LIVESICILIA
Il punto
PROVINCE, CORSA CONTRO IL TEMPO
POSSONO RESISTERE FINO A LUGLIO
Per il governo nazionale
soluzione tampone vicina. Ma fioccano le polemiche.
Si corre contro il tempo per
scongiurare il fallimento di tutte le ex Province siciliane. I
governo nazionale e regionale sono all'opera, si intravede una
soluzione tampone all'orizzonte ma non mancano le voci critiche.
L'annuncio di questi giorni del sottosegretario
Alessio Villarosa riguarda la somma di
100 milioni. Non molto per la verità, assai meno di quanto serve
agli enti di area vasta i cui conti sono alla canna del gas. Ma
qualcosa. "Finalmente - ha dichiarato Villarosa - grazie
all'impegno della nostra ministra Lezzi che ringrazio a nome anche
della Regione, siamo riusciti a individuare la somma di 100 milioni
di euro nel Fondo Sviluppo e Coesione da destinare, appunto, al
risanamento del dissesto. Ormai è questione di poco, la Regione
Siciliana dovrà soltanto istituzionalizzare la richiesta,
presentandola alla struttura del ministro per il Sud, concretizzando
così quello che oggi è stato deciso durante il tavolo tecnico.
Superato questo passaggio, verranno assegnati i fondi alla Regione
con un emendamento al 'Decreto sblocca cantieri' con il quale
verranno anche approvate le famose misure che permetteranno alle ex
province di chiudere i bilanci precedenti, di utilizzare gli avanzi
di amministrazione".
Una pezza che non risolverà il
problema ma che potrebbe garantire un po' di fiato a liberi consorzi
e città metropolitane. "So benissimo che questa non è la
soluzione migliore, ma al momento l'unica percorribile, per
risolvere immediatamente l'emergenza, creata da altri", dice il
sottosegretario. Solo un primo passo, commenta l'Anci Sicilia con il
presidente Leoluca Orlando e il segretario Emanuele Alvano: "E'
senza dubbio positivo - dice Orlando - che si vada verso una rapida
assegnazione dei fondi alla Regione con un emendamento al "Decreto
sblocca cantieri" ma riteniamo anche che l'intervento finanziario
prospettato dal governo nazionale e comunicato dal Sottosegretario al
Ministero dell'Economia, Alessio Villarosa, possa essere solo un
primo passo al quale poi dovranno seguire i necessari provvedimenti
finalizzati al risanamento degli enti intermedi. In ogni caso,
occorrerà definire, in accordo con la Regione Siciliana e le ex
province, una soluzione definitiva e strutturale".
L'idea non piace ad alcuni esponenti di
Forza Italia. Stefania Prestigiacomo qualche giorno fa si è fatta
sentire, con un'uscita in cui ne aveva anche per il governo
regionale. La forzista critica la soluzione prospettata dal governo
gialloverde, così come Nino Germanà, che ha presentato un ddl con
il quale si chiede l'abolizione del prelievo forzoso e che parla di
"operazione scellerata": "La realtà è che sta tentando di
sottrarre oltre 100 milioni di euro degli investimenti già destinati
alla Sicilia per trasformarli in trasferimenti da usare per la spesa
corrente delle ex province siciliane". Critici anche i deputati
regionali di Sicilia Futura Nicola D'Agostino ed Edy Tamajo:
"Queste risorse, di fatto, taglieranno gli investimenti per la
Sicilia a vantaggio solamente delle spese correnti delle ex Province,
ma con fondi insufficienti. L'impegno a destinare risorse
aggiuntive da parte del governo Conte è venuto meno, auspichiamo che
il presidente della Regione Nello Musumeci e l'assessore
all'Economia Gaetano Armao assumano responsabilmente iniziative
affinché non si concretizzi un ulteriore scippo a danno della
Sicilia che metterebbe la parole fine alla progettazione di molte
opere strategiche ed alla stabilizzazione dei precari".
In realtà, la soluzione prospettata
dal sottosegretario, si apprende da fonti dell'assessorato
all'Economia, è una delle soluzioni allo studio del tavolo aperto
tra ministero dell'Economia e Regione siciliana. Ma il confronto è
ancora aperto e ci sono altre ipotesi al vaglio.
Per Bernadette Grasso, assessore
forzista agli Enti locali "quello che affermano Prestigiacomo e
Germanà è giusto ma se non c'è la copertura finanziaria per la
norma sul prelievo forzoso noi che facciamo? Non possiamo aspettare.
Quella norma così com'è è una battaglia di principio. Intanto, va
risolta l'emergenza. Poi, certamente, ci batteremo per il pregresso
perché l Sicilia abbia lo stesso trattamento degli altri". E sì,
perché per cancellare il prelievo forzoso, così come chiede la
Regione e come si propone il ddl Germanà, servono tanti soldi, che
al momento non ci sono. È quello il punto centrale, è quella la
causa dello sfascio dei conti delle ex Province, il combinato
disposto tra la drastica riduzione dei trasferimenti e il prelievo
forzoso operato dallo Stato attraverso il contributo alla finanza
pubblica che per il solo 2018 è stato di 277,1 milioni di euro, pari
al 42% delle uscite degli enti siciliani. Ad oggi il disequilibrio
finanziario globale delle ex Province in Sicilia, quantificato dal
monitoraggio effettuato dal Dipartimento Autonomie Locali della
Regione, è pari a 155,4 milioni, quasi il doppio rispetto all'anno
precedente quando si assestava a 82,6 milioni. Catania e Siracusa
hanno uno squilibrio pari rispettivamente a 35,7 e 35,3 milioni di
euro, Palermo 23,4 milioni, Trapani 15,7 milioni, Messina 13,5
milioni, Ragusa 11,9 milioni, Enna 8,4 milioni, Caltanissetta 7,5
milioni e Agrigento 3,7 milioni.
Una situazione che ha compromesso
l'erogazione di servizi, in particolare la gestione della rete
stradale provinciale, l'assistenza ai disabili, il supporto alle
scuole di secondo grado, l'edilizia scolastica e, infine, ha messo
in discussione la continuità del rapporto di lavoro dei dipendenti.
Siracusa ha già dichiarato il default. Tutti gli altri enti, eccetto
Trapani e Agrigento, non sono nelle condizioni di approvare i
bilanci.
La Regione con un decreto degli
assessori Armao e Grasso ha sbloccato 101 milioni di fondi propri che
hanno dato una boccata d'ossigeno agli enti. "Con queste somme le
Province possono sopravvivere fino a luglio", spiega l'assessore
Grasso, che sottolinea come le Province siciliane abbiano il 44 per
cento di risorse in meno rispetto alle altre, anche per via dei
pastrocchi normativi della scorsa legislatura e degli accordi
sottoscritti dai governi di Crocetta. "Già oggi stiamo togliendo
somme dal bilancio regionale", spiega al riguardo l'assessore
Grasso. Leoluca Orlando riassume: "Le Province siciliane in base a
un accordo maledetto firmato da Crocetta partecipano al prelievo
forzoso ma non vengono ristorate come tutte le altre, anzi, le somme
prelevate ai nostri enti vengono distribuite alle province fuori
dalla Sicilia".
E così si aspetta. Sia la soluzione
tampone della discordia (a cui si accompagnerebbe una modifica
normativa che permetta di adottare bilanci annuali e non triennali e
di utilizzare avanzi di amministrazione, come chiesto dall'Anci, su
questo c'è già un accordo di massima), sia l'auspicato superamento
del prelievo forzoso, per il quale si deve attendere la fine
dell'estate con il negoziato sulle finanze pubbliche tra Stato e
Regione. Sullo sfondo resta il problema dei problemi: la fine della
fase transitoria, la ridefinizione delle competenze e il transito del
personale in eccesso (altrove in Italia sono andati nei Comuni, ma
qui in Sicilia i Comuni hanno i precari). La quadra non sarà
semplice Intanto, le ex Province boccheggiano. E i servizi per i
cittadini latitano.
LA SICILIA
REALMONTE: PER LA RECIONE E' UNA
TESTIMONIANZA DI ARCHEOLOCIA DELLA NAVIGAZIONE
Il faro di Capo Rossello sarà un
bene vincolato.
REALMONTE. Il faro di Capo Rossello, a
Realmonte, sarà un bene vincolato. Il decreto è stato firmato nei
giorni scorsi dal dirigente generale del settore Beni culturali della
Regione Siciliana, il quale ha ritenuto che la struttura fosse da
sottoporre a tutela così come previsto dal decreto legislativo 22
gennaio 2004 che, all'articolo 10 comma uno prevede che "Sono
beni culturali le cose immobili e mobili appartenenti allo Stato,
alle regioni, agli altri enti pubblici territoriali, nonché ad ogni
altro ente ed istituto pubblico e a persone giuridiche private senza
fine di lucro, ivi compresi gli enti ecclesiastici civilmente
riconosciuti, che presentano interesse artistico, storico,
archeologico o etnoantropologico". A sostenere questo processo
c'è ovviamente una specifica relazione realizzata dalla
Soprintendenza ai beni culturali di Agrigento che lo ha ritenuto
"testimonianza di archeologia industriale della navigazione
nonché segno distintivo e qualificante del paesaggio costiero",
La struttura, di proprietà del Demanio
dello Stato è classificata come "faro d'altura" o venne
attivato nel 1859. Il suo punto più alto, che è la lanterna, si
trova a 95 metri sul mare in una zona a strapiombo sulla costa
realmontina da cui è possibile godere di una vista assolutamente
mozzafiato, dato che, proprio dinnanzi si erge la Scala dei Turchi.
E' collocato tra Punta Grande e la torre di guardia di Monterosso,
antica struttura medievale (anch'essa vincolata, anche se di
proprietà oggi di un privato). La presenza di questa torre è la
conferma per certi versi che quel tratto di mare ha sempre avuto una
sua importanza strategica. L'edificio del faro è tinteggiato di
bianco e presenta alcuni elementi decorativi in tufo, come la cornice
del terrazzo di copertura, la cornice del parapetto e le cornici
attorno alle quattro aperture.
Il lampo del faro di Capo Rossello può
essere avvistato fin da Puntabianca.
B&B chiuso per "troppo
degrado" L'Abba: «Solidarietà al collega»
g.s. l
Dopo la vicenda raccontata dal
nostro giornale di un bed and breakfast nel centro storico che è
stato costretto a non riaprire a causa del degrado In cui versa
l'area di via Vallicaldi arrivano le prime reazioni. Innanzitutto
quella del Comune, che ha annunciato una bonifica nei prossimi giorni
nonché specifiche e concrete attività di controllo e repressione.
Vedremo quanto servirà e soprattutto quanto rimarrà tutto pulito.
Altra reazione è quella del presidente
dell'associazione Abba, che rappresenta i b&b. Il presidente
Carmelo Cantone ha espresso infatti amarezza e grande preoccupazione
per l'attuale condizione in cui versano alcune parti del centro
storico" e per i relativi danni che derivano alle strutture.
"Conoscevamo perfettamente la situazione raccontata dal giornale
- dichiara Cantone - in quanto, la titolare della struttura in causa,
unitamente ad altri B&b limitrofi, ci avevano più volte mostrato
le terribili recensioni ricevute dagli ospiti che interrompevano
bruscamente la vacanza, sia per la paura di frequentarlo che per
l'insostenibilità del luogo a pochi metri dalla via Atenea
(spazzatura, case cadenti e spaccio di stupefacenti in pieno giorno)
. Nonostante abbiamo più volte segnalato e richiesto interventi
particolari per la 'bonifica' di quel luogo, dopo quanto accaduto,
non ci resta che constatare tristemente che i bisogni dei cittadini
non vengono tenuti nella giusta considerazione. E' sotto gli occhi di
tutti che l'Amministrazione, in centro storico non riesce ad
organizzare un servizio di raccolta proporzionato alle esigenze della
città, che ricordiamo, paga un servizio in misura esagerata".
Un costo elevato per condizioni
generali di decoro urbano abbastanza scarse. "Esprimiamo
solidarietà - conclude quindi Cantone - al colleghi di quella zona
che hanno investito sulla propria pelle, cercando Invano di
riqualificarla, per garantire ai propri figli un futuro decoroso
nella nostra terra".
POLITICA IN LUTTO. Morto Errore fu
sindaco e deputato regionale
E' morto all'età di 81 anni Angelo
Errore. Laureato in scienze politiche e dipendente della Provincia,
svolse la sua attività politica con la Democrazia Cristiana della
quale dal '76 al'79 fu vicesegretario provinciale. Eletto consigliere
comunale il 22 novembre 1964, dopo una pausa tornò nell'aula dei
Giganti il 15 giugno 1975. Il 19 settembre 1977, divenne sindaco alla
testa di un bicolore Dc-Psi. Restò al timone dell'Amministrazione
fino all'8 agosto 1979. La sua sindacatura rimane legata all'adozione
del Prg, avvenuta il 30 maggio 1978. Confermato a Palazzo dei Giganti
il 19 giugno 1980, l'anno successivo, il 21 giugno, fu eletto all'Ars
con 38.535 preferenze. In quella veste continuò a seguire il Prg nel
tentativo di renderlo esecutivo. Fu confermato all'Ars il 22 giugno
1986, riportando 41.474 voti. Nel corso della legislatura fu
vicepresidente vicario del gruppo parlamentare. Il 16 giugno 1991 fu
eletto per la terza volta con 37.811 preferenze. Fu componente della
Commissione Attività produttive, assessore regionale al Lavoro,
previdenza sociale, formazione professionale ed emigrazione,
componente della Commissione Bilancio e assessore al Turismo,
comunicazioni e trasporti. In quest'ultima veste portò ad Agrigento
il Campionato Mondiale di Ciclismo su strada, realizzò il Premio
Regia Televisiva nella Valle dei Templi e, a Palermo, le Universiadi.
Fu primo firmatario del Disegno di Legge per il recupero dei centri
storici di Agrigento e Ortigia. Nel 1996 per pochi voti non fu eletto
alle politiche.
il 28 giugno 2014 divenne, con voto
plebiscitario, presidente dell'Unione Ex allievi Don Bosco di
Agrigento per il 2014-2018. In giovane età praticò con buon
successo calcio e basket.
SVIMEZ: "TEMPI LUNGHI E POCHI
PROGETTI, SI TRATTA DI 2 PUNTI DI PIL"
«Al Sud non spesi 20 mld del Fsc».
ROMA. «Le risorse ferme sul Fondo
Sviluppo e Coesione rappresentano un pezzo della mancata crescita del
Sud: 20 mld che non si riesce a spendere. Ciò conferma l'incapacità
di spesa complessiva del Paese, i tempi di attuazione delle opere
pubbliche sono in media 5 anni, fino a 15 per le opere di importo
oltre i 100 mln, ciò rallenta il processo di crescita». Così Luca
Bianchi, direttore Svimez.
«Quando parliamo di politiche di
coesione - rileva Bianchi - ci confrontiamo con un problema nella
capacità di progettazione e attuazione delle opere pubbliche, in
particolare al Sud. Esiste anche un problema di contesto normativa
molto difficile e farraginoso nell'attuazione, La riforma del Codice
degli appalti ha inciso negativamente e ha rallentato ulteriormente i
processi. Però, l'elemento di fondo è rappresentato da
un'incapacità di progettazione. Questo è il punto più debole che
riguarda sia le Regioni del Sud sia le amministrazioni centrali e che
risulta decisivo nel basso tasso di attuazione degli investimenti e,
a sua volta, nel basso tasso di crescita del Mezzogiorno».
Nei governi, evidenzia Bianchi, «spesso
non c'è stata un'adeguata attenzione allivello di spesa. I vari
esecutivi si sono accontentati di annunciare gli stanziamenti, senza
poi seguirne l'attuazione. La conseguenza è che la spesa in conto
capitale del 2018 è di oltre 10 mld meno della fase pre-crisi: 2
punti in meno di Pil al Sud».
PER IL RILANCIO DEL TURISMO SERVE
MIXER CON IL PUBBLICO-PRIVATO
Secondo gli operatori la formula
migliore sarebbe quella sinergica.
DANIELE DITTA
PALERMO. Isole con sopra il cartello
"vendesi", aeroporti messi sul mercato in cerca di partner
privati, "pezzi" di Sicilia da valorizzare. Attorno al
turismo, settore che per antonomasia genera valore aggiunto, è
riesplosa la diatriba tra chi considera i capitali privati necessari
per lo sviluppo e chi invece considera le gestioni pubbliche uno
scudo contro speculazioni che possano fare l'interesse di pochi.
Il dibattito è quanto mai attuale dopo
la decisione della Sac di accelerare sul percorso di privatizzazione
di Fontanarossa. E si arricchisce di nuovi spunti con le proposte di
vendita di Isola delle Femmine e dell'isola di Santa Maria (di fronte
Marsala), perla incastonata nell'arcipelago dello Stagnone.
Tra pubblico e privato c'è chi sceglie
per una via di mezzo: è il caso di Toti Piscopo, ideatore di
Travelexpo, la "borsa globale dei turismi", ed esperto del
settore.
«Queste operazioni possono funzionare
con un mix di pubblico e privato. Vendere l'Isola delle Femmine
significa anche vendere il brand e l'identità dell'intero territorio
che si trova lungo
la costa davanti l'isolotto. Con
l'acquisizione da parte di un privato si creerebbe una concorrenza
sleale destinata a penalizzare gli altri operatori economici».
Uno scenario «impensabile» per Piscopo, convinto invece che ci
possa essere una «pacifica convivenza» tra il pubblico che gestisce
beni o servizi e i privati che fanno impresa. Per restare in tema, il
modello - da Isola delle Femmine a Marzamemi - è quello del borgo
marino avanzato. Un'idea "partorita" nel corso di
Travelexpo, che Piscopo sintetizza così: «Mettere a sistema le
attività le attività legate al mare con le specificità del borgo.
Isola delle Femmine potrebbe diventare un borgo pilota per testare
questo modello». Un borgo che diventa brand e punta dritto ad
entrare nei pacchetti venduti ai turisti, con tutto ciò che ci
gravita attorno: spiaggia, tonnara, strutture ricettive, aree
naturalistiche. «Per fare questo però - spiega Piscopo - bisogna
trasformare gli oneri economici passivi in risorse. Da turismo
bisogna generare economia».
Che è un po' la sfida a medio-lungo
termine. Dalle case ad un euro ai Comuni che si fanno "procacciatori"
di clienti per abitazioni private in disuso, qualcosa si muove. I
riconoscimenti nazionali fioccano - su tutti il filotto di successi
nella classifica de "I Borghi più belli d'Italia" - ma in
Sicilia le presenze turistiche sono ancora al di sotto delle
potenzialità. Nel nostro contesto, i problemi infrastrutturali
continuano ancora a rappresentare un grande ostacolo.
È qui che si apre un altro grande
tema: la mobilità. «Il vero problema della Sicilia» sottolinea
Piscopo, che in materia di trasporti tira le orecchie al pubblico:
«Se ad esempio un viaggiatore dovesse affidarsi esclusivamente al
treno per coprire la tratta Palermo-Catania, allora ci sarebbe poco
da fare. Nei collegamenti interni, da tanti anni i privati hanno
sopperito alle carenze del pubblico». Che tante ancora sono e in
alcuni casi per nulla risolte: da Castellammare del Golfo a Scopello,
la "porta" della Riserva dello zingaro", non c'è
nessun mezzo pubblico che copra una distanza inferiore a dieci
chilometri. Una falla che riduce il potenziale turistico, anche fuori
stagione, di una delle zone più belle della nostra Isola.
Se nei trasporti interni c'è una
Sicilia che arranca, ce n'è un'altra che eccelle nell'ambito dei
collegamenti col resto del mondo. Eccelle a tal punto che suscita
l'interesse dei privati. Stiamo parlando delle infrastrutture
aeroportuali. La Gesap, che ha nel Comune di Palermo e nell'ex
Provincia i soci di maggioranza, ha fatto una scelta di campo: la
gestione pubblica dell'aeroporto "Falcone-Borsellino". Che
pubblico rimarrà fino a quando alla testa degli azionisti di
maggioranza ci sarà il sindaco cittadino e metropolitano Leoluca
Orlando. A Catania invece la governance di Sac ha imboccato per
"Fontanarossa" la strada della privatizzazione: in
assemblea dei soci ha ottenuto un certo consenso l'ipotesi del trade
sale, la cessione cioè a un partner privato selezionato con
procedura ad evidenza pubblica. L'obiettivo è rompere il "guscio
pubblico" per immettere capitali e favorire gli investimenti. «E
se poi il privato che acquisisce la gestione decide di non
reinvestire gli utili?» domanda Piscopo. La risposta, proprio
qualche giorno fa a Travelexpo, è arrivata dall'ex presidente
dell'Enac Vito Riggio: «Privatizzare gli aeroporti non significa
solo gestirli da soli. Il tema non è vendere, è attuare un
partenariato pubblico-privato. La soluzione è affidare la gestione
ai privati lasciando la vigilanza al pubblico».