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Smart working nelle Pubbliche amministrazioni: ecco come cambierà dal 2021 Smart working PA: vediamo come cambierà dal 2021 grazie alla riforma annunciata dalla ministra Fabiana Dadone e contenuta nel decreto Rilancio convertito. Novità anche con il dl Semplificazioni.
Smart working PA: cambierà dal 2021 il lavoro agile come lo stiamo conoscendo con l'emergenza COVID-19.
Come lo ha spiegato la ministra della Pubblica Amministrazione Fabiana Dadone, tenendo conto dell'emendamento al decreto Rilancio n.34/2020 approvato dalla Commissione Bilancio della Camera che ha modificato con aggiunte quanto già previsto dal testo in vigore dal 19 maggio.
Il decreto Rilancio è da poco stato convertito nella legge n.77/2020.Smart working PA: come cambia dal 2021 con il Rilancio
Lo smart working nella PA cambia dal 2021 e per capire come basta leggere il dl Rilancio convertito. Il nuovo emendamento va a modificare l'articolo 263 Disposizioni in materia di flessibilità del lavoro pubblico e di lavoro agile del dl Rilancio e il comma 1 è sostituito dal seguente:"Al fine di assicurare la continuità dell'azione amministrativa e la celere conclusione dei procedimenti, le amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, adeguano l'operatività di tutti gli uffici pubblici alle esigenze dei cittadini e delle imprese connesse al graduale riavvio delle attività produttive e commerciali. A tal fine, fino al 31 dicembre 2020, in deroga alle misure di cui all'articolo 87, comma 1, lettera a), e comma 3, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, organizzano il lavoro dei propri dipendenti e l'erogazione dei servizi attraverso la flessibilità dell'orario di lavoro , rivedendone l'articolazione giornaliera e settimanale, introducendo modalità di interlocuzione programmata, anche attraverso soluzioni digitali e non in presenza con l'utenza, applicando il lavoro agile, con le misure semplificate di cui al comma 1, lettera b), del medesimo articolo 87, al 50 per cento del personale impiegato nelle attività che possono essere svolte in tale modalità. In considerazione dell'evolversi della situazione epidemiologica, con uno o più decreti del Ministro per la pubblica amministrazione possono essere stabilite modalità organizzative e fissati criteri e princìpi in materia di flessibilità del lavoro pubblico e di lavoro agile, anche prevedendo il conseguimento di precisi obiettivi quantitativi e qualitativi. Alla data del 15 settembre 2020, l'articolo 87, comma 1, lettera a), del citato decreto-legge n. 18 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 27 del 2020 cessa di avere effetto."Viene aggiunto il comma 4 bis che modifica l'articolo 14 della legge 7 agosto 2015, n. 124 dove al comma 1 le parole da: "e, anche al fine" fino a: "forme associative" sono sostituite dalle seguenti:"Entro il 31 dicembre di ciascun anno, le amministrazioni pubbliche redigono, sentite le organizzazioni sindacali, il Piano organizzativo del lavoro agile (POLA), quale sezione del documento di cui all'articolo 10, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150. Il Piano individua le modalità attuative del lavoro agile prevedendo, per le attività che possono essere svolte in modalità agile, che almeno il 60 percento dei dipendenti possa avvalersene, garantendo che gli stessi non subiscano penalizzazioni ai fini del riconoscimento di professionalità e della progressione di carriera, e definisce, altresì, le misure organizzative, i requisiti tecnologici, i percorsi formativi del personale, anche dirigenziale, e gli strumenti di rilevazione e di verifica periodica dei risultati conseguiti, anche in termini di miglioramento dell'efficacia e dell'efficienza dell'azione amministrativa, della digitalizzazione dei processi, nonché della qualità dei servizi erogati, anche coinvolgendo i cittadini, sia individualmente, sia nelle loro forme associative. In caso di mancata adozione del POLA, il lavoro agile si applica ad almeno il 30 per cento dei dipendenti, ove lo richiedano."Grazie al Piano, come ha annunciato anche la ministra Dadone sulla sua pagina Facebook definendolo una rivoluzione, lo smart working nella PA come abbiamo visto viene prorogato fino al 31 dicembre 2020 per il 50% dei dipendenti che svolgono delle attività che possono essere eseguite tranquillamente da remoto, mentre con il POLA dal 1° gennaio 2021 la percentuale salirà al 60%.Smart working PA e Osservatorio del lavoro agile
In merito allo smart working nella PA la stessa ministra Dadone aveva annunciato la riforma dichiarando, come previsto dall'emendamento approvato, che la rivoluzione si completa con l'Osservatorio del lavoro agile. Nel dettaglio scrive la ministra:"Istituiamo, inoltre, l'Osservatorio del lavoro agile per raccogliere dati e informazioni fondamentali e permettere di programmare al meglio le future politiche organizzative delle PA e lo sviluppo delle performance di dirigenti e personale."In particolare a stabilirlo il comma 3 bis introdotto all'articolo 263 di cui sopra che recita quanto segue:"Presso il Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri è istituito l'Osservatorio nazionale del lavoro agile nelle amministrazioni pubbliche. Con decreto del Ministro per la pubblica amministrazione, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sono definiti la composizione, le competenze e il funzionamento dell'Osservatorio. All'istituzione e al funzionamento dell'Osservatorio si provvede nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. La partecipazione all'Osservatorio non dà luogo, in alcun caso, alla corresponsione di emolumenti, compensi, indennità o rimborsi di spese comunque denominati."La ministra Dadone ha parlato anche di sicurezza sul lavoro:"Nel frattempo, con le organizzazioni sindacali abbiamo portato avanti il confronto sul protocollo di sicurezza perché i dipendenti pubblici possano rientrare in piena tutela e continuare a dare il proprio contributo in questa fase di rilancio del Paese."In merito allo smart working nella PA Dadone ha specificato:"La pandemia ha avuto un impatto cruciale che sta già trasformando e trasformerà gli assetti sociali, economici, ambientali e delle politiche pubbliche. Il lavoro agile è parte integrante di questa trasformazione e chi lo nega o ne derubrica la portata a elemento di polemica politica non ha capito nulla o fa finta di non capire. Le rivoluzioni si possono guidare o subire. Preferisco governarle e il M5S non si smentisce in quanto forza che nasce come driver propulsivo delle rivoluzioni culturali in Italia."Non solo il decreto Rilancio perché, come abbiamo anticipato, anche il decreto Semplificazioni introduce delle novità per lo smart working nella PA.Smart working PA: le novità del dl SemplificazioniPer quanto riguarda lo smart working nella PA delle novità arrivano con il decreto Semplificazioni approvato. Se di fatto lo smart working sarà implementato a partire dal 2021 nella Pubblica Amministrazione questo necessita anche di regole e di una maggiore funzionalità degli strumenti utilizzati.Pertanto il decreto Semplificazioni dedica allo smart working l'articolo 31- Semplificazione dei sistemi informativi delle pubbliche amministrazioni e dell'attivita' di coordinamento nell'attuazione della strategia digitale e in materia di perimetro di sicurezza nazionale cibernetica e nel quale si dichiara l'obbligo per la PA di sviluppare i propri sistemi e afferma:"Al fine di agevolare la diffusione del lavoro agile quale modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato, i soggetti di cui all'articolo 2, comma 2, lettera a), acquistano beni e progettano e sviluppano i sistemi informativi e i servizi informatici con modalità idonee a consentire ai lavoratori di accedere da remoto ad applicativi, dati e informazioni necessari allo svolgimento della prestazione lavorativa, nel rispetto della legge 20 maggio 1970, n. 300, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e della legge 22 maggio 2017, n. 81, assicurando un adeguato livello di sicurezza informatica, in linea con le migliori pratiche e gli standard nazionali ed internazionali per la protezione delle proprie reti, nonché promuovendo la consapevolezza dei lavoratori sull'uso sicuro degli strumenti impiegati, con particolare riguardo a quelli erogati tramite fornitori di servizi in cloud, anche attraverso la diffusione di apposite linee guida, e disciplinando anche la tipologia di attività che possono essere svolte."Il testo va a modificare il decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 aggiungendo il suddetto comma all'articolo 12 dopo il 3-bis.L'articolo 32 del decreto stabilisce l'istituzione del Codice di condotta tecnologica emanato dal Capo del Dipartimento della trasformazione digitale della Presidenza del Consiglio dei Ministri, che detta regole omogenee per tutte le PA e in particolare:"Al fine di favorire la digitalizzazione della pubblica amministrazione e garantire il necessario coordinamento sul piano tecnico delle varie iniziative di innovazione tecnologica, i soggetti di cui all'articolo 2, comma 2, lettera a) , nell'ambito delle risorse disponibili, progettano, realizzano e sviluppano i propri sistemi informatici e servizi digitali, in coerenza con gli obiettivi dell'agenda digitale italiana ed europea e nel rispetto del codice di condotta tecnologica adottato dal Capo dipartimento della struttura della Presidenza del Consiglio dei ministri competente per la trasformazione digitale, sentita l'AgID e il nucleo per la sicurezza cibernetica di cui all'articolo 12, comma 6, del decreto legislativo 18 maggio 2018, n. 65 e acquisito il parere della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della presente disposizione."Con la sua implementazione tecnologica, formazione dei dipendenti e incremento a partire dal prossimo anno, lo smart working cambierà così a partire dal 2021 nella PA.
Corriere della sera
EMERGENZA
CORONAVIRUS E SCUOLE
Rientro a
scuola a settembre: le richieste di esonero degli insegnanti. Allarme
in Veneto, Liguria e Campania
Con
l'approssimarsi di settembre cominciano ad arrivare ai presidi le
lettere di docenti in condizioni di salute «fragili» che chiedono
di essere esonerati. Cosa dicono le regole
Orsola
Riva
Una tempesta quasi
perfetta sta per abbattersi sul rientro
in classe: l'allarme è già
suonato in alcune regioni come il Veneto,
la Liguria e
la Campania.
I presidi potrebbero trovarsi senza collaboratori
scolastici e gli alunni
senza prof.
Non solo è rimasta vuota una parte delle cattedre per le quali era
prevista l'assuzione di 85 mila
insegnanti. Ma il Covid-19 porta con
sé anche un'altra emergenza:
quella dei «lavoratori fragili» che nella scuola italiana
potrebbero essere parecchi. Per legge infatti rientra
nella definizione chi è affetto da più patologie
contemporaneamente, gli immunodepressi,
i pazienti oncologici. Si possono aggiungere anche coloro
che hanno più di 55 anni (nel 2019 su 730 mila insegnanti di ruolo,
quelli con più di 54 anni erano oltre 300 mila): non tutti
ovviamente, ma coloro per i quali il medico Inail deciderà che è
necessaria «la sorveglianza sanitaria eccezionale» prevista
dalle regole generali di tutela dei
lavoratori e da quelle emanate nei mesi scorsi per
tutti coloro per i quali il contagio da Covid potrebbe
avere conseguenze anche molto gravi,
se non fatali.
L'ALLARME
Sta
di fatto che la direttrice dell'Ufficio
scolastico del Veneto Carmela Palumbo ha denunciato
centinaia di lettere ai presidi da parte di docenti che chiedono di
poter essere esonerati dal servizio. A Salerno le
richieste sono già una trentina. Il problema è che per ora i
dirigenti hanno le mani legate perché mancano delle
linee guida che definiscano cosa fare con questi lavoratori una volta
che il medico ne ha certificato la condizione di salute: vanno messi
in malattia e lasciati
a casa, dichiarati parzialmente o totalmente inidonei e
spostati ad altro servizio o può bastare l'adozione
di maggiori precauzioni come per esempio l'uso di
mascherine FFP2 con eventuale visiera al posto di quella chirurgica?
LE
REGOLE INCERTE
Il
ricorso allo smart working -
come si è già fatto durante la Maturità per alcuni casi isolati di
commissari a rischio - appare impraticabile:
chi terrebbe i ragazzi in classe mentre il docente è collegato da
casa? «E' scorretto alludere
a una disaffezione per il proprio lavoro dei docenti - dice la
segretaria della Cisl Scuola Maddalena
Gissi -. La condizione di salute del lavoratore va
tutelata. Ma il punto è come. Un professore di italiano e filosofia
del liceo che ha un tumore si potrebbe pensare di farlo lavorare solo
per piccoli gruppi, raddoppiando la
distanza fra la cattedra e i banchi, oppure dirottarlo
sulla programmazione della didattica a distanza». Di diverso
avviso Pino Turi della
Uil: «Non vedo altra soluzione che tenere i lavoratori fragili a
casa mettendoli in aspettativa». Nel protocollo
sulla sicurezza firmato dai sindacati fa
si rinviava a un approfondimento che non è stato ancora fatto. Anche
i «provveditori» sono senza indicazioni su cosa fare: «Mancano due
passaggi fondamentali - dice Giuseppe
Bonelli, dirigente dell'ufficio territoriale di Brescia
-: la definizione di quali patologie rientrino nella categoria
dei lavoratori fragili e
la procedura per la loro messa in sicurezza». Il Miur si è limitato
a diramare un comunicato in cui spiega che «sono in corso specifici
approfondimenti» ma nel frattempo invita «ad evitare
allarmismi».
LE
CATTEDRE VUOTE
Lavoratori
fragili o no, il 2020 sarà un anno
record per le supplenze che potrebbero raggiungere la cifra record di
250 mila. A luglio la ministra Lucia
Azzolina aveva annunciato di essere riuscita a
strappare al Mef 85 mila assunzioni. Non
dei prof in più, ma sostituzioni di colleghi andati in pensione. Due
giorni fa si sono concluse le operazioni per l'assegnazione delle
cattedre e, secondo i sindacati, appena
il 30 per cento sarebbe andato a buon fine. Il ministero
non dà i dati finché non sarà finita anche la seconda fase di
assegnazioni, quella dei precari che decidono di trasferirsi in
regioni dove ci sono dei buchi, cioè principalmente al Nord, pur di
avere il contratto a tempo
indeterminato. Finora, però, come segnalato dal
presidente dell'Associazione dei presidi Antonello
Giannelli, l'emergenza Covid si è mossa in senso
contrario: decine di dirigenti neo assunti
in Lombardia, Veneto, Piemonte, Trentino o Emilia Romagna,
temendo di ripiombare nell'incubo di nuovi lockdown,
hanno deciso di tornare al Sud come
docenti.
GIORNALE DI SICILIA
Troppe incertezze in Sicilia per la riapertura del 14 settembre
Scuola, una corsa
contro il tempo
Ritardi sui test
per il personale
I kit per eseguire sui 105 mila lavoratori siciliani del mondo della scuola il
test sierologico per prevenire il contagio da Coronavirus in aula sono stati
distribuiti ai medici di famiglia solo
ieri. Anche se lo screening doveva
scattare da lunedì scorso. E così anche
il rispetto della consegna dei risultati
entro la prima campanella, il 14 settembre, diventa una corsa contro il
tempo. Sempre che tutti, docenti e
personale tecnico-amministrativo,
accettino di sottoporsi all'esame: cosa
per nulla scontata.
Un passo indietro. Come sta facendo il ministero dell'Istruzione, anche
la Regione ha sollecitato insegnanti e
personale Ata a sottoporsi al test sierologico. Una mossa che serve a individuare nel sangue la presenza di anticorpi che sono un indizio della positività al Covid da appurare eventualmente con un successivo tampone.
Questo esame è gratuito ma non è obbligatorio: può essere solo sollecitato.
E così ha fatto l'assessore all'Ist ruzione, Roberto Lagalla, inserendo il test
fra le misure di prevenzione in vista
della riapertura delle scuole.
Il no di alcuni medici
Da qui in poi però - come sta accadendo anche a Roma - le cose sono diventate più complicate. In primis perché
uno dei sindacati dei medici di famiglia, a cui è assegnato il compito di eseguire il test, si è messo di traverso.
Dunque i medici che aderiscono allo
Snami non hanno dato la disponibilità a ricevere i pazienti. Un problema
che sta rendendo lo screening più difficile in alcune province (soprattutto
a Catania). La Fimmg, il sindacato più
rappresentativo, sta invece collaborando con la Regione. Ma questo non
ha messo al riparo da possibili ritardi.
E a questo punto l'assessore alla Salute, Ruggero Razza, è corso ai ripari affidando alle Asp il compito di sostituirsi ai medici di famiglia che si rifiutano di eseguire il test sierologico ai
propri assistiti.
I controlli da lunedì
In Sicilia dunque da lunedì si procederà in due modi: alcuni lavoratori
potranno recarsi dal proprio medico
di famiglia, altri dovranno contattare
l'Asp di appartenenza per fissare l'in -
contro con un altro medico che eseguirà il prelievo rapido di sangue con
il metodo del «pungi dito». Ieri l'Asp
di Palermo si è attivata in questo senso: bisognerà inviare una mail (con
oggetto «test scuole») all'indirizzo di
posta elettronica «dipprevenzione@aspppalermo.org» indicando, oltre al nome, anche un riferimento telefonico ed il Pta di appartenenza. In
risposta, sempre per mail, verranno
fornite le indicazioni su luogo e data
di esecuzione del test.
Corsa contro il tempo
Funzionerà? Lagalla è sicuro di sì:
«Ogni Asp sta individuando le modalità più adatte per accelerare il test. Alcune invieranno perfino dei medici a
scuola». La corsa contro il tempo è però già una realtà, visto che l'esito dei
test - in base al decreto che li ha previsti - andrebbe consegnato al docente o
al bidello entro il 7 settembre. Ciò perché in caso di positività si deve avere
anche il tempo per fare il tampone decisivo. In ogni caso alla Regione stimano che malgrado qualche giorno di ritardo si arriverà in tempo per la prima
campanella, prevista per il 14 settembre (e in alcune scuole rinviata a dopo
il referendum, cioè al 24 settembre).
Il no di molti docenti
Ma se l'obiettivo è quello di fotografare lo stato di salute di docenti e personale tecnico-amministrativo che verranno a contatto con gli studenti
l'ostacolo principale rischia di essere
un altro. I lavoratori che fino ad ora
hanno aderito all'iniziativa, annunciando alla scuola o al medico di voler
fare il test, sono pochi. E potrebbero
non essere più del 60-70%. Ne sono
convinti gli stessi medici di famiglia
siciliani, forti di statistiche che anche
a livello nazionale vanno in questa direzione. «I kit sono stati distribuiti solo a partire da martedì e ancora ieri alcuni colleghi ne erano sprovvisti - precisa Luigi Galvano, presidente della
Fimmg regionale -, dunque non si potrà iniziare a fare i test prima di lunedì
prossimo. A noi sono stati forniti gli
elenchi di tutti i lavoratori che dovrebbero sottoporsi al test. Si tratta di
circa 105 mila persone. Un dato che
porta mediamente a calcolare che
ogni medico dovrebbe fare una trentina di test. E tuttavia noi calcoliamo
che non più del 60-70% degli aventi
diritto si sottoporrà al test. Abbiamo
segnali in questo senso. E proprio per
sollecitare i docenti a farlo ci è giunta
una nota del commissario straordinario per l'emergenza in cui ci viene
chiesto di contattare telefonicamente
i pazienti e pressare perché si facciano
cont rollare».
I timori dei sindacati
Da questa moral suasion dipende la
buona riuscita dell'operazione che ha
come obiettivo bloccare prima del via
alle lezioni eventuali positivi che non
sanno di esserlo. I sindacati mostrano
tutta la loro preoccupazione su questo punto: «Noi sappiamo di casi -
spiega Adriano Rizzo della Cgil - in cui
i docenti non trovano il medico che gli
faccia il test. Ma ci sono anche altri casi di medici che contattano i docenti e ricevono un no alla proposta di fare il test. È una fase complicata e bisogna dare atto che tutto il sistema pubblico si
sta mobilitando perché l'operazione
riesca». Claudio Parasporo della Uil
individua un altro handicap del meccanismo di controlli messo in piedi da
Stato e Regione: «Stiamo provando
anche noi a convincere i nostri iscritti
a farsi controllare. Anche se sappiamo
che molti sono inspiegabilmente scettici. E tuttavia mi chiedo che senso ha
controllare docenti e personale Ata e
poi non prevedere per gli alunni nemmeno il controllo della temperatura
prima dell'ingresso in aula».
L'appello di Lagalla
Sono temi che Lagalla non sottovaluta: «Confido nel senso di responsabilità di docenti e personale Ata. Riceviamo anche noi sollecitazione da parte
delle famiglie per rendere questi test
obbligatori o per allargare la platea di
chi deve essere controllato. Ma non
possiamo imporre nulla, lo pr
Record di contagi
anche in Sicilia,
tra i 17 di Palermo
una donna incinta
Aumenta il numero quotidiano dei
tamponi effettuati in Italia e in Sicilia,
cresce il bilancio giornaliero dei contagiati da SarsCov-2, da Nord a Sud:
1.411 casi registrati in tutto il Paese a
fronte dei 1367 di mercoledì scorso e
50 nuovi positivi nell'Isola (fra i quali
nessun migrante) contro i 33 indicati
dal ministero della Salute nel bollettino del 26 luglio.
E in territorio siciliano, ancora una
volta, a incidere sulla curva epidemiologica sono le infezioni diagnosticate tra chi proviene dall'estero o
da una vacanza trascorsa in altre regioni italiane: almeno 17 nelle ultime
24 ore, il 34% del totale, in buona parte accertate su residenti tornati da
Malta e Sardegna, quasi tutti giovanissimi. In scala provinciale è Palermo a contare il maggior numero di
malati, pari a 17, di cui due ricoverati
in Malattie infettive all'ospedale Cervello, reparto che ad oggi conta 19 pazienti colpiti dal virus: si tratta di un
ragazzo rientrato da una villeggiatura a Capri e di una donna in gravidanza. Entrambi si sono presentati al
Pronto soccorso del nosocomio con
sintomi (lievi) riconducibili al Covid-19 insieme ad altri tre ragazzi, anche loro risultati positivi ma posti in
isolamento domiciliare, mentre in reparto è subito scattata la sanificazione. L'Asp ha già iniziato il lavoro di ricerca per risalire alle persone entrate
a contatto con i cinque giovani, ma sta
anche tracciando le frequentazioni di
un altro giovane risultato positivo
nelle ultime ore, rientrato da una vacanza in Puglia. Nel capoluogo altre
cinque infezioni sono state diagnosticate in due diversi nuclei familiari
mentre in provincia, a Belmonte
Mezzagno, si contano tre nuovi pazienti, sempre in ambito familiare, e
40 residenti in isolamento domiciliare in attesa di tampone.
Dopo Palermo, è Catania il territorio con più contagi registrati ieri, pari
a 16, di cui sette provenienti da Stati
esteri. Tra questi ultimi, un turista arrivato in aeroporto da Malta e un cittadino ungherese, ma ci sono anche
residenti tornati da una vacanza
nell'isola dei Cavalieri, dalla Grecia e
dalla Spagna. A Messina, invece, si
contano sette infezioni, di cui cinque
diagnosticate su ragazzi rientrati dalla Sardegna, tutti in isolamento domiciliare come il giovano tornato dalla Croazia e risultato positivo due
giorni fa. Infine, nel bilancio giornaliero dell'emergenza, tra gli oltre 4mila tamponi effettuati (nuovo record
siciliano) risultano sette contagiati
anche a Siracusa e altri tre nel Ragusano, tra i quali due rientrati da una vacanza a Malta. Sul fronte sanitario va
anche segnalata la nota diffusa ieri Liberty Lines, in cui la compagnia di navigazione smentisce la notizia del
marittimo in servizio sulla linea Trapani-Egadi risultato positivo al virus,
sottolineando che «gli esami effettuati per un caso sospetto hanno dato esito negativo, così come quelli a cui, in
via cautelativa, si sono sottoposti gli
altri membri facenti parte dello stesso
equipaggio». La Liberty ribadisce
inoltre che «nessuno dei mezzi navali
della flotta è mai stato fermato a causa
dell'emergenza Covid-19» e che
l'azienda ha appena definito una convenzione con il Policlinico di Messina
«per l'effettuazione di tamponi rinofaringei in tempi rapidi in caso di necessit à».
Intanto, secondo i dati ufficiali del
ministero della Salute, nell'Isola salgono a 4174 le infezioni accertate
dall'inizio dell'epidemia, ma a salire è
anche il numero dei guariti: 11 in più,
per un totale di 2869, mentre l'e l e n co
delle vittime resta fermo a 286 persone. Tra gli attuali 1019 malati ci sono
62 pazienti ricoverati con sintomi e
dieci in terapia intensiva.
Record di tamponi anche in scala
nazionale: oltre 94mila, e mentre il bilancio quotidiano dei contagiati aumenta ancora, rispetto ai 13 decessi
registrati mercoledì scorso cala il numero delle vittime, pari a tre. Fra i
21932 malati attuali, 1131 (76 in più)
sono ricoverati con sintomi e 67 (due
in meno) in terapia intensiva. Nessuna regione conta zero casi e a spingere
sull'ennesima impennata è ancora
una volta la Lombardia, con 286 positivi, seguita da Toscana (171), Lazio
(152) e Veneto (132). Da segnalare anche l'aumento nelle Marche, passata
da nove a 61 infezioni in un giorno.
Il nuovo report dell'Istituto Superiore di Sanità sottolinea che l'età media dei malati è scesa a 29 anni, l'80%
delle infezioni è avvenuto in territorio italiano, un terzo è sintomatico e
più del 60% dei casi è stato identificato grazie a test e al contact tracing,
mentre la curva epidemiologica è tornata a «livelli simili a giugno», tanto
che «la popolazione deve essere consapevole del peggioramento della situazione». L'Iss sottolinea inoltre che
l'indice di trasmissibilità del virus è
sopra il livello di guardia, pari a uno,
nelle regioni Calabria, Campania, Liguria, Sardegna e Umbria. In Sicilia,
invece, è calato a 0,68.
Secondo un altro report, quello
della fondazione Gimbe, nella settimana 19-25 agosto i contagi sono saliti del 92% e la maggior parte degli attualmente positivi è concentrata in 11
regioni: 29,4% in Lombardia, 33,4% in
Lazio, Emilia-Romagna e Veneto e un
ulteriore 29% in Campania, Piemonte, Toscana, Sicilia, Puglia, Sardegna e
Liguria. Non va certo meglio nel resto
del mondo. Un esempio su tutti? L'In -
dia, che nelle ultime 24 ore ha registrato un record di 75750 contagi, più di
quanti ne hanno contati ieri negli Usa:
oltre 43 mila per un totale di 5,8 milioni di persone colpite dal virus. ( *A D O* )
Intervista a Marcello Pacifico,
presidente nazionale dell'Anief: la
prevenzione è la migliore delle misure
«Tenete alta
la guardia,
il mondo
della scuola
faccia i test»
Invito tutti gli insegnanti a sottoporsi al
test sierologico, perché la prevenzione è
f o n d amentale. Ma con l'o rganizzazione che è
stata messa in campo
non credo che si arriverà in tempo per
l'inizio delle attività
didattiche». Marcello
Pacifico, presidente
nazionale dell'Anief,
chiede «chiarezza su
chi deve somministrare questi esami,
se il medico di base o
no, evitando il rimpallo con le Asp. Poi
ci sono province dove l'adesione
al test sierologico è stata massiccia, perché magari si tratta di zone più colpite dall'epidemia e c'è
una maggiore sensibilità; in altre
province invece molto meno».
Ma è giusto che una parte del
personale si rifiuti di sottoporsi
al test sierologico?
«Voglio ricordare che il test è
volontario per tutti gli insegnanti,
poi si dovrebbe procedere a campione sugli studenti, sempre su
base volontaria. Magari qualcuno
non vuole farlo perché ritiene di essere
certo di non essersi
esposto mai al contagio. Pensiamo che alla
fine un 30% di docenti non lo farà. Ma
l'ostacolo maggiore è
il rimbalzo di competenze tra Asp e medici
di famiglia. Il commissario nazionale
sostiene di avere fornito i kit, ma c'è una
scarsa adesione da
parte dei medici di famiglia, tanto che la
Asp di Palermo ha organizzato dei punti gestiti direttamente per lo screening. Solo nella
città di Palermo, per esempio, si
parla di appena il 5% dei medici
che ha aderito, eppure ci sono oltre 10 mila tra docenti e personale
Ata. Di questo passo, se tutti volessero sottoporsi al test, non ce la
faremo in tempo per l'inizio della
scuola».
Si lavora da mesi per provare a
garantire il distanziamento fisico
nelle aule. Ci si riuscirà?
«Ci possono essere tanti asintomatici tra gli studenti, perché, come abbiamo visto in questo mese
di agosto, si è abbassata l'età media dei contagi. Quindi sarebbe
importante estendere il test anche ai ragazzi, anche se questo
comporterebbe enormi difficoltà
organizzative e di tempo. Il problema è che noi scontiamo oggi gli
esiti di una lunga politica di tagli
nella scuola, di un sottodimensionamento degli istituti, di un aumento del rapporto tra alunni e
docente per classe, di una riduzione pari a un quarto del personale
Ata. Sono stati dismessi in Italia
15 mila plessi, tagliate 4 mila sedi
di presidenza, ridotto il tempo
scuola. Ora i nodi vengono al pettine, perché l'unica misura utile è
il distanziamento, ma occorrono
risorse per implementare gli organici».
In assenza di distanziamento
sarebbe necessario l'uso della
mascherina. È ipotizzabile fare
lezione con naso e bocca coperti?
«Si dovrà usare la mascherina,
che significherà anche riformulare il modo di vivere nella classe.
Indossare la mascherina per molte ore, anche per parlare, comporta una fatica fisica, una difficoltà
di farsi comprendere, un problema di relazione. E poi c'è un problema di età dei nostri insegnant i».
Più anziani e dunque più fragili?
«Abbiamo la popolazione docente più vecchia d'Europa; oltre
il 60% del personale in servizio ha
più di 50 anni di età. Anche questo deriva dalla politica pensionistica che è stata attuata in questi anni. Come Anief stiamo portando avanti la necessità di una check list
delle misure intraprese in ogni singola
scuola, rispetto alle
varie linee guida nazionali dell'Ist it uto
superiore di sanità,
del Comitato tecnico-scientifico e del
protocollo di sicurezza».
Quando un insegnante si ammala, si è
spesso utilizzato il sistema della distribuzione degli
alunni nelle altre classi per poche
ore, evitando di chiamare il supplente. Le norme anti-contagio
non potranno consentirlo. Come
si organizzeranno gli istituti?
«Sono stati garantiti fondi in
deroga per chiamare supplenti
per assenze di docenti brevi e saltuarie. Dobbiamo capire se si potrà fare anche per il personale Ata.
In caso di contagio da Covid, sarà
poi la Asp a decidere come intervenire sul gruppo classe o sull'ist it uto».
Cosa vuole dire al
personale del mondo
della scuola alla vigilia dell'inizio di questo anno?
«Vorrei rivolgere
un invito a tutti perché si sottopongano
al test sierologico. La
prevenzione è la migliore delle misure
anti-Covid. Capire chi
ha contratto il virus in
passato è importantissimo, anche perché
i positivi saranno sottoposti a tampone.
Questo servirà per partire al meglio, poi è chiaro che il virus si può
contrarre in qualsiasi momento,
quindi al primo posto ci sono il rispetto delle regole e il senso di responsabilit à».
( *A LT U * )