Giornale di sicilia
In tutta la provincia 25 opere
bloccate
A Racalmuto la piscina è pronta ma
chiusa
Resta una chimera anche il
completamento della Sp 14 Alan David Scifo Racalmuto
La
Sp14 che potrebbe unire Racalmuto con i paesi della provincia di
Caltanissetta, la piscina mai aperta e le altre opere che potrebbero
avere vita migliore ma che oggi sono abbandonate. Il tour delle
incompiute promosso dai deputati regionali del Movimento 5 Stelle,
continua nelle terre agrigentine, dove sono 25 le opere mai
completate segnate nella lista che comprende 162 elementi in tutta la
regione. Durante il tour i deputati regionali Nuccio Di Paola e
Giovanni Di Caro hanno riscontrato molte più opere che, pur non
essendo segnate nella lista ufficiale dei beni mai completati stilata
dal ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture, risultano con i
cancelli chiusi. Uno di questi casi è rappresentato dalla piscina
comunale di Racalmuto, un impianto modificato più volte ma mai
aperto. Se prima infatti il centro polivalente che poi ha lasciato il
posto alla piscina, funzionava benissimo (vennero fatte anche delle
cresime all'interno della struttura) adesso la nuova struttura
completata nel 2015 non ha mai accolto un bagnante. Se prima infatti
mancava di una variante per uno scivolo che consentisse ai disabili
di poter accedere, con gli anni le continue modifiche, ultima la
costruzione di un muretto, hanno reso l'opera un eterno cantiere
che ha portato a chiudere anche la villetta attigua alla piscina
all'aperto mai aperta. Eppure quella vasca è stata anche riempita,
nonostante i cancelli siano rimasti chiusi e quella che doveva essere
una piscina è diventato un ricettacolo di zanzare. Insieme al
sindaco di Racalmuto, i deputati Ars hanno visitato la struttura,
spostandosi poi nella disastrata strada provinciale 14, la strada che
collega Racalmuto a Montedoro e agli altri paesi della provincia
nissena, mai completata e chiusa al traffico. Per completarla, stando
all'ultimo progetto, servirebbero 4 milioni e proprio per
l'ottenimento di questo finanziamento sta lavorando l'amministra
- zione del sindaco Messana. «L'in - compiuta risulta incompiuta
per 350mila euro, ma questi servirebbero solo per una riparazione di
un solo tratto - spiega Nuccio Di Paola - mentre per realizzare
tutta l'ope - ra servono 4 milioni. La strada provinciale porta ad
abitazioni dei cittadini di Racalmuto, è stato già presentato un
progetto che nel 2016 aveva le coperture finanziarie ma la legge
impone che le somme impegnate devono essere spese entro l'anno. Per
questo motivo questi soldi sono andati in economia e devono essere
riconfermati». Oggi la strada è piena di buche ed è impossibile da
percorrere con le automobili, soprattutto dopo le piogge dei giorni
scorsi che hanno trasformato la via provinciale in un vero e proprio
pantano che ha bloccato le auto. Poi avvallamenti, buche profonde,
smottamenti e altro ancora, rappresentano il biglietto da visita per
una strada che invece potrebbe permettere in pochi km di raggiungere
Racalmuto dai territori della provincia nissena, unendo così le due
province. «È una strada abbandonata mentre alla Regione si parla di
ponti sullo Stretto - continua ancora Nuccio Di Paola in visita
alla strada dissestata - bisogna che si diano delle priorità per
le strade dove i progetti ci sono. Le strade dell'entroterra
siciliano sono ridotte ad un colabrodo, questa strada ha già un
progetto esecutivo ed è un'arteria importantissima per le
cittadine del vallone nisseno». «Queste strade erano abbandonate da
20 anni e noi abbiamo presentato il progetto esecutivo - spie - ga
il sindaco Messana - c'è molto da fare, le risorse ci sono e se
venissero investite darebbero una spinta all'economia siciliana.
Ben vengano questi interventi che mirano a migliorare la viabilità».
Il tour che tocca le tappe agrigentine è poi continuato a Sambuca di
Sicilia, mentre la visita alla cittadina di Grotte è stata rimandata
a causa del lutto cittadino. (*ADS*)
L'acqua è una chimera Maglia Nera
alla Sicilia
A cqua pubblica o acqua privata?
Nel
dubbio la Sicilia resta la peggiore regione in Italia per qualità
complessiva del servizio. Il rapporto dei Siciliani con l'acqua non
è mai stato dei più facili; che si parli d'irregolarità nelle
forniture idriche, di depurazione o di qualità, il rapporto con il
prezioso elemento si mantiene stabilmente su livelli critici.
Nell'occasione della giornata mondiale dell'ac - qua, il 22 marzo
scorso, l'Istat ha diffuso un report sulla situazione del comparto
idrico italiano che, per andare alla sintesi, restituisce una
fotografia della Sicilia tra le peggiori, spesso anche rispetto allo
stesso Mezzogiorno. Entrando nello specifico, la quota di famiglie
che lamentano irregolarità nell'erogazione dell'acqua si attesta
in media al 10%. Il disservizio investe, in percentuali molto
diverse, tutte le regioni e interessa 2,6 milioni di famiglie. Le
regioni più esposte ai problemi di erogazione dell'acqua sono
Sicilia e Calabria. Particolarmente gravosa è la situazione in
Sicilia, dove si registra la quota più elevata di famiglie che
lamentano irregolarità nel servizio (36%) ed anche un peggioramento
considerevole rispetto all'anno precedente. A confronto con la
Sicilia, le famiglie che lamentano irregolarità nel servizio di
erogazione dell'acqua si riducono a quasi un decimo nelle regioni
del Nord-est (3,5%) e del Nordovest (3,7%). Gli Italiani che
dichiarano di non fidarsi dell'ac - qua di rubinetto rappresentano
ancora una quota considerevole. Si tratta, infatti, di oltre sette
milioni di famiglie. Le percentuali più elevate si hanno in Sardegna
(55%) e Sicilia (53%), quelle più basse, invece, nel Nord-est (19%).
Tutto questo ha un costo; le famiglie italiane spendono, infatti,
ogni mese poco meno di 11 euro solo per acquistare acqua minerale,
quando per tutti gli altri consumi idrici si superano di poco i 13
euro mensili. Il 96% dei comuni italiani si avvale del servizio di
depurazione delle acque reflue urbane. Le situazioni di maggior
criticità si registrano ancora una volta in Sicilia, dove i comuni
senza depurazione accolgono il 13% della popolazione regionale,
quando la Calabria si ferma al 7% della popolazione e la Campania al
4%. Con riferimento alle ripartizioni territoriali, il maggior tasso
di depurazione si ha nel Nord Ovest, dove è trattato il 68% di tutto
il carico inquinante. In particolare, nella provincia di Bolzano si
sfiora il 100%, mentre la Sicilia si ferma al 48%, lasciando
intendere che più della metà dei reflui urbani trovi sbocco nel
mare! Il nostro Paese è rimasto invischiato per decenni in un
fuorviante dibattito: è preferibile la gestione privata o quella
pubblica del servizio idrico? L'inter - rogativo si accompagna
spesso a toni esasperati, fino al punto da indurre molti a confondere
la «titolarità» delle fonti idriche - che è pubblica per
definizione - con la gestione che, invece, può essere sia pubblica
che privata. Da qualche anno, rileva una recente indagine del
Laboratrio REF Ricerche, il settore idrico ha avviato un percorso
aggregativo, per realizzare la gestione unica d'ambito e la
razionalizzazione delle società locali partecipate dal comparto
pubblico. Le operazioni di fusione e acquisizione, sino a oggi, hanno
interessato principalmente il Nord del Paese. Da questo punto di
vista, il territorio più dinamico è stato certamente il Nord Est.
Nel solo Veneto, infatti, vi sono state quattro operazioni di fusione
o aggregazione tra gestioni idriche; in altri territori si sono
affermati indirizzi strategici degli Enti di governo per giungere al
gestore unico d'ambito. Il completamento di questo percorso
condurrà alla scomparsa di almeno 130 soggetti gestori. Niente di
tutto questo riguarda la Sicilia, dove la moltiplicazione e la
polverizzazione dei gestori idrici (ma vale lo stesso per i rifiuti)
restano un obiettivo privilegiato. Il 2017 è stato il primo anno in
cui si è superata la soglia del miliardo di euro di finanziamenti al
servizio idrico. Si segnalano importanti novità, come il ricorso al
mercato obbligazionario con l'emis - sione di bond e mini-bond e
l'impegno della banca europea per gli investimenti, BEI, nel
finanziamento di progetti in campo idrico; rilevante in questo senso
è il prestito di 20 milioni di euro concesso dalla BEI alla
«palermitana» Amap, per la realizzazione d'investimenti nel
settore idrico e di trattamento delle acque reflue nella provincia
capoluogo. Il quesito pubblico-privato resta sempre sullo sfondo, ma
il più delle volte risulta un semplice escamotage per sottrarsi al
confronto sul vero nocciolo del problema: efficienza o inefficienza?
Nessuno dirà mai che sceglie la seconda, ma nessuno si adopera
realmente per evitare tal esito.
Ipia, gli studenti resteranno a lezione
nell'area industriale
Nuova stagione vecchio copione per
l'Ipia Fermi di Agrigento. Quella che doveva essere una soluzione
temporanea si ripete ormai per la sesta stagione consecutiva: le
lezioni si terranno nella sede della zona industriale, tra fabbriche
con forni accesi notte e giorno e centri di stoccaggio rifiuti, non
esenti da incendi, come accaduto in diversi episodi. La sede
principale era stata dichiarata inagibile all'inizio della stagione
scolastica 2012-2013, quando nell'istituto di via Piersanti
Mattarella, costruito negli anni Settanta, venne riscontrato cemento
depotenziato dopo le verifiche strutturali. Da allora, dopo diversi
disagi, l'allora Provincia individuò in un capannone della zona
industriale, la sede opportuna per trasferire più di mille alunni e
centinaia tra docenti e personale scolastico. Quella scelta che
doveva essere temporanea sta però preoccupando: in molti tra i
genitori infatti temono che gli effetti della scarsa salubrità
dell'aria della zona industriale possano avere effetti dannosi per
i propri figli. Da tempo si cerca un'altra sede che possa
accogliere gli studenti dell'istituto professionale, mentre la
vecchia sede è usata in maniera illecita da rom che occupano le
stanze di una struttura pericolante che potrebbe crollare da un
momento all'altro. Dopo aver subito atti vandalici, furti e un
incendio che nel 2016 distrusse gran parte dell'ormai ex scuola,
adesso quella che era la sede dell'Ipia Enrico Fermi è diventata
la «casa» di gente senza dimora che occupa in maniera illegittima
la struttura. In passato si era parlato anche di demolizione e
ricostruzione per il vecchio istituto, ormai sempre più deteriorato
dopo l'ab - bandono: l'incendio del dicembre 2016, oltre ad
arrecare danni alla già fragile struttura, bruciò anche documenti e
materiale scolastico che era stato lasciato nella vecchia sede
nonostante il trasferimento di tutto l'occor - rente. Dei cinque
padiglioni che un tempo ospitavano una delle scuole più frequentate
della provincia agrigentina adesso rimane ben poco: dopo aver subito
il furto di cavi elettrici e rame, anche i sanitari sono stati rubati
o comunque divelti dai diversi raid vandalici che la scuola ha subito
negli anni. Del caso rimane solo un'inchiesta aperta subito dopo
l'accertamento degli uffici provinciali della presenza di cemento
depotenziato nella struttura. A coloro che invece, zaino in spalla, a
settembre entreranno ancora una volta nell'istituto della zona
industriale Asi di Agrigento, rimane il dubbio che quella della zona
industriale non è la sede opportuna per una scuola e che, come
certificò l'Arpa dopo l'incendio che distrusse un centro di
stoccaggio rifiuti a pochi metri dall'Ipia nell'agosto del 2017,
tracce di materiali dannosi per la salute rimangono nell'aria per
giorni. Un altro incendio, sempre di rifiuti, causò l'evacuazione
dell'intera scuola nell'ottobre dello stesso anno, a confermare
il pericolo che corrono gli studenti. (*ADS*)
Università, calo netto delle
iscrizioni ai corsi del capoluogo
È fuga dal Consorzio universitario
agrigentino. Calano le iscrizioni visto che il Polo è rimasto quasi
senza corsi accademici. Ma il trend negativo si evince dall'analisi
dei dati ricavabili dall'anagrafe studentesca del Ministero per
l'istruzione e l'università e la ricerca. «Tra l'anno accademico
2006 e quello 2016 complessivamente, si sono immatricolati nelle
università sia pubbliche che parificate 300 persone in meno tra
quelle residenti ad Agrigento. Se 10 anni fa gli immatricolati,
quindi gli iscritti per il primo anno, erano stati 2.648, lo scorso
anno accademico si è chiuso a quota 2.348. I dati sono ancora più
evidenti se guardiamo al complessivo degli iscritti all'università
intesi nella loro totalità: nel 2006 erano 9.836 contro i soli 7.713
che risultano iscritti nel 2016. La stragrande maggioranza sono
ovviamente tutti agrigentini che frequentavano i corsi palermitani.
Se in termini di immatricolazioni si è passati dai 1595 del
2006/2007 ai 795 del 2016/2017, in termini di iscritti il calo è
stato di oltre 2100 unità: da 9.836 a 7.713. Una vera e propria
emorragia». In crescita, invece, sono università più vicine ad
Agrigento, come ad esempio Kore, che ha visto aumentare gli iscritti
dai 60 de 2006 ai 795 del 2016. Proprio con l'università ennese il
Cua sembra interessato a stringere accordi per il futuro, che
agevolano però soprattutto Kore, la quale intercetterebbe
direttamente alla fonte uno dei flussi di iscritti più importanti.
Intanto il Ministero dell'istruzione e della ricerca ha autorizzato
ufficialmente il nuovo corso di Laurea di Scienze della Mediazione
Linguistica istituito presso il Consorzio universitario di Agrigento.
Con il decreto ministeriale è stato definitivamente approvato il
corso di Laurea Classe L12 che partiràdal prossimo mese di settembre
e per il quale sono già aperte le iscrizioni per l'anno accademico
2018/2019. Presso il Consorzio universitario, il cui ruolo in questo
caso si limita però alla concessione di alcuni locali della sede di
via Quartararo è in dirittura di arrivo l'attivazione di aule
remote dell'Università statale Rumena Dunarea de Jos con tre corsi
di laurea nel campo dell' ingegneria agroalimentare. Saranno corsi
autogestiti ed autofinanziati direttamente dall'Università
Dunarea. I primi sopralluoghi tecnici per rendere operative le aule e
i laboratori dovrebbero iniziare tra qualche giorno e la sede dei
corsi sarà quella attuale di viaQuartararo, a Calcarelle. Obiettivo
sarebbe l'avvio di un corso in Ingegneria Agroalimentare triennale,
con tre specializzazioni biennali . Ma il progetto dell'università
l'università romena è ancor più radicato nel territorio.
L'obiettivo è quello di creare una partnership con le aziende
locali, provinciali: imprese che si occupano diolio, vino, ma anche
della raccolta e trasformazione degli agrumi ed anche con imprese
ittico-conserviere. (*PAPI*)
LA SICILIA
RACALMUTO. Si tratta delle
infrastrutture che si trovano alla Guardia e contrada Malati
Verifica condizioni cavalcavia
chiesto sopralluogo congiunto.
. "Abbiamo inoltrato al
Libero Consorzio di Agrigento, al Genio Civile, all'Assessorato
Infrastrutture e alla Protezione Civile Regionale una richiesta di
sopralluogo congiunto per verificare le condizioni di sicurezza dei
due cavalcavia che si trovano alla Guardia e in contrada Malati".
L'annuncio è stato dato dal Sindaco di Racalmuto Emilio Messana,
dopo le richieste di questi giorni da parte di consiglieri e
cittadini che lamentavano la scarsa sicurezza delle due strutture
dopo i fatti di Genova. La carreggiata del cavalcavia di contrada
Malati e stata ristretta nel 2015, - aggiunge Messana- perché alcuni
ferri del calcestruzzo armato risultavano scoperti all'altezza del
punto d'appoggio della sede stradale. Il Libero Consorzio di
Agrigento, proprietario dell'infrastruttura, ha inoltrato un progetto
esecutivo per la messa in sicurezza e l'importo di 200 mila euro che
nel 2017 e stato inserito tra le opere da finanziare. L' Assessorato
alle Infrastrutture ha richiesto alcuni chiarimenti e integrazioni
progettuali, che il Libero Consorzio ha già fornito. Diverse volte -
aggiunge il Sindaco - ci siamo recati in Assessorato per sostenere
l'urgenza dell'intervento e abbiamo sollecitato il Libero Consorzio,
il quale ha risposto, appunto, di essere in attesa del decreto di
finanziamento. Il sopralluogo congiunto servirà a valutare se il
restringimento della carreggiata è una cautela idonea a garantire la
sicurezza del transito e ad esaminare le condizioni del ponte di
contrada Guardia. Questo progetto è stato presentato alla Protezione
Civile per essere inserito tra le opere da finanziare. Riepilogando,
conclude Emilio Messana - il cavalcavia è in attesa di decreto di
finanziamento, i lavori per la strada di Milena saranno aggiudicati
tra poco, il progetto esecutivo per la strada di Montedoro e per la
strada che conduce al centro commerciale le Vigne è all'attenzione
della Protezione Civile e dell'Assessorato Infrastrutture. La nostra
amministrazione si è impegnata per ripristinare queste arterie
viarie fondamentali per lo sviluppo economico e sociale,
preoccupandosi di avere i progetto esecutivi, condizione necessaria e
indispensabile per ottenere i finanziamenti.
GIRGENTI ACQUE
Licenziamenti ieri il
primo incontro all 'Ati Idrico
g.s.) Licenziamenti Girgenti Acque e
Hydortecne, primo incontro all'Assemblea territoriale idrica ieri
mattina tra i vertici dell'Ati e i sindacati di categoria.
Un confronto durato alcune ore e al
quale non è stata invitata in questa fase il gestore né i
rappresentanti della società controllata, che, semmai, potranno
essere controparte in un eventuale tavolo di raffreddamento da
convocare in Prefettura.
Durante i lavori di ieri mattina, ai
quali era presente anche il presidente dell' Ati, il sindaco di
Sciacca Patrizia Valenti, si sono analizzati alcuni aspetti della
gestione del servizio idrico in provincia, valutando sia le criticità
rilevate dai sindacati a carico dell'ex Ato (in primis l'aver
consentito la gestione dei sindaci "ribelli") che le accuse
che la stessa Girgenti Acque ha rivolto all'Ati: proprio ieri, in una
lettera inviata alla Prefettura di Agrigento, infatti, la società di
Marco Campione aveva indicato la delibera di approvazione della nuova
tariffa, votata nel 2017, come la principale causa degli attuali 26
licenziamenti, dato che questa avrebbe eliminato i fondi per
investimenti. Accuse che l'Ati ha respinto con forza: ad essere stati
ridotte sono infatti le somme che la società avrebbe potuto caricare
in bolletta per far fronte alle somme necessarie per i cantieri (di
opere finora non partite) alla luce, dicono, di un ridotto utilizzo
reale delle risorse negli anni passati. Cioè, in sintesi, si è
caricato in bolletta un tot per garantire investimenti che solo in
minima parte sono stàti davvero realizzati (sulle colpe, poi, si
apre un altro filone).