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rassegna stampa dell'1 febbraio 2018

Giornale di Sicilia

Dati 2017. Al top: Teatro Antico di Taormina e Valle dei Templi di Agrigento
Musei e siti, visitatori in aumento
Boom per gli incassi: 26 milioni

Palermo

Aumentano ancora gli incassi e il  numero dei visitatori nei beni culturali siciliani. Il dato complessivo degli ingressi nel 2017 è stato di 4 milioni e 993 mila visitatori, con un incremento pari al 13,66%. Per quanto riguarda gli introiti l'Isola è passata da 23,2 a 26 milioni registrando un più 12,42 per cento. Va detto che il balzo in avanti è avvenuto anche in concomitanza all'affidamento della gestione di alcuni siti a dei concessionari, mossa che ha quasi sempre giovato alle strutture anche se è arrivata in corso d'anno. È quanto emerge sui  dati sulla fruizione dei musei e delle aree archeologiche pubblicati annualmente dal dipartimento regionale dei Beni culturali. Andiamo ai raffronti. A livello nazionale nel 2017 sono stati oltre 50 milioni i visitatori che si sono recati in tutte le altre regioni. Volendo fare un confronto, sugli ingressi in media la crescita è in linea col dato nazionale anche se poi il solo Colosseo ha registrato 7 milioni di visitatori contro i 4,9 milioni di tutta l'Isola. Per quanto riguarda invece gli incassi, il trend delle altre regioni è leggermente superiore con un più 13,5 per cento. Roba di poco conto, il dato oggettivo  è che la situazione dei beni culturali nell'Isola è migliora ancora ancora mentre i veri problemi, che restano irrisolti,  si registrano a livello locale. La provincia di Ragusa ad esempio è l'unica a segnare un calo nel numero di visitatori con un meno 5,13 per cento (in tutto circa 33 mila visite), anche se gli incassi hanno un leggero aumento dell'1,8 (58.800 euro). Non molto lontano invece la provincia di Siracusa segna un più 14,4 per cento negli incassi e ben 800 mila ingressi nei siti del territorio. Spicca l'area di Neapolis e l'Orecchio di Dionisio con 649 mila visitatori e un incasso di 4,6 milioni. Ma il record negli introiti appartiene al teatro Antico di Taormina con 6 milioni e 196 mila euro grazie a 809 mila ingressi. Curioso come i siti del circondario riescano a intercettarne solo una minima parte: a seguire il sito più visitato della provincia è il museo di Isolabella e di Villa Caronia con 74 mila ingressi e un incasso di 196 mila euro. Ai primi posti per numero di ingressi c'è anche la Valle dei Templi di Agrigento: questo sito è uno di quelli ad aver beneficiato della gestione di un concessionario che è partita a maggio e i dati parlano chiaro, 867  mila visite contro le 654 mila dell'anno prima e 6 milioni di incasso controi 4,6 del 2016. Altro esempio è il Chiostro del Duomo di Monreale, passato da 186 mila visitatori a 214 mila con gli introiti aumentati da 800 mila euro a 912 mila. Anche il Castello della Zisa è salito da 47 mila visite a 58 mila con 191 mila euro di introiti contro 144 mila dell'anno prima. Per le altre strutture non sembrano emergere grosse novità. Nel 2017 è rimasto stabile sui 2,5 milioni l'incasso della Villa del Casale a Piazza Armerina che anche nel 2017, così come l'anno precedente, ha segnato circa 80 mila visitatori. Stabile pure il trend dell'area archeologica di Segesta,  con circa 330 mila ingressi e 1,3 milioni di ricavi. Restano poi evidenti le solite criticità in piccoli siti di provincia. A Marianopoli, nel Nisseno, al museo archeologico si sono registrati solo ingressi gratuiti, ben 1.200. Stesso discorso anche a Mineo, nel Catanese: all'area Palikè in 600 circa sono entrati sempre senza pagare. (RIVE) 

Ars. Approvata la legge: nei centri con bacini termali basterà una delibera dei Consigli, ma una petizione popolare potrà bloccare la modifica entro sessanta giorni
Da Sciacca a Termini: nei nomi dei Comuni la parola «Terme»
Sciacca


Ora c'è la legge che consentirà ai comuni termali di aggiungere la parola «terme» al proprio nome. L'Assemblea regionale siciliana ha approvato il disegno con 36 voti a favore e nessuno contrario. Ne beneficeranno i Comuni sede di insediamenti o bacini termali. Basterà una delibera del Consiglio comunale che può essere, però, «cancellata» da una eventuale petizione popolare entro 60 giorni. L'approvazione è arrivata quando le principali strutture termali della Sicilia - Sciacca, Acireale e Termini Imerese  - sono chiuse. Aperte, invece, edoperano regolarmente, le Terme di Montevago, gestite da una società privata. Ma quando l'onorevole Matteo Mangiacavallo, saccense, e il gruppo del Movimento Cinque Stelle, avevano presentato il disegno di legge, le stazioni termali siciliane erano aperte. «Il cambio di denominazione - spiega Mangiacavallo - non risolve certamente una questione decennale quale quella della ancora mancata riattivazione degli stabilimenti termali, ma torna a porre l'accento su una vertenza che il governo di questa  Regione non può continuare a derogare così come hanno fatto i precedenti inquilini di Palazzo d'Orleans. Auspico, quindi, che prima di cambiare denominazione nei Comuni di Sciacca e Acireale si provveda alla riapertura degli impianti termali». Un altro parlamentare di Sciacca, Michele Catanzaro, del Pd, ha votato a favore. A Sciacca, nel 2009, su iniziativa dell'allora sindaco Ignazio Cucchiara,  si è svolto un referendum per il cambio del nome in Sciacca Terme, ma non si è raggiunto il quorum e l'iniziativa è sfumata. Qualche mese fa parte dei beni, uno degli stabilimenti, il Grand Hotel e le piscine, sono stati ceduti in concessione dalla Regione al Comune che dovrà pubblicare un bando per l'affidamento in gestione a un privato. (*GP*) 

L'audizione. Presenti all'incontro anche i Comuni di Agrigento e Canicattì per portare la voce dei territori nelle istituzioni e riferire sui loro rapporti con l'Ente
Criticità e inefficienze nell'erogazione idrica
La commissione dell'Ars «torchia» Girgenti Acque
La presidente Savarino: «Abbiamo acceso un faro»


È durata 4 ore l'audizione presso la commissione Ambiente e territorio all'Assemblea regionale siciliana, presieduta dall'onorevole Giusy Savarino, dei vertici di Girgenti acque, la società  idrica che si occupa della gestione del servizio di approvvigionamentoed erogazione dell'acqua nell'Agrigentino. Quattro ore in cui sono state passate al setaccio tutte le criticità lamentate da sindaci, amministratori ed associazioni di consumatori. «La commissione che presiedo - dice l'onorevole Savarino - ha acceso un faro sulla provincia di Agrigento. Le associazioni intervenute hanno riferito quanto già emerso anche dalle tante
segnalazioni dei cittadini giunte in commissione, e in particolare l'elevato costo delle bollette, nettamente superiore alla media nazionale, il difetto di alcuni contatori che girano a vuoto facendo pagare al consumatore l'aria al costo onerosissimo dell'acqua, la insufficienza degli impianti di depurazione, e reti colabrodo più del 55% dell'acqua viene dispersa a causa delle reti colabrodo, e i turni di erogazione dell'acqua lunghi e discontinui». Presente anche l'organo di controllo del gestore, cioè l'Ati idrico che ha riferito sia di essere a conoscenza delle «inadempienze contrattuali perpetuate da Girgenti acque, sia di un rapporto fortemente conflittuale e che pertanto stanno valutando l'ipotesi di esperire un'azione legale volta alla rescissione del contratto». Presenti anche i Comuni di Agrigento e Canicattì per portare la voce dei territori nelle istituzioni e riferire sui loro rapporti con Girgenti Acque e sullo stato di avanzamento dei progetti insistenti sulle reti dei loro Comuni. Pare, infatti, che vi sia la possibilità di finanziare il risanamento delle reti agrigentine e gli impianti di depurazione con un finanziamento nel complesso di circa 108 milioni di euro. Bisognerà capire, però, la copertura finanziaria per questi progetti e che iter amministrativo seguire per l'affidamento degli appalti, in maniera da assicurarne la trasparenza. Con l'obiettivo di scongiurare eventuali crisi idriche, abbiamo anche affrontato il tema delle sorgenti, non escludendo in futuro un ricorso alla dissalazione. Ad Agrigento esiste un grosso impianto di dissalazione inattivo a differenza di Gela dove l'impianto, sorto alla fine degli anni 70, produce circa 30 milioni di metri cubi d'acqua annui per asservire le popolazioni di Gela, Niscemi, Licata, Palma di Montechiaro, Agrigento e fino ad Aragona oltre a far fronte ai fabbisogni, eventuali, delle industrie. In commissione Ambiente e Territorio all'Ars durante la seduta dedicata alle audizionisulle criticità nella gestione del servizio idrico nella provincia di Agrigento è intervenuta anche la deputata regionale e sindaco di Montevago, Margherita La Rocca Ruvolo (Udc): «Sono molte le criticità del servizio idrico nell'Agrigentino e le inadempienze da parte del gestore. La diagnosi l'abbiamo fatta mille volte, ma ora bisogna mettere in atto delle terapie per poter finalmente districare una volta per tutte questa matassa. La stortura - ha spiegato l'onorevole La Rocca Ruvolo - è iniziale, perché ci sono 27 comuni che hanno ceduto le reti al gestore e 16 comuni che non le hanno cedute. Da lì si avvia un percorso che va in parallelo, ma che continuando così non si potrà mai incontrare, perché i problemi sono di natura diversa tra i comuni e anche i costi sono diversi. I cittadini dei comuni che hanno ceduto pagano quattro, cinque, sei volte in più rispetto agli altri. Per esempio, a Montevago una famiglia di quattro persone paga in media 600 euro l'anno; Santa Margherita non ha ceduto le reti, una famiglia paga in media 120 euro. Questa è la criticità più grossa da affrontare, insieme a quella dei costi e al modo di procedere del gestore, e non sono io a dirlo ma l'organo giudiziario. Tante inadempienze e criticità, ma il gestore in questi dieci anni non ha posto in essere gli interventi per recuperare la rete colabrodo, peraltro con milioni e milioni di fondi che vengono utilizzati forse per altro, stante a quanto emerso dalle ultime inchieste». «La mia richiesta al presidente della Regione - ha concluso MargheritaLa Rocca Ruvolo - è quella di intervenire presso il cda di Sicilia Acque per chiedere la rimodulazione dei costi dell'acqua». (*PAPI*)

Agrigentonotizie.it ambiente
„ Pennelli a mare inquinavano", l'udienza preliminare non decolla

„ Prima lo sciopero degli avvocati penalisti, poi una serie di eccezioni preliminari dei difensori e, infine, un corso di aggiornamento per magistrati: non decolla l'udienza preliminare del processo a carico, fra gli altri, dei vertici di Girgenti Acque e dell'Ato idrico, accusati di avere consentito l'utilizzo di pennelli a mare inquinanti. Ieri mattina, dopo che in precedenza il giudice Alessandra Vella aveva rigettato la richiesta di uno dei difensori, - in particolare l'avvocato Lillo Fiorello, legale del presidente di Girgenti Acque Marco Campione - dichiarando utilizzabili tutti gli atti, il procedimento doveva entrare nel vivo con la scelta del rito da parte degli imputati. L'assenza, per motivi di servizio, dello stesso giudice, ha costretto a un ulteriore rinvio dell'udienza preliminare. Si torna in aula il 9 febbraio. La Procura ipotizza una serie di gravi irregolarità nella gestione del servizio di depurazione attraverso i cosiddetti "pennelli a mare" che avrebbero smaltito in maniera non corretta i reflui che sarebbero arrivati direttamente a mare senza la depurazione perché le condotte si rompevano con troppa frequenza e le centraline di sollevamento andavano in tilt. I dati di laboratorio, sostiene ancora l'accusa, erano sempre rassicuranti perché sarebbero stati falsificati. Nel luglio del 2013 scattò il sequestro preventivo delle due condotte sottomarine. Sette gli imputati. I reati ipotizzati sono il danneggiamento, il getto pericoloso di materiali inquinanti, l'abuso d'ufficio, la truffa, la frode in pubbliche forniture e il falso. Gli imputati sono: Marco Campione, 55 anni, di Agrigento, legale rappresentante di Girgenti Acque Spa; Giuseppe Giuffrida, 69 anni, di Gravina di Catania, ex amministratore delegato del gestore del servizio idrico integrato; Calogero Sala, 56 anni, direttore tecnico della Girgenti Acque, e Bernardo Barone, 64 anni, direttore generale dell'Ato idrico, entrambi di Agrigento. Nella lista pure Pietro Hamel, 65 anni, di Porto Empedocle, dirigente tecnico dell'Ato idrico; Rita Vetro, 62 anni, titolare del laboratorio di analisi «BioEco analisi» convenzionato con il Servizio sanitario nazionale, e Maurizio Carlino, 56 anni, progettista e direttore dei lavori, entrambi di Favara. L'inchiesta è stata avviata nel 2011, dopo gli innumerevoli esposti di cittadini e associazioni che segnalavano sporcizia e cattivi odori nel mare di San Leone. La Procura contesta omissioni e irregolarità nella gestione del servizio. L'accusa di falso si riferisce, invece, alle analisi di laboratorio che attestavano la qualità dei campioni. 

Rete idrica, contatori e tariffe: il "caso" Agrigento approda in commissione regionale

„ Quattro ore di audizione dinanzi la quinta commissione sulla gestione del servizio idrico nell'Agrigentino. "Le associazioni intervenute - ha reso noto il presidente della commissione, Giusy Savarino - hanno riferito quanto già emerso anche dalle tante segnalazioni dei cittadini giunte in commissione e in particolare l'elevato costo delle bollette, nettamente superiore alla media nazionale, il difetto di alcuni contatori che girano a vuoto facendo pagare al consumatore l'aria al costo onerosissimo dell'acqua, la insufficienza degli impianti di depurazione, reti colabrodo a causa delle quali più del 55 per cento dell'acqua viene dispersa e i turni di erogazione dell'acqua lunghi e discontinui". "L'ente preposto al controllo del gestore, cioè l'Ati, ha riferito - spiega Savarino - sia di essere a conoscenze delle inadempienze contrattuali di Girgenti Acque e che pertanto stanno valutando l'ipotesi di un'azione legale volta alla rescissione del contratto. La commissione ha anche trattato dell'inchiesta effettuata dal giornalista Cesare Sciabarrà presente in audizione, sull'utilizzo dell'acqua del pozzo di contrada Gulfi a Canicattì. Anche l'Arpa, presente in audizione, ha confermato - prosegue la ricostruzione del presidente della commissione - di aver avviato delle indagini su alcuni pozzi dell'Agrigentino, ora oggetto di un'inchiesta giudiziaria". Presenti anche i Comuni di Agrigento e Canicattì per portare la voce dei territori e riferire sui rapporti con Girgenti Acque e sullo stato di avanzamento dei progetti insistenti sulle reti dei loro Comuni. "Pare che vi sia la possibilità di finanziare il risanamento delle reti agrigentine e gli impianti di depurazione con un finanziamento nel complesso di circa 108 ml di euro. Bisognerà capire, però, la copertura finanziaria per questi progetti e che iter amministrativo seguire per l'affidamento degli appalti, in maniera da assicurarne la trasparenza - sottolinea Savarino - . Con l'obiettivo di scongiurare eventuali crisi idriche, abbiamo anche affrontato il tema delle sorgenti, non escludendo in futuro un ricorso alla dissalazione. Ad Agrigento esiste un grosso impianto di dissalazione inattivo a differenza di Gela dove l'impianto, sorto alla fine degli anni 70, produce circa 30 milioni di metri cubi d'acqua annui per asservire le popolazioni di Gela, Niscemi, Licata, Palma di Montechiaro, Agrigento e fino ad Aragona oltre a far fronte ai fabbisogni, eventuali, delle industrie"."Questo nuovo corso della politica non ha incrostazioni - conclude il presidente della commissione Giusi Savarino - quindi affrontiamo con trasparenza i temi e con la collaborazione ed il contributo di tutte le forze politiche per riuscire a mettere ordine, giustizia ed equità anche in questa materia così piena di ombre, per indicare, con una risoluzione, al dipartimento regionale dove operare controlli e come individuare soluzioni, e infine portare in aula un disegno di legge di riforma del servizio". 
 

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