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Rassegna stampa del10 novembre 2022

scrivolibero.it
Sessione Esami Di Idoneità Per L'attività Di Trasportatore Di Merci Per Conto Terzi Su Strada Nel Settore Dei Trasporti Nazionali Ed Internazionali Organizzata Dal Libero Consorzio Comunale Di Agrigento
Si è svolta nella giornata di ieri, presso l'aula Consiliare " Luigi Giglia" del Libero Consorzio Comunale di Agrigento, la sessione degli esami di idoneità professionale per l'attività di trasportatore di merci per conto terzi su strada nel settore dei trasporti nazionali ed internazionali.
Sono stati n. 12 i soggetti interessati alle prove di esame, in possesso dei requisiti di legge, organizzate dal settore Trasporti del Libero Consorzio Comunale di Agrigento.
La Commissione, composta da Antonietta Testone - Presidente e Dirigente del settore trasporti di questo Consorzio Comunale, Giuseppe Morreale - Direttore della motorizzazione di Agrigento, Mauro Montaperto - Funzionario della motorizzazione e Maurizio Di Mauro - segretario della Commissione, ha predisposto la prova e gli elaborati da sottoporre ai candidati presenti.
I candidati, infatti, che supereranno gli esami potranno svolgere la professione di autotrasportatore di merci su strada in Italia e su tutto il territorio dell'Unione Europea.
Per avere maggiori informazioni e dettagli, in merito al bando ed allo svolgimento degli esami, gli interessati potranno rivolgersi agli Uffici del Settore Trasporti in via Esseneto n. 66 ad Agrigento oppure potranno rivolgersi alle sedi dell'Ufficio Relazioni con il pubblico del Libero Consorzio di Agrigento ed in alcuni comuni della provincia.


ilsole24ore.it
Pensioni rivalutate dal 1°gennaio: ecco gli aumenti in arrivo

Dal 2023 scatteranno aumenti record, o quasi, degli assegni per effetto del meccanismo di indicizzazione ai prezzi al consumo nel 2022. L'importo di una pensione al minimo salirà di 38 euro netti al mese, quella da mille euro lordi di 52 euro netti e un trattamento da 4mila euro mensili crescerà di altri 150 euro netti.



Una rivalutazione record delle pensioni. O quasi. È quella che saccatterà dal 1° gennaio 2023 per effetto del decreto ministeriale firmato dal ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti, con cui gli assegni verranno indicizzati all'andamento dell'inflazione 2022. L'adeguamento sarà del 7,3%, ma a usufruirne in forma piena saranno solo i titolari di trattamenti fino a 4 volte il minimo Inps, che è di 525,38 euro mensili. Gli aumenti oscilleranno da circa 38 euro al mese per le pensioni minime a 52 euro netti per quelle da mille euro. E ancora: cresceranno di 100 euro i trattamenti da 2.000 euro lordi e di 150 euro netti gli assegni da 4mila euro sempre al lordo.
La maxi-rivalutazione
Dopo alcuni decenni, dall'inizio del 2023 scatterà una maxi-rivalutazione delle pensioni del 7,3%, calcolata in via provvisoria sulla base della variazione percentuale che si è verificata negli indici dei prezzi al consumo forniti dall'Istat il 3 novembre 2022. Ma la proiezione per i mesi di novembre e dicembre potrebbe essere al di sotto del dato effettivo di fine anno. La rivalutazione potrebbe pertanto ulteriormente salire. In questo caso il prossimo anno i pensionati vedrebbero arrivare anche un conguaglio, come è già accaduto quest'anno.Lo schema di indicizzazione
Anche nel 2023 lo schema per l'indicizzazione delle pensioni sarà quello adottato quest'anno. L'adeguamento sarà pieno (100%) per gli assegni che arrivano a 4 volte al minimo Inps, fissato in 525,38 euro; scenderà al 90% per i trattamenti compresi tra 4 e 5 volte il minimo e al 75% per le pensioni sopra la soglia di 5 volte il minimo. La rivalutazione sarà applicata sugli importi lordi degli assegni, comprensivi quindi del conguaglio 2022 dello 0,2% erogato all'inizio di novembre di quest'anno.
Aumenti da 38 a 150 euro al mese
Considerando lo schema di indicizzazione in vigore, gli assegni al minimo Inps (525 euro) beneficeranno di un aumento mensile di 38 euro netti. Che salirà a 52 euro per i trattamenti di mille euro lordi mensili. Ancora più pesante sarà ovviamente la rivalutazione per le pensioni da 1.500 euro lordi, che dovrebbe essere di 110 euro lordi (75 euro netti), e per quelle da 2mila euro (adeguamento da 146 euro lordi che diventano 100 euro netti). Salendo ancora, un trattamento da 2.500 euro lordi si dovrebbe irrobustire ogni mese con altri 180 euro lordi, che diventano 111 netti, mentre una pensione da 4mila euro dovrebbe essere rivalutata di oltre 260 euro lordi, che al netto sarebbero 150 euro netti mensili.


Pensioni, ecco tutte le Quote sul tavolo. Dal 2024 l'avvio della nuova riforma
L'incognita dei costi e le richieste delle parti sociali rappresentano le due variabili dalle quali dipende la scelta definitiva del governo sulle pensioni in vista della definizione del pacchetto-previdenza da inserire nella legge di bilancio in arrivo per evitare il ritorno alla legge Fornero in versione integrale dal 1° gennaio 2023.
 Nelle ultime settimane i tecnici hanno valutato diverse ipotesi.


L'incognita dei costi e le richieste delle parti sociali. Da queste due variabili dipende la scelta definitiva del governo sulle pensioni per evitare il ritorno alla Legge Fornero in versione integrale dal 1° gennaio 2023. La Quota 102 "rivista", con 41 anni di versamenti e 61 d'età, impatterebbe maggiormente sui conti pubblici già il primo anno e anche a regime, mentre la Quota 104 (41 anni di contributi e 63 anni d'età) sarebbe quella meno costosa ma anche la più lontana dalle richieste dei sindacati. Quota 103 potrebbe diventare così in un possibile punto di compromesso, magari in una versione in parte flessibile partendo una soglia anagrafica minima di 61 anni. Ma c'è chi ha evocato la Quota 102 flessibile e anche la "doppia" Quota 102 affiancando all'attuale versione, modellata sui 64 anni d'età e 38 di contribuzione, quella con lo schema "61+41". Il tutto dovrebbe essere accompagnato dal prolungamento di Ape sociale e Opzione donna e probabilmente anche da un sistema di incentivi per favorire la permanenza al lavoro, una volta raggiunti i limiti per il pensionamento, di alcune categorie del settore pubblico, a partire dai medici. Ma le misure da inserire nella legge di bilancio in arrivo dovrebbero anche fare da ponte con una vera riforma organica della previdenza che il governo dovrebbe definire insieme alle parti sociali nel corso del prossimo anno con l'obiettivo di avviarla operativamente nel 2024, prevedendo magari anche una nuova fase di "silenzio-assenso" per la destinazione del Tfr ai fondi pensione.
Il restyling di Quota 102 con un assaggio di Quota 41
Diverse sono le opzioni alle quali hanno lavorato i tecnici del governo nelle ultime settimane. Una di queste è quella che prevede un restyling dell'attuale Quota 102 introducendo, in accoppiata alla soglia anagrafica di 61 anni, il vincolo dei 41 anni di contribuzione, che rappresenterebbe, come chiede la Lega, una sorta di antipasto di Quota 41 da far decollare, in formula "secca", entro la fine della legislatura. Il costo di questo intervento sarebbe superiore al miliardo il primo anno e salirebbe vertiginosamente a partire dal terzo.
Quota 104 sempre con il vincolo dei 41 anni di versamenti
La soluzione meno costosa, mantenendo fermo il requisito dei 41 anni di contribuzione, sarebbe quella di Quota 104 (con 63 anni d'età). Che però non è gradita ai sindacati, dai quali continua ad arrivare la richiesta di uscite con Quota 41 "secca" o, in alternativa, con 62 anni d'età.
Quota 103 per favorire un compromesso
Una strada che non richiederebbe l'impiego di eccessive risorse e non si allontanerebbe troppo dalle richieste dei sindacati potrebbe essere quella di Quota 103: 62 anni d'età con 41 di versamenti. In questo modo i due requisiti richiesti da Cgil, Cisl e Uil sarebbero assorbiti, seppure in combinazione tra loro, nel nuovo canale d'uscita.
Quota 102 e 103 in versione flessibile
Una variante potrebbe essere rappresentata da una Quota 103 in versione parzialmente flessibile, partendo cioè da un'età minima di 61 anni. In questo caso l'uscita anticipata verrebbe garantita con appunto 61 anni d'età e 42 anni di contributi o con 62 anni e 41 anni di versamenti. Questo tipo di meccanismo potrebbe anche essere adottato per Quota 102 ("61+41" o "62+40") ma avrebbe naturalmente un costo maggiore.
La "doppia" Quota 102
Il ventaglio di ipotesi valutate nelle ultime settimane comprenderebbe anche una "doppia Quota 102". Si potrebbe uscire con gli attuali requisiti introdotti dall'esecutivo Draghi (64 anni d'età e 38 di contributi) o con quelli suggeriti dalla Lega sulla base del percorso immaginato dall'attuale sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon: 61 anni d'età e 41 di contribuzione.
Le altre misure in manovra
Con la legge di bilancio in arrivo saranno prolungate Opzione donna, che permette alle lavoratrici di accedere alla pensione anticipata con 58 anni (59 se "autonome") e 35 di contribuzione ma con l'assegno ricalcolato con il metodo contributivo, e l'Ape sociale con cui possono uscire alcune categorie di lavoratori in difficoltà avendo maturato 63 anni d'età e i 30 o 36 anni di contribuzione a seconda dei casi.
La riforma strutturale
Il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, ha detto chiaramente che per le pensioni bisogna seriamente pensare a una riforma piuttosto che continuare ad andare avanti con le Quote. Anche i sindacati spingono per un riforma organica della previdenza. Gli stretti spazi di finanza pubblica non sembrano consentire al governo Meloni di procedere subito in questa direzione, ma l'intenzione sarebbe quella di definire un intervento strutturale nell'ambito di un confronto con le parti sociali da sviluppare il prossimo anno con l'obiettivo di avviare le prime misure nel 2024.
Anche il Tfr per la previdenza integrativa nell'intervento organico
La riforma organica, oltre alla flessibilità in uscita, dovrebbe toccare altri due capitoli: la copertura previdenziale dei giovani e il rilancio della previdenza integrativa. Su questo secondo versante potrebbe essere presa in considerazione la proposta dei sindacati di dare il via a una nuova fase di "silenzio-assenso" per destinare il Tfr ai fondi pensione.
nto sarà pieno (100%) per gli assegni che arrivano a 4 volte al minimo Inps, fissato in 525,38 euro; scenderà al 90% per i trattamenti compresi tra 4 e 5 volte il minimo e al 75% per le pensioni sopra la soglia di 5 volte il minimo. La rivalutazione sarà applicata sugli importi lordi degli assegni, comprensivi quindi del conguaglio 2022 dello 0,2% erogato all'inizio di novembre di quest'anno. Considerando lo schema di indicizzazione in vigore, gli assegni al minimo Inps (525 euro) beneficeranno di un aumento mensile di 38 euro netti. Che salirà a 52 euro per i trattamenti di mille euro lordi mensili. Ancora più pesante sarà ovviamente la rivalutazione per le pensioni da 1.500 euro lordi, che dovrebbe essere di 110 euro lordi (75 euro netti), e per quelle da 2mila euro (adeguamento da 146 euro lordi che diventano 100 euro netti). Salendo ancora, un trattamento da 2.500 euro lordi si dovrebbe irrobustire ogni mese con altri 180 euro lordi, che diventano 111 netti, mentre una pensione da 4mila euro dovrebbe essere rivalutata di oltre 260 euro lordi, che al netto sarebbero 150 euro netti mensili.

 LENTEPUBBLICA
 Adempimenti di conclusione esercizio in ottica PNRR Una panoramica sugli adempimenti che riguardano la conclusione dell'esercizio finanziario nell'ottica delle iniziative collegate al PNRR.

 Con la conclusione dell'esercizio finanziario corrente gli adempimenti che tipicamente coinvolgono ente locale e organo di revisione assumono crescente importanza. Nel corso del quarto trimestre occorre infatti necessariamente affrontare: verifica trimestrale di cassa verifica degli equilibri finanziari assestamento definitivo del bilancio di previsione predisposizione del bilancio di previsione per il prossimo esercizio L'odierno contesto economico finanziario impone di rivedere e reinterpretare tali adempimenti non solo in ottica di dinamiche inflazionistiche emergenti, la cui evoluzione appare difficilmente prevedibile, ma anche di PNRR oramai pienamente dispiegato. Tale adempimento deve essere occasione non solo di precisi riscontri contabili ma anche - in particolare in ottica PNRR - di verifica del concreto funzionamento amministrativo dei processi finanziari di entrata e spesa, della loro corretta formalizzazione, della loro efficacia ed efficienza operativa e della loro tempestività di svolgimento complessivo. Tale adempimento, ordinariamente da evadere in prima istanza entro il 31 luglio, appare necessariamente da riproporre - come consentito ex art. 193 Tuel - soprattutto in funzione dell'assestamento definitivo di bilancio, con l'obiettivo ultimo di far emergere le reali criticità dell'ente in termini di squilibri della gestione di competenza, di ritardi nel trasformare le risorse in investimenti e di difficoltà di riscossione delle entrate, in particolar modo di quelle iscritte in conto residui. Tale adempimento, in scadenza per il 30 novembre, deve essere occasione per individuare con esattezza tutte le possibili economie / diseconomie di competenza, stimare correttamente le risorse e gli impieghi che andranno a costituire futuri residui e dunque preparare una base attendibile per impostare il prossimo bilancio di previsione. Il prossimo esercizio finanziario costituisce infatti l'ultima occasione per impiegare le risorse PNRR, da qui la necessità di elaborare un bilancio di previsione prima di tutto attendibile. Un bilancio attendibile si fonda su poste correttamente stimate. Una corretta stima richiede dati accurati da affidabili. Dati accurati affidabili richiedono un'organizzazione interna rigorosa ed efficiente. L'organo di revisione deve sapere interpretare il proprio ruolo in chiave propositiva e propulsiva in modo da condurre e mantenere l'organizzazione dell'ente ai livelli necessari per gestire non solo gli adempimenti ordinari ma anche quelli straordinari connessi alla gestione delle risorse PNRR che sono state o potranno essere messe a disposizione dell'ente.

LIVESICILIA
Ars, l'incognita Miccichè: maggioranza alla prova dell'aula

 La diciottesima legislatura si apre stamattina con il giuramento dei deputati e l'elezione del presidente dell'Assemblea Siciliana. Soltanto alla fine di questa lunga giornata potremo dire "les jeux sont faits". O alla peggio domani, se il voto di oggi a Sala d'Ercole dovesse andare a vuoto. Pallottoliere alla mano servono 47 voti (i due terzi dell'assemblea) per eleggere il presidente alla prima votazione, 36 alla seconda. Se nessun deputato dovesse ottenere la metà più uno dei voti, venerdì si terrebbe una nuova votazione: per spuntarla servirebbe la maggioranza assoluta. In caso contrario si procederà alla quarta votazione tra i due candidati che hanno ottenuto il maggior numero di voti: chi si aggiudica la maggioranza relativa è incoronato sullo scranno più alto di Sala d'Ercole. La vigilia del voto è stata scandita da tensioni a livello carsico (e non solo) da una serie di tensioni pronte a esplodere in aula. Gli occhi sono puntati, neanche a dirlo, sull'ex presidente dell'Ars Gianfranco Miccichè, mattatore d'eccezione esperto in colpi di scena e capovolgimenti di fronte. Nonostante le rassicurazioni ufficiali c'è chi è pronto a scommettere che in aula non mancherà il ruggito di Miccichè (anche a costo di imbastire un'impresa destinata alla sconfitta). Un'ipotesi che creerebbe non poco scompiglio nella maggioranza e che il presidente Renato Schifani non farebbe passare come se nulla fosse. La maggioranza dovrebbe puntare le proprie fiches sul pupillo di Ignazio La Russa, Gaetano Galvagno. Sulla carta parte da 40 voti contro i 30 delle opposizioni (11 a testa per Pd e M5s, 8 per De Luca), ma le cronache degli ultimi giorni (o meglio degli ultimi mesi) raccontano altro. L'insofferenza di Miccichè e dei suoi fedelissimi nei confronti degli alleati meloniani e del presidente Schifani non si è placata e l'occasione dello scrutinio segreto è un'occasione troppo ghiotta per non dare un segnale magari sfruttando i malumori di altri deputati appartenenti a svariati gruppi della maggioranza. Di certo c'è che Schifani non si farà trovare impreparato, vendo già di fatto blindato la maggioranza attraverso la mossa dei deputati-assessori. Il resto si farà in sede di vicepresidenza, presidenze di commissioni e di elezione di deputati segretari e questori. Un gioco ad incastri (che comprende anche le opposizioni) in grado di mettere in cassaforte l'elezione del presidente dell'Ars (che da accordo spetta a Fratelli d'Italia). E c'è chi ancora spera che arrivi per Miccichè la presidenza della Commissione ambiente del Senato per tenerlo fuori dalla partita siciliana (ma fonti autorevoli smentiscono questa possibilità) I giochi romani si faranno domani quasi in concomitanza con la votazione a Palazzo dei Normanni. Miccichè sarà Palermo (anche se la sua presenza non è essenziale in fase di votazione perché potrebbe farsi sostituire da un collega del gruppo come spiegano fonti della Capitale). Le ultime notizie trapelate fino al pomeriggio di ieri, dal quartiere generale di Gianfranco Miccichè, lasciano intendere che ci sarebbero almeno sei deputati azzurri (più un paio di altre formazioni) pronti a votare autonomamente dagli ordini di scuderia impartititi da presidente Schifani. Sarà vero? Non resta che attendere il voto di oggi.

CANICATTIWEB
Ex Province, Lega allo scoperto, "Ars faccia legge per ripristinarle e poi elezioni"


 Il coordinatore della Lega Siracusa, Enzo Vinciullo, lancia un appello alla nuova assemblea regionale siciliana per approvare una legge che ripristini le Province per poi procedere alle elezioni dirette. "Ci auguriamo che si possa - dice Vinciullo - velocemente approvare un testo che tenga conto di tutte le censure ampiamente esposte da parte della Corte costituzionale". Di questo tema ne ha parlato, di recente, il presidente della Regione, Renato Schifani, che punta a far tornare in vita le Province. Vinciullo, che è stato ex deputato regionale, ripercorre la storia delle Province, la cui soppressione fu caldeggiata dall'allora presidente della Regione, Rosario Crocetta. Secondo quanto indicato dal coordinatore della Lega Siracusa, prima della scadenza di quella legislatura, l'Ars, l'11 agosto del 2017, "approvò, dopo essere stata validata dalla Commissione Bilancio, una Legge, la n. 17/17, con la quale venivano emanate disposizioni in materia di elezione diretta del Presidente del Libero Consorzio Comunale e del Consiglio del Libero Consorzio". Vinciullo precisa che la norma fu impugnata dal Consiglio dei Ministri e portata davanti alla Corte Costituzionale, che "con provvedimento del 20 luglio 2018, cioè a meno di un anno dall'approvazione delle disposizioni legislative regionali, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della Legge regionale 11 agosto 2017, n.17 in quanto, a dire dei Giudici della Legge, la norma approvata, violava le disposizioni riconducibili alla competenza esclusiva dello Stato in materia elettorale e ai principi inderogabili in materia della finanza pubblica".





































































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