Quotidiano
di sicilia
Ex
Province: sei anni di tragicommedia
di Giovanna
Naccari
Trovare
i soldi per le casse vuote delle ex Province:
è la promessa fatta dai deputati siciliani di maggioranza e
opposizione eletti alla Camera e al Senato al presidente della
Regione siciliana Nello Musumeci nella convocazione di lunedì a
Palazzo d'Orleans, per ridare ossigeno a Città Metropolitane e
Liberi Consorzi comunali.
Gli
Enti intermedi, infatti, coinvolti da vari passaggi legislativi -
regionali e nazionali - pensati per ridurre i costi della politica
e snellire l'Amministrazione, in Sicilia sono rimasti delle scatole
vuote,
privi di competenze e con enormi criticità economico-finanziarie.
Si
cercano le risorse per pagare gli stipendi, i fornitori e per
programmare tutti gli interventi che non si riescono a
realizzare. Liberi
Consorzi Comunali e Città Metropolitane sono quasi tutti in
pre-dissesto e nell'impossibilità di chiudere i bilanci di
previsione 2018-2020. L'ex Provincia di Siracusa ha già dichiarato
il default. A Messina il sindaco metropolitano Cateno De Luca, per
protesta contro la mancanza di risposte istituzionali alla crisi
finanziaria ha chiuso l'Ente e ha messo in ferie forzate i
lavoratori, annunciando il fallimento. Solo Trapani, con molti tagli,
e Agrigento hanno approvato il Bilancio di previsione per l'anno
scorso.
Un
mare in tempesta in
cui si troveranno a navigare anche i presidenti e i consigli dei
Liberi Consorzi comunali con le elezioni del prossimo 30 giugno,
quando cesserà la lunghissima gestione commissariale delle ex
Province siciliane e saranno eletti i nuovi vertici con elezioni di
secondo livello previste dalla legge 56/2014, la Delrio (non votano i
cittadini, ma sindaci e consiglieri). Una norma a cui si è dovuto
adeguare il Governo Musumeci con la legge 23/2018 approvata dall'Ars,
anche se il presidente non ha mai nascosto di preferire l'elezione
diretta, con la partecipazione dei cittadini. Una strada cui già
puntava la Legge regionale 17/2017, votata nell'ultimo anno di
legislatura Crocetta, con tanto di spese per le cariche, ma stroncata
per illegittimità dalla Corte costituzionale perché fuori dallo
spirito di riforma nazionale.
Insomma,
"l'abolizione delle Province" annunciata in tv ormai sei anni
fa (era
il marzo del 2013) dall'ex presidente della Regione ha prodotto
soltanto assenza di programmi e caos sulla definizione delle
competenze, con tanto di tentativo di ritorno delle cariche e delle
indennità e la marcia indietro. Oggi, si scrive un nuovo capitolo di
questa storia, con il tavolo istituzionale aperto da Musumeci che ha
fatto partire un appello al governo Conte.
Si
vuole sensibilizzare Roma per emanare un decreto legge sugli Enti
locali che elimini il meccanismo del prelievo forzoso dello Stato
quale contributo di finanza pubblica.
Questo l'elemento che, secondo gli amministratori dell'Isola
avrebbe ridotto al collasso le ex Province. Musumeci ha chiesto un
intervento per garantire parità di trattamento per gli enti
siciliani rispetto a quelli del resto d'Italia, "eliminando le
storture causate dalla legislazione finanziaria nazionale in
materia". Dal 2013 il governo di Roma toglie alle Province
dell'Isola oltre 200 milioni di euro l'anno costringendole di
fatto alla paralisi se non al fallimento".
Portavoce
della richiesta da avanzare al governo centrale sarà l'assessore
regionale all'Economia Gaetano Armao,
presente al tavolo con i deputati assieme all'assessore alle
Autonomie locali Bernadette Grasso - che ha scritto una lettera al
ministro Matteo Salvini per richiamare l'attenzione sulle ex
Province - e al collega di Giunta con delega alla Salute, Ruggero
Razza.
"Da
Roma - ha detto Musumeci - abbiamo ottenuto già alcuni impegni, ma
adesso bisogna accelerare". Ma non è tutto, perché il presidente
ha già annunciato la presentazione di un dossier che nelle
intenzioni del Governo regionale ricostruirà "decenni di omissioni
e di avalli a scelte scellerate".
La
Regione a marzo, dopo la pubblicazione del bilancio, verserà alle ex
Province 112 milioni di euro stanziati con l'ultima manovra, ha
assicurato l'assessore Armao, aggiungendo che "i 540 milioni che
lo Stato si è già impegnato a destinare nei prossimi sei anni a
Liberi consorzi e Città Metropolitane potranno servire ad assorbire
il carico dei mutui contratti e a liberare risorse per altri 23
milioni di euro".
Deputazione
nazionale chiamata in causa per risolvere la questione prelievo
forzoso
PALERMO
- Forza Italia ha presentato in Parlamento una proposta di legge per
cancellare il prelievo forzoso dello Stato alle ex Province
siciliane. A darne notizia è stato il deputato nazionale Francesco
Scoma, nell'incontro promosso dal presidente della Regione
siciliana Nello Musumeci sulle ex Province. Ma questa non è l'unica
questione in ballo.
"L'importante
impegno assunto da tutta la deputazione nazionale - ha affermato il
rappresentante di Liberi e uguali, Erasmo Palazzotto - compresi i
rappresentanti del M5s, vuole trovare una soluzione alla condizione
di dissesto delle Provincie siciliane. Questo però non è
sufficiente, perché risolto il problema finanziario bisognerà
definire al più presto le competenze e la programmazione per gli
investimenti degli Enti intermedi, per evitare che questo intervento
ne prolunghi soltanto l'agonia".
Al
confronto sulle ex Province hanno partecipato anche Leoluca Orlando,
sindaco metropolitano al vertice di Anci Sicilia e i segretari
regionali di Cgil, Cisl, Uil e Ugl. "La nostra associazione - ha
detto Orlando - fin dal 2014, ha messo in evidenza la necessità di
un intervento di riforma dell'Ente intermedio in grado di
bilanciare funzioni, risorse e personale".
I
segretari generali Michele Palgliaro (Cgil), Sebastiano Cappuccio
(Cisl) e Claudio Barone (Uil), con i numeri uno di categoria Gaetano
Agliozzo, Paolo Montera e Alda Altamore hanno chiesto che "le parti
tornino a incontrarsi nel giro di una-due settimane per monitorare la
situazione, che in Sicilia pende come un'ipoteca sulla testa di
6000 lavoratori di cui 400 precari". Infine hanno evidenziato,
riferendosi a Siracusa, la questione "dei lavoratori che, a causa
del dissesto proclamato, non percepiscono stipendio da mesi".
Intanto
i dipendenti dell'ex Province protestano in strada. Lunedì scorso
si è tenuto un sit-in a Palazzo d'Orleans, agli inizi di febbraio
sotto la sede dell'Assemblea regionale siciliana.
Quelle
elezioni indirette sgradite al presidente
PALERMO
- Le Province siciliane sono state istituite con Legge regionale
9/1986. Nel 2011 si è acceso il dibattito sulla riforma degli Enti
intermedi all'interno della manovra economica voluta dall'allora
ministro Giulio Tremonti (tagli parametrati al numero di abitanti per
territorio). In Sicilia c'era il governo autonomista di Raffaele
Lombardo e si provava a decentrare le funzioni ai Comuni, con la
conseguente soppressione delle Province che, tra l'altro, non sono
previste dallo Statuto siciliano. Stabilisce l'articolo 15 comma 2:
"L'ordinamento degli Enti locali si basa nella Regione stessa sui
Comuni e sui Liberi Consorzi comunali dotati della più ampia
autonomia amministrativa e finanziaria".
La
struttura degli Enti locali è stata modificata durante il governo
Renzi con la legge Delrio (56 del 2014, Disposizioni sulle Città
metropolitane, sulle Province, sulle Unioni e fusioni di comuni). Con
le Province trasformate in Enti di secondo livello non si prevedono
più elezioni dirette (votano sindaci e consiglieri).
L'Ars
con la legge 15/2015 ha approvato l'istituzione dei Liberi Consorzi
di Agrigento, Caltanissetta, Enna, Ragusa, Siracusa e Trapani e delle
tre Città metropolitane di Palermo, Catania e Messina. Nella scorsa
legislatura in Sicilia è stata ripristinata l'elezione diretta dei
sindaci delle Città Metropolitane e dei Liberi Consorzi comunali con
la legge 17/2017, ma la Corte Costituzionale l'ha dichiarata
illegittima perché in contrasto con la Legge nazionale.
Il
Governo Musumeci, dopo la bocciatura della norma del Governo
precedente ha riproposto le elezioni di secondo livello (Lr 23/2018
approvata dall'Ars). Il voto per i Liberi Consorzi Comunali si
terrà domenica 30 giugno. "Ci siamo opposti con tutte le nostre
forze a questo esproprio del diritto al voto dei cittadini", ha
scritto Musumeci su Facebook, annunciando le elezioni, che ha
definito "una elezione di secondo grado, un accordo tra partiti".
Giornale di Sicilia
LIBERO CONSORZIO
Terzo settore, nomina del rappresentante
Il Libero Consorzio comunale di Agrigento deve procedere alla nomina del rappresentante delle associazioni e cooperative del Terzo Settore all'interno della Consulta per i servizi in favore degli studenti disabili. Il Commissario straordinario Alberto Di Pisa ha invitato gli Enti iscritti nel registro istituito presso il Libero Consorzio a pubblicizzare la richiesta di nomina del rappresentante. La richiesta riguarda le due distinte sezioni, quella del servizio di assistenza all'autonomia ed alla comunicazione scolastica e quella che si occupa del servizio di assistenza igienico personale. (* PAPI*)
FORUM SULL'ACQUA
Incontro nella sede di Calcarelle
Si terrà sabato, dalle 10 alle 13 presso la sala Luca Crescente del Consorzio universitario, il convegno «Il servizio idrico integrato in provincia di Agrigento, dal fallimento della privatizzazione alla Gestione Pubblica e Partecipata» organizzato dal Forum siciliano dei movimenti per l'Acqua ed i Beni Comuni e da Federconsumatori per fare il punto sullo stato del servizio idrico nel territorio agrigentino. Parteciperanno: il professor Alberto Lucarelli, il presidente dell'Ati Francesca Valenti ed il presidente di Federconsumatori Emilio Viafora. (* PAPI*)
Regione
Fiume Verdura in sicurezza
Progetto da cinque milioni
Musumeci: «Si interverrà nei punti più vulnerabili»
Giusepe Pantano
Due interventi - uno a breve e l'altro a medio termine - per risolvere definitivamente i problemi creati nel Riberese dalle esondazioni del fiume Sosio- Verdura. È il risultato dell'incontro organizzato a Palermo dal presidente della Regione, Nello Musumeci, con i sindaci del comprensorio agrigentino e i rappresentanti locali delle associazioni agricole. Per quanto riguarda, invece, la questione relativa ai ruoli del Consorzio di Bonifica e alla protesta svolta nei giorni scorsi non sono emerse particolari novità. Erano presenti, per conto dell'amministrazione regionale, i dirigenti generali dei dipartimenti: Protezione civile Calogero Foti, Agricoltura Carmelo Frittitta, Sviluppo rurale Mario Candore, TecnicoSalvatore Lizzio; oltre al soggetto attuatore dell'Ufficio contro il dissesto idrogeologico Maurizio Croce e al capo del Genio civile di Agrigento, Calogero La Mendola. In rappresentanza dei Comuni alla riunione hanno partecipato i sindaci di Burgio Francesco Matinella, di Calamonaci Pellegrino Spinelli, di Caltabellotta Paolo Segreto, di Chiusa Sclafani Francesco Di Giorgio, di Lucca Sicula Salvatore Dazzo, di Sciacca Francesca Valenti, di Villafranca Sicula Domenico Balsamo, il vicesindaco di Ribera Nicola Inglese e l'assessore all'agricol - tura del comune crispino, Domenico Aquè. «Ho ascoltato nel dettaglio - spiega il governatore - le richieste di amministratori e agricoltori. Alla luce dei pareri acquisiti, ritengo che la via da praticare sia quella di una prima opera, del costo complessivo di 5 milioni di euro sui punti più vulnerabili del corso d'acqua, lungo 15 chilometri. Si interverrà con la pulitura dell'alveo e la rimozione di fanghi e sterpaglie, sulla base di un progetto che verrà predisposto dall'ufficio del Genio civile di Agrigento e consegnato entro 60 giorni. È nostro dovere sostenere il comparto agricolo, alle prese con mille difficoltà». La Protezione civile, nei giorni immediatamente successivi all'alluvione del 2 e 3 novembre scorso, aveva effettuato verifiche e una manutenzione ordinaria alla foce del fiume, ma oggi l'obiettivo è quello di abbassare il livello dell'acqua a protezione delle colture, degli attraversamenti e delle strutture aziendali che hanno subito ingenti danni. Occorre ora, dopo anni di incuria, una soluzione complessiva. «Proprio per questo - ha spiegato il governatore - in unaseconda fase, sarà necessario unire le forze e le progettualità delle varie strutture tecniche per un intervento più radicale da 15 milioni di euro che ottimizzi i costi e le risorse, con l'obiettivo di garantire la sicurezza di tutto il territorio attraversato dal Sosio-Verdura. Non escludo il ricorso al "contratto di fiume", se più celere ed efficace, e nei prossimi giorni investirò del tema il comitato tecnico-scientifico dell'Autorità idrica appena costituita dal mio governo». Sul tema del rincaro dei canoni irrigui e sulla possibilità di un Piano di ammortamento delle cartelle del 2013, Musumeci ha assicurato che nei prossimi giorni incontrerà i vertici dei due Consorzi di bonifica, per concordare una soluzione possibile. Su quest'aspetto la delusione del sindaco di Sciacca, Francesca Valenti: «Ci aspettavamo altro, ma noi andremo avanti con la battaglia al fianco del mondo agricolo». (*GP*)
AGRIGENTOWEB
PROVINCE A RISCHIO "DEFAULT",
INTERVENTO DI DI MAURO
Roberto Di Mauro, Vice Presidente
vicario all'Ars,interviene dopo il vertice convocato di ieri a
Palazzo d'Orleans da Musumeci con i parlamentari nazionali sul nodo
province siciliane, a oggi ancora in un limbo a dir poco imbarazzante
e a serio rischio default.
"Finalmente dopo anni e anni di
empasse e rimpalli si possono far ripartire le province o liberi
consorzi,enti intermedi che hanno un ruolo determinante come si è
visto per una serie di servizi sul territorio: dalle strade
provinciali alla manutenzione delle scuole e ai servizi per i
diversamente abili. Il problema del prelievo forzoso e del contributo
di solidarietà per il risanamento alla finanza pubblica che ha
creato una sperequazione economica e normativa e ha di fatto bloccato
il funzionamento e gli investimenti delle province,può essere
risolto e superato seguendo la strada del decreto legge che sani
finalmente un vulnus pericoloso e che inevitabilmente avrebbe portato
al dissesto di questi enti decentrati che hanno delle competenze e
delle funzioni che vanno esercitate per la sicurezza e lo sviluppo
dei nostri campanili.
Adesso i parlamentari siciliani
consequenzialmente devono spingere il governo nazionale a un decreto
legge che sia risolutivo della problematica,perché qualsiasi ente in
Italia non può essere amministrato se viene meno un principio di
decentramento amministrativo e finanziario che garantisca i
servizi,attraverso risorse finanziarie. Alle Province Siciliane va
ridata dignità e un pieno sostegno ad operare per gli interessi
collettivi in un momento che il cittadino reclama diritti primari per
il territorio:dalla mobilità,all'ambiente passando per i servizi
del ciclo integrato dei rifiuti e idrico,alla luce anche di una
rivisitazione che comincia a seguire un percorso nazionale per un
ritorno all'elezione diretta che è la base e l'essenza di ogni
democrazia partecipativa."
SICILIA24H
NO AL PRELIEVO FORZOSO, ALTRIMENTI
IL COLLASSO
Il disastro finanziario delle
Province: Musumeci convoca i parlamentari nazionali siciliani. A
lavoro su un decreto legge per cancellare o attenuare il prelievo
forzoso.
La riforma delle Province è stata tra
le più fallimentari della legislatura Crocetta. Gli Enti Locali,
definiti Liberi Consorzi di Comuni in modo farsesco perché non hanno
ancora consorziato nulla e sono da quattro anni commissariati e retti
da commissari della Regione, sono sull'orlo del precipizio del
dissesto finanziario. E a Messina, il sindaco Cateno De Luca, che è
anche, secondo la riforma, il presidente della Provincia, definita
altrettanto in modo farsesco "Città Metropolitana", ha posto in
ferie forzate tutti i dipendenti, circa 800 persone, per mancanza di
risorse finanziarie, ed ha minacciato il licenziamento collettivo.
Ecco perché il presidente della Regione, Nello Musumeci, ha ritenuto
opportuno convocare a Palermo tutti i parlamentari nazionali eletti
in Sicilia affinchè trasferiscano a Roma, allo Stato, il bandolo
della matassa alla ricerca di soluzioni, impraticabili da parte della
Regione. Allo stesso tavolo, nella Sala Alessi, a palazzo d'Orleans,
si sono seduti anche gli assessori all'Economia, Gaetano Armao,
agli Enti Locali, Bernardette Grasso, alla Sanità, Ruggero Razza,
sindacalisti ed esponenti dell'Anci, l'associazione dei Comuni.
Quale è la causa del collasso delle Province? La risposta è il
prelievo forzoso, il contributo di risanamento alla finanza pubblica,
ovvero i tanti soldi che lo Stato preleva forzosamente annualmente
dalle Province per renderle compartecipi del risanamento del debito
pubblico. E allora? E allora i soldi del prelievo forzoso superano
spesso e in tanti casi i soldi che poi lo Stato e la Regione
trasferiscono alle Province. Dunque il saldo è passivo. E quindi? E
quindi a Palermo Musumeci ha invitato i parlamentari siciliani ad
impegnarsi affinchè a Roma sia predisposto un decreto legge sugli
Enti Locali che cancelli o renda meno doloroso il prelievo forzoso. E
deputati e senatori, di maggioranza e di opposizione, hanno condiviso
e assunto l'impegno a cavalcare la proposta di legge che sarà
redatta tecnicamente dall'assessore regionale all'Economia,
Gaetano Armao, e che poi sarà presentata ufficialmente da Musumeci.
E il presidente della Regione spiega: "Bisogna battersi perché
alla Sicilia sia riservato lo stesso trattamento delle altre Regioni
d'Italia dove i bilanci delle ex Province godono di un ristoro
significativo da parte dello Stato. E' stata la riforma Delrio a
provocare una insostenibile disparità tra Regioni ordinarie e a
statuto speciale, vessate dal cosiddetto contributo di risanamento
alla finanza pubblica. Le conseguenze di quella che può essere
definita una finta riforma sono sotto gli occhi di tutti e non
lasciano ulteriori margini di tempo per trovare una soluzione: strade
provinciali abbandonate al dissesto, servizi sociali essenziali
negati, e stipendi a rischio per i dipendenti: il default è dietro
l'angolo anche per le amministrazioni che ancora non lo hanno
dichiarato. L'avevano spacciata per una grande riforma e, invece,
hanno massacrato Enti che per 160 anni avevano fatto, e anche bene,
il proprio lavoro. Il problema si risolve a Roma ed è per questo che
ho voluto coinvolgere deputati e senatori siciliani affinché ognuno
faccia la propria parte. E' stato un bel momento di solidarietà
istituzionale che, sono certo, troverà un suo riscontro nei fatti".
LA SICILIA
OGGI VENUTI ALL'ANTIMAFIA
GIRGENTI ACQUE E SERVIZIO IDRICO
SARANNO GIORNI DI "FUOCO".
g.s.)
Gestione del servizio idrico
integrato, saranno giorni cruciali. ° quasi. Oggi e domani, infatti,
si svolgeranno due appuntamenti che, ognuno a suo modo, avranno una
loro ricaduta sul tema.
Partiamo dalla presenza, stamattina,
dinnanzi alla Commissione antimafia dell'Assemblea regionale
siciliana, del commissario prefettizio della Girgenti Acque Gervasio
Venuti che sarà ascoltato dai parlamentari presieduti da Claudio
Fava sui temi della gestione dell'azienda e sullo stato dell'arte
della società colpita da interdittiva antimafia. Proprio in tal
senso con grande attenzione si guarderà a quanto accadrà domani, 21
febbraio, giorno in cui teoricamente il Tar dovrebbe pronunciarsi sul
ricorso presentato dalla Campione, almeno, su uno dei quattro.
Si perché ad oggi risultano pendenti 4
distinti ricorsi: quello che andrà in discussione domani, notificato
il 21 gennaio e presentato dagli avvocati di Marco Campione al
Tribunale amministrativo regionale contro Prefettura, Ministero
dell'Interno, Ati, Girgenti Acque e il commissario Venuti per la
sospensione cautelativa dell'interdittiva antimafia e di due
deliberazioni dell'Assemblea territoriale idrica che hanno disposto
la risoluzione; un secondo ricorso, notificato il 22 gennaio,
presentato solo contro la Prefettura e il Ministero per la
sospensione dell'interdittiva; un ricorso notificato il 4 febbraio
sempre al Tar con un intervento ad adiuvandum di Campione ed altri
contro Prefettura, il Ministero e l'Ati per ottenere la sospensione
dell'efficacia dei ricorsi impugnati dalla Girgenti Acque e un quarto
ricorso notificato questo i16 febbraio per ottenere sempre dal Tar
l'annullamento, previa sospensiva, del decreto di nomina del
commissario prefettizio.
Una lunga lista che è prova di una
strategia difensiva che mira innanzitutto a limitare i danni per poi
discutere, tra anni, il merito delle vicende. Questo anche se la
Prefettura e l'Ati hanno già chiaramente detto che, a prescindere
dall'esito dei ricorsi al Tar, non cambierà lo stato di cose
attualmente incardinato, a partire dalla risoluzione del contratto,
che sarà semmai oggetto di verifiche successive.
Ma se questo è quanto si discute sul
passato, a mancare oggi è ancora ogni traccia dell'impegno per il
futuro. Se l'Ati ha come noto nominato una commissione ad hoc per
individuare una forma di gestione, in molti sollecitano a fare
presto. Lo ha fatto con una nota all'Assemblea l'associazione
"Konsumer" che con il suo portavoce Giuseppe Di Miceli ha
chiesto che si definiscano i tempi per l'individuazione di una nuova
forma di gestione, lo fanno il Forum per l'acqua pubblica e
Federconsumatori che il prossimo 23 febbraio hanno promosso un
incontro al Cupa di Agrigento per discutere di gestione del servizio
e proporre la creazione di una società consortile pubblica.
VENERDI' LA RIAPERTURA
La cattedrale è tornata sicura,
Firetto revoca l'ordinanza del 2011
g.s.)
L'annuncio della riapertura
risale a qualche giorno fa, ma, adesso, che le condizioni della
Cattedrale di Agrigento siano tornate tali da renderla
nuovamente utilizzabile è ufficiale. Il Comune, attraverso il
sindaco Firetto, ha infatti revocato l'ordinanza risalente al 2011
che venne firmata a causa delle condizioni della navata nord della
Chiesa Madre, che, va detto, era ad oggi l'unica realmente interdetta
per problemi di sicurezza. Sono qui, proprio sul ciglio del costone e
sulla linea di frana, infatti i maggiori problemi dell'edificio di
culto, tanto che per un periodo si era addirittura ipotizzato di
staccare questa parte dal resto del corpo di fabbrica. Del resto le
condizioni erano tanto gravi che lo stesso consulente
dell'Arcidiocesi Teotista Panzeca, quando effettuò il primo
sopralluogo
per l'avvio dei lavori consegnati a
fine 2018, riscontrò un quadro fessurativo peggiore di quanto
ipotizzato.
Problemi che sono oggi sotto controllo
- se non eliminati - dagli interventi di consolidamento della
Cattedrale che hanno oggi consentito l'eliminazione del divieto di
accesso. La nuova ordinanza, ovviamente, parte da una relazione
tecnica fornita dall'Arcidiocesi di Agrigento che, "alla luce
degli interventi sommariamente descritti, puntualmente riscontrabili
nelle relazioni inviate al Genio civile, si può affermare che la
navata nord oggi è da considerarsi sicura". L'atto inoltre
ribadisce che "vi sono le condizioni di sicurezza necessarie
affinché codesta Curia possono svolgere le attività consone alla
fabbrica e pertanto sono venute meno le situazioni di criticità per
le quali è stata emessa l'ordinanza sindacale 44 del 22 febbraio
2011 ".
"La Cattedrale torna sicura -
commenta il sindaco Lillo Firetto -. Revocando l'ordinanza di
chiusura si sancisce l'uscita da un tunnel che sembrava senza uscita.
Sembrava. Perché contro i gufi, contro i mediocri e i saccenti,
contro i venditori di fumo, alla fine ha la meglio sempre chi ha
fiducia nel futuro e intravede le soluzioni possibili. Prevale chi ha
deciso di agire e non chi è stato inerme o ha remato conto. San
Gerlando nostro patrono ha allontanato le nubi e ha riportato il
sereno. La Cattedrale - ha concluso il primo cittadino - torna ad
essere viva sul colle di Girgenti".
Così con la riapertura della
cattedrale si avvicina a grandi passi: il 22 febbraio, infatti, le
grandi porte a ovest dell'edificio saranno nuovamente spalancate per
ospitare un solenne pontificale a cui parteciperanno da tutta la
provincia e che di fatto farà entrare nel vivo i festeggiamenti.
LIBERO CONSORZIO. Dai controlli
manca all'appello il "Mud", elevate numerose sanzioni
RIFIUTI NON TRACCIATI, SCATTANO LE
MULTE
Se ne sente parlare spesso: sorpresa
questa o quella ditta a scaricare i propri rifiuti per strada. Un
fenomeno odioso, perché inquina l'ambiente e rappresenta un costo
per la collettività, che deve farsi carico delle spese di bonifica.
Eppure esisterebbe uno strumento (aggirabile, per carità, come tutto
al mondo) che monitora a monte le attività di ogni impresa che
produce rifiuti non domestici come grosse quantità di umido,
prodotti chimici, scarti di demolizione eccetera e che non sembra
essere così utilizzato ad Agrigento. Si tratta del cosiddetto,
"Mud", il modello unico di dichiarazione ambientale, un
insieme di documenti che provano come i rifiuti prodotti da una
impresa vengano concretamente smaltiti, indicando qualità,
tipologia, soggetti che li hanno preso in carico ecc. Documenti che
sono obbligatori per tutte le aziende che producono "rifiuti
speciali non pericolosi" ma che hanno almeno 10 dipendenti.
Un atto, dicevamo, che ad Agrigento non
appare così diffuso e usuale. Anzi.
Delle carenza degli imprenditori
agrigentini si è accorta, ad esempio, la Provincia regionale di
Agrigento che in questi giorni ha emesso decine di provvedimenti
sanzionatori nei confronti di imprese che non avrebbero adempiuto ai
propri obblighi in tal senso. La campagna di controlli risale al
2014, quando la Polizia provinciale effettuò una serie di verifiche
presso marmisti, parrucchieri, aziende edili eccetera, riscontrando
che le stesse la mancata presentazione del Mud per l'anno 2013 dalla
Camera di Commercio (ente che li deve raccogliere per legge). La
sanzione comminata, anni dopo, è davvero minimale: parliamo di una
cinquantina di euro a testa. Quello che è interessante è però il
fenomeno, finora inedito, della mancata individuazione potenziale di
quantità importanti di rifiuti speciali che in questi anni
potrebbero essere stati anche correttamente smaltiti come da
normativa, ma che senza certificazioni necessarie non sono realmente
tracciabili e potrebbero essere stati smaltiti, torniamo al punto
uno, in modo non lecito, con un impatto ambientale potenzialmente
enorme se parliamo ad esempio di prodotti chimici o sfabbricidi
contenenti molecole pericolose come l'amianto. Tutto materiale
costosissimo da smaltire che quando prende vie "alternative"
viene abbandonato o interrato.
La ex Provincia regionale in tal senso
starebbe tenendo alta l'attenzione sul tema, disponendo per il futuro
una nuova campagna di controlli sul territorio che, si spera, possa
consentire almeno di scoraggiare coloro che non vogliono rispettare
le leggi e l'ambiente.
PERCORSO A OSTACOLI SENZA NORMATIVE
AUTONOMIE, DUBBI SULL'ITER DA
SEGUIRE E SULLE INTESE FINALI
E' tutto da costruire il percorso
parlamentare per l'approvazione delle intese sull'autonomia
differenziata di Veneto, Lombardia ed Emilia, in assenza di una
normativa e di una procedura di riferimento, e di precedenti. Ed è
da costruire anche la loro attuazione, visto che quando nel 2001 fu
approvata la riforma che prevedeva l'autonomia differenziata si
presupponeva l'introduzione di un Senato delle Regioni: cosa mai
avvenuta che lascia lo Stato privo di un luogo di compensazione tra
Regioni, tranne la Conferenza Stato-Autonomie, organismo che non è
nemmeno resocontato.
La riforma del Titolo V del 2001,
voluta dai governi D'Alema e Amato, previde all'articolo 116 comma 3,
che le Regioni a statuto ordinario potessero chiedere l'attribuzione
di una serie di materie di competenza concorrente tra Stato e Regioni
(in tutto 20), o addirittura di competenza esclusiva dello Stato (3).
Quel comma è rimasto tuttavia privo di una legge attuativa che
indicasse come procedere.
Dopo la richiesta di autonomia delle
tre Regioni, il governo Gentiloni il 28 febbraio 2018 ha siglato con
esse un accordo preliminare in base al quale la futura Intesa sarebbe
stata assimilata a quelle con le confessioni religiose, cioè non
emendabile dal Patlamento, che potrebbe o approvare o bocciare.
Concetto recepito dalle bozze di Intese
preparate dal governo Conte con Veneto, Lombardia e Emilia. M5s ha
richiesto tuttavia che il Parlamento sia coinvolto: lo ha detto prima
il ministro Riccardo Fraccaro, e poi il presidente Roberto Fico.
I presidenti delle Camere hanno
affrontato il tema ieri in un incontro con Mattarella. Fico ed
Elisabetta Casellati stanno studiando quale possa essere un percorso
condiviso tra le due Camere. M5s spinge perché le bozze - prima
della firma finale siano esaminate dal Parlamento permettendogli di
dare un parere al Governo, indicando eventuali modifiche, le quali
andrebbero poi ricontrattate dal Governo con le Regioni.
Altro tema è l'organismo ' incaricato
dell'esame: o la Bicamerale per le questioni Regionali o - come
preferisce M5s - le commissioni di merito dei due rami parlamentari.
L'intesa definitiva va poi approvata dalle Camere con la maggioranza
assoluta.
Anche l'applicazione delle Intese va
inventata. Esse dicono che per tre anni lo Stato trasferisca le
risorse per gestire le competenze sulla base della spesa storica, e
poi, se non si definiscono i costi standard, vengano erogati fondi
per ogni prestazione non inferiori alla media nazionale.
Per esempio oggi in Lombardia la
funzione «istruzione» viene svolta dallo Stato secondo le Tabelle
della Ragioneria generale - al costo di 463 euro procapite. Il costo
medio nazionale è di 537 euro, dunque più alto, così come
presumibilmente lo è il costo standard, ancora non calcolato.
Come si accorderanno le Regioni?
Basterà la Conferenza Stato-Autonomie? Verranno alla fine definiti i
fabbisogni standard? L'ex presidente della Commissione Tecnica per i
Fabbisogni Standard, Luigi Marattin (oggi deputato del Pd), è
scettico: «tutti vogliono i fabbisogni standard se significa avere
più soldi. Altrimenti, sono contrari».
E cosa accadrà per l'istruzione, visto
che tra le materie devolute c'è l'ordinamento generale? Il latino
potrebbe essere abolito in Veneto mentre si continuerà a studiarlo
nelle altre Regioni?
L'istituzione del Senato delle Regioni
potrebbe tornare in auge, e non mancano i ddl già depositati.