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Rassegna stampa dal 18 al 20 agosto 2018

Castelvetranonews
Partanna piange il piccolo Marco. Quei pali che da tempo dovevamo essere sostituiti. Partite le indagini

Un bambino di sette anni muore pressato da un pesante palo in ferro che si è incastrato tra il seggiolino e il corpo del piccolo. Il palo gli ha spezzato il femore in due e intaccato fegato e polmoni. Trasportato d'urgenza in elisoccorso al Civico di Palermo è morto durante l'intervento. La palizzata in ferro è ora al centro dell'indagine e i Carabinieri hanno provveduto al sequestro su disposizione della Procura della Repubblica di Sciacca. Un ferragosto felice, una famiglia in vacanza in Sicilia che aveva deciso di trascorrere la giornata al mare nella località balneare di Menfi a Lido Fiori, finito in tragedia. Una Ford con alla guida dei palermitani non si è fermata allo Stop, mentre la Nissan Qashqai guidata dal papà del piccolo sfortunato, aveva la precedenza. Qualcosa è andato storto e la Nissan si è schiantata contro una barriera di vecchi pali in ferro utilizzati come recinzione di un piccolo ponticello dove sotto scorre il "Ruscello Mandrarossa". Pali che fanno "discutere" i residenti della zona e chi ogni giorno percorre quella strada per andare al mare o in campagna. "Obsoleti -  dicono in molti  -  da  anni dovevano essere sostituiti con dei guardrail. Si poteva evitare la tragedia". E anche sui social c'è chi scrive che la provincia o il comune devono chiarire per capire chi doveva provvedere alla manutenzione dell'area.  La strada è provinciale ed è la Sp 50. La morte di Marco Castelli porta a 14 il numero delle vittime di questo tragico agosto. Sul luogo dell'incidente sono immediatamente intervenuti i Carabinieri della stazioni di Menfi, tre ambulanze, due arrivate da Menfi e una da Sciacca, proprio quest'ultima ha intubato il bambino e provato a praticare il massaggio cardiaco. Il piccolo era ancora in vita, ma  in coma, quando è arrivato l'elisoccorso per trasportarlo all'ospedale Civico di Palermo, dove per tutta la notte i medici hanno cercato di salvarlo. Le emorragie interne erano troppo profonde e Marco si è spento intorno alle tre. Non si danno pace i genitori, Gualtiero e Antonella. Marco era figlio unico e a settembre avrebbe frequentato la seconda elementare nella scuola di Turate, in provincia di Como. Il padre è di Como mentre la madre Antonella Lombardo è di Partanna. La coppia che era nella Ford aveva dietro due bambini piccoli, tutti miracolosamente illesi. Mercoledi, sul luogo dell'incidente, piangevano a dirotto e cercavano di spiegare ai genitori del piccolo che lo "Stop" era oscurato dagli alberi e quindi non si sarebbero accorti nemmeno dell'incrocio. Il feretro del piccolo Marco è arrivato da Palermo a Partanna, dove nella casa della madre in via Pietro Battaglia, sono accorsi, amici, parenti e tutta la cittadinanza per dare l'ultimo saluto al piccolo disteso su una bara bianca. Tanti i preti a supportare la famiglia e vari medici che si sono alternati a causa dei parecchi malori che hanno colpito la madre e più volte il papà di Marco. Il sinistro stradale è avvenuto intorno alle 18,45. Antonella, Gualtiero e Marco avevano trascorso l'intera giornata al mare insieme agli zii e cugini di Partanna che hanno assistito all'incidente. Una tragica fatalità visto che il piccolo Marco, ogni tanto, quando venivano a Menfi, al mare, era solito salire in auto con lo zio, ( fratello della mamma) insieme alla zia e i suoi cugini, proprio quel pomeriggio invece ha deciso di salire nel seggiolino della sua macchina e allacciare la cintura di sicurezza. Dopo il tragico impatto, amici e soccorritori hanno subito tagliato la cintura di sicurezza e spostato con forza il palo in ferro per poter prendere il piccolo e poggiarlo a terra dove ancora ci sono segni evidenti di siringhe, tubi, guanti e tanto materiale utilizzato dai soccorritori. L'elisoccorso per venire incontro alla evidente urgenza, è riuscito ad atterrare proprio in uno spiazzale in via degli Oleandri, nei pressi del tragico impatto. Il sindaco di Menfi Marilena Maceri ha dichiarato che quella strada non è comunale e che quindi non è competenza sua ma della provincia. Il commissario del Libero Consorzio di Agrigento, Alberto Di Pisa vuole vederci chiaro: "Valuteremo con la polizia provinciale se è di competenza nostra o se è anche competenza del comuneLa strada è provinciale ma c'è anche una parte di competenza comunale. A breve verranno fatti gli appositi rilievi per capire quei pali in ferro da chi sono stati messi, perché non si è provveduto alla manutenzione, di chi è la competenza e tanto altro. Prima di allora non potrò pronunciarmi. In merito a ciò che ha dichiarato l'assessore alle infrastrutture Marco Falcone non è assolutamente vero - continua a spiegare Di Pisa - Noi non riusciamo a spendere i soldi per carenza di tecnici? Sciocchezze. Il settore tecnico nostro è più che completo. La provincia di Agrigento è  la prima in Sicilia per i progetti di manutenzione delle strade e abbiamo parecchi contratti firmati. Ma non possiamo fare niente, abbiamo le mani legate. Se la regione, caro Falcone, non approva i bilanci, in automatico noi non possiamo stabilire le somme da spendere. Per cui dobbiamo attendere". Ieri per l'intera giornata e anche nella serata, Partanna ha vissutto il lutto cittadino, sono stati sospesi gli spettacoli previsti per la sera nell'ambito di "Artemusicultura". A farlo sapere è il sindaco Nicola Catania. "Siamo addolorati per questa anima bianca - ha detto il primo cittadino - a nome mio e di tutta l'amministrazione comunale. Il lutto cittadino è il minimo che si possa fare dinanzi a questa immane tragedia che ha colpito nel profondo i nostri cuoriSiamo sconvolti e vicini alla famiglia". Il feretro del piccolo Marco, è stato ieri accompagnato alla chiesa Del Carmelo dove a mezzogiorno si è tenuto il funerale officiato dall'arciprete Antonino Gucciardi. Nel pomeriggio è partito alla volta di Milano dove è stato poi trasferito in provincia di Como, dove ad attenderlo c'erano le maestre e i suoi compagni di scuola. Giovedì sera, intanto, sono arrivati i nonni paterni da Milano e qualche parente del nord.  FRANCESCA CAPIZZI

Agrigentonotizie.it

L'incidente che ha ucciso un bimbo di 7 anni, arrivano i tecnici sulla provinciale

„ Sopralluogo congiunto, venerdì mattina, dell'Ufficio tecnico e della Polizia Provinciale del Libero Consorzio comunale di Agrigento sulla strada provinciale 50, lungo la via degli Oleandri, nella zona di Lido Fiori a Menfi dove si è verificato l'incidente che ha provocato la morte del piccolo Marco Castelli di 7 anni. Sul posto, l'ing. Michelangelo Di Carlo, responsabile del settore viabilità e il vice comandante della Polizia provinciale Salvatore Lombardo Il sopralluogo, disposto dal Commissario straordinario dott. Alberto Di Pisa, è servito per effettuare un'ulteriore e più attenta ricognizione dei luoghi dove si è verificato il tragico incidente stradale. La Polizia provinciale e l'Ufficio tecnico del Libero Consorzio, solo qualche anno addietro, avevano effettuato una ricognizione di tutte le strade provinciali di competenza dell'Ente.


L'incidente che ha ucciso il piccolo Marco, i genitori: "Vogliamo giustizia"

Chiedono giustizia. Gualtiero Castelli e Antonella Lombardo, genitori del piccolo Marco: il bambino che è morto nell'incidente stradale di lido Fiori a Menfi, chiedono giustizia perché "quei tubi non dovevano essere lì". Marco è morto a causa di un tubo di ferro utilizzato come recinzione di un piccolo ponticello. La vettura sulla quale viaggiava con i genitori si è scontrata con un'altra auto ad un incrocio, è andata in testacoda, finendo contro la palizzata in ferro." "Sono ancora sotto choc - ha detto, al Giornale di Sicilia, il papà del piccoletto - , ma di certo quei tubi Innocenti non possono essere utilizzati per recintare un ponte. Adesso ci saranno i miei avvocati ad esaminare assieme a me questi tubi. Faremo causa a chi di competenza. Una strada in quelle condizioni è vergognosa. Abbiamo perso un figlio per colpa di tubi obsoleti che non dovevano essere lì. Lo dimostrerò nelle sedi competenti". La famiglia del piccino, 7 anni compiuti lo scorso aprile, procederà dunque per le vie legali. "E' il minimo che possiamo fare - ha detto, sempre al Giornale di Sicilia, mamma Antonella - . Mio figlio avrà giustizia e non ci fermerà nessuno. Dovranno risarcire fino all'ultimo centesimo. Non ci ridaranno più indietro il nostro Marco, non avremo più la felicità, ma chi ha sbagliato deve pagare. Che sia chiaro, i soldi li utilizzeremo per aiutare i bambini bisognosi. Sognavamo di andare insieme a Marco in Madagascar per costruire una scuola, un ospedale o un grosso pronto soccorso, con i nostri risparmi. I soldi del risarcimento serviranno esclusivamente ad aiutare chi ha bisogno. Qualsiasi cosa faremo, sarà una scuola o un ospedale, porterà il nome di nostro figlio".

Strade provinciali impercorribili, nell'Agrigentino i progetti ci sono ma mancano i soldi

Ad Agrigento, i progetti ci sono. Ma mancano i fondi. La spesa prevista per tutti i progetti già approvati dall'ex Provincia regionale ammonta a 4 milioni e 900 mila euro e la priorità è stata data alle strade interessate da precedenti ordinanze di chiusura al transito. La somma maggiore, un milione e 100 mila euro, per la strada che collega Cammarata alla stazione. E poi 910 mila euro per la strada tra il Bivio Tamburello e Bivona. Di fatto, il Libero consorzio comunale di Agrigento sembra essere l'unico ente in controtendenza rispetto agli altri siciliani. Perché negli altri enti - la citta metropolitana di Palermo, ad esempio, - il depotenziamento degli uffici dal 2013 ad oggi ha fatto sì che gli uffici tecnici iniziassero ad annaspare. Così come a Trapani, i professionisti abilitati sono mosche bianche. E le incompiute restano quindi, in tutta l'isola, a decine.   Sembra essere il cane che si morde la coda. Perché per la Regione i soldi ci sono. Le ex Province ne hanno avuti - dall'Apq e dal Patto per il Sud - oltre 232 milioni di euro. Ma i Liberi Consorzi comunali, sempre per la Regione, non riescono a sfruttarli per mancanza di professionalità interne che realizzino i progetti. Ecco perché "mamma" Regione sta, dunque, lavorando per fare una convenzione con l'Anas per fare in modo che sia proprio l'Anas ad intervenire in maniera sostitutiva sulle strade provinciali. "Le Province hanno avuto dall'Apq e dal Patto per il Sud oltre 232 milioni di euro: 142,4 milioni con il Patto per il Sud e 90 milioni con Apq. Molti di questi soldi, però, le Province non riescono a spenderli - ha spiegato l'assessore regionale alle Infrastrutture Marco Falcone - . Non hanno le risorse professionali per mettere in campo una progettazione. La Regione ha finanziato una serie di progetti, ma purtroppo i finanziamenti non si traducono in progetti, quindi niente appalti e niente opere. Questo è il vero problema. Stiamo lavorando per fare una convenzione con l'Anas per intervenire in maniera sostitutiva, tramite Anas, sulle strade provinciali. Non stiamo parlando di lavori strutturali, ma manutenzione straordinaria: pavimentazione, canalette, guard-rail, piccole opere d'arte. Questo l'Anas lo può fare".

Università, in dieci anni oltre duemila agrigentini hanno abbandonato il percorso accademico
„ In dieci anni sono 300 gli agrigentini che hanno rinunciato ad iscriversi all'università e oltre 2000 quelli che hanno abbandonato. I dati sono ricavati dall'anagrafe studenti del Miur, che consente appunto di tracciare anche il dato delle scelte nella carriera accademica. Così, prendendo a riferimento il periodo 2006-2016, emerge come se 10 anni fa gli immatricolati, quindi gli iscritti per il primo anno, erano stati 2.648, lo scorso anno accademico si è chiuso a quota 2.348. I dati sono ancora più evidenti se guardiamo al complessivo degli iscritti all'università intesi nella loro totalità: nel 2006 erano 9.836 contro i soli 7.713 che risultano iscritti nel 2016. La stragrande maggioranza sono ovviamente tutti agrigentini che frequentavano i corsi palermitani. Se in termini di immatricolazioni si è passati dai 1595 del 2006/2007 ai 795 del 2016/2017, in termini di iscritti il calo è stato di oltre 2100 unità: da 9.836 a 7.713. In crescita, invece, sono università più vicine ad Agrigento, come ad esempio Kore, che ha visto aumentare gli iscritti dai 60 de 2006 ai 795 del 2016. Il perché della flessione, ovviamente, non è immediatamente individuabile, ma non si può escludere che a questioni prettamente pratiche e connesse ad una generale crisi economica vissuta dalla nostra provincia, si aggiunga l'impossibilità di frequentare l'università nella propria città di origine a causa del progressivo restringimento delle opportunità offerte dal Cupa.

Giornale di sicilia
Papà e mamma del piccolo marco: «perché quei tubi? vogliamo giustizia»
   S ono nata per fare la guerra, mio figlio avrà giustizia». Queste le parole della mamma del piccolo Marco Castelli, il bambino morto, l'unico figlio, in un tragico incidente stradale nei pressi di Lido Fiori, nella località balneare di Menfi. Marco aveva compiuto sette anni lo scorso 7 aprile ed è morto pressato da un tubo di ferro utilizzato come recinzione di un piccolo ponticello. La vettura sulla quale viaggiava con i genitori si è scontrata con un'altra auto ad un incrocio, è andata in testacoda, finendo contro la palizzata in ferro. I genitori Gualtiero Castelli e Antonella Lombardo chiedono giustizia soprattutto per quei tubi «che non dovevano essere lì». OOO Gualtiero, lei è un ingegnere, ha esaminato la struttura che ha causato la morte di suo figlio? Gualtiero: «Ancora sono sotto shock, ma di certo quei tubi Innocenti non possono essere utilizzati per recintare un ponte. Adesso ci saranno i miei avvocati ad esaminare assieme a me questi tubi. Faremo causa a chi di competenza. Una strada in quelle condizioni è vergognosa. Abbiamo perso un figlio per colpa di tubi obsoleti che non dovevano essere lì. Lo dimostrerò nelle sedi competenti». OOO Si ricorda i momenti dello scontro? Gualtiero: «Andavo piano, tornavamo dalle 4 Stagioni, un lido che si trova a Lido Fiori e dove avevamo trascorso la giornata. L'asfalto era bagnato, piovigginava. Guidavo veramente piano, anche perché c'era una lunga fila di macchine. Ho deciso, per evitare il traffico, e di fare la strada che collega Lido Fiori a Porto Palo. Ricordo che ad un certo punto ho sentito un botto e la macchina ha cominciato a girare. Ho tentato di tenere ben saldo il volante e quando l'auto si è fermata ho tirato un sospiro di sollievo. Credevo che fosse solo un tamponamento e niente più, poi quando mi sono girato e ho chiesto a Marco se era tutto ok, ho visto quel tubo, mio figlio non rispondeva e da li la corsa contro il tempo, la disperazione, la speranza, andata poi in fumo». OOO Procederete per le vie legali, quindi? Antonella : «È il minimo che possiamo fare. Mio figlio avrà giustizia e non ci fermerà nessuno. Dovranno risarcire fino all'ultimo centesimo. Non ci ridaranno più indietro il nostro Marco, non avremo più la felicità, ma chi ha sbagliato deve pagare. Che sia chiaro, i soldi li utilizzeremo per aiutare i bambini bisognosi. Sognavamo di andare insieme a Marco in Madagascar per costruire una scuola, un ospedale o un grosso pronto soccorso, con i nostri risparmi. I soldi del risarcimento serviranno esclusivamente ad aiutare chi ha bisogno. Qualsiasi cosa faremo, sarà una scuola o un ospedale, porterà il nome di nostro figlio». OOO Che bambino era Marco? Antonella: «Mio figlio era curioso, amava la vita, faceva mille domande e aveva tantissimi hobby. Sognava un fratellino o una sorellina. Era pazzo per la Juventus e per gli aerei. Quest'ultima passione gli è stata trasmessa da mio marito, visto che andiamo ogni weekend in un campo di volo. Lui è sempre stato affascinato da tutto ciò. Mia suocera ha una vecchia cantina dove tiene conservati tanti libri che mio marito utilizzava quando studiava all'università, sugli aerei militari. Marco passava ore ed ore a leggere e documentarsi. Era troppo avanti. Leggeva anche Italo Calvino. La sua sensibilità era fuori dal normale. Aiutava i bambini in difficoltà e cercava di far integrare nel gruppo un suo compagno di colore che nessuno voleva accanto». OOO Una passione per gli aerei trasmessa dal papà.... Gualtiero : «Sì, io sono un ingegnere meccanico e lavoro per la Petrolvalves, ma ho la passione anche per gli aerei. Lui diceva sempre che il suo sogno, da grande, era costruire valvole per il petrolio proprio come me e guidare aerei. E io e mia moglie rispondevamo sempre che magari sarebbe fallita tra vent'anni. Lo dicevamo per scherzare e cosi lui pensava anche a dei piani B. Ma mia moglie ed io riteniamo che con l'intel - ligenza e la dialettica che già aveva spiccate alla sua età, magari poteva diventare un politico. E poi era molto sensibile, quindi anche con il volontariato da grande avrebbe fatto tanto». OOO Era anche uno sportivo, è vero? Antonella: «Mio figlio aveva un mini golf tutto suo nella nostra villa a Turate, giocava con la squadra di basket e aveva mille passioni. Non stava mai fermo. Era pazzo per il pilota automobilistico Daniel Ricciardo. L'abbiamo anche portato alla Red Bull, ma non è riuscito ad incontrarlo. Diceva sempre che voleva tagliare i capelli come il suo calciatore preferito, Paulo Dybala. Era nostra intenzione portarlo a vedere la Juve, non era mai stato a Torino allo stadio, era uno dei suoi tanti sogni. Stava mettendo da parte in un salvadanaio i soldi per comprare il Go Kart e ogni giorno si misurava con il metro perché per potersi iscrivere al corso bisogna raggiungere una certa altezza e lui non vedeva l'ora. Siamo distrutti dal dolore». OOO Uno dei momenti in cui l'ha visto felice... Antonella : «Lo scorso 2 giugno a Igea Marina per vedere lo spettacolo delle frecce tricolore e poi quando veniva qui in Sicilia. Ha tantissimi cuginetti. Giocava con loro, andavamo al mare, in campagna. Era un bambino felice. Faremo di tutto per portare alta la memoria di nostro figlio». (*FCA*) Le indagini Via al sopralluogo della Provincia, le carte in Procura Venerdì mattina intorno alle 11,30 c'è stato il sopralluogo da parte dell'ufficio tecnico e della polizia provinciale del Libero consorzio comunale di Agrigento sulla strada provinciale 50, lungo la via degli Oleandri, dove si è verificato l'incidente che ha provocato la morte del piccolo Marco. Sul posto, Michelangelo Di Carlo, responsabile del settore viabilità, Ernesto Sferlazza, il vice comandante della polizia provinciale Salvatore Lombardo e gli agenti Alfonso Valenti e Gerlando Carlisi. Il sopralluogo è stato disposto dal commissario straordinario Alberto Di Pisa. Dalla Provincia fanno sapere che solo qualche anno era stata effettuata una ricognizione filmata di tutte le strade provinciali per documentarne le condizioni. La viabilità della zona è stata inserita nel Patto per il Sud per la manutenzione. Che quel tratto sia di competenza della Provincia, ieri è stato appurato. Adesso si dovrà capire perché c'erano quei tubi anziché dei guardrail e se erano a norma o meno. Intanto i carabinieri hanno depositato il fascicolo delle indagini alla Procura di Sciacca. È probabile che nelle prossime ore ci possano essere degli indagati. (*FCA*)

Ex province e viabilità I soldi ci sono e si vedono pure. Come un miraggio.

 Un vorrei ma non posso che echeggia da Palermo a Siracusa, da Trapani a Catania in tutte le (ex province) siciliane. Immaginiamola, la stasi della manutenzione di strade e infrastrutture (scolastiche in primis) di competenza delle ex Province come un albero della cuccagna a portata di sguardo ma non di mano. O, rubando il paradosso di un funzionario, «come una lingua di terra che un naufrago non riesce a guadagnare». Annaspano così aree tecniche dai ranghi falcidiati e mai rimpolpati con conseguente stop di decine di iter prima della fase progettuale o persino dei sondaggi preliminari. Le mani sono quelle legate di Città metropolitane e Liberi consorzi; la cuccagna, come confermato ieri su queste pagine dall'asses - sore regionale alle Infrastrutture Marco Falcone, la disponibilità di «oltre 232 milioni di euro fra Accordo programma quadro con la Regione e Patto per il Sud: rispettivamente 142,4 e 90 milioni di euro». Uffici senza teste Salvatore Pampalone, dirigente delle Infrastrutture ramo viabilità della Città metropolitana di Palermo, non nasconde «il depotenziamento degli uffici dal 2013 a oggi». Oggi gli ingegneri caposervizio sono sei, uno l'architet - to, uno il geologo. Prima della... fine l'ufficio tecnico aveva sette dirigenti, adesso l'unico è Pampalone che può contare su otto capiservizio. A Trapani i professionisti abilitati sono mosche bianche, due i dipendenti in possesso di laurea. Paradosso, beffa: «Le risorse ci sono - conferma l'ingegnere - ma mancano i soldi in cassa per attivarle». Un circolo vizioso che il prelievo forzoso operato dallo Stato in ottica spending review non contribuisce ad allentare: quest'anno le «trattenute» hanno toccato i 61 milioni e, spiega Pampalone, «è spesso impossibile fare sondaggi e studi geologici preliminari». Altro che progettazione. Qualche raggio di luce, ma in ottica emergenza, è arrivato «dal sindaco Orlando che quest'an - no ci ha messo a disposizione 250 mila euro». Un contributo che ha messo una pezza all'impossibilità «di fare anticipazioni per queste opere preliminari». Il piatto piange a dirotto: «Ci mancano 23 milioni in bilancio, aspettiamo il prossimo esercizio per tentare di risolvere almeno le priorità: penso ai fondi Snai (Strategia nazionale per le aree interne, ndr) per le Alte Madonie, 350 mila euro nell'ambito dell'Apq da 11 milioni complessivi». Inutile pure il tentativo di investire immediatamente il milione e 900 mila euro stanziato dallo Stato in legge di stabilità sempre per l'impossibilità di fare anticipazioni. L'anno prossimo, si spera, i milioni dovrebbero arrivare a 5. Pampalone circoscrive il campo delle cose possibili: «Vanno fatti presto i sondaggi sulla sp 2 e sulla sp 4, in pratica la cruciale arteria mare-monti che da San Giuseppe Jato e da Corleone raggiunge il Partinicese. A prezzo politico abbiamo siglato con l'Università di Palermo una convenzione per individuare le soluzioni tecnologiche più idonee. Servono i soldi per diciannove microinterventi da 200 mila euro circa ciascuno, dalle buche ai guard-rail». Un clima diverso, ora, con la Regione: «Falcone e il suo staff - riconosce Pampalone - ci stanno dando sostegno per superare assieme gli scogli economici e burocratici. Abbiamo presentato alla Regione progetti per 2,5 milioni di euro, che comprendono scarifiche e posa di guard-rail. Fondi che saranno attivati a settembre». Altra corsa contro il tempo, la sp 3 a Carini, destinata a collegare il Rimed, futura cattedrale della biomedica mondiale che rischia di restare nel deserto se non si sbloccano i tre milioni per il completamento. Bilanci ed emergenze A Trapani non c'è nemmeno bilancio: mani legate anche per l'esternaliz - zazione di alcuni servizi di supporto, mentre premono le urgenze. Su 1.400 km di rete, le più prossime sono sei, delle quali due da 4 milioni. Gli uffici stringono i denti e sperano nei «progetti già pubblicati nell'ambito del Patto per il Sud» e nella «programmazione 2018 che di progetti pubblicati ne ha già due, con le gare che saranno bandite a giorni». A Messina Giuseppe Lombardo, a capo della partecipata Servizi Bene Comune e fido del sindaco Cateno De Luca, sottolinea il «peso della gestione provvisoria». Tutto bloccato «fino all'approvazione del consuntivo 2017 e del preventivo 2018. Per il primo manca un riequilibrio di 2,5-3 milioni di euro». Molto più difficile far quadrare il preventivo, «alla luce di un prelievo forzoso per 25 milioni all'anno». Lasciando le strade ed entrando nelle scuole, «teoricamente ma pure praticamente - aggiunge Lombardo - dovrebbero essere chiuse tut te, insieme con almeno il 50% delle strade. Sull'edilizia scolastica, infatti, per dieci anni il ministero ha dato proroghe, "dimenticando" adesso di prevederla nel Milleproroghe. Insomma, abbiamo 7 milioni già finanziati per la messa in sicurezza degli istituti che saranno disponibili soltanto nel 2019». Venti in tutto i milioni congelati e stanziati da Patto per Messina e Apq, tanto per la viabilità secondaria quanto per l'edilizia scolastica. «La cosa singolare - aggiunge il responsabile dell'area tecnica Franco Roccaforte - è che se domattina arrivasse il decreto di finanziamento, noi quelle somme non potremmo impiegarle subito». Poi i numeri amari: «Abbiamo novecento dipendenti e due dirigenti, tremila km di rete viaria e l'80% dei progetti del masterplan nemmeno esistenti. Provvidenziale la proroga biennale della spesa , fino al 2021». Incompiute a decine Nel Nisseno il caso limite dell'im - mobilità obbligata: l'ex Provincia si è ridotta a pagare gli stipendi ai dipendenti. Giarre, in provincia di Catania, è il Comune che vanta il maggior numero di opere non ultimate (una dozzina), come la piscina olimpionica inutilizzabile perché un metro più corta, il parcheggio multipiano senza uscita, fino allo stadio da ventimila spettatori. A Milo più volte ristrutturato e più volte danneggiato dai vandali il complesso turistico Maremonti. A Camporotondo è rimasto incompleto il centro sportivo polivalente. A Paternò, il centro di protezione civile ultimato e mai entrato in funzione che adesso è stato vandalizzato. Nel Messinese sono da completare benché finanziati il nucleo integrato agro-industriale di San Piero Patti; la metro-ferrovia MessinaGiampilieri; le opere di urbanizzazione nell'agglomerato industriale di Milazzo, una cinquantina alloggi popolari e un centro socio-assistenziale al Villaggio Aldisio. Ad Agrigento ci sono i progetti, ma mancano i fondi. La spesa prevista per tutti i progetti già approvati dall'ex Provincia ammonta a 4 milioni e 900 mila euro e la priorità è stata data alle strade interessate da precedenti ordinanze di chiusura al transito. La somma maggiore, un milione e 100 mila euro, per la strada che collega Cammarata alla stazione. E poi 910 mila euro per la strada tra il Bivio Tamburello e Bivona. Il Libero Consorzio di Siracusa, in dissesto finanziario è stato tagliato fuori dal progetto da 46 milioni di euro stanziati dalla Regione relativo alla promozione dell'efficien - za ed alla riduzione dei consumi di energia su edifici e strutture pubbliche. L'altro progetto da 7 milioni di euro del piano operativo finanziato lo scorso gennaio con fondi Fesr per l'adeguamento sismico e l'efficientamento energetico di quattro scuole tra Siracusa, Augusta e Floridia, resta bloccato

Più anni per l'iter che per i lavori
Lelio Cusimano
E tuttavia, nonostante tanti controlli, i ponti continuano a venire giù! Il monitoraggio dell'Agen - zia per la Coesione Territoriale prende in considerazione ben 56 mila opere pubbliche realizzate in Italia tra il 2014 ed il 2018, con un valore complessivo di 120 miliardi di euro; è un campione di opere che fotografa la realtà del territorio nazionale. Il tempo medio di realizzazione di queste opere pubbliche si attesta a 4,4 anni; ovviamente è una media tra opere da 100 mila euro e opere da 100 milioni di euro. La Sicilia balza all'attenzio - ne per due fenomeni di segno diverso: da un canto, il tempo per realizzare un'opera pubblica nell'Isola è tra i più lunghi in Italia (5,3 anni), dall'al - tro, tale tempo si va riducendo. In sostanza, quattro anni fa la Sicilia impiegava il cinquanta per cento in più di tempo, rispetto alla media italiana, mentre oggi abbisogna «soltanto» del 20% di tempo in più. Il dato più curioso risiede, però, nella durata delle diverse fasi; se la Sicilia, infatti, è la regione più lenta d'Italia nella progettazione (3,3 anni), di contro e in barba a ogni luogo comune, è la più veloce nell'esecuzione dei lavori (1,1 anni!). Bisogna darne merito alle imprese siciliane. L'avvertita criticità nei tempi di una qualunque opera pubblica diventa drammatica quando si considerano i cosiddetti «tempi di attraversamento»; si tratta dell'intervallo necessario solo per passare da una fase alla successiva. Sono i tempi morti; sono i tempi della «burocrazia» e superano ampiamente tutto il resto dei conti e delle medie. In sostanza, ci vuole più tempo per passare da un ufficio all'altro che per tutte le altre fasi (progettazione preliminare, definitiva, esecutiva e affidamento dei cantieri). In Italia, il tempo di cantiere è minoritario rispetto alla durata complessiva di un'opera pubblica. Il dato inspiegabile è che più è piccola un'opera pubblica e più si allungano i tempi burocratici rispetto a quelli reali. Sarebbe un gran bel risultato se il «governo del cambiamento» districasse questa ragnatela di estenuanti (e a quanto si vede inutili) passaggi. Il monitoraggio statale mette a confronto anche le grandi opere pubbliche in Europa, come le linee ferroviarie veloci quali la TAV Torino-Lione. Risaltano gli alti costi di tali linee (25 milioni di euro a chilometro) e i lunghi tempi di esecuzione (in media 16 anni). Le criticità sono analoghe tra i diversi Paesi europei, eppure si parla molto dei maggiori costi della TAV italiana; ora, senza escludere abusi e fatti corruttivi, va detto che in Italia, per prassi consolidata, i Comuni interessati da grandi opere, come la rete ferroviaria veloce, chiedono e puntualmente ottengono generosi «risarcimenti» sotto forma di piscine, strade, scuole, impianti sportivi.... Tanto per dirne una, questa specie di mercato delle vacche - che si voleva eliminare con la riforma costituzionale del dicembre 2016, facendo prevalere l'interesse nazionale - ha dilatato i tempi per realizzare in Sicilia l'anello elettrico in alta tensione, che pure tanti benefici arrecherebbe all'Isola. La nostra è, infatti, la prima regione in Italia per numero di interruzioni nella fornitura di energia elettrica, con costi altissimi per le imprese. Il confronto europeo richiama anche un'insufficiente valutazione preventiva delle opere pubbliche, perché nei Paesi Membri la decisione di realizzare una linea ferroviaria ad alta velocità «si basa su considerazioni politiche non sempre supportate da analisi costi-benefici». Questi fatti rafforzano scelta dell'attuale governo, favorevole ad altre verifiche tecniche sulla Torino-Lione. Tuttavia, mentre il nostro Paese - stando agli annunci - si predispone a un rilancio degli investimenti con una parola d'ordine «no alle grandi opere, sì alle piccole», si avverte la necessità di mitigare il rigore tecnico con qualche valutazione politica. È evidente, infatti, che la contrapposizione tra piccole e grandi opere è, come tale, manichea e dogmatica. Ma il passaggio più critico è un altro; l'applicazione rigorosa del criterio costi-benefici può essere, infatti, idonea per gli interventi nella parte più infrastrutturata e ricca del Paese, mentre lo stesso rigoroso criterio si porta dietro pesanti insidie per il Mezzogiorno, dove i modesti flussi commerciali non potrebbero mai assicurare in partenza un equilibrio tra costi e benefici. In Italia abbiamo costruito grandi opere negli anni Sessanta e abbiamo smesso di farne la manutenzione negli anni Novanta. Siamo passati così da Paese povero d'infra - strutture a Paese che neanche cura le poche esistenti. Che possiamo aspettarci? Scrive Antonio Polito, «I Romani lasciarono all'Italia la più formidabile rete di strade e acquedotti della storia e ai barbari bastarono pochi decenni di abbandono per trasformarla in un cumulo di macerie».



Tartaday, liberata a Punta Grande una «Caretta Caretta»

Non soltanto un amo per il quale ha dovuto subire un intervento chirurgico presso il Centro di Recupero Tartarughe marine di Lampedusa, ma l'esemplare di tartaruga «Caretta-caretta» liberato ieri a Punta Grande di Realmonte aveva ingoiato anche diversi frammenti di plastica, segno evidente dell'inquinamento del mare. È emerso ieri, durante la fase della liberazione, che è stata una grande festa, in particolare per i più piccoli. Il «Tartaday», che si svolge a livello nazionale in diverse regioni d'Italia, è ormai uno tra gli appuntamenti più attesi nelle spiagge. Si tratta di una giornata dedicata alla tartaruga marina ed organizzata da tutti gli enti che partecipano al progetto Life «Tartalife - Riduzione della mortalità della tartaruga marina nelle attività di pesca professionale», avviato nel 2012 e finanziato dall'Unione Europea. Il Libero consorzio comunale di Agrigento, partner di progetto, ha organizzato questa giornata a Punta Grande con la collaborazione del Wwf, ente gestore della riserva naturale di Torre Salsa e della sezione Occidentale del Wwf Sicilia, della Ripartizione Faunistico Venatoria di Agrigento e del Comune di Realmonte. Presenti il direttore del settore Ambiente del Libero consorzio Achille Contino, il sindaco di Realmonte Calogero Zicari, la direttrice della Ripartizione Maria Licata, responsabili e volontari del Wwf, e la responsabile del Centro di Recupero di Lampedusa, Daniela Freggi, una delle massime esperte mondiali di tartarughe marine che ha illustrato la storia dell'esemplare restituito alla vita marina e i problemi di conservazione che la specie deve affrontare in tutto il suo areale di distribuzione. L'evento è stato preceduto proprio da un'ampia attività informativa su tutto ciò che si muove nel mondo delle tartarughe marine e su tutte le iniziative che vengono intraprese per la loro salvaguardia. Poi attività di animazione del «Tartaworld», nell'ambi - to del programma previsto dall'azione E3 del progetto Life, dedicato sopratutto a bambini e ragazzi, avviato con successo dallo scorso 16 giugno e che riscuotendo un notevole consenso tra i turisti e i residenti locali. Il «Tartaworld» è ormai un appuntamento molto atteso da diversi anni nell'agrigentino. Nel vasto panorama di tutela delle tartarughe, fin dall'individuazione dei nido e poi alla tutela degli stessi fino alla schiusa ci sono una serie di altre iniziative che, da anni, vengono portate avanti anche sulle spiagge agrigentine. (*GP*)

LA SICILIA
MENFI. La Sp 50 presenta da tempo criticità rilevate dal Libero Consorzio e inserite nel progetto "Patto per il Sud"

QUELLA TRANSENNA MALEDETTA

Uno dei tubi si è conficcato nell'auto su cui viaggiava il bimbo, ferendolo a morte. GIUSEPPE RECCA MENFI. La strada provinciale dove il giorno di ferragosto si è verificato un incidente stradale che ha poi causato la morte di un bambino di sei anni, presenta da tempo delle criticità che erano già state rilevate dal Libero Consorzio Comunale di Agrigento e inserite nel progetto "Patto per il Sud" con cui si finanzia la manutenzione ordinaria e straordinaria delle arterie di competenza provinciale. La precarietà della sede stradale, ed in particolare la presenza di una sorta di transenna composta da tubi in ferro ai quali è attaccato un reticolato di materiale plastico, fanno parte del carteggio che i carabinieri della compagnia di Sciacca hanno portato nella giornata di ieri all'attenzione dei magistrati della Procura della Repubblica saccense, che coordinano l'attività di polizia giudiziaria. Uno dei tubi in ferro, com'è noto, si è conficcato nella parte posteriore dell'abitacolo della Nissan Qashqaì che sulla provinciale 50 è finita fuori strada dopo un impatto con una Ford Mondeo, è finita fuori strada fermandosi nel punto dove c'era la barriera. Quel tubo in ferro è stata la causa delle gravi ferite mortali riportate dal bimbo. Dall'ufficio giudiziario saccense fino a ieri pomeriggio non emergevano notizie di persone iscritte nel registro degli indagati, ma appare inevitabile, vista la gravità dei fatti, che scatteranno a breve avvisi di garanzia per l'ipotesi di reato di omicidio colposo. Ieri mattina, si è svolto sul luogo dell'incidente un sopralluogo dell'ufficio tecnico e della polizia provinciale del Libero Consorzio comunale di Agrigento, disposto dal commissario straordinario Alberto Di Pisa. L'iniziativa è servita per effettuare un'ulteriore e più attenta ricognizione dei luoghi. Si è appreso in quel contesto che la viabilità della zo­na risulta inserita nel progetto "Patto per il Sud" per la manutenzione ordinaria e straordinaria. In sostanza, da quanto emerge, il Libero Consorzio aveva ritenuto che bisognava fare del- le opere per migliorare la sicurezza. Come del resto bisogna fare nel resto del territorio provinciale, dove ci sono decine e decine di strade dove la sicurezza è quasi un optìonal dopo diversi anni in cui piogge e nubifragi non sono seguite opere di sistemazione per carenza di risorse finanziarie. Nella tarda mattinata di ieri a Partanna, città di origine della mamma, sono stati celebrati i funerali del piccolo Marco. Tutta la comunità partannese si è stretta attorno alla sfortunata famiglia. Il feretro poi è partito per la Lombardia, a Como, dove oggi si terrà un'altra cerimonia funebre. Il padre del bimbo, Gueltiero Castelli, è un ingegnere elettrotecnico e ogni anno con moglie e figlio trascorreva in Sicilia alcuni giorni di vacanza.




LIVESICILIA
L'APPROFONDIMENTO Morandi, il crollo e la psicosi

I PONTI SOTTO OSSERVAZIONE IN SICILIA Dopo la tragedia di Genova crescono interrogativi e polemiche. La situazione nella nostra Regione. PALERMO - I cultori dell'arte legavano sino a ieri il nome di Morandi al pittore tra i più originali del Novecento italiano, celebre per le sue nature morte con vasi e bottiglie. Dopo il crollo del viadotto di Genova un altro Morandi è balzato agli onori della cronaca: l'ingegnere Riccardo, autore del ponte crollato il 14 agosto nel capoluogo ligure. Anche questo Morandi è un maestro, se è vero com'è vero che l'architettura è una forma d'arte. Il progettista romano, a differenza dell'omonimo pittore che lavorava esclusivamente tra le mura del suo atelier bolognese, ha operato nel Belpaese e all'estero ed è ancora studiato sui testi di architettura contemporanea, dove viene definito come "il profeta del ferro e del cemento". Al pari di Pier Luigi Nervi, capace di spingere sino al limite delle sue prestazioni quello che è il materiale costitutivo per eccellenza del secolo scorso: il calcestruzzo armato. L'ardito viadotto genovese con i suoi piloni alti 90 metri era una struttura avveniristica quando fu inaugurato nel 1967. La qualità espressiva dei capolavori ingegneristici di Riccardo Morandi, suo il primo brevetto sul calcestruzzo armato precompresso, ha lasciato il segno non solo in Venezuela, nella laguna di Maracaibo - con uno dei dieci viadotti più lunghi del mondo - e in Sudafrica sullo Storms River, ma anche in Sicilia: a Ragusa con il ponte sul fiume Irminio, a Licata con il ponte sul fiume Salso e ad Agrigento con il viadotto che porta il suo nome. Le opere siciliane sono state oggetto di denunce lanciate dalle associazioni ambientaliste e di attenzioni da parte delle autorità competenti che hanno portato alla loro temporanea chiusura. Due interventi manutentivi, di cui l'ultimo nel 2014, costato 5 milioni di euro, finanziato tra gli interventi urgenti previsti dal "decreto del fare", hanno consentito la riapertura del ponte sull'Irminio, che con i suoi piloni di 168 metri risultava, alla data della sua edificazione, il più alto d'Europa. Per il ponte sul Salso proprio in questi giorni, dopo un lungo monitoraggio, è stata sciolta la "prognosi riservata". Mentre ad Agrigento un lungo dibattito, simile a quello di Genova, ha visto contrapposte le posizioni di chi chiedeva di abbatterlo e di chi voleva mantenerlo. Al momento l'Anas starebbe per ristrutturare il viadotto akragantino affrontando un costo di circa 15 milioni di euro. "Alla luce della rinnovata sensibilità di questi giorni - dichiara il sindaco di Agrigento Lillo Firetto - spero si possa riconsiderare la scelta dell'oneroso intervento di recupero del viadotto a favore di una viabilità alternativa a raso. Il fascino tecnologico di quest'opera che aveva colpito nei primi anni è stato oscurato dall'impatto paesaggistico sul Parco archeologico della Valle dei Templi, tanto da aver fatto parlare di 'abusivismo di Stato' a causa dei piloni che insistono sulla necropoli Pezzino. Ho convocato a tal fine un incontro tra i diversi attori in campo per il prossimo 7 settembre". Torna così di attualità l'ipotesi della demolizione del viadotto Morandi. In Italia è esplosa la psicosi crolli: è allarme per trecento ponti, sarebbe cioè in pericolo il 60 % dei viadotti in cemento armato con oltre 50 anni di vita. "Colpevole è l'assenza di manutenzione ordinaria nel Paese come in Sicilia - dice l'assessore regionale alle Infrastrutture Marco Falcone - nell'Isola sono una trentina i ponti a rischio di cui circa quindici in emergenza. Le risorse per intervenire prontamente non mancano, abbiamo intercettato due miliardi di euro per le grandi strutture; sono già in atto sei cantieri e molti altri in progettazione che porteranno anche sviluppo economico". "Abbiamo creato una task force - continua Falcone - che vede impegnati Anas, Cas, ex Provincie e città metropolitane per monitorare a tappeto ponti, viadotti e gallerie ed evitare di agire in modo improvvisato. Il presidente Musumeci vuole affiancargli una commissione scientifica composta da docenti degli Atenei siciliani con competenze specifiche. La filosofia è cambiata con una logica di pianificazione che prevede una manutenzione radicale, e ove sarà il caso, la sostituzione delle strutture difficilmente recuperabili, riducendo costi e tempi di esecuzione". Il timore che oggi si manifesta non riguarda quindi solo i ponti firmati Morandi al quale si devono anche numerosi studi e progetti per il ponte di Messina, ma la materia di cui sono fatte tutte le infrastrutture del secolo scorso, quel calcestruzzo dalla durata limitata, utilizzato peraltro in tutta l'edilizia dagli anni Sessanta, quando l'Italia puntò sui trasporti su gomma e contestualmente sull'abbandono dei centri storici a favore delle periferie urbane. Il miracolo economico aveva visto nel cemento armato una vera e propria panacea, simbolo del progresso che rispondeva al sogno di "una casa per tutti", reso possibile dai suoi costi contenuti. Chi a Genova solo poco tempo fa sosteneva che il viadotto Morandi sarebbe potuto "stare su altri cento anni", ignorava che il ciclo di vita del calcestruzzo armato è stimato in cinquant'anni o poco più. "Una verità assiomatica", conferma il professore Paolo La Greca, direttore del Dipartimento di ingegneria civile e architettura dell'Università degli studi di Catania e presidente del Centro Nazionale di Studi Urbanistici del Consiglio Nazionale Ingegneri. "Questo materiale era fortemente innovativo agli inizi del secolo scorso, quando ci si illudeva che il calcestruzzo cementizio avrebbe protetto all'infinito la resistente anima d'acciaio - continua La Greca - bisogna prendere atto che così non è. Neppure sottoponendolo al cosiddetto retrofitting, intervento che ne prolunga la vita. Anche oggi non è facile immaginare strutture in calcestruzzo armato progettate per durare 100 anni". Ad aggravare la situazione del patrimonio edilizio si aggiunge il peso dei mezzi di trasporto su gomma, notevolmente cresciuto negli anni, che stressa i ponti in maniera non preventivata, mentre l'espansione delle periferie e la cementificazione delle coste è contrassegnata dalla versione palazzinara del cemento armato a buon mercato. "Siamo di fronte a un'emergenza nazionale che ha dato chiare avvisaglie -conclude il docente catanese - già tra il 1999 e il 2000, quando si sono registrati in tutt'Italia una serie di crolli di palazzi in calcestruzzo armato risalenti agli anni Sessanta, tra cui quello di via Pagano a Palermo. Mentre nei paesi più attenti si procede con una sistematica sostituzione integrale degli edifici vetusti, nella nostra fragile nazione le politiche sulle periferie urbane sono insufficienti, come pure quelle per l'adeguamento delle infrastrutture. Occorrerebbe una Abbiamo recentemente assistito alla dismissione delle agenzie governative "Italia sicura" e "Casa Italia, mentre sarebbe necessaria una seria politica amministrativa di continuità". Non è che l'impennata di crolli ai quali stiamo assistendo negli ultimi anni oltre che da errori costruttivi, cause naturali, cemento impoverito, non sia invece il destino prevedibile di un'edilizia che ha già raggiunto la sua data di scadenza?





SCRIVOLIBERO

STRADE, URGENTE MONITORAGGIO IN SICILIA

Musumeci convoca un tavolo di monitoraggio sullo stato di salute delle autostrade in Sicilia. A breve sarà battezzata la nuova società "Sicilia Mobilità". Monitoraggio: è la parola d'ordine. Adesso che è crollato il ponte "Morandi" a Genova e sono morte più di 40 persone. E quindi si convocano i tavoli per monitorare, come se finora non si fosse monitorato alcunché. Servono oltre una quarantina di morti affinchè si monitori? Nell'Italia e nella Sicilia del 2018 la risposta è sì. Infatti, il presidente della Regione, Nello Musumeci, ha convocato per venerdì prossimo, 31 agosto, i vertici di Anas, Cas, della Protezione civile e i signori dirigenti dell'assessorato regionale alle Infrastrutture per una riunione operativa sullo stato di salute dei ponti, delle autostrade e della viabilità secondaria in Sicilia. E Musumeci conferma quanto premesso e spiega: "I fatti di Genova ci impongono di effettuare un monitoraggio per avere ben chiara la situazione in Sicilia. Già a febbraio avevo pensato di avviare questa campagna per la sicurezza dei trasporti in Sicilia". Il governo regionale ha già inviato una lettera a tutte le concessionarie delle autostrade nell'isola: entro 15 giorni presentino una relazione sulle condizioni di sicurezza di ciò che gestiscono in concessione. Nel frattempo lo stesso Musumeci annuncia il pensionamento del Cas, che è il Consorzio autostrade siciliane e che attualmente gestisce la Palermo-Messina, la Messina-Catania e la Siracusa-Gela per complessivi 389 chilometri di autostrada. E il presidente prospetta: "Il Cas chiuderà entro l'anno. Questa esperienza sembra essere conclusa e c'è l'intesa con l'assessore alle Infrastrutture e l'intero governo affinché si definisca la questione in questo senso. C'è l'Anas interessata alla successione". In verità, il piano per liquidare il Consorzio autostrade e assorbirlo nell'Anas è stato già definito: a settembre sarà quantificato il valore del Cas tra entrate e debiti, poi il Consorzio Cas, che è un ente regionale, sarà trasformato in Spa, in società per azioni, e poi, con la ri-capitalizzazione, entrerà l'Anas con il 50,1 per cento delle azioni della nuova società, il cui nome sarà "Sicilia Mobilità". E la Regione manterrà il 49,9 per cento. La "Sicilia Mobilità" gestirà tutta la rete autostradale siciliana. Secondo l'assessore regionale alle Infrastrutture, Marco Falcone, la spesa per la manutenzione ordinaria di tutte le autostrade siciliane costerebbe 60 milioni di euro all'anno. E non sono tanti: infatti, la sola Messina- Catania incassa 55 milioni di euro di pedaggi all'anno.

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