però è arrivato anche il Pon, le misure nazionali che ci hanno dato una mano. Per quello da 350 milioni, che mette a disposizione importanti risorse, adesso ci stiamo attrezzando. Noi contiamo nel prossimo triennio di completare, a tappeto, interventi su tutto il nostro patrimonio scolastico. Siamo partiti trovando scuole che non avevano il riscaldamento, altre che mancavano del wi-fi. Adesso questi problemi sono superati».
La Regione avrebbe potuto fare di più per sostenervi? «Su questo non c'è alcun dubbio e un aspetto non adeguatamente valutato dalla Regione per il quale avremmo voluto ulteriori risorse è anche quello dell'abbattimento delle barriere architettoniche. Pensare che i Comuni con proprie risorse possano dare corso a lavori di messa in sicurezza o di abbattimento delle barriere architettoniche è non essere collegati alla realtà, non tenere conto del contesto nel quale ci muoviamo, della mancanza di risorse».
Una realtà che porta a trascurare anche interventi importanti? «I Comuni non hanno risorse autonome per potere fare questo tipo di investimenti. E non mi riferisco soltanto ai 398 Comuni siciliani e parlo anche da vice presidente dell'Anci. La situazione finanziaria è quella che vede molti Comuni al galoppo verso il dissesto o in piano di rientro. Per cui è inevitabile che le manovre di investimento possono essere effettuata soltanto con risorse aggiuntive, con gli aiuti della Regione e dello Stato. Ormai da tempo i Comuni vivono di finanza derivata. Hanno autonomia finanziaria, ma impositiva non ne hanno. L'unico elemento è la tassa sui rifiuti che, però, deve coprire il costo del servizio. Poi anche a questo proposito bisogna tenere conto dell'alta percentuale di gente che non paga la Tia equesto contribuisce a rendere ancora più grave la situazione. Questo è il quadro che non consente di programmare anche interventi importanti di edilizia scolastica. Noi, qualcosa, siamo riusciti a fare e altro, grazie soprattutto al Pon, contiamo di portarlo a termine». (*GP*)




Legge fornero. Bankitalia e Corte dei Conti al Parlamento: «Confermare l'aumento dell'età pensionabile»
Pensioni, stop alle modifiche
ROMA

Il sistema pensionistico italiano funziona così com'è e non va toccato. Tornare indietro rispetto alla riforma Fornero significherebbe mettere a rischio i conti pubblici, soprattutto in vista dell'evoluzione demografica che vedrà progressivamente aumentare gli anziani e diminuire i giovani in età da lavoro. È un doppio «no» quello che, nel dibattito apertosi sulle pensioni, arriva in Parlamento dalla Corte dei Conti e da Bankitalia. Chiamate in audizione sulla Nota di aggiornamento al Def, entrambe hanno invitato a non indietreggiare rispetto alle garanzie fornite dalla legge in vigore. «Ogni arretramento - ha  osservato il presidente dei magistrati contabili, Arturo Martucci - esporrebbe la finanza pubblica a rischi di sostenibilità». Ad essere bocciate sono proprio le modifiche invocate dai sindacati, che ancora oggi, ribadiscono la richiesta di congelare l'aumento dell'età pensionabile collegato all'aspettativa di vita previsto per il 2019. Secondo la Corte, i caratteri strutturali della riforma Fornero, «a partire dai meccanismi di adeguamento automatico di alcuni parametri, come i requisiti anagrafici di accesso alla evoluzione della speranza di vita e la revisione dei coefficienti di trasformazione», vanno infatti pienamente confermati. Una linea ribadita da Bankitalia. Citando l'ultimo rapporto della Ragioneria, Via Nazionale evidenzia «l'importanza di garantire la piena attuazione delle riforme approvate in passato, senza tornare indietro». Tanto più che, ha rilanciato ancora il vicedirettore generale, Luigi Federico Signorini, le norme degli ultimi 20 anni hanno migliorato profondamente «sia la sostenibilità, sia l'equità intergenerazionale del sistema ». In vista della definizione della legge di bilancio, entrambi i giudizi danno quindi manforte all'intenzione del governo di ritoccare il minimo possibile il sistema, con eventuali interventi che Paolo Gentiloni ha già definito nei giorni scorsi «puntuali» e quindi non di vasta portata. Non a caso, dall'audizione di Pier Carlo Padoan e dal documento depositato dal ministro alle Commissioni Bilancio il tema è rimasto totalmente escluso. Dalla Corte dei Conti è però arrivata anche qualche critica alle azioni dell'esecutivo, ispirate spesso più dall'urgenza che da una visione di lungo periodo. Sia nella spending review che nelle misure fiscali si è agito così, ha sottolineato Martucci, in primo luogo sulla scelta operata finora di utilizzare come forma di copertura misure di lotta all'evasione, di per sè incerte. A sollevare qualche dubbio è stato peraltro anche l'Upb. Se infatti Bankitalia parla di calo del debito imperativo ma finalmente a portata di mano, l'Autorità guidata da Giuseppe Pisauro ha fatto invece notare che la riduzione del debito prevista a partire da quest'anno non sarebbe sufficiente ad assicurare il rispetto della relativa regola numerica entro il 2020. Guardando al deficit, inoltre, l'aggiustamento strutturale dello 0,3% per il prossimo anno garantirebbe il rispetto delle regole in termini annuali, ma non sul biennio, quando «permarrebbero dei rischi di deviazione anche significativa».

Da due settimane Niente acqua potabile al quartiere Villaseta
Emergenza. Il 18 settembre il dirigente medico del servizio Igiene pubblica dell'Asp di Agrigento ha comunicato a Palazzo dei Giganti la presenza di batteri coliformi «Girgenti Acque» utilizza le autobotti, ma non bastano

«In tutta la provincia saranno 200 mila chili»

Quello che troviamo nelle campagne di Sciacca è una percentuale limitata rispetto a quello che c'è nelle case. E se allarghiamo il campo se a Sciacca abbiamo 15 mila chili di materiale contenente amianto
sparso nel territorio in ambito provinciale saranno almeno 200 mila chili. E c'è di più, nei Comuni più grandi la sensibilità verso la tutela dell'ambiente è maggiore, ma se ci addentriamo nei piccoli comuni, dove io mi reco spesso per lavoro, noto una presenza maggiore di amianto abbandonato». E' quanto afferma Domenico Rizzuto, geologo e storico rappresentante di Legambiente a Sciacca.
Tutto questo che guasti sta determinando all'ambiente?  «Se l'amianto rimane su un tetto enon sfibra non è nocivo. Il problema nasce quando, come rilevato in tante occasioni anche nel nostro territorio,
si deve movimentare e smaltire. Lì ci sono due strade, quella della civiltà che dice di rivolgersi a ditte autorizzate e con i costi che questo comporta. Poi c'è quella dell'inciviltà che induce ad  abbandonare quel materiale in una campagna o sotto un ponte. E quel materiale, rotto, provoca un danno notevole perché da quel materiale si liberano le polveri che sono dannose alla salute».
In un territorio, come quello saccense, vicino alla Valle del Belice... «Questo aggrava maggiormente la situazione dove l'emergenza è ancora avvertita. L'amianto è un rifiuto tossico e nocivo e deve essere smaltito seguendo certe regole. Io credo che necessita l'intervento dell'ente locale e magari in maniera diversa rispetto al passato».
In che maniera l'ente locale dovrebbe intervenire? «L'azione che è stata svolta, anche nel recente passato, a Sciacca, è stata  utile perché ha liberato alcune zone di materiale contenente amianto. Io ribadisco, però, che il problema maggiore se si vuole avviare a soluzione il problema è quello di invogliare i tanti che hanno ancora in casa coperture, contenitori e tanto altro contenente amianto a privarsene nella maniera corretta. E allora io metterei sullo stesso piano la necessità di effettuare una bonifica a quella di invogliare il privato attraverso un incentivo a pivarsi in maniera corretta di questo materiale. Non c'è neanche paragone tra il quantitativo che si trova nelle case rispetto a quello abbandonato. La chiave per dare soluzione al problema è questa e cioè il contributo al privato a privarsi del materiale contenente amianto».
La gente è poco sensibile soltanto per evitare una spesa o c'è anche una sottovalutazione del problema che si determina abbandonando l'amianto per strada? «C'è anche un fatto culturale. Quest'abbandono per strada non è una novita, ma risale già a tanti anni fa.  Anzi, prima si abbandonava questo materiale in quantitativi maggiori. Adesso per ritirare un'autorizzazione per una ristrutturazione in campagna bisogna fornire il contratto di smaltimento dei materiali inerti. Questo ha rappresentato un freno, un deterrente. Poi c'è il centro comunale di raccolta che, per piccole quantità di inerti, interviene. Se, invece, tra gli inerti c'è materiale contenente amianto gli operatori non possono riceverlo. Ritengo che anche il dato rilevato a Sciacca dei 15 mila chili possa essere suscettibile di aumento. Ritengo che in un monitoraggio di questo genere almeno un terzo, inevitabilmente, sfugga e poi bisogna aggiungere, lo ripeto, tutto quello che si trova nelle case che è notevolmente maggiore». (*GP*)

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