Giornale di Sicilia
L'ANNIVERSARIO ad Agrigento
Duro documento a 25 anni dal grido del papa
I vescovi siciliani: peccano i mafiosi e chi li copre anche col silenzio
L'obiettivo è la conversione di chi oppone un «rifiuto grave» a Dio e agli esseri umani. «I frutti della scelta della vita nuova siano percepibili e pubblicamente visibili»
Alessandra Turrisi - Palermo
I mafiosi «quelli con la pistola e quelli che si mimetizzano tra i cosiddetti colletti bianchi» sono peccatori, che si pongono fuori dalla comunione ecclesiale. Bisogna purificare la pietà popolare, leggasi processioni religiose, confraternite e feste patronali. Ma la Chiesa del Terzo millennio deve puntare soprattutto alla conversione reale dei mafiosi, «che non significa battersi il petto, bensì prendere le distanze all'organizzazione, riparare al male compiuto, dare segni esteriori di cambiamento di vita», dice con forza monsignor Michele Pennisi, arcivescovo di Monreale e vicepresidente della Conferenza episcopale siciliana. Si ode l'eco del monito «Convertitevi!» di Giovanni Paolo II ad Agrigento nella lettera che i vescovi siciliani hanno dato alle stampe in occasione dei venticinque anni da quel grido profetico, che ha cambiato lo sguardo della Chiesa sulla mafia. Ieri la presentazione del documento, con la presenza del cardinale Francesco Montenegro, del presidente della Cesi monsignor Salvatore Gristina, del vice Pennisi e del segretario monsignor Carmelo Cuttitta. L'appello alla conversione è oggi più che mai attuale, è lo strumento nelle mani della Chiesa che fa autocritica sui silenzi del passato, rivendica «la metamorfosi del discorso ecclesiale sulle mafie, che dal maggio 1993 in avanti s'è venuta sviluppando in molte Chiese del Meridione», riecheggiando il pensiero di monsignor Cataldo Naro, scomparso prematuramente nel 2006, esprime una dura condanna di questa subcultura antievangelica, ma lascia aperta la porta della misericordia, perché i colpevoli si convertano e cambino vita. «Un grido sgorgatomi dal cuore», disse poi Giovanni Paolo II. E da qui vogliono ripartire i vescovi. I mafiosi peccatori e scomunicati Ricordando le numerose vittime della violenza mafiosa, la Chiesa siciliana ribadisce che la mafia è peccato e i mafiosi sono peccatori, giacché oppongono un «rifiuto gravemente reiterato nei confronti di Dio e degli esseri umani». A questo peccato si rendono solidali anche i fiancheggiatori dell'organizzazione mafiosa, i «colletti bianchi», e coloro che ne coprono i misfatti con la connivenza e con il silenzio omertoso. Si tratta di un peccato gravissimo, che di fatto pone al di fuori della comunione ecclesiale chi lo compie. «C'è una scomunica de facto che entra in vigore anche a prescindere dalla scomunica de jure: consiste nell'autoesclusione dalla comunione con il Signore e con i suoi discepoli, cui si condanna chi preferisce incancrenirsi nel peccato e incamminarsi lungo i sentieri senza ritorno della corruzione», si legge nel documento. I vescovi ribadiscono l'incompatibilità tra mafia e Vangelo, come aveva ben compreso don Pino Puglisi, ucciso il 15 settembre 1993: «Quella sua resistenza cristiana parve ai mafiosi di Brancaccio un prolungamento del grido di Agrigento». Così come quella di don Peppe Diana, ucciso dalla Camorra pochi mesi dopo. Un discorso ecclesiale sulle mafie È urgente rinnovare un discorso ecclesiale sulle mafie, usando parole proprie, aderenti al Vangelo, un «timbro peculiare» che sia «profetico ». «Le condanne pubbliche e le scomuniche più o meno esplicite hanno eco brevissima», «deve preoccuparci che il nostro discorso soffra di una certa inefficacia performativa: cioè non giunga a interpellare e a scuotere davvero i mafiosi». La meta è la conversione L'annuncio che «il Signore è misericordia e opera meraviglie nelle nostre miserie» «può e deve valere anche per i mafiosi», se ci si pente e si cambia vita. «Una conversione sincera, sperimentata in prima persona e in intima relazione con il Signore. Ma non intimistica, bensì vissuta secondo le regole penitenziali della Chiesa e i cui frutti di vita nuova siano inequivocabilmente percepibili e pubblicamente visibili ». La Chiesa deve «tornare a fare questo annuncio proprio a loro, sfruttando ogni buona occasione: nel catechismo agli adolescenti, in cui anche i figli dei mafiosi devono essere coinvolti, non meno che negli altri momenti formativi dedicati ai giovani e agli adulti; nella celebrazione - sempre comunitaria - di sacramenti importanti per la vita ecclesiale come il battesimo, la prima comunione e la cresima; nelle omelie durante i funerali delle vittime di mafia, ma anche -dove e quando sia fattibile - durante le esequie di persone defunte che sono appartenute alla mafia». Insomma, dire parole chiare, senza ambiguità. Processioni da purificare Inchini e infiltrazioni mafiose nelle confraternite non possono essere più tollerate. «Non possiamo rassegnarci a veder degenerare le varie forme di pietà popolare in espressioni di mero folklore, manovrabile in varie direzioni, anche da parte delle famiglie mafiose di quartiere », «dobbiamo tornare a preoccuparci e a occuparci della pietà popolare ». Nel segno di padre Puglisi L'eco del monito di Giovanni Paolo II deve raggiungere «anche fino a voi, fratelli e sorelle, che vi trovate invischiati nelle paludi della mafia». Così diceva il beato Puglisi in una sua omelia del 20 agosto 1993, nella chiesa parrocchiale di San Gaetano, a Palermo: «Mi rivolgo ai protagonisti delle intimidazioni che ci hanno bersagliato. Parliamone, spieghiamoci, vorrei conoscervi e conoscere i motivi che vi spingono a ostacolare chi cerca di educare i vostri figli al rispetto reciproco, ai valori della cultura e della convivenza civile». (*ALTU*)
Ars, stop per 7 giorni. E tra i banchi torna Gennuso
Salta l'esame delle norme stralciate dalla manovra - Palermo
L'Ars chiude per una settimana.Il Parlamento ieri non è riuscito a votare neppure un articolo del cosiddetto collegato, la legge che contiene le norme stralciate dalla Finanziaria. Se ne riparlerà giovedì prossimo. Una scadenza non casuale perché proprio nella mattinata di giovedì 16 scadrà il termine per la presentazione delle liste nei 136 Comuni chiamati al voto il 10 giugno. Riconvocando la seduta del Parlamento per il pomeriggio dello stesso giorno si dà il tempo ai deputati di completare gli accordi politici nei territori di provenienza. Nell'attesa dovrebbe maturare anche un altro accordo, quello sulle misure da inserire nel collegato: la principale è quella che prevede la fusione fra Crias, Ircac e Crias. Un disegno di legge che rischia di diventare una Finanziaria bis con una valanga di articoli ed emendamenti dei deputati. Proprio per limitare l'allargamento del testo stamani la commissione bilanciosi riunirà per provare a fare una sintesi: finora su una legge di appena 8 articoli sono stati presentati più di 80 emendamenti. In mattinata il Pd ha chiesto che venga rispettato il regolamento evitando di allargare il testo con proposte presentate nelle commissioni e limitando quindi la legge alle norme stralciate in aula durante la Finanziaria. «Abbiamo chiesto il rispetto delle procedure parlamentari - ha commentato il capogruppo del Pd, Giuseppe Lupo - per evitare che emendamenti che nulla hanno a che vedere con questa legge venissero dichiarati poi inammissibili. Su gran parte delle norme del collegato inoltre permane la nostra contrarietà ». La strategia del Pd è stata «sposata» anche dai 5 Stelle e il muro dell'opposizione ancora una volta ha impedito al centrodestra di procedere come sperava. Intanto torna all'Ars il deputato Pippo Gennuso, che era finito ai domiciliari il 17 aprile perchè coinvolto in una inchiesta sul voto di scambio ad Avola. L'Ars ha revocato la sospensione, che era stata subito decisa,
perchè nel frattempo sono stati revocati i domiciliari per effetto della decisione del tribunale del Riesame di Catania, che ha annullato la decisione del Gip del 17 aprile. Rientrando all'Ars, Gennuso ha stoppato la sua sostituzione con la prima dei non eletti, Daniela Ternullo, che non ha fatto in tempo a svolgere neppure una seduta. Gia. Pi.
I nodi della sicilia
In finanziaria varato un emendamento trasversale
La retromarcia sugli ex Pip: prima li mandano a casa, ora li stabilizzano
Giacinto Pipitone - Palermo
Prima la Regione gli ha dato un contributo extra per convincerli ad andare via, ora la stessa Regione neprevede il rientro nei ranghi al solo scopo di non far loro perdere l'occasione della stabilizzazione. È cosìche per almeno 150 ex Pip si riaprono le porte. Anche se sulla norma approvata all'Ars durante il voto della Finanziaria si addensano pesantissime ombre di impugnativa. Miracoli di una manovra approvata a colpi di emendamento. La norma sui Pip prevedeva la stabilizzazione nei ranghi della Resais, il contenitore in cui la Regione ha storicamente radunato il personale degli enti che via via chiudevano. Lì, alla Resais, secondo la norma principale andranno i Pip rimasti in servizio, poco meno di tremila. Ma il fronte trasversale dei deputati palermitani - in primis Vincenzo Figuccia, Edy Tamajo e Riccardo Savona - non si è accontentato del voto favorevole a una norma che negli ultimi anni era sempre stata bocciata, ha tentato il colpaccio. È così è stato approvato un secondo emendamento che allarga la stabilizzazione anche a chi era uscito negli anni scorsi dal bacino dei Pip. Cioè ad almeno 150 persone, forse anche di più. «I soggetti che abbiano beneficiato dell'indennità per la fuoriuscita definitiva dal bacino di appartenenza, possono su istanza chiedere di essere iscritti in una apposita lista istituita presso l'assessorato regionale al Lavoro»: così recita la norma appena approvata. Fra il 2014 e il 2017 la Regione ha infatti erogato un bonus in contanti ai Pip che decidevano di uscire dalla galassia pubblica. Il primo contributo era di 25 mila euro e non aveva riscosso grande successo, poi l'anno scorso fu aumentato a 50 mila euro (ma da ricevere in 5 anni). Lo spirito che determinò la previsione di questo contributo era dare qualcosa ai Pip in cambio dell'alleggerimento di un bacino che la Regione dimostrava di non poter più garantire, visto che costa fra i 30 e i 35 milioni all'anno. Ora, con l'emendamento approvato durante il voto della Finanziaria, la Regione fa inversione a U. Prevede adesso, la Regione, che chi è uscito possa chiedere di essere iscritto in uno speciale elenco che curerà l'assessorato regionale al Lavoro. Chi farà parte di questo elenco potrà poi essere reinserito nei Pip, nel frattempo passati alla Resais, «a condizione che si creino posti vacanti». Significa che man mano che i Pip vanno in pensione, altri li sostituiscono impedendo così che il bacino si riduca e con esso anche la spesa. C'è una sola richiesta da parte della Regione: i Pip che ritornano a fare i Pip devono restituire il contributo ricevuto negli anni scorsi. Un sacrificio da fare in cambio del posto fisso. Dopo l'approvazione della Finanziaria in assessorato al Lavoro hanno studiato la norma con calma e - seppure nessuno lo dice - scommettono che verrà impugnata. In ogni caso i tecnici dell'assessore Mariella Ippolito parlano di «legge di difficilissima applicazione». Perchè bisognerebbe di fatto assumere (anche se si tratta di riassunzione) qualcuno nel sistema pubblico senza concorso. In più va detto che quello della Resais è normalmente considerato un ruolo a esaurimento: principio che il turn over fra i Pip metterebbe in discussione. Ma anche la norma principale sui Pip, quella che riguarda chi è da sempre in servizio, non sembra al riparo da impugnative. I sindacati - anche in questo caso a taccuini chiusi - temono che la particolare condizione di questi lavoratori, il fatto che molti siano ex detenuti, possa impedire la stabilizzazione in un ente pubblico. Un timore alimentato dal fatto che negli anni scorsi oltre 600 Pip erano stati tagliati fuori dalla Regione - su input di Crocetta - proprio perchè avevano precedenti penali incompatibili con il ruolo ricoperto negli uffici pubblici: c'erano persone con precedenti per spaccio che erano stati chiamati a lavorare come assistenti nelle scuole. i dati. Sono oltre cinque milioni gli italiani che non riescono a fare fronte alle spese: erano meno della metà nel 2008. A soffrire soprattutto le regioni del Sud
L'Istat lancia l'allarme: povertà in aumento
Sono 5 milioni gli italiani in povertà assoluta, quelli cioè che non riescono a far fronte a spese essenziali per il mantenimento di livelli di vita «minimamente accettabili». Il fenomeno ha raggiunto una soglia limite e il numero non fa che aumentare: nel 2017 si contano 261 mila individui in più in tali condizioni rispetto al 2016 e il confronto è ancora più implacabile guardando al periodo precedente la crisi economica. Oggi l'8,3% della popolazione italiana vive in difficoltà estrema, contro appena il 3,9% del 2008, anno di inizio della recessione. L'allarme arriva dall'Istat che, in occasione dell'audizione sul Def del presidente Giorgio Alleva, ha reso noto le prime stime sulle diseguaglianze sociali rilevate nel Paese nel corso dello scorso anno. Le famiglie in povertà assoluta sono 1,8 milioni, con un'incidenza del 6,9% sul totale dei nuclei, in crescita di sei decimi rispetto al 6,3% del 2016 - pari a 154 mila famiglie in più - e di quasi tre punti rispetto al 4% del 2008. L'aumento, spiega l'Istituto di statistica, dipende in parte dalla ripresa dell'inflazione verificatasi lo scorso anno, ma anche dal peggioramento della capacità di spesa di molte famiglie, concentrate soprattutto al Sud. I dati mostrano infatti aumenti nel Mezzogiorno, anche se a non essere esente è anche il Nord Italia, e una diminuzione al Centro. Da considerare parallelamente è peraltroanche l'andamento dell'occupazione. E anche in questo caso, la fotografia può essere amara. Lo scorso anno erano infatti 1,1 milioni le famiglie italiane in cui tutti i componenti in età da lavoro erano in cerca di occupazione. Praticamente in 4 famiglie su 100 non si percepiva alcun reddito da lavoro. Un dato ancora una volta sconcertante rispetto al 2008, quando nella stessa situazione si trovavano circa la metà delle famiglie rilevate oggi, cioè 535 mila. Anche in questo caso è il Sud la zona d'Italia dove il fenomeno è più grave. Più della metà del milione misurato dall'Istat (il 56,1%) è infatti residente nel Mezzogiorno.
Comune nella bufera. Dopo l'arresto del sindaco e lo scioglimento del Consiglio i partiti si preparano alla campagna elettorale per la tornata del 10 giugno senza conferme
San Biagio Platani al voto ma regna l'incertezza
Alan David Scifo - San Biagio Platani
A San Biagio Platani è caos per le prossime elezioni. Nel comune ancora in attesa di conoscere il suo futuro, dopo l'arresto del sindaco Santino Sabella e le dimissioni sue e del consiglio comunale, il futuro oggi risulta poco chiaro. Da giorni infatti i vari partiti, nella più totale confusione politica, si stanno preparando per il voto del 10 giugno, che sarebbe stato confermato dagli uffici interni al comune. Tutto questo accade mentre da pochi giorni si è insediato il commissario straordinario regionale, Antonio Garofalo, che sostituisce gli organi passati, così come si è insediata la commissione prefettizia che svolge ancora un'attività di indagine per comprendere possibili legami tra la criminalità organizzata e l'operato tra l'amministrazione locale, considerate le intercettazioni poco fraintendibili intercorse tra l'ormai ex primo cittadino e colui che viene considerato come presunto boss locale, Giuseppe Nugara. Saranno loro, i commissari, a dover proporre un possibile scioglimento per mafia, in caso di ritrovamento di anomalie nei documenti che possono palesare qualche tipo di condizionamento mafioso. Il lavoro dei commissari arriva in un momento delicato, appunto prima delle elezioni, un fatto che potrebbe portare allo scioglimento di un comune subito dopo l'indizione del nuovo sindaco e del nuovo consiglio comunale. A schierarsi contro le possibili elezioni è il Partito Democratico, che fa presente di come il momento sia delicato, spiegando in una nota, in quattro semplici punti i "perché" non sia opportuno andare al voto: «La campagna elettorale sarebbe inevitabilmente condizionata da fatti di cui ancora si ha una parziale conoscenza - scrivono -. In mancanza dell'esito dell'accesso ispettivo gli elettori dovrebbero esprimersi ignorando il livello di eventuali condizionamenti o infiltrazioni; gli organi neo eletti potrebbero, anche se estranei a condizionamenti o infiltrazioni, subire uno scioglimento a pochi giorni o a pochi mesi dal loro insediamento che renderebbe vani gli sforzi dei singoli candidati e le spese per le elezioni» Per queste ragioni, ritengono quindi - come si legge nel documento - «sia più utile una gestione commissariale libera da influenze, con la quale tutte le forze politiche possono aprire un dialogo nell'interesse della comunità finalizzato prioritariamentealla ottimizzazione dei servizi locali mirata alla riduzione dei tributi locali». Ne è convinta Rosalba Di Piazza, candidata sconfitta alle ultime elezioni che chiede ancora tempo per le prossime elezioni affinchéi commissari possano concludere nel migliore dei modi il loro lavoro: «Sono fermamente convinta - spiega - del fatto che in assenza di verità non potrà esistere alcun confronto democratico, ribadisco inoltre che la gestione commissariale rappresenta in questo momento la migliore soluzione perché solo un tecnico può ripristinare il vero senso dello stato, delle istituzioni e il rispetto della legge, di cui ho sentito fortemente la mancanza». Proprio lei - stando alle intercettazioni riguardanti il blitz antimafia "Montagna" - si era ritrovata nella propria lista persone che con molta probabilità, se i fatti verranno confermati, erano state pilotate dalle liste avversarie. Anche per queste ragioni, affinché venga fatta chiarezza, il Partito Democratico del quale Di Piazza fa parte chiede che non venga presentata alcuna lista alle elezioni del prossimo giugno, delle elezioni nelle quali oggi non c'è ancora nessuna chiarezza e sul quale rimane sospesa come un macigno l'incognita dello scioglimento (*ADS*)
AGRIGENTONOTIZIE
LIBERO CONSORZIO, DI PISA INCONTRAGLI STUDENTI RICORDANDO ALDO MORO
La manifestazione è stata precedutadalla proiezione di un docufilm di repertorio che ripercorre le fasicruciali della vicenda.Quali furono gli intrighiinternazionali che determinarono il caso Moro? Quali gli scenaripolitici? Ci fu il coinvolgimento di poteri forti dello Stato? Diquesto si è parlato ieri pomeriggio nell'Aula Aldo Moro del Giardinonel corso di un incontro del Commissario straordinario del LiberoConsorzio di Agrigento, Alberto Di Pisa, con gli studenti del LiceoScientifico e delle Scienze Umane "R. Politi" di Agrigento. Il caso Moro, quarant'anni dopo" èstato, infatti, il titolo dell'iniziativa che ha coinvolto, dicevamo,studenti e docenti del liceo agrigentino. Un incontro partecipato,nel quale Di Pisa, carte alla mano, ha raccontato il "suo" Moro,rispondendo, poi, alla numerose domande degli studenti.La manifestazione è stata precedutadalla proiezione di un docufilm di repertorio che ripercorre le fasicruciali della vicenda: dal rapimento in via Fani, al ritrovamento,il 9 maggio del 1978, del corpo disteso nel bagagliaio di unaRenault 4 rossa, parcheggiata in via Caetani, a metà strada fra lasede della Dc in piazza del Gesù e quella del Pci in via BottegheOscure. Nel corso dell'incontro il commissario straordinario haanalizzato alcuni punti oscuri del caso Moro che ancora permangono oche non sono stati sufficientemente approfonditi, svelando,anche,alcuni retroscena della vicenda.L'incontro si è inserito nel contestodel progetto di Alternanza Scuola - Lavoro denominato "Fuoriclasse",che alcuni studenti del Liceo "Politi" di Agrigento svolgono nelSettore Urp e Stampa del Libero Consorzio Comunale di Agrigento.
SCRIVOLIBERO
Giro d'Italia, Battaglin ha vintola quinta tappa Agrigento-Santa Ninfa: Dennis ancora in Maglia Rosa
Giro d'Italia, Battaglin ha vinto laquinta tappa Agrigento-Santa Ninfa: Dennis ancora in Maglia Rosagiro-ditalia-agrigento-santa-ninfaIl corridore italiano EnricoBattaglin (Team Lotto NL - Jumbo) ha vinto la quinta tappa delcentunesimo Giro d'Italia, Agrigento-Santa Ninfa (Valle del Belice)di 153 km. Al secondo e terzo posto si sono classificatirispettivamente Giovanni Visconti (Bahrain - Merida) e JoséGonçalves (Team Katusha Alpecin).Rohan Dennis (BMC Racing Team) èancora la Maglia Rosa di leader della classifica generale.RISULTATO FINALE 1 - Enrico Battaglin (Team Lotto NL- Jumbo) - 153 km in 4h06'33", media 37,233 km/h 2 - Giovanni Visconti (Bahrain -Merida) s.t. 3 - José Gonçalves (Team KatushaAlpecin) s.t.CLASSIFICA GENERALE 1 - Rohan Dennis (BMC Racing Team) 2 - Tom Dumoulin (Team Sunweb) a 1″ 3 - Simon Yates (Mitchelton -Scott) a 17″ Il vincitore di tappa Battaglin,subito dopo l'arrivo, ha dichiarato: "Il finale di oggi eradiverso da quello di ieri. Ci voleva molta più potenza ieri ed ioero più a mio agio qui. Il Giro ogni anno è molto importante perme. Sono estremamente felice di aver vinto ancora una tappa. Vogliocontinuare la corsa in questo modo".La Maglia Rosa Dennis ha dichiarato:"Oggi è stata una bella giornata in sella, con un ritmo piuttostolento a causa del vento contrario. Ho sentito un po' di stress nelfinale ma sono felice di essere in Maglia Rosa. È solo la quintatappa, ne mancano ben sedici. Domani sarà un'altra storia conl'Etna. Non vedo l'ora di vedere come andrò".Seguiranno le dichiarazioni dellaconferenza stampa e altri materiali.MAGLIE* Maglia Rosa, leader dellaclassifica generale, sponsorizzata da Enel - Rohan Dennis (BMCRacing Team)* Maglia Ciclamino, leader dellaclassifica a punti, sponsorizzata da Segafredo - Elia Viviani(Quick-Step Floors)* Maglia Azzurra, leader del GranPremio della Montagna, sponsorizzata da Banca Mediolanum - EnricoBarbin (Bardiani CSF)* Maglia Bianca, leader dellaClassifica dei Giovani, sponsorizzata da Eurospin - MaximilianSchachmann (Quick-Step Floors).
AGRIGENTOWEB
MAFIA: DOCUMENTO VESCOVI, "MAFIOSISCOMUNICATI, USCITE DA PALUDE"
"Convertitevi", si intitola cosi'la Lettera dei vescovi di Sicilia a 25 anni dall'appello allaconversione dei mafiosi di San Giovanni Paolo II, consegnata oggipomeriggio nel corso della solenne Messa nella Valle dei Templi,davanti al Tempio della Concordia. Il ricordo delle vittime, ilrichiamo all'impegno, la riaffermazione dell'assolutaincompatibilita' tra mafia e Vangelo, tra mafiosi e Chiesa. E il"prolungamento" dell'invito alla conversione rivolto agliuomini e alle donne di Cosa nostra, per uscire dalla condizione di"scomunica de facto" che entra in vigore anche a prescinderedalla "scomunica de jure": "Anche a voi, fratelli e sorelle chevi trovate invischiati nelle paludi della mafia, desideriamoprolungare l'eco del monito di San Giovanni Paolo II:Convertitevi!. A voi che siete stati i primi destinatari diquell'appello profetico ci rivolgiamo, con tono sereno e serio, perribadirvi pure l'invito rivolto da papa Francesco, in un'udienzadel 21 febbraio 2015, a chi come voi vive nel male e nel peccato:'Aprite il vostro cuore al Signore. Il Signore vi aspetta e laChiesa vi accoglie'".
LA MAFIA E' PECCATO, ANCHE QUANDO HAI COLLETTI BIANCHI La mafia si configura non solo come un gravissimoreato, "ma anche come un disastroso deficit culturale e, diconseguenza, come un clamoroso tradimento della storia siciliana".E, per questo motivo, anche "come un'incrinatura fatale nellavirtu' religiosa, che finisce cosi' per risultare depotenziata etravisata". Il grido che - a partire dalla Valle dei Templi -attraverso' tutta la Sicilia nel maggio 1993, riecheggiando conforza anche nel resto d'Italia, non soltanto denunciava un'efferataattitudine criminosa, "ma pure smascherava e continua a smascherareun vero e proprio peccato, cioe' un rifiuto gravemente reiteratonei confronti di Dio e degli esseri umani".Tutti i mafiosi "sono peccatori:quelli con la pistola e quelli che si mimetizzano tra i cosiddetticolletti bianchi, quelli piu' o meno noti e quelli che sinascondono nell'ombra. Peccato e' l'omerta' di chi colproprio silenzio finisce per coprirne i misfatti, cosi' facendosene- consapevolmente o meno - complice". Peccato ancor piu'grave e' la mentalita' mafiosa, "anche quando si esprime neigesti quotidiani di prevaricazione e in una inestinguibile sete divendetta". Peccato gravissimo e' l'azione mafiosa"."Strutture di peccato "sono le organizzazioni mafiose, "perche'con i loro intrighi e i loro traffici si rivoltano contro la volonta'divina e producono la morte".
LA MAFIA E' INCOMPATIBILE CON ILVANGELO Il grido di san Giovanni Paolo II, d'altra parte,sottolineano i vescovi di Sicilia, "si prolunga sino a noi, col suotimbro profetico, anche perche' la mafia continua a esistere e aordire le sue trame mortali, estendendole anzi ormai da tempo oltrela Sicilia, nel resto d'Italia e all'estero, procacciandosiovunque connivenze e alleanze, dissimulando la sua presenza in tantiambienti e contagiandosi a molti soggetti che apparentemente nesembrano immuni, trapiantandosi ovunque nel solco di una pervasivacorruzione". A quel richiamo franco e severo, l'organizzazionemafiosa oppose subito alcune reazioni molto violente: "Decise dilanciare i suoi minacciosi segnali contro la Chiesa tramite gliattentati del luglio 1993, a San Giovanni in Laterano e a San Giorgioal Velabro. E, soprattutto, con l'agguato in cui cadde - il 15settembre 1993 - il beato Pino Puglisi, parroco nel quartiereBrancaccio, a Palermo". Don Puglisi "aveva ben compresol'incompatibilita' della mafia con il Vangelo e nei suoiconfronti stava realizzando in parrocchia, tra la sua gente e con lasua gente, una concreta resistenza, evangelicamente ispirata emotivata. Quella sua resistenza cristiana parve ai mafiosi diBrancaccio un prolungamento - per loro intollerabile - del gridodi Agrigento. Pochi mesi dopo, il 19 marzo 1994, anche la camorradiede feroce sfogo alla sua intolleranza nei confronti di ogniresistenza cristiana, uccidendo don Peppe Diana, parroco a Casal diPrincipe, in provincia di Caserta.
LA MAFIA E' UNA QUESTIONE ECCLESIALEIl monito di papa Wojtya innesco', dunque, una serie di drammaticheconseguenze. Tuttavia, non tutte di segno negativo. Tra quellepositive spicca la metamorfosi del discorso ecclesiale sulle mafie,che dal maggio 1993 in avanti s'e' venuta sviluppando in molteChiese del Meridione d'Italia.Il Papa, ad Agrigento, si era rivoltodirettamente ai mafiosi: a loro aveva indirizzato il suo appello allaconversione, con loro aveva parlato, senza piu' limitarsi adiscutere riguardo al fenomeno mafioso. E aveva usato parole inedite.Riprendendo poi quell'appello, nell'udienza del giugno 1995, loaveva fatto valere anche per tutti i siciliani, per infondere in loroun rinnovato vigore spirituale: "In questi termini, egli facevadella mafia una questione anche ecclesiale ed ecclesiologica perche'stimolava la comunita' ecclesiale e tutti i suoi membri, nessunoescluso, a costruire quella che aveva chiamato la civilta' dellavita".
"ROMPERE IL SILENZIO CON PAROLENOSTRE". UN NUOVA PEDAGOGIA Il rinnovato discorso ecclesiale sullemafie, che si e' andato configurando negli anni scorsi, inparticolare in Sicilia e nel resto del Meridione d'Italia, "haprogressivamente permesso alla comunita' credente, nel suocomplesso, di prendere le distanze dal silenzio che pur era statoprima ambiguamente mantenuto in pubblico riguardo al fenomenomafioso". Ma le condanne pubbliche e le scomuniche piu' o menoesplicite, "nella societa' mediatica in cui viviamo, hanno ecobrevissima: giusto il tempo della notizia che suscitano". Bisognapiuttosto svolgere un ruolo profetico: "Non importa che i media nonne parlino o non ne parlino adeguatamente, o che qualche commentatorecontinui a criticare il silenzio "istituzionale" della Chiesa.Deve piuttosto preoccuparci che il nostro discorso soffra di unacerta inefficacia performativa: cioe' non giunga a interpellare e ascuotere davvero i mafiosi. Deve preoccuparci che il discorsocristiano sulle mafie sia rimasto troppo a lungo solo sulla carta enon si sia tradotto per decenni e non si traduca ancora in un respiropedagogico capace di far crescere generazioni nuove di credenti.Dobbiamo immaginare una metodologia formativa per piccoli e grandi,per giovani e adulti, per gruppi e famiglie, nelle parrocchie e nelleassociazioni, con una sistematica catechesi interattiva, il piu'possibile "pratica" e "contestuale", attinente cioe' aiproblemi dell'ambiente in cui abitano coloro cui essa e'destinata, per giungere a motivare e a trasmettere stili di vitacoerenti al Vangelo e improntati alla giustizia e alla misericordia".SCOMUNICA DI FATTO Per i vescovi,"dobbiamo accettare la sfida - precipuamente formativa ededucativa - di risvegliare nelle persone il senso dell'appartenenzaecclesiale, se necessario mettendo in chiaro che c'e' unascomunica de facto che entra in vigore anche a prescindere dallascomunica de jure: consiste nell'autoesclusione dalla comunione,cui si condanna chi preferisce incancrenirsi nel peccato eincamminarsi lungo i sentieri senza ritorno della corruzione".
LA SICILIA
SOLD OUT PER IL GIRO I B&B E GLI ALBERGHI FANNO ILPIENONE
Affari d'oro anche per bar,ristoranti e pizzerie. Per una volta a gioire sono stati gliesercenti del centro cittadino.Tutto esaurito o come si dice oggi inItalia "sold out" per meno di 24 ore di manifestazione emeno di un minuto per assistere alla partenza. Numeri da capogiro perla kerrnesse ciclistica che ha vestito di rosa la nostra città. Peruna volta non solo Valle dei templi, ma proprio la città nel suoinsieme è riuscita a gioire. Nessun posto letto è rimastoinoccupato sia nei Bad and breakfast che nei vari alberghi, anche sequest'ultimi hanno ospitato le varie squadre che partecipano al Girod'Italia. Bar, ristoranti, pizzerie, fast food del centro hannopotuto gioire per gli incassi lievitati, anche perché molti turistisono arrivati in città per seguire proprio la tappa del Girod'Italia. I nostri luoghi incantevoli, però, hanno fatto da cornicea quello che è un evento che nella città di Pirandello torna concadenza decennale. Ci vorrebbe una tappa del Giro d'Italia ogni meseper rilanciare la nostra economia, eppure, questo è il paradosso,abbiamo i monumenti più belli del mondo, per non parlare del nostromare e di una temperatura che anche nel giorno di Natale di consentedi consumare un caffè seduto all'esterno di un bar qualsiasi. Perchénon tutto è andato per il verso giusto nella kermesse a due ruote:mancanza di bagni chimici, mancanza anche di semplici cartellistradali in più lingue per guidare i turisti. Come al solito ciaffoghiamo sempre in un bicchier d'acqua. Inconcepibile per una cittàche dovrebbe vivere di turismo 12 mesi all'anno. Quello che i grecici hanno lasciato, non riusciamo a sfruttarlo a dovere. Ma questesono altre storie. In questo articolo di colore continuiamo dicendoche anche in provincia si è sorriso parecchio e, sempre per i nostritesori che hanno fatto da cornice al passaggio dei corridori. Lasplendida Torre Carlo V a Porto Empedocle, che purtroppo, spesso evolentieri rimane chiusa, per proseguire con la maestosità dellaScala dei Turchi. Un bel vedere la carovana dei ciclisti con losfondo di questa marna bianca che ormai cattura turisti da ogniangolo del mondo. E, proprio grazie al Giro, le strutture ricettiveempedocline e realmontine, hanno fatto registrare il tutto esaurito.Non solo, a giovare di questa situazione anche i vari eserciziadibiti alla somministrazione di alimenti e bevande. Diciamo che chipiù chi meno è riuscito a lavorare.
NARO
Inquinamento diga San Giovanni nuovaordinanza divieti ridotti.
La situazione è stata risolta, non deltutto ma, in ogni caso, nel pomeriggio di martedì sono arrivatenotizie positive (con una nuova ordinanza sindacale) per quantoriguarda la situazione dell'acqua della diga San Giovanni, il cuiutilizzo per l'irrigazione, balneazione, pesca e canottaggio, erastato vietato ufficialmente, causa inquinamento, il 15 dicembre 2017a seguito di un'ordinanza sindacale. Una situazione, quella legata alla digaSan Giovanni, che era rimasta praticamente ferma tutto questo tempoin cui, dalle poche notizie certe pervenute, si era potuto soloraccontare di una richiesta d'informazioni dello stesso sindacoCremona e di alcuni appassionati pescatori che, forse ignari dellastessa ordinanza, continuavano buttare gli ami nell'acqua inquinata. Adesso, a distanza di mesi, qualcosafinalmente si è mosso in senso positivo e a darne notizia ci hapensato lo stesso primo cittadino narese, dopo aver commissionato aun agronomo, esperto in materia, uno studio sulla compatibilità trai parametri d'inquinamento rilevati dall'Arpa e la possibilità diirrigazione delle varie colture agricole. «Ho lavorato costantemente - ci diceCremona - in modo organico e compiuto per riuscire a risolvere lasituazione, garantendo con la nuova ordinanza sia la salvaguardiadella salute pubblica sia le legittime aspettative degli agricoltoriin genere e dei viticoltori in specie. Si prospettava infatti unastagione produttiva che, in assenza della consueta irrigazionetramite le acque della diga, avrebbe arrecato danni irreparabili aiproduttori agricoli, con ripercussioni negative a livellosocio-economico. Adesso la situazione è salva». Con la nuova ordinanza resteranno fermii divieti, istituiti già a dicembre, di balneazione e di pescasubacquea, il divieto dell'utilizzo dell'acqua per trattamentifitosanitari, mentre sarà possibile praticare la pesca sportiva insuperficie (con l'obbligo di rimettere in acqua i pesci pescati), sipotranno svolgere le regate di canottaggio, sarà possibile usarel'acqua per l'irrigazione dei campi mediante sistemi irrigui didistribuzione localizzata.
LA VALLE DEL BELICE COSCIENZA SPORCA DELLE MILLE ITALIE RIVALUTATA DAL GIRO.
E per non dimenticare, nel vialedove si è conclusa la tappa c'è ancora una baracca ben tenutasimbolo della tragedia.Quando Enrico Battaglin a Santa Ninfaha tagliato per primo il traguardo della quinta tappa de o ciclisticod'Italia ha chiuso simbolicamente cinquant'anni di storia, per laValle del Belìce, per la Sicilia, per l'Italia tutta. Strade benasfaltate, case decorose, villette, vie anche eccessivamente ampie,vialoni, monumenti, piazze e chiese disegnate da grandi maestri dellamodernità' uliveti e vigneti ben coltivati, cantine e oleifici, ilBelìce ha mostrato un volto al passo con i tempi, forse con un dipiù di creatività per l'attenzione spasmodica che politica spessod'opposizione, stampa, scrittori e artisti gli hanno dedicato. Ora isuoi problemi sono quelli diciamo così normali di tutta la Sicilia eil Meridione d'Italia: mancanza cronica di lavoro, emigrazione, fugadei giovani. Perché il caravanserraglio del Girod'Italia approdasse a Santa Ninfa, sono dovuti passare peròcinquanta lunghi anni: di lotte politiche, di rivolte, di speranze edelusioni, di passione umana e sociale, di marce su Roma e Palermo,di biglietti di sola andata per invogliare all'emigrazione, dirimorsi, di imprevidenza e lontananza dello Stato. Per decenni èstato una ferita della coscienza nazionale il terremoto che nellanotte tra il14 e il 15 gennaio del 1968,distrusse Gibellina,Montevago, Santa Ninfa e Poggioreale, con 400 morti, mille feriti enovantamila sfollati. Nelle ore terribili del post terremoto isoccorsi furono ritardati per la carenza di strade, per il crollo deiponti. Ed era collie se all'Italia non importasse di una terra dipecorai e contadini. Il sisma per coloro che l'hanno vissuto non si èmai cancellato. Un ex sindaco di Gibellina sostiene che non te loscrolli mai di dosso, ti segue per tutta la vita. Come si rimuovono le macerie, o le siabbandona spostando i siti dei paesi, così dopo cinquant'anni si puòoperare una rimozione nella coscienza e ripartire da qui, anche dalcirco del ciclismo, da questa festa nazional popolare che haconvogliato migliaia di siciliani per le vie della tappa, partita daAgrigento, e tantissimi a Santa Ninfa, che ha retto all'afflusso ditanti forestieri proprio perché costruita con criteri urbanisticiforse per un piccolo centro eccessivamente ariosi. Da qui, da questamoltitudine che s'affanna alle transenne per vedere i ciclisti, ilterremoto sembra una favola lontana da raccontare ai bambini perinsegnar loro a diffidare della bontà della natura, che quando menote l'aspetti da madre diventa matrigna. E come invito a non dimenticare proprio nel viale in cui si è conclusa la tappa, esiste ancora unabaracca ben tenuta con mura esterne in lamiera e tetto in eternit. Cisiamo fermati a guardare mentre una signora chiudeva a chiave laporta. E' stata trasformata in ufficio di un'agenzia diassicurazione. La donna, avendo frainteso quale fosse la nostracuriosità, ha esclamato: "Certo di fuori è brutta ma dentro ebella." E con un gesto di gentilezza spontanea ha riaperto laporta per mostrarci una stanza arredata con due tavoli eperfettamente ordinata. La valle del Belice è stata lacoscienza sporca dell'Italia, il rimorso di ciò che si poteva fare enon si è fatto, il luogo di sperimentazioni e utopie, fucina dilotte sociali, di scandali e opere faraoniche mentre nell'immediatola gente soffriva nelle baracche. Quella baracca superstite ci èsembrata come lilla foglia del tempo di cui parla il filosofo tedescoFriedrich Nietzsche in una frase nel Museo della memoria di SantaMargherita Belice: Continuamente si stacca una foglia dal rotolo deltempo, cade, Vola via e improvvisamente scivola indietro nel grembodell'uomo. Allora l'uomo dice io mi ricordo. I ciclisti hannoripercorso tante foglie del tempo, divenuti luoghi o sacrari dellamemoria. Qui si sono incontrati e scontrati Danilo Dolci e il giovaneufficiale Carlo Alberto Dalla Chiesa, il vescovo di Acerra DonRiboldi, che negli anni del terremoto era parroco a Santa Ninfa, e ilpotere democristiano dei Moro e Taviani. Famoso è rimasto lo sloganconiato da Danilo Dolci: "La burocrazia uccide più delterremoto." Gibellina grazie al suo sindaco esenatore, eletto come indipendente nelle liste del Pei, LudovicoCorrao, fine esteta e megalomane, è stato il fulcro delle lotte perla rinascita del Belice. Con l'idea di fare della nuovo sito,costruito a una ventina di chilometri da quello distrutto dalterremoto, una città d'arte e cultura, ha dato impulso a una utopiaurbanistica, auto celebrativa ma senz'anima. Un giovane architettoGioacchino De Simone, assessore all'urbanistica, ha coniato la parolapaesaggio, sintesi di paesaggio e spaesamento. Superata, infatti, la Porta del Belice,la grande stella di Pietro Consagra collocata all'ingresso del paese,entri in un mondo senza storia e senza stratificazioni sociali, e necerchi invano il cuore pulsante. Tutto crea smarrimento, persino ilcanto di un gallo che s'innalza celato da un freddo ordine.