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rassegna stampa del 18 gennaio 2023

Scrivolibero.it
Servizi agli studenti disabili.
Il Libero Consorzio respinge le accuse della Cgil: "Il sindacato sapeva che il servizio ripartiva in fretta"

"I servizi alle studentesse e gli studenti disabili non autosufficienti che frequentano le scuole superiori della nostra provincia saranno attivi già da domani per tutto il mese di gennaio, pertanto le accuse mosseci dalla Cgil provinciale sono ingiuste e gratuite". Lo dice la dirigente del Settore Pubblica istruzione e solidarietà sociale del Libero Consorzio comunale di Agrigento Maria Antonietta Testone, intervenendo sulla nota del sindacato che accusa l'Ente di "infischiarsene delle gravi conseguenze che l'interruzione del servizio ha sugli studenti e sulle loro famiglie". "Va chiarito e ribadito - aggiunge la Testone - che le cose non stanno come il sindacato ha scritto accusandoci di menefreghismo, cosa questa gravissima. Nel corso delle interlocuzioni avute con il responsabile del Dipartimento politiche sociali della Cgil Franco Cangemi, era stato assicurato che entro questa settimana il servizio sarebbe ripreso non appena gli atti burocratico-amministrativi fossero stati espletati, il che sta accadendo proprio in queste ore. Quindi il sindacato sapeva benissimo che il servizio non era bloccato sine die e ritengo che le accuse mosseci siano assolutamente infondate". La dirigente del settore chiarisce inoltre che l'attivazione del servizio per gli studenti disabili degli altri Liberi Consorzi è stata possibile nella considerazione che questi Enti avevano risorse economiche residue che chiaramente il Libero consorzio di Agrigento non ha, avendole interamente utilizzate per l'anno 2022. "Siamo consapevoli - conclude la dottoressa Testone - dell'importanza del servizio e comprendiamo bene i bisogni delle famiglie. Auspico pertanto una costruttiva collaborazione con il sindacato per procedere unitariamente sulle problematiche dell'inclusione, così come è stato realizzato nel corso dell'anno scolastico 2021/2022.


LENTEPUBBLICA
Congedo parentale: disponibile un mese facoltativo all'80%

Tra le misure previste dalla Manovra, riguardo il congedo parentale, è disponibile un mese facoltativo in più, retribuito all'80%. Ecco di cosa si tratta.
Congedo parentale mese facoltativo: come abbiamo visto, la Legge di Bilancio 2023 è ricca di misure indirizzate alla famiglia, per un totale di 1,5 miliardi di euro.
Tra le misure, troviamo anche numerose novità per il congedo parentale per il 2023, compreso un mese facoltativo in più, in alternativa tra la madre e il padre, retribuito sempre all'80%.
Il mese facoltativo si aggiungerà alle altre misure, già previste in materia di congedi parentali.
Vediamo allora di cosa si tratta e come funziona.
Congedo parentale: come funziona il mese facoltativo
Il mese facoltativo è una misura concessa ai lavoratori dipendenti, in alternativa tra madre e padre e prevede un congedo facoltativo retribuito all'80% dello stipendio.
La misura potrà essere richiesta nei primi 6 anni di vita del figlio o entro il sesto anno dall'ingresso in famiglia del bambino, nel caso di adozioni o affidamenti.
Potranno usufruire dell'agevolazione i genitori che termineranno il congedo di maternità o paternità. Inizialmente la misura era stata pensata solamente per le madri, ma poi è stata estesa anche ai padri.
Bisogna sottolineare che il mese in più facoltativo potrà essere fruito esclusivamente in via alternativa dai genitori: se ne beneficerà la madre, non potrà farlo il padre e viceversa.
Chi può beneficiare del congedo parentale
Come sappiamo, il congedo parentale è un periodo nel quale il lavoratore può decidere di astenersi dal lavoro, in maniera facoltativa, ricevendo un indennizzo dall'Inps, valido sia per le madri che per i padri.
Si differenzia dal congedo di maternità o di paternità, che sono due congedi obbligatori, di cui fruire prima e dopo il parto.
Il congedo parentale 2023 spetta a tutti i lavoratori in costanza di rapporto di lavoro, che siano genitori naturali, adottivi o affidatari.
Può essere richiesto sia dai dipendenti del settore privato che da quelli del settore pubblico. Mentre, non ne potranno usufruire i genitori:
Disoccupati o sospesi;
Lavoratori domestici;
Lavoratori a domicilio.


ITALIAOGGI
No ai buoni pasto in smart working

L'Aran si dice contraria alla possibilità di fruire dei buoni pasto nel caso dello smart working (ma lo consente per il lavoro da remoto) smentendo le più timide posizioni della Funzione Pubblica
No ai buoni pasto in smart working. L'Aran si dice contraria alla possibilità di fruire dei ticket nel caso di lavoro agile (ma lo consente per il lavoro da remoto) smentendo le più timide posizioni della Funzione Pubblica.L'orientamento applicativo CFL 204 dell'Aran è drastico: alla domanda che chiede se sia possibile l'erogazione del buono pasto ai dipendenti ammessi alla fruizione del lavoro agile, l'Agenzia risponde evidenziando una netta
Il parere parte da un presupposto fondamentale: "la disciplina contrattuale definisce il lavoro agile come una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato, disciplinata da ciascun Ente con proprio regolamento ed accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro".
Proprio l'assenza di vincoli di orario e di lavoro si mostra inconciliabile con la fruizione del buono pasto.Non così, invece, avviene per il "lavoro da remoto", consistente in "una modalità di esecuzione con innanzitutto un vincolo di luogo e anche di tempo".
Dunque, conclude l'Aran, "solo nel caso di lavoro da remoto, comportando questo un vincolo di tempo e di luogo, sia riconoscibile il buono pasto".Il parere è in linea con la giurisprudenza consolidata. Spicca ovviamente il decreto del giudice del lavoro di Venezia 8.7.2020, n. 3463 secondo il quale "per la maturazione del buono pasto è necessario che l'orario di lavoro sia organizzato con specifiche cadenze orarie e che il lavoratore consumi il pasto al di fuori dell'orario di servizio". Circostanza che col lavoro agile non è possibile. Ma, è costante la giurisprudenza della Cassazione che non configura i buoni pasto come retribuzione, bensì come prestazione assistenziale. Una linea interpretativa confermata anche da sentenze successive al decreto del giudice di Venezia, come nel caso della Sezione Lavoro, sentenza 1 marzo 2021, n. 5547 , ove si afferma che "il diritto alla fruizione del buono pasto non ha natura retributiva ma costituisce una erogazione di carattere assistenziale, collegata al rapporto di lavoro da un nesso meramente occasionale, avente il fine di conciliare le esigenze di servizio con le esigenze quotidiane del lavoratore (Cass. 28.11.2019 nr. 31137 e giurisprudenza ivi citata); proprio per la suindicata natura il diritto al buono pasto è strettamente collegato alle disposizioni della contrattazione collettiva che lo prevedono (da ultimo, Cass. 21 ottobre 2020 nr. 22985)".CFL 204 e le pronunce giurisprudenziali privano di pregio l'ambigua posizione di Palazzo Vidoni, esposta col parere DFP-0047621-P-10/06/2022, che si allinea alle indicazioni fornite dalla Funzione Pubblica tra il 2020 e il 2021. Si legge, infatti, nelle conclusioni che "ciascuna amministrazione, nell'ambito della propria autonomia organizzativa e gestionale, può assumere le decisioni più opportune in relazione all'attivazione o meno dei buoni pasto sostitutivi, alle conseguenti modalità di erogazione degli stessi, nonché all'attivazione di adeguate misure volte a garantire la verifica di tutte le condizioni e dei presupposti che ne legittimano l'attribuzione ai lavoratori, nel rispetto del vigente quadro normativo e contrattuale".L'evocazione dell'autonomia organizzativa e gestionale, nonché delle valutazioni di opportunità sull'attivazione o meno dei buoni pasto sostitutivi dà l'impressione che l'istituzione del buono pasto come sostitutivo del servizio di mensa possa essere deciso da ciascun ente, anche ai fini della regolazione del lavoro agile.Tuttavia, l'Aran sempre nel parere CFLO204 smentisce che l'autonomia regolamentare possa spingersi nel disciplinare l'attribuzione del buono pasto agli smart workers.
Il ricordato decreto del giudice di Venezia sul punto ha precisato: "L'indicazione fornita dal ministero della p.a. (circolare n. 2 del 2020, richiamata da parte ricorrente), secondo cui ciascuna amministrazione assume le determinazioni di competenza in materia "previo confronto sul punto con le organizzazioni sindacali, non solo non è giuridicamente vincolante nella valutazione della legittimità del comportamento del comune, ma è comunque priva di qualunque utilità, non potendosi neppure ipotizzare che si giunga a soluzioni differenti a seconda dell'esito del confronto sindacale".Le amministrazioni non dispongono dell'autonomia organizzativa per poter stabilire di assegnare i buoni pasto al di fuori dei presupposti connessi, cioè l'impossibilità di fruire del pasto nella pausa di segmenti fissi di lavoro ed in sedi distanti dall'abitazione.

Agrigentonotizie.it
Disabili, il Libero consorzio: "Il servizio ripartirà e la Cgil ne era a conoscenza" La dirigente replica al sindacato assicurando che le attività ripartiranno a brevissimo

"I servizi alle studentesse e gli studenti disabili non autosufficienti che frequentano le scuole superiori della nostra provincia saranno attivi già da
domani per tutto il mese di gennaio, pertanto le accuse mosseci dalla Cgil provinciale sono ingiuste e gratuite".E' una replica netta quella che la dirigente del settore Pubblica istruzione e solidarietà sociale del Libero consorzio di Agrigento, Maria Antonietta Testone, affida alla stampa dopo le critiche mosse all'ex Provincia dalla Cgil di Agrigento, che accusa l'ente di "infischiarsene delle gravi conseguenze" derivanti dallo stop del servizio di assistenza scolastica per i disabili gravi e gravissimi. "Va chiarito e ribadito - aggiunge Testone - che le cose non stanno come il sindacato ha scritto accusandoci di menefreghismo, cosa questa gravissima. Nel corso delle interlocuzioni avute con il responsabile del Dipartimento politiche sociali della Cgil Franco Cangemi, era stato assicurato che entro questa settimana il servizio sarebbe ripreso non appena gli atti burocratico- amministrativi fossero stati espletati, il che sta accadendo proprio in queste ore. Quindi il sindacato sapeva benissimo che il servizio non era bloccato sine die e ritengo che le accuse mosseci siano assolutamente infondate".


Giornale di Sicilia
Servizi per gli studenti disabili «Da domani saranno attivi»

La Cgil accusa l'ex Provincia di non aver erogato servizi indispensabili ma l'ente non ci sta e risponde alle affermazioni del leader del sindacato agrigentino, Alfonso Buscemi. «I servizi alle studentesse e gli studenti disabili non autosufficienti che frequentano le scuole superiori della nostra provincia saranno attivi già da domani per tutto il mese di gennaio, pertanto le accuse mosse dalla Cgil provinciale sono ingiuste e gratuite - scrive la dirigente Pubblica istruzione e solidarietà sociale del Libero Consorzio comunale, Maria Antonietta Testone». «Va chiarito e ribadito - aggiunge Testone - che le cose non stanno come il sindacato ha scritto accusandoci di menefreghismo, cosa questa gravissima. Nel corso delle interlocuzioni avute con il responsabile del Dipartimento politiche sociali della Cgil Franco Cangemi, era stato assicurato che entro questa settimana il servizio sarebbe ripreso non appena gli atti burocratico-amministrativi fossero stati espletati, il che sta accadendo proprio in queste ore. Quindi il sindacato sapeva benissimo che il servizio non era bloccato e ritengo che le accuse mosse nei nostri confronti siano infondate». La dirigente del settore chiarisce inoltre che l'attivazione del servizio per gli studenti disabili degli altri Liberi Consorzi è stata possibile nella considerazione che questi Enti avevano risorse economiche residue che chiaramente il Libero consorzio di Agrigento non ha. (*PAPI*)


ITALIAOGGIDieci anni fa si era tentato di eliminarle ma sono nati soltanto dei mostricciattoli

Sulle Province un'altra provaAdesso sono oggetto solo di accanimento terapeutico

Toh, chi si rivede: le province. Quando, nel 2014, l'allora ministro Graziano Delrio legò il proprio nome alla ristrutturazione degli enti intermedi, l'interpretazione corrente fu che le province sarebbero state soppresse. Così non è stato. Non solo sono rimaste in vita, ma si sono rivelate confuse e anzi caotiche nell'essere individuate, mentre l'unica, reale conseguenza è consistita nell'allontanarne i cittadini. Infatti, è venuta meno l'elezione popolare sia del presidente sia del consiglio provinciale, dato che il compito è passato al secondo grado, cosicché spetta ai consiglieri comunali eleggere i vertici di ciascuna provincia.
Adesso si direbbe che sia spuntata un'inattesa smania per conferire di nuovo ai cittadini l'elezione di presidenti e consigli. Si spiega così la presentazione di svariati progetti di legge: al Senato hanno già provveduto azzurri, leghisti, democratici e meloniani, mentre altri sono annunciati per opera di Italia viva e cinque stelle, oltre che da esponenti di partiti che già avevano depositato una proposta. Alla commissione Affari costituzionali di palazzo Madama si è rilevato che, «considerato l'elevato numero di disegni di legge da esaminare congiuntamente, sarà probabilmente necessario istituire un comitato ristretto».
Ovviamente sono messe da parte le polemiche, ritenute ormai datate, contro le spese della politica, la casta, le poltrone, e si ammette tranquillamente la necessità di prevedere incrementi nelle uscite, pur di riconoscere maggior democraticità alle province e, quindi, restituire le schede ai cittadini. D'altro canto, non si è riusciti a sopprimere un ente superfluo come il Cnel, dopo il fallimento del referendum costituzionale promosso dalla coppia Renzi-Boschi nel dicembre 2016.
Le province, di fatto, hanno perso, nella decina d'anni ormai trascorsa, dipendenti e amministratori, e ovviamente diminuito scandali e sprechi. L'interesse pubblico è scemato pesantemente, mentre i condizionamenti politici sono variati da forme di unanimismo a maggioranze trasversali, da alleanze sulla scia di quelle nazionali a confluenze all'esterno scarsamente comprensibili. L'antica volontà, almeno dichiarata a parole, di sopprimere l'ente per trasbordarne le competenze essenzialmente a regioni e comuni, si direbbe scomparsa, anche perché ci si attende che la riforma non si limiti a restituire ai cittadini le antiche decisioni su chi debba governare.
Intanto, però, manca ogni uniformità fra provincia e provincia. Le regioni a statuto speciale sono competenti nella materia e si sono sbizzarrite nelle più diverse soluzioni. Il Trentino-Alto Adige ha contenuto pesantemente la regione, divenuta quasi un guscio vuoto, dando enormi poteri alle due province autonome costitutive (rilevano antichi problemi di carattere internazionale). La Valle d'Aosta è tanto ridotta territorialmente da accorpare la provincia nella regione. L'allergia alla denominazione medesima di "provincia" si avverte nelle altre tre regioni a statuto speciale. Il Friuli-Venezia Giunta ha soppresso le province, le ha sostituite prima con Unioni territoriali intercomunali, successivamente con Enti di decentramento regionale, che, guarda caso, ripropongono gli antichi territori provinciali.
La Sicilia non ha tollerato il nome di provincia, prevedendone la sostituzione con Liberi consorzi di comuni e con tre città metropolitane (Palermo, Catania e Messina). Capire quali siano gli enti intermedi in Sardegna avrebbe richiesto di partecipare a Lascia o raddoppia?. Sembra che due siano le città metropolitane (Cagliari e Sassari), e addirittura sei le province o province regionali o province sarde (Nuoro, Oristano, Nord Est Sardegna, Ogliastra, Sulcis Inglesiente e Medio Campidano). Non poche fra esse vantano ciascuna un paio di capoluoghi. Se ne trova cenno fra i «Commenti» qui pubblicati ieri.
Nel resto d'Italia bisogna distinguere fra città metropolitane (Roma Capitale, Torino, Genova, Milano, Venezia, Bologna, Firenze, Napoli, Bari e Reggio Calabria) e, finalmente, province. Naturalmente l'antica visione della città metropolitana come conurbazione di un grande comune con una corona di centri minori è stata del tutto dimenticata, finendo con un'estensione sino ai confini della provincia sostituita. In compenso, le aggregazioni fra comuni sono oltremodo ridotte. Nel censimento 2011 gli enti comunali erano 8.092, oggi sono 7.901, fra i quali 142 con meno di 150 abitanti. Guardando alle fasce demografiche, 900 comuni stanno sotto i 500 abitanti, 1.105 sotto i 1.000, ben 3.524 fra i 1.000 e i 5.000 abitanti. Fin quando resteranno in vita tanti minuscoli enti senza capacità di amministrarsi secondo criteri razionali ed efficienti, sarà inutile rivedere gli altri enti intermedi.


CANICATTIWEBCon il ministro Roberto Calderoli il confronto sull'Autonomia differenziata è serrato

"Con il ministro Roberto Calderoli il confronto sull'Autonomia differenziata è serrato e come deputati della Lega saremo attenti affinché il percorso del progetto di riforma trovi sempre la condivisione del governo e del Parlamento siciliani. Non ci spaventa l'innovazione anche perché rimaniamo convinti che la nostra Regione, già dotata di autonomia speciale e statutaria, potrà solo accrescere le competenze in diverse materie oggi di natura concorrente ed ottenere maggiori risorse per la gestione dei servizi secondo i canoni dei livelli essenziali delle prestazioni. A Roberto Calderoli, che oggi ha incontrato il governo Schifani, abbiamo ribadito come sia necessario dare attuazione anche alla riforma costituzionale che ha sancito il principio dell'insularità con gli svantaggi derivanti da essa. Abbiamo trovato un interlocutore preparato ed attento alle nostre istanze. Infine con il ministro per gli Affari regionali e le autonomie abbiamo affrontato anche il tema del ripristino dell'elezione diretta nei Liberi Consorzi e nelle Città Metropolitane siciliane, ribadendo come la Regione sulle autonomie locali e le leggi elettorali abbia potestà normativa esclusiva, tanto che già nel 1992 come prima regione italiana introdusse l'elezione diretta del Sindaco". Lo affermano il capogruppo della Lega all'Ars Marianna Caronia, assieme ai parlamentari Vincenzo Figuccia e Pippo Laccoto, e agli assessori Luca Sammartino e Mimmo Turano.







































































































































































































































































































































































































































































































































































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