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Rassegna stampa dal 25 al 28 novembre 2022

gds.it

Il piano anti-frane della Sicilia tra ritardi e intoppi, 10 anni buttati
Almeno 3 province hanno un rischio frane e inondazioni elevato eppure il tesoro che lo Stato da quasi 10 anni ha messo nelle mani della Regione e dei Comuni per fronteggiare il pericolo è rimasto a lungo nei cassetti. Al punto che prima di poter definire scongiurato il timore di una nuova catastrofe occorreranno almeno altri due anni. Sempre che gli appalti in corso vadano avanti senza intoppi.
In realtà negli ultimi due anni la Regione ha accelerato la pubblicazione di bandi che permettono di investire il tesoretto: e così almeno 500 milioni dei quasi 800 a disposizione oggi viaggiano verso l'assegnazione dell'appalto o vedono già i cantieri aperti.


Maltempo, Schifani in contatto con la Protezione civile: «Valuteremo lo stato di calamità»
«Sono in stretto e continuo contatto con il capo della Protezione civile regionale Salvo Cocina e seguo da vicino l'evolversi della situazione relativa al maltempo nella Sicilia sud-orientale. Mi riservo, una volta avuta la relazione sui danni, di dichiarare lo stato di calamità per quelle zone». Lo dichiara il presidente della Regione Siciliana Renato Schifani, in merito all'ondata di maltempo che ha colpito alcune aree dell'Isola.«La Regione - prosegue il governatore - ha dato, inoltre, la propria disponibilità a prestare supporto, con uomini e mezzi, alla Protezione civile nazionale per la tragedia avvenuta nell'Isola di Ischia. Alla comunità campana - conclude Schifani - va la solidarietà e la vicinanza mia personale e di tutto il popolo siciliano. Alle famiglie delle vittime il cordoglio più sincero».


teleacras.it

Schifani ha spedito a Bruxelles la programmazione della spesa dei fondi europei 2021 - 2027. Si tratta di 5 miliardi e 800 milioni di euro.

Il governo Meloni ha appena inviato la manovra di bilancio alla Commissione Europea, e da oggi inizia l'esame in Parlamento. E dalla Sicilia il governo Schifani ha altrettanto spedito a Bruxelles la programmazione della spesa dei fondi europei 2021 - 2027. Si tratta del quando e del come utilizzare 5 miliardi e 800 milioni di euro. Il documento di previsione ha subito dei ritardi nel biennio 2020 - 2021 a causa della pandemia covid. Adesso, con un proprio decreto, l'assessore regionale al Territorio e Ambiente, Elena Pagana, ha sbloccato il parere di valutazione ambientale sulla programmazione del piano che avrà un impatto strategico sulle economie dell'Isola regolamentando i vari ambiti e assegnando specifici compiti in materia di tutela dei territori, con il rispetto di misure e strategie ambientali da osservare per la salvaguardia e lo sviluppo sostenibile di tutte le aree interessate dal Piano di programmazione. E il presidente della Regione, Renato Schifani, afferma: "E' l'ultimo atto di competenza regionale che conclude un iter complesso consentendo alla Sicilia di avere ogni strumento utile per governare le scelte dei prossimi anni e produrre sviluppo in ogni ambito seguendo quei criteri di protezione ambientale stabiliti a livello europeo: una vera e propria finestra sul futuro". E l'assessore Pagana ha aggiunto: "Le misure a tutela dei territori, nelle loro varie specificità, rappresentano un ulteriore impulso nel percorso tracciato dalle normative comunitarie che pone l'ambiente in cima alle priorità della Programmazione 2021 - 2027. Ora spetterà proprio alla Commissione europea procedere all'approvazione di quanto abbiamo definito: è un atto che attendiamo con fiducia, certi della qualità del lavoro svolto a vario titolo in sede regionale" - conclude. E in tale contesto rientra anche il progetto di costruzione del ponte sullo Stretto di Messina, rilanciato con determinazione dal governo Meloni che si appresta a chiedere i fondi all'Unione europea. In particolare, il ministro a Infrastrutture e Trasporti, Matteo Salvini, chiederà le risorse per finanziare la costruzione del ponte in occasione del Consiglio dell'Unione Europea dei ministri dei Trasporti in calendario lunedì prossimo, 5 dicembre, a Bruxelles. Nel frattempo, ancora nel merito del corridoio Sicilia - Calabria, il gruppo della Lega al Parlamento europeo ha votato a favore di un emendamento ad hoc per inserire il collegamento stabile tra Villa San Giovanni e Messina tra i cosiddetti "missing link" ferroviari e stradali da finanziare.


giornaledisicilia

Il liceo Leonardo ricorda Lorena, uccisa dal fidanzato In occasione della Giornata Mondiale contro la violenza sulle donne

Il Liceo Scientifico e Linguistico «Leonardo» ha ricordato l'ex alunna Lorena Quaranta, vittima di femminicidio e organizzato un evento informativo. «La memoria che genera conoscenza perché la violenza non si ripeta. Sapere e ricordare. Sapere per non subire. Ricordare per testimoniare il diritto ad una vita sottratta». L'incontro, coordinato dalla dirigente scolastica, Patrizia Pilato, e coordinato dalla referente per le pari opportunità, l'insegnante Angela Sapio, nasce dall'esigenza di promuovere, sensibilizzazione la lotta contro la violenza di genere. Ai lavori sono intervenute Rosa Maria Miraglia, direttore dell'Uepe di Agrigento e Patrizia Seddio, funzionario di servizio sociale, le quali hanno illustrato forme e manifestazioni proprie del ciclo della violenza, rappresentando momenti del percorso terapeutico trattamentale con i maltrattanti. A seguire l'insegnate Donatella Oliva, ha voluto dar voce all'alunna Lorena Quaranta, ex allieva del Liceo, a due anni dalla sua tragica scomparsa. In questo contesto è intervenuto il legale della famiglia, Giuseppe Barba, che ha delineato l'aspetto psicologico della materia con il tecnicismo processuale, oltre che alcune docenti e un compagno della ragazza. Erano presenti il padre e la madre di Lorena, visibilmente provati ed emozionati. «Partire dalla memoria - ha detto la dirigente - che non si limita a rappresentare un'immagine, ma si carica di un valore etico e mantiene in vita persone e vissuti, generando conoscenza e riflessione. La storia di Lorena, oltre a rappresentare una di noi, ha per noi anche questo valore. Ogni volta che una donna viene maltrattata, violata, uccisa, in quanto donna, la stessa storia di vessazione e violenza continuerà a ripetersi». (*GNE*)


Caro bollette, ventidue milioni ai Comuni - Soldi ai regionali

Via libera alla manovra correttiva di fine anno. Soldi alla Sas e per il fondo contenziosi

 Il pacchetto di misure per alleviare i costi dell'energia a imprese e famiglie dovrà attendere ancora qualche giorno. La giunta ieri ha deciso di rinviare il varo di bandi che valgono 400 milioni alla prossima settimana, in attesa di un approfondimento sulle fonti di finanziamento. È arrivato invece il via libera alla manovra correttiva di fine anno, che porta con sé un maxi finanziamento per far ripartire la trattativa per il rinnovo del contratto a dirigenti e funzionari della Regione. La giunta Schifani ha messo sul piatto per i regionali altri 29 milioni: si aggiungono ai 54 già stanziati dal governo Musumeci. E secondo l'assessore al Bilancio, Marco Falcone, permetteranno di coprire quei costi che il budget precedente non permetteva di soddisfare. È un riferimento preciso allo scoglio di fronte al quale si è arenata per tutto l'anno la trattativa che l'Aran, l'Agenzia per la contrattazione nel pubblico impiego, aveva avviato con i sindacati. Gli autonomi, che alla Regione rappresentano la maggioranza del comparto, avevano posto come pregiudiziale per chiudere l'accordo sugli aumenti l'avvio della contestuale trattativa sulle progressioni di carriera. Ma i fondi non erano sufficienti e così tutto si è fermato. Ora, secondo Falcone, l'Aran può riconvocare i sindacati e ricominciare a trattare sulla base della vecchia bozza che prevedeva aumenti medi compresi fra gli 80 e i 120 euro al mese più arretrati una tantum da circa 2.500 euro. Inoltre il nuovo budget permetterà di trattare anche sulla riclassificazione (le progressioni) e pure sul salario accessorio: altro tema rimasto nel limbo dopo che il governo nazionale ha impugnato in estate la norma regionale che stanziava le risorse per questa singola voce. La trattativa fra governo e sindacati è ovviamente legata ai tempi con cui l'Ars approverà la manovra correttiva che la giunta ha varato ieri. L'intenzione di Falcone è quella di arrivare al voto finale in aula entro un paio di settimane: va considerata però l'incognita del passaggio del testo dalle commissioni parlamentari. Considerando che questa potrebbe essere l'ultima legge dell'anno prima della Finanziaria, i cui tempi non sono ancora preventivabili, il rischio di una valanga di emendamenti dei deputati è alto. La manovra uscita dalla giunta vale 373 milioni. Anche se 249 costituiscono uno spostamento tecnico di risorse che erano state accantonate in attesa di una pronuncia della Consulta. Verdetto che è arrivato e costringe la Regione a versare nei capitoli della Sanità somme che inizialmente servivano a coprire un vecchio mutuo e che poi erano state destinate ad altre finalità. Ora tornano alla originaria destinazione: le rate del vecchio prestito. Per il resto la prima manovra targata Schifani-Falcone prevede di finanziare con altri 29 milioni il Fondo Pensioni Sicilia e con 550 mila euro aggiuntivi la Sas. E stanzia i primi 44 milioni per seguire uno dei tanti input che la Corte dei Conti ha dato nelle oltre 600 pagine con cui un mese fa ha contestato circa un miliardo di spese e operazioni contabili: questi primi 44 milioni vanno ad aumentare il fondo Contenziosi, cioè gli accantonamenti che serviranno a coprire le eventuali condanne nelle migliaia di cause in cui la Regione è coinvolta tuttora. In attesa che, sabato, la Corte dei Conti decida sulle contestazioni principali, tutte riferibili al bilancio 2020 targato Musumeci-Armao, questa mossa di Schifani e Falcone va strategicamente incontro ai magistrati contabili recependone la linea.   

«Personale da riqualificare Sì alle Province» «Non c'è stato un adeguato turnover, serve assumere»

 La prossima tappa? Dopo aver reperito, in sinergia con l'assessore Falcone, le risorse per dare un aiuto alle casse dei municipi siciliani in difficoltà per il caro bollette, mi confronterò con l'Anci per attenzionare tutte le urgenze che gravano oggi sui comuni», e che ad Andrea Barbaro Messina, da ex sindaco (di San Giovanni la Punta, nel Catanese) oltre che da neo assessore regionale alle Autonomie locali, non possono che stare particolarmente a cuore, anche se, contemporaneamente, tra i posti posti nell'agenda politica dell'esponente di Democrazia Cristiana ci sono pure altri enti locali cui pensare: le province, con l'elezione diretta dei relativi organi «che il nostro governo vorrebbe ripristinare quanto prima. Da soli non possiamo centrare l'obiettivo, perché una norma dello Stato ce lo vieta, ma stiamo lavorando di concerto con l'Esecutivo nazionale, e presto passerà in Parlamento un disegno di legge ad hoc della maggioranza». Ci sarebbe anche l'appoggio del Pd, mentre per M5s il ripristino delle giunte provinciali sarebbe solo un poltronificio. Ma prima di pensare a chi manovra il volante, non sarebbe meglio potenziare la "macchina"? Oggi gli uffici provinciali, se non sono vuoti, hanno comunque carenza di personale. «E chi ha detto che non potenzieremo la "macchina"? Se la legge andrà in porto, la nostra idea è di trasferire alcune competenze dalla Regione alle province, un decentramento che prevede il rafforzamento del personale. Ma se prima non ripristiniamo l'elezione degli organi provinciali, lasciando la guida degli enti - come avvenuto dopo la riforma Crocetta - a dei commissari che non possono far altro che disbrigare l'ordinaria amministrazione, allora non avremo mai una programmazione e una riorganizzazione dei dipendenti pubblici, per tutte quelle competenze che servono ai territori». A proposito di commissari, per affrontare le emergenze la Regione è ricorsa spesso a queste figure, che adesso, sempre in via emergenziale, stanno lasciando il posto alle task force: oltre a quella pensata per il Pnrr ce n'è anche una per i sedimenti rimossi dagli invasi. Ma non basta il personale che avete? «C'è un problema di formazione, acuito dal fatto che molte figure professionali sono andate in pensione senza un adeguato turnover. Stiamo programmando una riqualificazione dei dipendenti, ma c'è anche la volontà politica di indire nuovi bandi di concorso per le assunzioni. Per concretizzarla, però, serviranno le dovute risorse finanziarie. Intanto, faremo di tutto per velocizzare l'apparato burocratico e accelerare gli atti amministrativi». Tornando ai comuni e al confronto con l'Anci: oltre ai 20 milioni destinati a fronteggiare il caro energia, cos'altro si può fare per aiutare le casse municipali? «Per quello che compete alla Regione, potremmo ad esempio innalzare la quota del Fondo autonomie locali. Negli ultimi mesi è stato ridotto a da 340 a 280 milioni di euro. Sto già lavorando per aumentare il bilancio: è uno strumento essenziale per evitare che altri comuni cadano in default». 


Sulle Province la prima convergenza fra Pd e governo

 Pd e maggioranza hanno trovato il primo punto di convergenza. Il primo tema su cui dialogare è la cancellazione della riforma che ha abrogato le Province. E dunque sul progetto di ridare vita agli enti soppressi da Crocetta la giunta Schifani potrebbe avere i voti all'Ars degli 11 deputati dem, anche se dalle dichiarazioni ufficiali tutto ciò non emerge. Già in campagna elettorale Schifani aveva annunciato la volontà di ridare vita alle Province, partendo dalla elezione diretta dei presidenti. È, questo, uno dei pilastri su cui si basa la riforma (mai del tutto attuata) con il governo Crocetta nel 2015 ha abrogato le Province: al vertice dei Liberi Consorzi, le associazione dei Comuni che hanno preso il posto degli enti soppressi, ci sono sindaci eletti non dai cittadini ma da un'assemblea di consiglieri comunali e altri primi cittadini del territorio. Va detto che neanche questa forma intermedia di elezione è mai stata fatta. Al punto che da Roma è già piovuto su Palazzo d'Orleans il monito per accelerare. Ma il neo assessore agli Enti Locali, il cuffariano Andrea Messina, qualche giorno fa ha annunciato sul Giornale di Sicilia l'intenzione di non procedere all'elezione dei vertici dei Liberi Consorzi nell'attesa che venga ripristinata l'elezione diretta da parte dei cittadini, primo atto della rinascita delle vecchie Province. Nel frattempo all'Ars uno dei primi disegni di legge presentati in questa legislatura è proprio quello che ridà vita alle vecchie Province. Solo che a depositarlo non è stato il governo né un partito della maggioranza: il testo porta la firma dei deputati del Pd, Fabio Venezia e Tiziano Spada in primis, e del capogruppo Michele Catanzaro. Ed è un testo che va esattamente nella direzione annunciata dal governo: «Ripristinare l'elezione diretta, a suffragio universale, del presidente dei Liberi Consorzi, del sindaco metropolitano e dei componenti dei consigli dei Consorzi e delle Aree metropolitane è l'unica strada percorribile per restituire valore ad enti che costituzionalmente rappresentano le articolazioni istituzionali della nostra Repubblica» ha detto Venezia illustrando il disegno di legge. Che ha ricordato anche l'impugnativa da parte del governo nazione dell'ultima legge con cui l'Ars, su proposta della giunta, ha di nuovo rinviato le elezione: è la undicesima volta in 7 anni. Anche per questo motivo il capogruppo Michele Catanzaro ha ammesso che bisogna andare oltre la riforma di Crocetta e perfino oltre il corrispondente testo nazionale che porta la firma dell'allora renziano Del Rio: «In Sicilia la riforma non ha dato i risultati sperati. È di fatto rimasta a metà. E ciò ha bloccato, con le continue proroghe dei commissariamenti che si sono succedute, enti che di fatto dovrebbero gestire servizi essenziali come l'edilizia scolastica delle medie superiori e la costruzione e gestione delle strade provinciali». Va detto che dal Pd ieri hanno precisato che nessun contatto c'è stato col governo e che l'iniziativa quindi non è frutto di inciucio: la convergenza è nei fatti e renderà comunque più facile il progetto della giunta Schifani. Anche se proprio l'assessore Messina ieri ha ammesso che l'iter di questo progetto non sarà breve: «Poiché la riforma Crocetta si innesta nel testo nazionale che ha un valore di legge quadro, la Regione non può autonomamente riportare in vita le Province. Serve un raccordo con lo Stato, che stiamo già attivando. Anche perché a Roma Fratelli d'Italia ha già depositato un disegno di legge che cancella la riforma Del Rio e riporta in vita le Province». Messina si concede anche una battuta sul testo depositato all'Ars dal Pd: «Forse è un modo per provare ad arrivare prima della maggioranza allo stesso obiettivo...». Nel frattempo però le Province (meglio, i Liberi Consorzi che le hanno sostituite) e i Comuni stanno per avere dal governo un ristoro per l'aumento vertiginoso dei costi dell'energia. 


«Sensibilizzare i giovani contro ogni forma di violenza»

 Per educare alla non violenza è necessario lavorare sulla creazione di relazioni positive e paritari delle nuove generazioni. Affrontare un delicato argomento, quello sulla violenza, e sensibilizzare i ragazzi affinché possano consolidare sentimenti di contrasto. È stato questo l'obiettivo principale del convegno che si è svolto questa mattina, 23 novembre, al Liceo Politi di Agrigento in vista della giornata contro la violenza sulle donne che si celebra ogni anno il 25 novembre. «La difficile libertà delle donne tra violenze e modelli culturali» questo il tema dell'iniziativa in collaborazione con il Centro Antiviolenza e Antistalking Telefono Aiuto di Agrigento. «Abbiamo voluto - ha detto il dirigente scolastico del Politi, Santa Ferrantelli- sensibilizzare gli studenti rispetto al tema della difficile libertà delle donne tra violenze e modelli culturali, nella consapevolezza che la scuola sia il luogo cruciale per la prevenzione e per il diffondersi di una cultura di pari opportunità, di contrasto alla violenza sulle donne e del rispetto». L'iniziativa parte dalla necessità di attuare una campagna informativa e di sensibilizzazione che rivesta un ruolo centrale in un processo di cambiamento culturale e sociale, superando gli stereotipi culturali legati al ruolo maschile e femminile riaffermando il rispetto dei valori umani e sociali che stanno alla base della civiltà e dei diritti umani. Particolarmente interessante l'intervento di Valeria Patti. La giovane studentessa agrigentina ha raccontato della sua esperienza vissuta in un viaggio in Iran. Argomento di grandissima attualità di cui si sta parlando anche grazie ai Mondiali di Calcio, caratterizzati dal gesto significativo della Nazionale, i giocatori infatti, nella partita di esordio non hanno cantano l'inno in segno di protesa contro il regime. «La condizione della donna in Iran - ha ricordato Valeria, mostrando delle foto sullo schermo - ha subìto vari mutamenti nel corso della storia; i loro diritti però, secondo il punto di vista occidentale, devono ancora essere pienamente acquisiti". Le donne iraniane hanno fatto la loro rivoluzione e si sono servite perfino del chador, che in Occidente viene visto come il simbolo dell'oppressione, per uscire di casa, studiare e entrare nel mondo del lavoro. Valeria, in un viaggio di piacere, è rimasta in Iran per circa un mese, vivendo a fianco di donne e uomini iraniani e toccando con mano il fenomeno delle discriminazioni di genere. (*DV*)



ILSOLE24ORE

Pensioni, con il "superbonus" per chi resta al lavoro l'assegno previdenziale resta leggero per sempre
Il governo aveva annunciato un bonus del 10% per incentivare il rinvio delle uscite una volta raggiunti i requisiti per il pensionamento anticipato con Quota 103. Ma le ultime bozze della manovra aprono la strada a un superbonus del 33%. Allo stesso tempo però l'importo della pensione rimarrebbe bloccato per sempre, rivalutazione esclusa, al livello maturato al momento della decisione del posticipo

Le bozze del testo della manovra, come da tradizione, si susseguono senza soluzione di continuità. In attesa del testo finale, che chiarirà tutti i dubbi in sospeso, per molti lavoratori a un passo dai nuovi requisiti per l'uscita anticipata con Quota 103, ovvero con 41 anni di contributi e 62 anni d'età, già si prospetta un difficile bivio: optare nel 2023, al momento della maturazione dei requisiti per il pensionamento anticipato, per uno stipendio più pesante facendolo salire per qualche anno di una quota, che secondo la configurazione provvisoria del disegno di legge di bilancio, sarebbe pari al 33%, ma sulla quale andrebbe naturalmente poi versata l'Irpef; oppure rinunciare al superbonus per evitare di trovarsi a gestire la "vecchiaia" con un assegno pensionistico troppo leggero.
Una scelta difficile. Anche perché il ricorso al nuovo bonus Maroni (magari già a 62 anni d'età) lascerebbe fermo per sempre, al netto della rivalutazione al caro vita, l'importo della pensione sostanzialmente maturata al momento della decisione del posticipo: ad esempio, il coefficiente di trasformazione, che è decisivo per il calcolo del trattamento, non potrebbe che avere una fisionomia "penalizzata". In altre parole, i lavoratori si troveranno a fare i conti con un dubbio amletico: stipendio più pesante per qualche anno o pensione più robusta per sempre. E i potenziali vantaggi sulla retribuzione di un rinvio potrebbero anche rivelarsi non superiori agli svantaggi di una pensione "bloccata" troppo presto.
Il nuovo superbonus Maroni
Al momento del varo della manovra il governo Meloni aveva annunciato l'introduzione di un bonus del 10%, facendo leva su una parziale decontribuzione, per incentivare nel 2023 il rinvio del pensionamento anticipato con i nuovi requisiti del mix Quota 41 e 62 anni d'età (di fatto Quota 103). Ma la versione della misura contenuta nelle ultime bozze del Ddl di bilancio apre la strada a un superbonus del 33% (decontribuzione totale) molto più vicino a quello ideato quasi 20 anni fa da Roberto Maroni quando era alla guida del ministero del Lavoro. L'equivalente degli obblighi contributivi a carico del datore e del lavoratore dipendente (il 33% appunto) verrebbero interamente riversati sulla busta paga di quest'ultimo.
Naturalmente anche su questa fetta di retribuzione ci sarebbe da versare poi l'Irpef perché il super-incentivo non sarebbe defiscalizzato. L'importo della pensione rimarrebbe però bloccato per sempre al livello maturato al momento della scelta del posticipo.
Resta da vedere se nel testo finale della manovra sarà confermato questo tipo di intervento o se rispunterà l'annunciato bonus del 10%. In ogni caso il bonus non sarà automatico: a chiederlo dovrebbero essere espressamente i lavoratori. Anche se le modalità di funzionamento e per la richiesta dovrebbero essere fissate da uno specifico decreto del ministero del Lavoro d'intesa con quello dell'Economia.
I "potenziali" aumenti in busta paga: più robusti per i redditi elevati
Con un reddito lordo di 15mila euro l'anno il bonus si tradurrebbe nello stipendio in un aumento lordo annuo di circa 3.670 euro (poco più di 280 euro netti al mese). E, con questo schema, a beneficiare maggiormente dell'incentivo sarebbero i redditi più elevati: a 25mila euro lordi l'anno il bonus lordo sarebbe di 8.250 euro (poco meno di 460 euro netti al mese), a 35mila euro lordi salirebbe a 11.550 euro lordi l'anno (circa 550 euro netti al mese) e a 50mila euro lordi il bonus sarebbe di 16.500 euro annui, sempre al lordo (quasi 690 euro netti al mese).
La pensione "bloccata" e di fatto penalizzata per sempre
Il rinvio dell'uscita anticipata con i requisiti di Quota 103 bloccherebbe di fatto in modo automatico il livello della pensione. L'importo dell'assegno pensionistico rimarrebbe ancorato a quello raggiunto al momento della decisione del posticipo. Di fatto una pensione bloccata per sempre, al netto degli effetti della rivalutazione al caro-vita, che verrebbe ovviamente garantita. La norma contenuta nelle bozze della manovra parla chiaro: «all'atto del pensionamento il trattamento liquidato a favore del lavoratore che abbia esercitato» la facoltà di posticipare l'uscita dal lavoro pur se in possesso dei requisiti minimi per l'accesso al pensionamento anticipato «è pari a quello che sarebbe spettato alla data della prima scadenza utile per il pensionamento prevista dalla normativa vigente e successiva alla data dell'esercizio della predetta facoltà, sulla base dell'anzianità contributiva maturata alla data della medesima scadenza». Tutto resterebbe insomma cristallizzato, compreso il coefficiente.



LENTEPUBBLICA

Arretrati Dipendenti Comunali: ecco come sono tassati


Nelle ultime settimane si è registrata la sottoscrizione definitiva dell'accordo di rinnovo del contratto degli Enti Locali: per i dipendenti comunali in arrivo dunque aumenti ed arretrati, ma come sono tassati questi ultimi?
Il rinnovo per il comparto Funzioni Centrali riguarda circa 430mila dipendenti di Regioni, Province, Comuni. Ricordiamo che il nuovo contratto ha vigenza per le annualità 2019-2021, seppur rinnovato quest'anno, nel 2022.
Il nuovo CCNL Enti Locali si caratterizza per numerose e rilevanti novità sul trattamento normo-economico del personale.
Ma oltre alle novità ci sono alcuni punti fermi: gli aumenti stipendiali (maggiori informazioni in questo articolo) e le somme arretrate da corrispondere in busta paga.
Gli arretrati nella busta paga di dicembre 2022
gli arretrati medi sono pari a circa 1.727,63 euro. Pertanto le somme da assegnare al comparto degli enti locali vanno da 1.565 a 2.900 euro a seconda della posizione economica e del calendario.
L'ammontare complessivo dell'erogazione degli arretrati per ciascun lavoratore dipenderà dalla posizione economica di ogni soggetto.
In base alla firma definitiva arrivata lo scorso 16 novembre la tempistica certa è che gli arretrati arriveranno nelle buste paga di dipendenti comunali e di altri enti locali nel mese di dicembre 2022.
Dicembre sarà dunque un mese interessante per il cedolino dei dipendenti.
Si ricorda infatti che l'INPS eroga in questo mese la tredicesima mensilità direttamente nel cedolino, mentre i datori di lavoro provvedono a versare la gratifica natalizia nella busta paga dei propri lavoratori.
Pertanto alcuni dipendenti avranno una busta paga decisamente generosa a dicembre, con la normale retribuzione mensile arricchita dalla tredicesima, dagli aumenti e dagli arretrati derivanti dal rinnovo dei contratti per gli enti locali.
Questo influirà in qualche modo sulla tassazione di queste somme? E se sì, come?
Arretrati Dipendenti Comunali: ecco come sono tassati
Iniziamo con la normativa: in primo luogo l'art. 17, comma 1, lett. b) del D.P.R. 917/1986 prevede che sugli "emolumenti arretrati per prestazioni di lavoro dipendente" si applichi la tassaziona separata e che quindi gli stessi non si sommino al reddito dell'anno.
Nello specifico sono assoggettati a tassazione separata:
"emolumenti arretrati per prestazioni di lavoro dipendente riferibili ad anni precedenti, percepiti per effetto di leggi, di contratti collettivi, di sentenze o di atti amministrativi sopravvenuti o per altre cause non dipendenti dalla volontà delle parti, compresi i compensi e le indennità di cui al comma 1 dell'articolo 47 e al comma 2 dell'articolo 46".
Questo tipo di tassazione fa sì che gli importi spettanti non concorrano a formare il reddito complessivo: in tal modo la progressività delle aliquote IRPEF non comporta per il contribuente un carico fiscale eccessivamente elevato.
Adesso esaminiamo il caso relativo alle somme di quest'ultimo rinnovo. Questi arretrati contrattuali si riferiscono alle mensilità che vanno dal 1° gennaio 2019 a novembre 2022.
Secondo però quanto evidenziato dalla normativa la tassazione separata deve essere applicata solo agli anni precedenti a quelli in corso: dunque per gli arretrati che vanno da gennaio 2019 a dicembre 2021.
Mentre invece le somme riferite al 2022 si sommano quindi al reddito imponibile dell'anno e concorrono alla determinazione dello stesso.
Questo fatto risulta confermato anche dal glossario presente nel piano dei conti finanziario «U.1.01.01.01.001 Arretrati per anni precedenti corrisposti al personale a tempo indeterminato» oppure «U.1.01.01.01.005» per il personale a tempo determinato (ed evidenziato in un articolo de Il Sole 24 Ore), per le modalità separate vanno dunque utilizzate solo per le mensilità di competenza degli anni dal 2019 al 2021, mentre gli stipendi arretrati relativi al periodo gennaio-novembre 2022 risultano  imputati al piano dei conti ordinario delle retribuzioni.
























































































































































































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