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rassegna stampa del 26 ottobre 2017

Agrigentonotizie.it

EX PROVINCIA.
Continua il processo all'x presidente Eugenio d'Orsi
"Abusi all'ex Provincia per ristrutturare la villa", il pg vuole sentire i testi chiave

Ascoltare ancora l'agronomo della Provincia, Giovanni Alletto, e l'imprenditore Vincenzo Vecchio. Il procuratore generale, dopo l'unificazione dei due processi di appello che scaturiscono dalle inchieste sui presunti abusi all'ex Provincia regionale di Agrigento, e che vedono imputati l'ultimo presidente Eugenio D'Orsi e il vice segretario dell'ente Ignazio Gennaro, chiede di riaprire l'istruttoria. La richiesta del sostituto pg Emanuele Ravaglioli, che vuole sentire due testimoni chiave dell'inchiesta, sarà valutata dai giudici della Corte di appello di Palermo presieduta da Adriana Piras, che hanno disposto un rinvio al 7 novembre per sciogliere la riserva. D'Orsi, difeso dagli avvocati Daniela Posante e Giuseppe Scozzari, in primo grado, è stato assolto da quasi tutte le accuse (una trentina di ipotesi fra abuso di ufficio, concussione, peculato e truffa) e condannato a un anno di reclusione per un'accusa di abuso di ufficio collegata al rimborso di una quindicina di pranzi, qualcuno consumato in autogrill o paninerie, senza che risultasse "adeguatamente motivato il fine istituzionale": la condanna a 8 mesi a Gennaro scaturisce dall'avere dato il via libera all'approvazione. Contestualmente a quella sentenza, però, sono stati restituiti gli atti alla Procura che, oltre a impugnare quasi tutte le assoluzioni, ha istruito un nuovo processo concluso con la condanna a 4 mesi per "corruzione per l'esercizio della funzione" che scaturiva dall'avere ricevuto quaranta palme per la sua villa di Montaperto (attorno alla quale ruotano diversi reati) da un vivaista come corrispettivo per un appalto che consisteva nella vendita di tutta la merce della sua attività, prossima alla chiusura. A mettere a dimora le palme sarebbe stato proprio Giovanni Alletto e su questa circostanza è contestata un'ipotesi di peculato perché l'agronomo sarebbe stato sottratto al suo lavoro negli orari di servizio.  L'imprenditore Vincenzo Vecchio, invece, protagonista di un dietrofront clamoroso fra le due testimonianze, che lo ha fatto finire sotto inchiesta per corruzione in atti giudiziari insieme allo stesso D'Orsi, avrebbe svolto dei lavori e non sarebbe stato pagato.  "



Scrivolibero.it
Libero Consorzio Agrigento, oggi il termine per la selezione di un componente del Collegio dei Revisori dei Conti

Scade oggi, giovedì alle ore 12,00, il termine per la presentazione della domanda per la selezione di un componente del Collegio dei Revisori dei Conti del Libero Consorzio Comunale di Agrigento. La selezione si è resa necessaria in seguito alle dimissioni di un componente del Collegio dei Revisori dei Conti Le domande dovranno pervenire esclusivamente a mezzo di posta elettronica certificata all'indirizzo di posta elettronica certificata: protocollo@pec.provincia.agrigento.it . Alla selezione possono partecipare gli iscritti da almeno 10 anni nel registro dei revisori legali o all'Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili soggetti residenti in Sicilia, abilitati a ricoprire la carica di componente del Collegio dei Revisori dei Conti. Inoltre i candidati devono aver svolto almeno due incarichi di revisori dei conti presso altri enti locali, ciascuno per la durata di 3 anni e avere conseguito nell'anno precedente, avere almeno 10 crediti formativi riconosciuti dai competenti ordini professionali o da associazioni rappresentative degli stessi per aver partecipato a corsi e/o seminari formativi in materia di contabilità pubblica e gestione economica e finanziaria degli enti territoriali. Il compenso annuo lordo da corrispondere ai componenti del Collegio dei Revisori dei Conti di questo Ente è stato fissato in € 12.000,00, oltre C.P. ed IVA se dovute. Il bando e la domanda sono disponibili nella sezione primo piano della home page del sito dell'Ente www.provincia.agrigento.it .

GdSonline
IL PROVVEDIMENTO Condizionamento del voto, Minniti allerta le prefetture siciliane in vista delle Regionali

 Il ministro dell'Interno scrive ai prefetti della Sicilia per intensificare i controlli in vista delle regionali del 5 novembre. Nella nota - di cui parla il presidente della Regione Rosario Crocetta - Minniti fa riferimento al fatto che "le organizzazioni criminali, specie in contesti territoriali in cui risultino particolarmente radicate, puntino a condizionare lo svolgimento e risultati delle competizioni elettorali sia al fine di dimostrare, anche in questo delicato ambito, la propria pervasiva presenza sul territorio, sia per potersi infiltrare, con lo scopo di perseguire con maggiore efficacia i propri fini illeciti, nel governo della cosa pubblica". In tal senso viene elevata al massimo la "cornice di sicurezza" già prevista in occasione della consultazione elettorale, così come i piani e i servizi di vigilanza già predisposti dalle prefetture dell'Isola, che verranno integrati con azioni di controllo e presidio del territorio con l'obiettivo di prevenire possibili interferenze della criminalità sull'esercizio del diritto di voto. Crocetta si ritiene "soddisfatto per l'attenzione che il ministro sta dedicando alle questioni di sicurezza e di legalità legate al voto siciliano e lo ringrazia per l'azione avviata".

REGIONE Riparto dei fondi per l'ex Province, enti esclusi: è polemica

 Nel decreto di riparto di 20,5 milioni di euro stanziati dall'Ars lo scorso 8 agosto in sede di variazione di bilancio, sono rimasti fuori le città metropolitane di Palermo e Catania e i Liberi Consorzi Comunali di Agrigento e Caltanissetta. La parte del leone l'ha fatta l'ex provincia di Siracusa che ha avuto assegnato 11 milioni e 95 mila euro, mentre, alla città metropolitana di Messina sono andati 4 milioni e 374 mila euro. Cifre inferiori per Enna (2 milioni e 43 mila euro), Ragusa (un milione e 256 mila euro) e per Trapani (un milione e 645 mila euro). Il decreto di riparto firmato dall'assessore alle Autonomie Locali Luisa Lantieri è fortemente contestato dal deputato regionale del Pd Nello Dipasquale, vice presidente della Commissione Bilancio all'Ars. "La ripartizione contravviene - dice Di Pasquale - ai principi di assegnazione che erano stati stabiliti precedentemente e vi sono assegnazioni con differenze sproporzionate se si considera che Siracusa riceve un finanziamento di 11 milioni di euro, Enna poco più di due milioni di euro, Trapani un milione e mezzo e Ragusa solo un milione e 250 mila euro. Chiedo al presidente Crocetta che aveva assunto un formale impegno con i dipendenti dell'ex provincia di Ragusa di bloccare il decreto e di ristabilire un'equità tra gli enti che hanno forti disavanzi e non riescono a chiudere i bilanci, altrimenti sono pronto ad impugnarlo in quanto in contrasto con la norma adottata dall'assemblea regionale siciliana». «Ancora un altro 'colpo di mano' è stato operato dall'assessorato regionale alle Autonomie locali col riparto per le ex province siciliane che ha fortemente penalizzato il Libero Consorzio Comunale di Ragusa che ha avuto assegnato appena un milione e 256 mila euro». Lo scrivono i rappresentanti sindacali di base dell'ex provincia di Ragusa. "Di fronte a questa nuova prevaricazione - aggiungono i sindacati - che fa venire meno un minimo di credibilità e fiducia nelle Istituzioni, si fa ancora una volta appello al presidente della Regione siciliana Rosario Crocetta, affinché le promesse fatte ai nostri dipendenti siano mantenute e si proceda alla revoca anche di questo decreto assessoriale che è, illogico e immotivatamente discriminatorio nei confronti di questo Ente. Il nuovo decreto non ha tenuto conto del disavanzo di amministrazione di più di 3 milioni dell'ex provincia di Ragusa che finirà per dichiarare il dissesto».


La Sicilia online
Ex Province, assegnati 20,5 milioni ma restano fuori 4 enti

Niente fondi per le città metropolitane di Palermo e Catania e i Liberi Consorzi Comunali di Agrigento e Caltanissetta PALERMO - Nel decreto di riparto di 20,5 milioni di euro stanziati dall'Ars lo scorso 8 agosto in sede di variazione di bilancio, sono rimasti fuori le città metropolitane di Palermo e Catania e i Liberi Consorzi Comunali di Agrigento e Caltanissetta. La parte del leone l'ha fatta l'ex provincia di Siracusa che ha avuto assegnato 11 milioni e 95 mila euro, mentre, alla città metropolitana di Messina sono andati 4 milioni e 374 mila euro. Cifre inferiori per Enna (2 milioni e 43 mila euro), Ragusa (un milione e 256 mila euro) e per Trapani (un milione e 645 mila euro). Il decreto di riparto firmato dall'assessore alle Autonomie Locali Luisa Lantieri è fortemente contestato dal deputato regionale del Pd Nello Dipasquale, vice presidente della Commissione Bilancio all'Ars. "La ripartizione contravviene - dice Di Pasquale - ai principi di assegnazione che erano stati stabiliti precedentemente e vi sono assegnazioni con differenze sproporzionate se si considera che Siracusa riceve un finanziamento di 11 milioni di euro, Enna poco più di due milioni di euro, Trapani un milione e mezzo e Ragusa solo un un milione e 250 mila euro. Chiedo al presidente Crocetta che aveva assunto un formale impegno con i dipendenti dell'ex provincia di Ragusa di bloccare il decreto e di ristabilire un'equità tra gli enti che hanno forti disavanzi e non riescono a chiudere i bilanci, altrimenti sono pronto ad impugnarlo in quanto in contrasto con la norma adottata dall'assemblea regionale siciliana».

LA SICILIA
PREVIDENZA. Mattina e Guerini: «Giusto rivedere le regole dell'adeguamento all'aspettativa di vita», che per l'Istat è più lunga.

Età pensionabile, Pd pressa su Poletti RIVALUTAZIONI. Consulta: bilanciata la restituzione parziale operata dal governo Renzi.

Rivedere il meccanismo che aggancia l'età pensionaNte alla speranza di vita. Dopo la pubblicazione delle nuove stime Istat, dal Pd è partito il pressing per chiedere uno stop dell'automatismo in base al quale a partire dal primo gennaio 20l 9 scatterà l'aumento dell'età pensionabile a 67 anni: l'aspettativa di vita degli italiani, dice l'Istituto nazionale di previdenza, si è allungata e il governo ha lo spunto per procedere. Lo scatto deve essere deciso con un decreto interministeriale (Economia, Lavoro) 12 mesi prima dalla data di decorrenza di ogni aggiornamento. Ci sono ancora due mesi di tempo per intervenire con una modifica per passare, ad esempio da un adeguamento triennale a biennale. La riforma Fornero, in ogni raso, contiene una clausola di salvaguardia per cui l'aumento dell'età da 67 anni scatterebbe, indipendentemente dalle variazioni della speranza di vita rilevata dall'Istat, a partire dal 2021. Non tutti i lavori sono uguali. E non tutti i lavoratori hanno la stessa aspettativa di vita per le mansioni che fanno», incalza il ministro dell'Agricoltura e vicepresidente del Pd, Maurizio Martina, chiedendo al governo di rinviare lo scatto per discutere prima una revisione del sistema. Gli fa eco il renziano Lorenzo Guerini: "Giusto ripensare le regole, tempi ci sono». Finora il governo aveva escluso categorica mente un intervento in tal senso, ma ieri è attivata una timida apertura dal ministro del Lavoro. Giuliano Poletti, che, però, non tiene conto dei tempi fissati dalla Legge: «La legge andrà in applicazione all'inizio del 20l9, c'è oltre un anno di tempo: se si vuole discutere e confrontarsi sul merito di questo tema, il tempo c'è», afferma. Rivedere l'adeguamento, però, avrebbe dei costi perché ci sarebbero più persone ad andare in pensione rispetto a quanto preventivato e su questo fronte resta il fuoco di sbarramento del ministero dell'Economia che vigila affinché si proceda lungo lo stretto sentiero segnato da Bruxelles e non intende mettere a rischio la tenuta dei conti pubblici. Tenuta che gia in passato è stata assicurata da interventi sulle pensioni. Tra questi, anche alcuni che la giurisprudenza ha bocciato perchè considerati lesivi dei diritti dei pensionati. E' il caso del blocco per due anni (2012- 2013) dell'indicizzazione degli assegni pensionistici superiori a 1.404 euro lordi stabilito dal governo Monti alla fine del 2011. E la norma che fece arrivare l'allora ministra del Lavoro, EIisa Fornero, alle lacrime e sulla quale nel maggio del 2015 si è abbattuta la mannaia della Consulta che, con la sentenza numero 70, dichiara l'incostituzionalità del blocco della perequazione delle pensioni superiori a tre volte il minimo. Secondo i giudici della Consulta, la norma non rispettava il principio della progressività e colpiva in discriminatamente le pensioni più contenute (ovvero quelle attorno alla soglia dei 1.400 lordi) e le pensioni d'oro. La toppa ce l'hanno messa il governo Renzi e il ministro Poletti, con il decreto 65/2015 su cui ieri si è espressa la Corte costituzionale, stavolta a favore del governo, che rischiava di dover trovare risorse per 24 mld di euro. La Consulta, infatti, ha respinto le censure di incostituzionalità del decreto legge che ha fissato una restituzione della rivalutazione differenziata (i 100% per le pensioni fino a 3 volte il minimo Inps; il 40% a quelle da 3 a 4 volte, che scende al 20% per gli assegni superiori di 4-5 volte il minimo, e al 10% per quelli tra 5-6 volte) escludendo dalla restituzione chi percepisce una pensione superiore a 6 volte il minimo Inps. Secondo i giudici la norma realizza «un bilanciamento non irragionevole tra i diritti dei pensionati e le esigenze della finanza pubblica».

RICHIESTE PER 3 MLD DI IN VESTIMENTI, CON LA DECONTRIBUZIONE ASSUNTI 82 MILÀ GIOVANI

Lavoro: più credito d'imposta e sgravi rafforzati.
«Il credito di imposta per investimenti al Sud, potenziato col decreto legge Mezzogiorno, in vigore da aprile, allo scorso 31 agosto ha ricevuto domande per miliardi di euro,che corrispondo a 3,3 miliardi di investimenti realizzati da imprese private al Sud. E la misura sta continuando a tirare continuano a pervenire istanze». Lo ha detto il ministro Claudio De Vincenti, che ha commentato: «Io e il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, siamo molto contenti. Per questo ho proposto di incrementare il fondo, e in manovra di bilancio ci sarà uno stanziamento aggiuntivo, così le imprese potranno continuare a beneficiare di uno strumento che funziona». Analogamente, sul fronte delle misure di politica attiva del lavoro De Vincenti può vantare risultati positivi: «Grazie alla decontribuzione sull'assunzione di giovani sono stati attivati 82mila nuovi contratti a tempo indeterminato. Anche in questo caso ho proposto il rifinanziamento della misura. Nella manovra, quindi, ha trovato spazio una decontribuzione fino al 50% per l'assunzione di giovani under30, con una misura aggiuntiva fino al 100% di sgravio per assunzioni di under 35 al Sud e sempre al 100% per over 35 che abbiano almeno sei mesi di disoccupazione». Il problema di queste misure, così come il bonus Garanzia Giovani e gli assegni di ricollocazione, è che in Sicilia si b tutto perchè, vigendo l'autonomia regionale, ci si scontra con i servizi per l'impiego che non sono in condizione di funzionare e con l'ispettorato unico del lavoro che solo qui non può ancora de collare. li ministro in proposito ha annunciato: «Abbiamo appena fatto ordine nel campo dei centri per l'impiego: li abbiamo finanziati e abbiamo attribuito le competenze alle Regioni. Sulle questioni specifiche della Sicilia, dai servizi per l'impiego all'ispettorato unico, finora c'è stato un forte rapporto fra il nostro governo e la Regione. Mi auguro che il prossimo governatore vorrà avere un rapporto ancora più forte».


Giornale di Sicilia

La Regione cede al Comune le Terme di Sciacca
Sciacca

La Regione ha ceduto, ieri, gran parte dei beni delle Terme di Sciacca al Comune che potrà pubblicare un bando per la gestione. La firma sull'atto di cessione, per 50 anni, è stata posta dal sindaco, Francesca Valenti, e dal direttore del dipartimento Finanze dell'assessorato regionale all'Economia, Gaetano Chiaro. Al Comune di Sciacca ieri è arrivato anche l'assessore regionale all'Economia, Alessandro Baccei, che ha spiegato i termini della cessione che, intanto, riguarda lo stabilimento cure, il Grand Hotel delle Terme, le piscine dei Molinelli e del parco e il convento San Francesco. Restano alla Regione in attesa che il liquidatore, Carlo Turriciano, definisca gli ultimi aspetti tecnici, le stufe vaporose di San Calogero, il grande e il piccolo albergo del Monte Kronio e l'ex centro direzionale che ospita, ormai da anni, il comando della Polizia municipale. L'arrivo di Baccei a Sciacca è stato preceduto da polemiche con il movimento Cinque Stelle che ha attaccato: «Per l'ennesima volta le Terme di Sciacca sono utilizzate con finalità meramente elettorali ». E mentre Baccei arrivava a Sciacca la Cgil tuonava: «Quello di oggi rischia di essere un "regalo" avvelenato e, al punto in cui siamo, sarebbe stato più saggio aspettare la nomina del nuovo governo della Regione e ridiscutere del rilancio del settore termale siciliano». Ma l'assessore Baccei e il sindaco Valenti hanno spostato l'obiettivo in ben altra direzione. «Oggi - dice Baccei -siamo arrivati a una tappa di un percorso che non è ancora finito. Cominciamo a dare un primo pezzo, significativo, in concessione al Comune. Non abbiamo scelto un giorno vicino alle elezioni. C'erano tantissime complicazioni per questa porzione significativa di beni, mentre per altri stiamo ancora lavorando per risolvere alcune problematiche». Il sindaco, Francesca Valenti, da parte sua, visto che i tecnici della Regione hanno parlato di circa due mesi per definire l'iter riguardante la cessione degli altri beni, ha affermato che attenderà tutto il patrimonio per la pubblicazione del bando. Sulla chiusura, tre anni fa, delle Terme, Baccei ha detto che «andava fatta perché c'era una società che perdeva 3 o 4 milioni l'anno, non aveva i soldi per pagare le bollette, il personale e, soprattutto, per investire e rilanciare il complesso». (*GP*)

Pensioni, il Pd contro lo scatto a 67 anni
Il vicesegretario del partito, Maurizio Martina, chiede un rinvio del passaggio, così da rimettere mano alle regole
Marianna Berti - Roma

Il Pd scende in campo per stoppare lo scatto automatico dell'età pensionabile. A prendere posizione è il vicesegretario del partito Maurizio Martina, che chiede un «rinvio» del passaggio a 67 anni dal 2019, così da rimettere mano alle regole. Partendo dal fatto che «non tutti i lavori sono uguali». Una mossa che avrebbe «irritato » il governo, che non più di due settimane fa per voce del premier PaoloGentiloni e del ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan aveva ribadito che sugli scatti dell'età andava rispettata «la legge in vigore». Anche per non dare a Bruxelles l'impressione di voler venire meno agli impegni presi sul fronte previdenziale, che ha un impatto molto rilevante sui conti. Un compromesso lo suggerisce il presidente della commissione Bilancio della Camera, Francesco Boccia, spiegando che «non ci sarebbe nulla di scandaloso» se «il Parlamento decidesse per un time out». Intanto, le casse pubbliche evitano una batosta da 30 miliardi, perché la Consulta ha salvato il bonus Poletti sulla rivalutazione delle pensioni sopra i 1.500 euro. Il filone pensioni dunque, in un clima  oramai «pre-elettorale», si surriscalda.Matteo Renzi, in tour col treno Pd, sottolinea che il tema pensioni è uno di quelli su cui viene più sollecitato dai cittadini. Ed è il vicesegretario Dem Martina a posizionare il partito contro uno scatto impopolare: «Non tutti i lavoratori hanno la stessa aspettativa i vita per le mansioni che fanno », dice Martina. E proprio per questo propone un rinvio. Anche perché, spiega il ministro dell'Agricoltura, «i tempi» per una discussione parlamentare, e una eventuale revisione del meccanismo, «ci sono». In effetti lo scatto d'età partirebbe solo dal primo gennaio del 2019. Tuttavia, stando alla legge, il provvedimento che certifica l'aumento a 67 anni va varato entro la fine dell'anno. Ecco che se si vuole intervenire un primo passo va fatto subito, perché anche una semplice «pausa di riflessione» sul tema ha bisogno di una misura che rimandi il decreto in questione. Il pressing delle forze politiche è alto e non conosce colore. Per il renziano Lorenzo Guerini, coordinatore della segreteria dem, «le regole vanno ripensate» e contro lo scatto si levano anche altre voci democratiche, da Gianni Cuperlo al ministro della Giustizia Andrea Orlando. I presidenti delle commissioni Lavoro di Camera, Cesare Damiano, e Senato, Maurizio Sacconi, sono sempre pronti. «L'appello firmato da oltre 100 parlamentari, lanciato dal sottoscritto e dal senatore Sacconi il 14 luglio scorso, che chiedeva la revisione del meccanismo che collega l'aumento dell'età pensionabile all'aspettativa di vita, sta facendo proseliti», dichiara Damiano. «Ho molto apprezzato - prosegue - la dichiarazione del ministro Martina che chiede un rinvio dell'entrata in vigore del meccanismo». «Cambiare la legge Fornero» è il motto di Matteo Salvini. Mentre Mdp con Roberto Speranza chiede di agire in legge di Bilancio. La manovra viene dunque tirata in ballo. Martina indica anche un exit strategy, che somiglia a quella suggerita dai sindacati. Bloccare il rialzo per i lavoratori «stressati». Intanto per l'accesso al beneficio pensionistico Ape sociale e per i lavoratori cosiddetti precoci il ministero del Lavoro «ha ritenuto applicabile ai benefici in questione la regola secondo la quale lo stato di disoccupazione non viene meno in caso di rioccupazioni di durata inferiore a sei mesi». È quanto si legge in un messaggio dell'Inps nel quale si precisa che le nuove domande verranno esaminate alla luce del nuovo indirizzo interpretativo e quelle respinte saranno riesaminate.  Intanto ha confermato i pronostici il «verdetto» della Corte Costituzionale. La Consulta ha salvato, giudicando legittimo, il decretoche nel 2015 restituì parte della mancata rivalutazione per le pensioni sopra 1.500 euro.

Corte d'appello. Sarà discussa il 7 novembre la richiesta di nuova istruttoria. La Procura ha anche impugnato tutte le assoluzioni per l'ex presidente e il vice segretario
Le palme nella villa di D'Orsi, il pg: «Sentiremo i testi chiave»

Ascoltare ancora l'agronomo della Provincia, Giovanni Alletto, e l'imprenditore Vincenzo Vecchio. Il procuratore generale, dopo l'unifi - cazione dei due processi di appello  che scaturiscono dalle inchieste sui presunti abusi all'ex Provincia regionale di Agrigento, e che vedono imputati l'ultimo presidente Eugenio D'Orsi e il vice segretario dell'ente Ignazio Gennaro, chiede di riaprire l'istruttoria. La richiesta del sostituto pg Emanuele Ravaglioli, che vuole sentire due testimoni chiave dell'inchiesta, sarà valutata dai giudici della Corte di appello di Palermo presieduta da Adriana Piras, che hanno disposto un rinvio al  7 novembre per sciogliere la riserva. D'Orsi, difeso dagli avvocati Daniela Posante e Giuseppe Scozzari, in primo grado, è stato assolto da quasi tutte le accuse (una trentina di ipotesi fra abuso di ufficio, concussione, peculato e truffa) e condannato  a un anno di reclusioneper un'accusa di abuso di ufficio collegata al rimborso di una quindicina di pranzi, qualcuno consumato in autogrill o paninerie, senza che risultasse «adeguatamente motivato il fine istituzionale»: la condanna a 8 mesi a Gennaro scaturisce  dall'avere dato il via libera all'approvazione. Contestualmente a quella sentenza, però, sono stati restituiti gli atti alla Procura che, oltre a impugnare quasi tutte le assoluzioni, ha istruito un nuovo  processo concluso con la condanna a 4 mesi per «corruzione per l'esercizio della funzione» che  scaturiva dall'avere ricevuto quaranta palme per la sua villa di Montaperto (attorno alla quale ruotano diversi reati) da un vivaista come corrispettivo per un appalto che consisteva nella vendita di tutta la merce della sua attività, prossima alla chiusura. A mettere a dimora le palme sarebbe stato  proprio Giovanni Alletto e su questacircostanza è contestata un'ipotesi di peculato perché  l'agronomo sarebbe stato sottratto al suo lavoro negli orari di servizio. Alletto, ascoltato al processo di primo grado, ha riferito di essere stato convocato più volte da D'Orsi all'esterno dell'ufficio ma solo «per discutere di questioni di lavoro », aggiungendo che, quando i finanzieri a distanza lo hanno fotografato mentre coordinava la messa a dimora delle palme, si trovava là per caso e anche l'abbigliamento (circostanza valorizzata dai giudicinella sentenza di assoluzione) non era consono. Adesso il pg vuole approfondire la questione. D'Orsi, inoltre, secondo i pm, aveva abusato del suo ruolo istituzionale per non pagare lavori oppure pretendere sconti eccessivi per prestazioni di imprese e professionisti. L'imprenditore Vincenzo Vecchio, invece, protagonista di un dietro-front clamoroso fra le due testimonianze, che lo ha fatto finire sotto inchiesta per corruzione in atti giudiziari insieme allo stesso D'Orsi, avrebbe svolto dei lavori e non sarebbe stato pagato.
(*GECA*)

Tutela dell'ambiente. Sono 219 le abitazioni da buttare giù. Il Consorzio «Compat» di Roma si è aggiudicato l'appalto per completare i lavori nei prossimi due anni
Licata, le case abusive demolite salgono a 77
Paolo Picone - Licata

Anche il villino numero 77 della lista elaborata dalla Procura di Agrigento è stato demolito. Le ruspe dell'impresa «Patriarca», che dal 20 aprile 2016 sono in azione per ripristinare la legalità in un territorio devastato dalle costruzioni abusive in riva al mare, stanno completando il cantiere  che porterà all'abbattimento totale del manufatto costruito senza licenza al Pisciotto, sulla strada provinciale per San Michele in direzione Torre di Gaffe. Ed è tra La Rocca ed il Pisciotto che è stato eseguito il maggior numero di interventi demolitori. Il  cantiere è iniziato due giorni fa e sarà concluso in settimana, dopo
aver smaltito il materiale di risulta che è stato ammassato dagli operai dell'impresa e che sarà trasportato in una discarica autorizzata  a Favara. Una volta finto questolavoro l'impresa ragusana si sposterà alla Playa. In via Soldato  Termini tutto è pronto per demolire uno stabile di due piani in cui vivevano, nel periodo estivo, ben 6 famiglie, con una estensione di circa 300 metri quadrati. L'immobile è già stato sgomberato, dai mobili e dalle suppellettili sistemate all'interno. L'Enel però non ha fatto in tempo a staccare la linea e procedere al distacco dei 6 contatori attivi per la fornitura elettrica allo stabile da abbattere.
Il lavoro dell'ufficio tecnico e del dipartimento Urbanistica del Comune di Licata, coordinato dal dirigente, l'ingegnere Vincenzo Ortega, prosegue molto velocemente, per ripristinare la legalità sul fronte degli abusi edilizi. L'ufficio ha lavorato per il completamento delle opere di demolizione di costruzioni ritenute abusive con sentenze passate in giudicato, alcune delle quali risalenti al 1992, con l'appalto del 2015 che era stato  vinto dall'impresa Patriarca per un importo a base d'asta di circa 500 mila euro e che è servito ad abbattere ben 75 villini. E sulla prosecuzione degli interventi attraverso una nuova gara, che è stata aggiudicata nei  iorni scorsi dalla stazione unica appaltante dell'ex Provincia di Agrigento, per conto del Comune di Licata. L'impresa che ha vinto l'appalto è il Consorzio «Compat»  di Roma che ha offerto un ribasso del 36,7565% per un importo netto di 213.008,16 euro, ai quali vanno aggiunti 32.076,80 euro per oneri di sicurezza non soggetti a ribasso, per un importo contrattuale di 245.084,96 euro. L'appalto avrà una durata di due anni ed i lavori sono finanziati con fondi del Comune di Licata. Con questa somma potranno essere demoliti un centinaio di stabili, in due anni, per completare la lista dei 219 villini acquisti al patrimonio comunale in quanto realizzati senza licenza edilizia e in assenza di concessione in sanatoria perché realizzati in zone con vincolo ad inedificabilità assoluta. L'ufficio tecnico ha lavorato anche sul versante degli abusi minori, cioè le tettoie abusive, coperture delle verande che occupano uno spazio maggiore rispetto a quello autorizzato oppure porte e  inestre realizzate in maniera difforme  rispetto alla concessione edilizia. I lavori sono stati appaltati alla ditta «Antonino Tindaro Donato - Consorzio stabile costruendo » con sede a Rodì Milici nel messinese che si è aggiudicata l'appalto per la demolizione e rimessa in pristino di interventi nel Comune di Licata. L'imminente arrivo delle ruspe  ha spinto i cittadini che hanno ricevutodall'ufficio tecnico comunale le ingiunzioni alle demolizioni, ad abbattere gli abusi in maniera autonoma. Il contratto, che è stato sottoscritto il 21 settembre scorso avrà validità 24 mesi. L'importo del contratto è di 273.541 euro, di cui 241.541 euro per lavori  e 32.000 euro per oneri di sicurezza.(*PAPI*)


Assegnati 20,5 milioni di euro, niente soldi per Agrigento - Grandangolo Agrigento
Ex Province: assegnati 2.0,; milioni di euro, niente soldi per Agrigento

Cifre inferiori per Enna (2 milioni e 43 mila euro. Ragusa (un milione e 256 mila euro) e per Trapani (un milione e 645 mila euro). Il decreto di riparto firmato dall'assessore alle Autonomie Locali Luisa Lantieri e' fortemente contestato dal deputato regionale Nello Di Pasquale vice presidente bdella Commissione Bilancio dell'Ars. Nel decreto di riparto di 20,5 mlllcni di euro stanziati dall'Ars lo scorso 8 Agosto esclusi i Liberi Consorzi Comunali di Agrigento e Caltanissetta.

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