Castelvetranonews
Partanna
piange il piccolo Marco. Quei pali che da tempo dovevamo essere
sostituiti. Partite le indagini
Un
bambino di sette anni muore pressato da un pesante palo in ferro che
si è incastrato tra il seggiolino e il corpo del piccolo. Il palo
gli ha spezzato il femore in due e intaccato fegato e polmoni.
Trasportato d'urgenza in elisoccorso al Civico di Palermo è morto
durante l'intervento.
La
palizzata in ferro è ora al centro dell'indagine e i Carabinieri
hanno provveduto al sequestro su disposizione della Procura della
Repubblica di Sciacca.
Un
ferragosto felice, una famiglia in vacanza in Sicilia che aveva
deciso di trascorrere la giornata al mare nella località balneare di
Menfi a Lido Fiori, finito in tragedia. Una Ford con alla guida dei
palermitani non si è fermata allo Stop, mentre la Nissan Qashqai
guidata dal papà del piccolo sfortunato, aveva la precedenza.
Qualcosa
è andato storto e la Nissan si è schiantata contro una barriera di
vecchi pali in ferro utilizzati come recinzione di un piccolo
ponticello dove sotto scorre il "Ruscello
Mandrarossa".
Pali che fanno "discutere"
i residenti della zona e chi ogni giorno percorre quella strada per
andare al mare o in campagna. "Obsoleti -
dicono in molti - da
anni dovevano essere sostituiti con dei guardrail. Si poteva evitare
la tragedia".
E
anche sui social c'è chi scrive che la provincia o il comune
devono chiarire per capire chi doveva provvedere alla manutenzione
dell'area. La strada è provinciale ed è la Sp 50. La morte
di Marco Castelli porta a 14 il numero delle vittime di questo
tragico agosto.
Sul
luogo dell'incidente sono immediatamente intervenuti i Carabinieri
della stazioni di Menfi, tre ambulanze, due arrivate da Menfi e una
da Sciacca, proprio quest'ultima ha intubato il bambino e provato a
praticare il massaggio cardiaco.
Il
piccolo era ancora in vita, ma in coma, quando è arrivato
l'elisoccorso per trasportarlo all'ospedale Civico di Palermo,
dove per tutta la notte i medici hanno cercato di salvarlo. Le
emorragie interne erano troppo profonde e Marco si è spento intorno
alle tre.
Non
si danno pace i genitori, Gualtiero e Antonella. Marco era figlio
unico e a settembre avrebbe frequentato la seconda elementare nella
scuola di Turate, in provincia di Como. Il padre è di Como mentre la
madre Antonella Lombardo è di Partanna. La coppia che era nella Ford
aveva dietro due bambini piccoli, tutti miracolosamente illesi.
Mercoledi,
sul luogo dell'incidente, piangevano a dirotto e cercavano di
spiegare ai genitori del piccolo che lo "Stop"
era oscurato dagli alberi e quindi non si sarebbero accorti nemmeno
dell'incrocio. Il feretro del piccolo Marco è arrivato da Palermo
a Partanna, dove nella casa della madre in via Pietro Battaglia, sono
accorsi, amici, parenti e tutta la cittadinanza per dare l'ultimo
saluto al piccolo disteso su una bara bianca. Tanti i preti a
supportare la famiglia e vari medici che si sono alternati a causa
dei parecchi malori che hanno colpito la madre e più volte il papà
di Marco.
Il
sinistro stradale è avvenuto intorno alle 18,45. Antonella,
Gualtiero e Marco avevano trascorso l'intera giornata al mare
insieme agli zii e cugini di Partanna che hanno assistito
all'incidente. Una tragica fatalità visto che il piccolo Marco,
ogni tanto, quando venivano a Menfi, al mare, era solito salire in
auto con lo zio, ( fratello della mamma) insieme alla zia e i suoi
cugini, proprio quel pomeriggio invece ha deciso di salire nel
seggiolino della sua macchina e allacciare la cintura di sicurezza.
Dopo
il tragico impatto, amici e soccorritori hanno subito tagliato la
cintura di sicurezza e spostato con forza il palo in ferro per poter
prendere il piccolo e poggiarlo a terra dove ancora ci sono segni
evidenti di siringhe, tubi, guanti e tanto materiale utilizzato dai
soccorritori.
L'elisoccorso
per venire incontro alla evidente urgenza, è riuscito ad atterrare
proprio in uno spiazzale in via degli Oleandri, nei pressi del
tragico impatto. Il sindaco di Menfi Marilena Maceri ha dichiarato
che quella strada non è comunale e che quindi non è competenza sua
ma della provincia.
Il
commissario del Libero Consorzio di Agrigento, Alberto Di Pisa vuole
vederci chiaro: "Valuteremo
con la polizia provinciale se è di competenza nostra o se è anche
competenza del comune. La
strada è provinciale ma c'è anche una parte di competenza
comunale. A breve verranno fatti gli appositi rilievi per capire quei
pali in ferro da chi sono stati messi, perché non si è provveduto
alla manutenzione, di chi è la competenza e tanto altro.
Prima
di allora non potrò pronunciarmi. In merito a ciò che ha dichiarato
l'assessore alle infrastrutture Marco Falcone non è assolutamente
vero -
continua a spiegare Di Pisa - Noi
non riusciamo a spendere i soldi per carenza di tecnici? Sciocchezze.
Il settore tecnico nostro è più che completo. La provincia di
Agrigento è la prima in Sicilia per i progetti di manutenzione
delle strade e abbiamo parecchi contratti firmati. Ma non possiamo
fare niente, abbiamo le mani legate. Se
la regione, caro Falcone, non approva i bilanci, in automatico noi
non possiamo stabilire le somme da spendere. Per cui dobbiamo
attendere".
Ieri
per l'intera giornata e anche nella serata, Partanna ha vissutto il
lutto cittadino, sono stati sospesi gli spettacoli previsti per la
sera nell'ambito di "Artemusicultura".
A farlo sapere è il sindaco Nicola Catania. "Siamo
addolorati per questa anima bianca -
ha detto il primo cittadino - a
nome mio e di tutta l'amministrazione comunale. Il lutto cittadino
è il minimo che si possa fare dinanzi a questa immane tragedia che
ha colpito nel profondo i nostri cuori. Siamo
sconvolti e vicini alla famiglia".
Il
feretro del piccolo Marco, è stato ieri accompagnato alla chiesa Del
Carmelo dove a mezzogiorno si è tenuto il funerale officiato
dall'arciprete Antonino Gucciardi. Nel pomeriggio è partito alla
volta di Milano dove è stato poi trasferito in provincia di Como,
dove ad attenderlo c'erano le maestre e i suoi compagni di scuola.
Giovedì sera, intanto, sono arrivati i nonni paterni da Milano e
qualche parente del nord.
FRANCESCA
CAPIZZI
Agrigentonotizie.it
L'incidente
che ha ucciso un bimbo di 7 anni, arrivano i tecnici sulla
provinciale
„
Sopralluogo
congiunto, venerdì mattina, dell'Ufficio tecnico e della Polizia
Provinciale del Libero Consorzio comunale di Agrigento sulla strada
provinciale 50, lungo la via degli Oleandri, nella zona di Lido Fiori
a Menfi dove si è verificato l'incidente che ha provocato la morte
del piccolo Marco Castelli di 7 anni.
Sul
posto, l'ing.
Michelangelo Di Carlo, responsabile del settore viabilità e il vice
comandante della Polizia provinciale Salvatore Lombardo
Il
sopralluogo, disposto dal Commissario straordinario dott. Alberto Di
Pisa, è servito per effettuare un'ulteriore e più attenta
ricognizione dei luoghi dove si è verificato il tragico incidente
stradale.
La
Polizia provinciale e l'Ufficio tecnico del Libero Consorzio, solo
qualche anno addietro, avevano effettuato una ricognizione di tutte
le strade provinciali di competenza dell'Ente.
L'incidente
che ha ucciso il piccolo Marco, i genitori: "Vogliamo
giustizia"
Chiedono
giustizia. Gualtiero Castelli e Antonella Lombardo, genitori del
piccolo Marco: il bambino che è morto nell'incidente stradale di
lido Fiori a Menfi, chiedono giustizia perché "quei tubi non
dovevano essere lì". Marco è morto a causa di un tubo di ferro
utilizzato come recinzione di un piccolo ponticello. La vettura sulla
quale viaggiava con i genitori si è scontrata con un'altra auto ad
un incrocio, è andata in testacoda, finendo contro la palizzata in
ferro."
"Sono
ancora sotto choc - ha detto, al Giornale
di Sicilia,
il papà del piccoletto - , ma di certo quei tubi Innocenti non
possono essere utilizzati per recintare un ponte. Adesso ci saranno i
miei avvocati ad esaminare assieme a me questi tubi. Faremo causa a
chi di competenza. Una strada in quelle condizioni è vergognosa.
Abbiamo perso un figlio per colpa di tubi obsoleti che non dovevano
essere lì. Lo dimostrerò nelle sedi competenti".
La
famiglia del piccino, 7 anni compiuti lo scorso aprile, procederà
dunque per le vie legali. "E' il minimo che possiamo fare - ha
detto, sempre al Giornale
di Sicilia,
mamma Antonella - . Mio figlio avrà giustizia e non ci fermerà
nessuno. Dovranno risarcire fino all'ultimo centesimo. Non ci
ridaranno più indietro il nostro Marco, non avremo più la felicità,
ma chi ha sbagliato deve pagare. Che sia chiaro, i soldi li
utilizzeremo per aiutare i bambini bisognosi. Sognavamo di andare
insieme a Marco in Madagascar per costruire una scuola, un ospedale o
un grosso pronto soccorso, con i nostri risparmi. I soldi del
risarcimento serviranno esclusivamente ad aiutare chi ha bisogno.
Qualsiasi cosa faremo, sarà una scuola o un ospedale, porterà il
nome di nostro figlio".
Strade
provinciali impercorribili, nell'Agrigentino i progetti ci sono ma
mancano i soldi
Ad
Agrigento, i progetti ci sono. Ma mancano i fondi. La spesa
prevista per tutti i progetti già approvati dall'ex Provincia
regionale ammonta a 4 milioni e 900 mila euro e la priorità è stata
data alle strade interessate da precedenti ordinanze di chiusura al
transito. La somma maggiore, un milione e 100 mila euro, per la
strada che collega Cammarata alla stazione. E poi 910 mila euro per
la strada tra il Bivio Tamburello e Bivona.
Di
fatto, il Libero consorzio comunale di Agrigento sembra essere
l'unico ente in controtendenza rispetto agli altri siciliani. Perché
negli altri enti - la citta metropolitana di Palermo, ad esempio, -
il depotenziamento degli uffici dal 2013 ad oggi ha fatto sì
che gli uffici tecnici iniziassero ad annaspare. Così come a
Trapani, i professionisti abilitati sono mosche bianche. E le
incompiute restano quindi, in tutta l'isola, a decine.
Sembra
essere il cane che si morde la coda. Perché per la Regione i
soldi ci sono. Le ex Province ne hanno avuti - dall'Apq e dal Patto
per il Sud - oltre 232 milioni di euro. Ma i Liberi
Consorzi comunali, sempre per la Regione, non riescono a sfruttarli
per mancanza di professionalità interne che realizzino i progetti.
Ecco perché "mamma" Regione sta, dunque, lavorando
per fare una convenzione con l'Anas per fare in modo che sia proprio
l'Anas ad intervenire in maniera sostitutiva sulle strade
provinciali.
"Le
Province hanno avuto dall'Apq e dal Patto per il Sud oltre 232
milioni di euro: 142,4 milioni con il Patto per il Sud e 90 milioni
con Apq. Molti di questi soldi, però, le Province non riescono a
spenderli - ha spiegato l'assessore regionale alle Infrastrutture
Marco Falcone - . Non hanno le risorse professionali per mettere
in campo una progettazione. La Regione ha finanziato una serie di
progetti, ma purtroppo i finanziamenti non si traducono in progetti,
quindi niente appalti e niente opere. Questo è il vero problema.
Stiamo lavorando per fare una convenzione con l'Anas per intervenire
in maniera sostitutiva, tramite Anas, sulle strade provinciali. Non
stiamo parlando di lavori strutturali, ma manutenzione straordinaria:
pavimentazione, canalette, guard-rail, piccole opere d'arte. Questo
l'Anas lo può fare".
Università,
in dieci anni oltre duemila agrigentini hanno abbandonato il percorso
accademico
„
In
dieci anni sono 300 gli agrigentini che hanno rinunciato ad
iscriversi all'università e oltre 2000 quelli che hanno abbandonato.
I
dati sono ricavati dall'anagrafe studenti del Miur, che consente
appunto di tracciare anche il dato delle scelte nella carriera
accademica.
Così,
prendendo a riferimento il periodo 2006-2016, emerge come se 10 anni
fa gli immatricolati, quindi gli iscritti per il primo anno, erano
stati 2.648, lo scorso anno accademico si è chiuso a quota 2.348. I
dati sono ancora più evidenti se guardiamo al complessivo degli
iscritti all'università intesi nella loro totalità: nel 2006 erano
9.836 contro i soli 7.713 che risultano iscritti nel 2016. La
stragrande maggioranza sono ovviamente tutti agrigentini che
frequentavano i corsi palermitani. Se in termini di immatricolazioni
si è passati dai 1595 del 2006/2007 ai 795 del 2016/2017, in termini
di iscritti il calo è stato di oltre 2100 unità: da 9.836 a
7.713. In crescita, invece, sono università più vicine ad
Agrigento, come ad esempio Kore, che ha visto aumentare gli iscritti
dai 60 de 2006 ai 795 del 2016. Il perché della flessione,
ovviamente, non è immediatamente individuabile, ma non si può
escludere che a questioni prettamente pratiche e connesse ad una
generale crisi economica vissuta dalla nostra provincia, si aggiunga
l'impossibilità di frequentare l'università nella propria città di
origine a causa del progressivo restringimento delle opportunità
offerte dal Cupa.
Giornale
di sicilia
Papà
e mamma del piccolo marco: «perché quei tubi? vogliamo giustizia»
S
ono nata per fare la guerra, mio figlio avrà giustizia». Queste le
parole della mamma del piccolo Marco Castelli, il bambino morto,
l'unico figlio, in un tragico incidente stradale nei pressi di Lido
Fiori, nella località balneare di Menfi. Marco aveva compiuto sette
anni lo scorso 7 aprile ed è morto pressato da un tubo di ferro
utilizzato come recinzione di un piccolo ponticello. La vettura sulla
quale viaggiava con i genitori si è scontrata con un'altra auto ad
un incrocio, è andata in testacoda, finendo contro la palizzata in
ferro. I genitori Gualtiero Castelli e Antonella Lombardo chiedono
giustizia soprattutto per quei tubi «che non dovevano essere lì».
OOO Gualtiero, lei è un ingegnere, ha esaminato la struttura che ha
causato la morte di suo figlio? Gualtiero: «Ancora sono sotto shock,
ma di certo quei tubi Innocenti non possono essere utilizzati per
recintare un ponte. Adesso ci saranno i miei avvocati ad esaminare
assieme a me questi tubi. Faremo causa a chi di competenza. Una
strada in quelle condizioni è vergognosa. Abbiamo perso un figlio
per colpa di tubi obsoleti che non dovevano essere lì. Lo dimostrerò
nelle sedi competenti». OOO Si ricorda i momenti dello scontro?
Gualtiero: «Andavo piano, tornavamo dalle 4 Stagioni, un lido che si
trova a Lido Fiori e dove avevamo trascorso la giornata. L'asfalto
era bagnato, piovigginava. Guidavo veramente piano, anche perché
c'era una lunga fila di macchine. Ho deciso, per evitare il
traffico, e di fare la strada che collega Lido Fiori a Porto Palo.
Ricordo che ad un certo punto ho sentito un botto e la macchina ha
cominciato a girare. Ho tentato di tenere ben saldo il volante e
quando l'auto si è fermata ho tirato un sospiro di sollievo.
Credevo che fosse solo un tamponamento e niente più, poi quando mi
sono girato e ho chiesto a Marco se era tutto ok, ho visto quel tubo,
mio figlio non rispondeva e da li la corsa contro il tempo, la
disperazione, la speranza, andata poi in fumo». OOO Procederete per
le vie legali, quindi? Antonella : «È il minimo che possiamo fare.
Mio figlio avrà giustizia e non ci fermerà nessuno. Dovranno
risarcire fino all'ultimo centesimo. Non ci ridaranno più indietro
il nostro Marco, non avremo più la felicità, ma chi ha sbagliato
deve pagare. Che sia chiaro, i soldi li utilizzeremo per aiutare i
bambini bisognosi. Sognavamo di andare insieme a Marco in Madagascar
per costruire una scuola, un ospedale o un grosso pronto soccorso,
con i nostri risparmi. I soldi del risarcimento serviranno
esclusivamente ad aiutare chi ha bisogno. Qualsiasi cosa faremo, sarà
una scuola o un ospedale, porterà il nome di nostro figlio». OOO
Che bambino era Marco? Antonella: «Mio figlio era curioso, amava la
vita, faceva mille domande e aveva tantissimi hobby. Sognava un
fratellino o una sorellina. Era pazzo per la Juventus e per gli
aerei. Quest'ultima passione gli è stata trasmessa da mio marito,
visto che andiamo ogni weekend in un campo di volo. Lui è sempre
stato affascinato da tutto ciò. Mia suocera ha una vecchia cantina
dove tiene conservati tanti libri che mio marito utilizzava quando
studiava all'università, sugli aerei militari. Marco passava ore
ed ore a leggere e documentarsi. Era troppo avanti. Leggeva anche
Italo Calvino. La sua sensibilità era fuori dal normale. Aiutava i
bambini in difficoltà e cercava di far integrare nel gruppo un suo
compagno di colore che nessuno voleva accanto». OOO Una passione per
gli aerei trasmessa dal papà.... Gualtiero : «Sì, io sono un
ingegnere meccanico e lavoro per la Petrolvalves, ma ho la passione
anche per gli aerei. Lui diceva sempre che il suo sogno, da grande,
era costruire valvole per il petrolio proprio come me e guidare
aerei. E io e mia moglie rispondevamo sempre che magari sarebbe
fallita tra vent'anni. Lo dicevamo per scherzare e cosi lui pensava
anche a dei piani B. Ma mia moglie ed io riteniamo che con l'intel
- ligenza e la dialettica che già aveva spiccate alla sua età,
magari poteva diventare un politico. E poi era molto sensibile,
quindi anche con il volontariato da grande avrebbe fatto tanto». OOO
Era anche uno sportivo, è vero? Antonella: «Mio figlio aveva un
mini golf tutto suo nella nostra villa a Turate, giocava con la
squadra di basket e aveva mille passioni. Non stava mai fermo. Era
pazzo per il pilota automobilistico Daniel Ricciardo. L'abbiamo
anche portato alla Red Bull, ma non è riuscito ad incontrarlo.
Diceva sempre che voleva tagliare i capelli come il suo calciatore
preferito, Paulo Dybala. Era nostra intenzione portarlo a vedere la
Juve, non era mai stato a Torino allo stadio, era uno dei suoi tanti
sogni. Stava mettendo da parte in un salvadanaio i soldi per comprare
il Go Kart e ogni giorno si misurava con il metro perché per potersi
iscrivere al corso bisogna raggiungere una certa altezza e lui non
vedeva l'ora. Siamo distrutti dal dolore». OOO Uno dei momenti in
cui l'ha visto felice... Antonella : «Lo scorso 2 giugno a Igea
Marina per vedere lo spettacolo delle frecce tricolore e poi quando
veniva qui in Sicilia. Ha tantissimi cuginetti. Giocava con loro,
andavamo al mare, in campagna. Era un bambino felice. Faremo di tutto
per portare alta la memoria di nostro figlio». (*FCA*)
Le
indagini
Via
al sopralluogo della Provincia, le carte in Procura
Venerdì
mattina intorno alle 11,30 c'è stato il sopralluogo da parte
dell'ufficio tecnico e della polizia provinciale del Libero
consorzio comunale di Agrigento sulla strada provinciale 50, lungo la
via degli Oleandri, dove si è verificato l'incidente che ha
provocato la morte del piccolo Marco. Sul posto, Michelangelo Di
Carlo, responsabile del settore viabilità, Ernesto Sferlazza, il
vice comandante della polizia provinciale Salvatore Lombardo e gli
agenti Alfonso Valenti e Gerlando Carlisi. Il sopralluogo è stato
disposto dal commissario straordinario Alberto Di Pisa. Dalla
Provincia fanno sapere che solo qualche anno era stata effettuata una
ricognizione filmata di tutte le strade provinciali per documentarne
le condizioni. La viabilità della zona è stata inserita nel Patto
per il Sud per la manutenzione. Che quel tratto sia di competenza
della Provincia, ieri è stato appurato. Adesso si dovrà capire
perché c'erano quei tubi anziché dei guardrail e se erano a norma
o meno. Intanto i carabinieri hanno depositato il fascicolo delle
indagini alla Procura di Sciacca. È probabile che nelle prossime ore
ci possano essere degli indagati. (*FCA*)
Ex
province e viabilità
I
soldi ci sono e si vedono pure. Come un miraggio.
Un vorrei ma non
posso che echeggia da Palermo a Siracusa, da Trapani a Catania in
tutte le (ex province) siciliane. Immaginiamola, la stasi della
manutenzione di strade e infrastrutture (scolastiche in primis) di
competenza delle ex Province come un albero della cuccagna a portata
di sguardo ma non di mano. O, rubando il paradosso di un funzionario,
«come una lingua di terra che un naufrago non riesce a guadagnare».
Annaspano così aree tecniche dai ranghi falcidiati e mai rimpolpati
con conseguente stop di decine di iter prima della fase progettuale o
persino dei sondaggi preliminari. Le mani sono quelle legate di Città
metropolitane e Liberi consorzi; la cuccagna, come confermato ieri su
queste pagine dall'asses - sore regionale alle Infrastrutture Marco
Falcone, la disponibilità di «oltre 232 milioni di euro fra Accordo
programma quadro con la Regione e Patto per il Sud: rispettivamente
142,4 e 90 milioni di euro». Uffici senza teste Salvatore Pampalone,
dirigente delle Infrastrutture ramo viabilità della Città
metropolitana di Palermo, non nasconde «il depotenziamento degli
uffici dal 2013 a oggi». Oggi gli ingegneri caposervizio sono sei,
uno l'architet - to, uno il geologo. Prima della... fine l'ufficio
tecnico aveva sette dirigenti, adesso l'unico è Pampalone che può
contare su otto capiservizio. A Trapani i professionisti abilitati
sono mosche bianche, due i dipendenti in possesso di laurea.
Paradosso, beffa: «Le risorse ci sono - conferma l'ingegnere - ma
mancano i soldi in cassa per attivarle». Un circolo vizioso che il
prelievo forzoso operato dallo Stato in ottica spending review non
contribuisce ad allentare: quest'anno le «trattenute» hanno
toccato i 61 milioni e, spiega Pampalone, «è spesso impossibile
fare sondaggi e studi geologici preliminari». Altro che
progettazione. Qualche raggio di luce, ma in ottica emergenza, è
arrivato «dal sindaco Orlando che quest'an - no ci ha messo a
disposizione 250 mila euro». Un contributo che ha messo una pezza
all'impossibilità «di fare anticipazioni per queste opere
preliminari». Il piatto piange a dirotto: «Ci mancano 23 milioni in
bilancio, aspettiamo il prossimo esercizio per tentare di risolvere
almeno le priorità: penso ai fondi Snai (Strategia nazionale per le
aree interne, ndr) per le Alte Madonie, 350 mila euro nell'ambito
dell'Apq da 11 milioni complessivi». Inutile pure il tentativo di
investire immediatamente il milione e 900 mila euro stanziato dallo
Stato in legge di stabilità sempre per l'impossibilità di fare
anticipazioni. L'anno prossimo, si spera, i milioni dovrebbero
arrivare a 5. Pampalone circoscrive il campo delle cose possibili:
«Vanno fatti presto i sondaggi sulla sp 2 e sulla sp 4, in pratica
la cruciale arteria mare-monti che da San Giuseppe Jato e da Corleone
raggiunge il Partinicese. A prezzo politico abbiamo siglato con
l'Università di Palermo una convenzione per individuare le
soluzioni tecnologiche più idonee. Servono i soldi per diciannove
microinterventi da 200 mila euro circa ciascuno, dalle buche ai
guard-rail». Un clima diverso, ora, con la Regione: «Falcone e il
suo staff - riconosce Pampalone - ci stanno dando sostegno per
superare assieme gli scogli economici e burocratici. Abbiamo
presentato alla Regione progetti per 2,5 milioni di euro, che
comprendono scarifiche e posa di guard-rail. Fondi che saranno
attivati a settembre». Altra corsa contro il tempo, la sp 3 a
Carini, destinata a collegare il Rimed, futura cattedrale della
biomedica mondiale che rischia di restare nel deserto se non si
sbloccano i tre milioni per il completamento. Bilanci ed emergenze A
Trapani non c'è nemmeno bilancio: mani legate anche per
l'esternaliz - zazione di alcuni servizi di supporto, mentre
premono le urgenze. Su 1.400 km di rete, le più prossime sono sei,
delle quali due da 4 milioni. Gli uffici stringono i denti e sperano
nei «progetti già pubblicati nell'ambito del Patto per il Sud» e
nella «programmazione 2018 che di progetti pubblicati ne ha già
due, con le gare che saranno bandite a giorni». A Messina Giuseppe
Lombardo, a capo della partecipata Servizi Bene Comune e fido del
sindaco Cateno De Luca, sottolinea il «peso della gestione
provvisoria». Tutto bloccato «fino all'approvazione del
consuntivo 2017 e del preventivo 2018. Per il primo manca un
riequilibrio di 2,5-3 milioni di euro». Molto più difficile far
quadrare il preventivo, «alla luce di un prelievo forzoso per 25
milioni all'anno». Lasciando le strade ed entrando nelle scuole,
«teoricamente ma pure praticamente - aggiunge Lombardo - dovrebbero
essere chiuse tut te, insieme con almeno il 50% delle strade.
Sull'edilizia scolastica, infatti, per dieci anni il ministero ha
dato proroghe, "dimenticando" adesso di prevederla nel
Milleproroghe. Insomma, abbiamo 7 milioni già finanziati per la
messa in sicurezza degli istituti che saranno disponibili soltanto
nel 2019». Venti in tutto i milioni congelati e stanziati da Patto
per Messina e Apq, tanto per la viabilità secondaria quanto per
l'edilizia scolastica. «La cosa singolare - aggiunge il
responsabile dell'area tecnica Franco Roccaforte - è che se
domattina arrivasse il decreto di finanziamento, noi quelle somme non
potremmo impiegarle subito». Poi i numeri amari: «Abbiamo novecento
dipendenti e due dirigenti, tremila km di rete viaria e l'80% dei
progetti del masterplan nemmeno esistenti. Provvidenziale la proroga
biennale della spesa , fino al 2021». Incompiute a decine Nel
Nisseno il caso limite dell'im - mobilità obbligata: l'ex
Provincia si è ridotta a pagare gli stipendi ai dipendenti. Giarre,
in provincia di Catania, è il Comune che vanta il maggior numero di
opere non ultimate (una dozzina), come la piscina olimpionica
inutilizzabile perché un metro più corta, il parcheggio multipiano
senza uscita, fino allo stadio da ventimila spettatori. A Milo più
volte ristrutturato e più volte danneggiato dai vandali il complesso
turistico Maremonti. A Camporotondo è rimasto incompleto il centro
sportivo polivalente. A Paternò, il centro di protezione civile
ultimato e mai entrato in funzione che adesso è stato vandalizzato.
Nel Messinese sono da completare benché finanziati il nucleo
integrato agro-industriale di San Piero Patti; la metro-ferrovia
MessinaGiampilieri; le opere di urbanizzazione nell'agglomerato
industriale di Milazzo, una cinquantina alloggi popolari e un centro
socio-assistenziale al Villaggio Aldisio. Ad Agrigento ci sono i
progetti, ma mancano i fondi. La spesa prevista per tutti i progetti
già approvati dall'ex Provincia ammonta a 4 milioni e 900 mila
euro e la priorità è stata data alle strade interessate da
precedenti ordinanze di chiusura al transito. La somma maggiore, un
milione e 100 mila euro, per la strada che collega Cammarata alla
stazione. E poi 910 mila euro per la strada tra il Bivio Tamburello e
Bivona. Il Libero Consorzio di Siracusa, in dissesto finanziario è
stato tagliato fuori dal progetto da 46 milioni di euro stanziati
dalla Regione relativo alla promozione dell'efficien - za ed alla
riduzione dei consumi di energia su edifici e strutture pubbliche.
L'altro progetto da 7 milioni di euro del piano operativo
finanziato lo scorso gennaio con fondi Fesr per l'adeguamento sismico
e l'efficientamento energetico di quattro scuole tra Siracusa,
Augusta e Floridia, resta bloccato
Più
anni per l'iter che per i lavori
Lelio
Cusimano
E
tuttavia, nonostante tanti controlli, i ponti continuano a venire
giù! Il monitoraggio dell'Agen - zia per la Coesione Territoriale
prende in considerazione ben 56 mila opere pubbliche realizzate in
Italia tra il 2014 ed il 2018, con un valore complessivo di 120
miliardi di euro; è un campione di opere che fotografa la realtà
del territorio nazionale. Il tempo medio di realizzazione di queste
opere pubbliche si attesta a 4,4 anni; ovviamente è una media tra
opere da 100 mila euro e opere da 100 milioni di euro. La Sicilia
balza all'attenzio - ne per due fenomeni di segno diverso: da un
canto, il tempo per realizzare un'opera pubblica nell'Isola è
tra i più lunghi in Italia (5,3 anni), dall'al - tro, tale tempo
si va riducendo. In sostanza, quattro anni fa la Sicilia impiegava il
cinquanta per cento in più di tempo, rispetto alla media italiana,
mentre oggi abbisogna «soltanto» del 20% di tempo in più. Il dato
più curioso risiede, però, nella durata delle diverse fasi; se la
Sicilia, infatti, è la regione più lenta d'Italia nella
progettazione (3,3 anni), di contro e in barba a ogni luogo comune, è
la più veloce nell'esecuzione dei lavori (1,1 anni!). Bisogna
darne merito alle imprese siciliane. L'avvertita criticità nei
tempi di una qualunque opera pubblica diventa drammatica quando si
considerano i cosiddetti «tempi di attraversamento»; si tratta
dell'intervallo necessario solo per passare da una fase alla
successiva. Sono i tempi morti; sono i tempi della «burocrazia» e
superano ampiamente tutto il resto dei conti e delle medie. In
sostanza, ci vuole più tempo per passare da un ufficio all'altro
che per tutte le altre fasi (progettazione preliminare, definitiva,
esecutiva e affidamento dei cantieri). In Italia, il tempo di
cantiere è minoritario rispetto alla durata complessiva di un'opera
pubblica. Il dato inspiegabile è che più è piccola un'opera
pubblica e più si allungano i tempi burocratici rispetto a quelli
reali. Sarebbe un gran bel risultato se il «governo del cambiamento»
districasse questa ragnatela di estenuanti (e a quanto si vede
inutili) passaggi. Il monitoraggio statale mette a confronto anche le
grandi opere pubbliche in Europa, come le linee ferroviarie veloci
quali la TAV Torino-Lione. Risaltano gli alti costi di tali linee (25
milioni di euro a chilometro) e i lunghi tempi di esecuzione (in
media 16 anni). Le criticità sono analoghe tra i diversi Paesi
europei, eppure si parla molto dei maggiori costi della TAV italiana;
ora, senza escludere abusi e fatti corruttivi, va detto che in
Italia, per prassi consolidata, i Comuni interessati da grandi opere,
come la rete ferroviaria veloce, chiedono e puntualmente ottengono
generosi «risarcimenti» sotto forma di piscine, strade, scuole,
impianti sportivi.... Tanto per dirne una, questa specie di mercato
delle vacche - che si voleva eliminare con la riforma costituzionale
del dicembre 2016, facendo prevalere l'interesse nazionale - ha
dilatato i tempi per realizzare in Sicilia l'anello elettrico in
alta tensione, che pure tanti benefici arrecherebbe all'Isola. La
nostra è, infatti, la prima regione in Italia per numero di
interruzioni nella fornitura di energia elettrica, con costi
altissimi per le imprese. Il confronto europeo richiama anche
un'insufficiente valutazione preventiva delle opere pubbliche,
perché nei Paesi Membri la decisione di realizzare una linea
ferroviaria ad alta velocità «si basa su considerazioni politiche
non sempre supportate da analisi costi-benefici». Questi fatti
rafforzano scelta dell'attuale governo, favorevole ad altre
verifiche tecniche sulla Torino-Lione. Tuttavia, mentre il nostro
Paese - stando agli annunci - si predispone a un rilancio degli
investimenti con una parola d'ordine «no alle grandi opere, sì
alle piccole», si avverte la necessità di mitigare il rigore
tecnico con qualche valutazione politica. È evidente, infatti, che
la contrapposizione tra piccole e grandi opere è, come tale,
manichea e dogmatica. Ma il passaggio più critico è un altro;
l'applicazione rigorosa del criterio costi-benefici può essere,
infatti, idonea per gli interventi nella parte più infrastrutturata
e ricca del Paese, mentre lo stesso rigoroso criterio si porta dietro
pesanti insidie per il Mezzogiorno, dove i modesti flussi commerciali
non potrebbero mai assicurare in partenza un equilibrio tra costi e
benefici. In Italia abbiamo costruito grandi opere negli anni
Sessanta e abbiamo smesso di farne la manutenzione negli anni
Novanta. Siamo passati così da Paese povero d'infra - strutture a
Paese che neanche cura le poche esistenti. Che possiamo aspettarci?
Scrive Antonio Polito, «I Romani lasciarono all'Italia la più
formidabile rete di strade e acquedotti della storia e ai barbari
bastarono pochi decenni di abbandono per trasformarla in un cumulo di
macerie».
Tartaday,
liberata a Punta Grande una «Caretta Caretta»
Non
soltanto un amo per il quale ha dovuto subire un intervento
chirurgico presso il Centro di Recupero Tartarughe marine di
Lampedusa, ma l'esemplare di tartaruga «Caretta-caretta» liberato
ieri a Punta Grande di Realmonte aveva ingoiato anche diversi
frammenti di plastica, segno evidente dell'inquinamento del mare. È
emerso ieri, durante la fase della liberazione, che è stata una
grande festa, in particolare per i più piccoli. Il «Tartaday», che
si svolge a livello nazionale in diverse regioni d'Italia, è ormai
uno tra gli appuntamenti più attesi nelle spiagge. Si tratta di una
giornata dedicata alla tartaruga marina ed organizzata da tutti gli
enti che partecipano al progetto Life «Tartalife - Riduzione della
mortalità della tartaruga marina nelle attività di pesca
professionale», avviato nel 2012 e finanziato dall'Unione Europea.
Il Libero consorzio comunale di Agrigento, partner di progetto, ha
organizzato questa giornata a Punta Grande con la collaborazione del
Wwf, ente gestore della riserva naturale di Torre Salsa e della
sezione Occidentale del Wwf Sicilia, della Ripartizione Faunistico
Venatoria di Agrigento e del Comune di Realmonte. Presenti il
direttore del settore Ambiente del Libero consorzio Achille Contino,
il sindaco di Realmonte Calogero Zicari, la direttrice della
Ripartizione Maria Licata, responsabili e volontari del Wwf, e la
responsabile del Centro di Recupero di Lampedusa, Daniela Freggi, una
delle massime esperte mondiali di tartarughe marine che ha illustrato
la storia dell'esemplare restituito alla vita marina e i problemi
di conservazione che la specie deve affrontare in tutto il suo areale
di distribuzione. L'evento è stato preceduto proprio da un'ampia
attività informativa su tutto ciò che si muove nel mondo delle
tartarughe marine e su tutte le iniziative che vengono intraprese per
la loro salvaguardia. Poi attività di animazione del «Tartaworld»,
nell'ambi - to del programma previsto dall'azione E3 del progetto
Life, dedicato sopratutto a bambini e ragazzi, avviato con successo
dallo scorso 16 giugno e che riscuotendo un notevole consenso tra i
turisti e i residenti locali. Il «Tartaworld» è ormai un
appuntamento molto atteso da diversi anni nell'agrigentino. Nel
vasto panorama di tutela delle tartarughe, fin dall'individuazione
dei nido e poi alla tutela degli stessi fino alla schiusa ci sono una
serie di altre iniziative che, da anni, vengono portate avanti anche
sulle spiagge agrigentine. (*GP*)
LA SICILIA
MENFI. La Sp 50 presenta da tempo
criticità rilevate dal Libero Consorzio e inserite nel progetto
"Patto per il Sud"
QUELLA TRANSENNA MALEDETTA
Uno dei tubi si è conficcato
nell'auto su cui viaggiava il bimbo, ferendolo a morte.
GIUSEPPE RECCA
MENFI. La strada provinciale dove il
giorno di ferragosto si è verificato un incidente stradale che ha
poi causato la morte di un bambino di sei anni, presenta da tempo
delle criticità che erano già state rilevate dal Libero Consorzio
Comunale di Agrigento e inserite nel progetto "Patto per il Sud"
con cui si finanzia la manutenzione ordinaria e straordinaria delle
arterie di competenza provinciale. La precarietà della sede
stradale, ed in particolare la presenza di una sorta di transenna
composta da tubi in ferro ai quali è attaccato un reticolato di
materiale plastico, fanno parte del carteggio che i carabinieri della
compagnia di Sciacca hanno portato nella giornata di ieri
all'attenzione dei magistrati della Procura della Repubblica
saccense, che coordinano l'attività di polizia giudiziaria. Uno dei
tubi in ferro, com'è noto, si è conficcato nella parte posteriore
dell'abitacolo della Nissan Qashqaì che sulla provinciale 50 è
finita fuori strada dopo un impatto con una Ford Mondeo, è finita
fuori strada fermandosi nel punto dove c'era la barriera. Quel tubo
in ferro è stata la causa delle gravi ferite mortali riportate dal
bimbo. Dall'ufficio giudiziario saccense fino a ieri pomeriggio non
emergevano notizie di persone iscritte nel registro degli indagati,
ma appare inevitabile, vista la gravità dei fatti, che scatteranno a
breve avvisi di garanzia per l'ipotesi di reato di omicidio colposo.
Ieri mattina, si è svolto sul luogo dell'incidente un sopralluogo
dell'ufficio tecnico e della polizia provinciale del Libero Consorzio
comunale di Agrigento, disposto dal commissario straordinario Alberto
Di Pisa. L'iniziativa è servita per effettuare un'ulteriore e più
attenta ricognizione dei luoghi. Si è appreso in quel contesto che
la viabilità della zona risulta inserita nel progetto "Patto
per il Sud" per la manutenzione ordinaria e straordinaria. In
sostanza, da quanto emerge, il Libero Consorzio aveva ritenuto che
bisognava fare del-
le opere per migliorare la sicurezza.
Come del resto bisogna fare nel resto del territorio provinciale,
dove ci sono decine e decine di strade dove la sicurezza è quasi un
optìonal dopo diversi anni in cui piogge e nubifragi non sono
seguite opere di sistemazione per carenza di risorse finanziarie.
Nella tarda mattinata di ieri a Partanna, città di origine della
mamma, sono stati celebrati i funerali del piccolo Marco. Tutta la
comunità partannese si è stretta attorno alla sfortunata famiglia.
Il feretro poi è partito per la Lombardia, a Como, dove oggi si
terrà un'altra cerimonia funebre. Il padre del bimbo, Gueltiero
Castelli, è un ingegnere elettrotecnico e ogni anno con moglie e
figlio trascorreva
in Sicilia alcuni giorni di vacanza.
LIVESICILIA
L'APPROFONDIMENTO
Morandi, il crollo e la psicosi
I PONTI SOTTO OSSERVAZIONE IN
SICILIA
Dopo la tragedia di Genova
crescono interrogativi e polemiche. La situazione nella nostra
Regione.
PALERMO - I cultori dell'arte
legavano sino a ieri il nome di Morandi al pittore tra i più
originali del Novecento italiano, celebre per le sue nature morte con
vasi e bottiglie. Dopo il crollo del viadotto di Genova un altro
Morandi è balzato agli onori della cronaca:
l'ingegnere Riccardo, autore del
ponte crollato il 14 agosto nel capoluogo ligure. Anche questo
Morandi è un maestro, se è vero com'è vero che l'architettura è
una forma d'arte.
Il progettista romano, a differenza
dell'omonimo pittore che lavorava esclusivamente tra le mura del
suo atelier bolognese, ha operato nel Belpaese e all'estero ed è
ancora studiato sui testi di architettura contemporanea, dove viene
definito come "il profeta del ferro e del cemento". Al pari di
Pier Luigi Nervi, capace di spingere sino al limite delle sue
prestazioni quello che è il materiale costitutivo per eccellenza del
secolo scorso: il calcestruzzo armato.
L'ardito viadotto genovese con i suoi
piloni alti 90 metri era una struttura avveniristica quando fu
inaugurato nel 1967. La qualità espressiva dei capolavori
ingegneristici di Riccardo Morandi, suo il primo brevetto sul
calcestruzzo armato precompresso, ha lasciato il segno non solo in
Venezuela, nella laguna di Maracaibo - con uno dei dieci viadotti
più lunghi del mondo - e in Sudafrica sullo Storms River, ma anche
in Sicilia: a Ragusa con il ponte sul fiume Irminio, a Licata con il
ponte sul fiume Salso e ad Agrigento con il viadotto che porta il suo
nome.
Le opere siciliane sono state oggetto
di denunce lanciate dalle associazioni ambientaliste e di attenzioni
da parte delle autorità competenti che hanno portato alla loro
temporanea chiusura. Due interventi manutentivi, di cui l'ultimo
nel 2014, costato 5 milioni di euro, finanziato tra gli interventi
urgenti previsti dal "decreto del fare", hanno consentito la
riapertura del ponte sull'Irminio, che con i suoi piloni di 168
metri risultava, alla data della sua edificazione, il più alto
d'Europa.
Per il ponte sul Salso proprio in
questi giorni, dopo un lungo monitoraggio, è stata sciolta la
"prognosi riservata". Mentre ad Agrigento un lungo dibattito,
simile a quello di Genova, ha visto contrapposte le posizioni di chi
chiedeva di abbatterlo e di chi voleva mantenerlo. Al momento l'Anas
starebbe per ristrutturare il viadotto akragantino affrontando un
costo di circa 15 milioni di euro. "Alla luce della rinnovata
sensibilità di questi giorni - dichiara il sindaco di Agrigento
Lillo Firetto - spero si possa riconsiderare la scelta dell'oneroso
intervento di recupero del viadotto a favore di una viabilità
alternativa a raso. Il fascino tecnologico di quest'opera che aveva
colpito nei primi anni è stato oscurato dall'impatto paesaggistico
sul Parco archeologico della Valle dei Templi, tanto da aver fatto
parlare di 'abusivismo di Stato' a causa dei piloni che insistono
sulla necropoli Pezzino. Ho convocato a tal fine un incontro tra i
diversi attori in campo per il prossimo 7 settembre". Torna così
di attualità l'ipotesi della demolizione del viadotto Morandi. In
Italia è esplosa la psicosi crolli: è allarme per trecento ponti,
sarebbe cioè in pericolo il 60 % dei viadotti in cemento armato con
oltre 50 anni di vita.
"Colpevole è l'assenza di
manutenzione ordinaria nel Paese come in Sicilia - dice l'assessore
regionale alle Infrastrutture Marco Falcone - nell'Isola sono una
trentina i ponti a rischio di cui circa quindici in emergenza. Le
risorse per intervenire prontamente non mancano, abbiamo intercettato
due miliardi di euro per le grandi strutture; sono già in atto sei
cantieri e molti altri in progettazione che porteranno anche sviluppo
economico".
"Abbiamo creato una task force -
continua Falcone - che vede impegnati Anas, Cas, ex Provincie e
città metropolitane per monitorare a tappeto ponti, viadotti e
gallerie ed evitare di agire in modo improvvisato. Il presidente
Musumeci vuole affiancargli una commissione scientifica composta da
docenti degli Atenei siciliani con competenze specifiche. La
filosofia è cambiata con una logica di pianificazione che prevede
una manutenzione radicale, e ove sarà il caso, la sostituzione delle
strutture difficilmente recuperabili, riducendo costi e tempi di
esecuzione".
Il timore che oggi si manifesta non
riguarda quindi solo i ponti firmati Morandi al quale si devono anche
numerosi studi e progetti per il ponte di Messina, ma la materia di
cui sono fatte tutte le infrastrutture del secolo scorso, quel
calcestruzzo dalla durata limitata, utilizzato peraltro in tutta
l'edilizia dagli anni Sessanta, quando l'Italia puntò sui
trasporti su gomma e contestualmente sull'abbandono dei centri
storici a favore delle periferie urbane. Il miracolo economico aveva
visto nel cemento armato una vera e propria panacea, simbolo del
progresso che rispondeva al sogno di "una casa per tutti", reso
possibile dai suoi costi contenuti.
Chi a Genova solo poco tempo fa
sosteneva che il viadotto Morandi sarebbe potuto "stare su altri
cento anni", ignorava che il ciclo di vita del calcestruzzo armato
è stimato in cinquant'anni o poco più. "Una verità
assiomatica", conferma il professore Paolo La Greca, direttore del
Dipartimento di ingegneria civile e architettura dell'Università
degli studi di Catania e presidente del Centro Nazionale di Studi
Urbanistici del Consiglio Nazionale Ingegneri. "Questo materiale
era fortemente innovativo agli inizi del secolo scorso, quando ci si
illudeva che il calcestruzzo cementizio avrebbe protetto all'infinito
la resistente anima d'acciaio - continua La Greca - bisogna
prendere atto che così non è. Neppure sottoponendolo al cosiddetto
retrofitting, intervento che ne prolunga la vita. Anche oggi non è
facile immaginare strutture in calcestruzzo armato progettate per
durare 100 anni".
Ad aggravare la situazione del
patrimonio edilizio si aggiunge il peso dei mezzi di trasporto su
gomma, notevolmente cresciuto negli anni, che stressa i ponti in
maniera non preventivata, mentre l'espansione delle periferie e la
cementificazione delle coste è contrassegnata dalla versione
palazzinara del cemento armato a buon mercato.
"Siamo di fronte a un'emergenza
nazionale che ha dato chiare avvisaglie -conclude il docente
catanese - già tra il 1999 e il 2000, quando si sono registrati in
tutt'Italia una serie di crolli di palazzi in calcestruzzo armato
risalenti agli anni Sessanta, tra cui quello di via Pagano a Palermo.
Mentre nei paesi più attenti si procede con una sistematica
sostituzione integrale degli edifici vetusti, nella nostra fragile
nazione le politiche sulle periferie urbane sono insufficienti, come
pure quelle per l'adeguamento delle infrastrutture. Occorrerebbe
una Abbiamo recentemente assistito alla dismissione delle agenzie
governative "Italia sicura" e "Casa Italia, mentre sarebbe
necessaria una seria politica amministrativa di continuità".
Non è che l'impennata di crolli ai
quali stiamo assistendo negli ultimi anni oltre che da errori
costruttivi, cause naturali, cemento impoverito, non sia invece il
destino prevedibile di un'edilizia che ha già raggiunto la sua
data di scadenza?
SCRIVOLIBERO
STRADE, URGENTE MONITORAGGIO IN
SICILIA
Musumeci convoca un tavolo di
monitoraggio sullo stato di salute delle autostrade in Sicilia. A
breve sarà battezzata la nuova società "Sicilia Mobilità".
Monitoraggio: è la parola d'ordine.
Adesso che è crollato il ponte "Morandi" a Genova e sono morte
più di 40 persone. E quindi si convocano i tavoli per monitorare,
come se finora non si fosse monitorato alcunché. Servono oltre una
quarantina di morti affinchè si monitori? Nell'Italia e nella
Sicilia del 2018 la risposta è sì. Infatti, il presidente della
Regione, Nello Musumeci, ha convocato per venerdì prossimo, 31
agosto, i vertici di Anas, Cas, della Protezione civile e i signori
dirigenti dell'assessorato regionale alle Infrastrutture per una
riunione operativa sullo stato di salute dei ponti, delle autostrade
e della viabilità secondaria in Sicilia. E Musumeci conferma quanto
premesso e spiega: "I fatti di Genova ci impongono di effettuare un
monitoraggio per avere ben chiara la situazione in Sicilia. Già a
febbraio avevo pensato di avviare questa campagna per la sicurezza
dei trasporti in Sicilia". Il governo regionale ha già inviato una
lettera a tutte le concessionarie delle autostrade nell'isola:
entro 15 giorni presentino una relazione sulle condizioni di
sicurezza di ciò che gestiscono in concessione. Nel frattempo lo
stesso Musumeci annuncia il pensionamento del Cas, che è il
Consorzio autostrade siciliane e che attualmente gestisce la
Palermo-Messina, la Messina-Catania e la Siracusa-Gela per
complessivi 389 chilometri di autostrada. E il presidente prospetta:
"Il Cas chiuderà entro l'anno. Questa esperienza sembra essere
conclusa e c'è l'intesa con l'assessore alle Infrastrutture e
l'intero governo affinché si definisca la questione in questo
senso. C'è l'Anas interessata alla successione". In verità,
il piano per liquidare il Consorzio autostrade e assorbirlo nell'Anas
è stato già definito: a settembre sarà quantificato il valore del
Cas tra entrate e debiti, poi il Consorzio Cas, che è un ente
regionale, sarà trasformato in Spa, in società per azioni, e poi,
con la ri-capitalizzazione, entrerà l'Anas con il 50,1 per cento
delle azioni della nuova società, il cui nome sarà "Sicilia
Mobilità". E la Regione manterrà il 49,9 per cento. La "Sicilia
Mobilità" gestirà tutta la rete autostradale siciliana. Secondo
l'assessore regionale alle Infrastrutture, Marco Falcone, la spesa
per la manutenzione ordinaria di tutte le autostrade siciliane
costerebbe 60 milioni di euro all'anno. E non sono tanti: infatti,
la sola Messina- Catania incassa 55 milioni di euro di pedaggi
all'anno.