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rassegna stampa del 27 gennaio 2023


ITALIAOGGI 
Inps: le nuove pensioni con decorrenza nell`anno 2022 a quota 779.791
Il presidente Tridico in audizione al Senato sulla previdenza integrativa: l'istituto può raccogliere fondi della previdenza complementare oltre il 33% fissato oggi come livello

Il totale delle pensioni con decorrenza nel 2021 è di 888.972, per un importo medio mensile alla decorrenza di 1.198 euro: di queste, 495.779 sono riferite a donne, per un importo medio mensile di 1.015 euro, e 393.193 a uomini, con 1.429 euro mensili. Le nuove pensioni con decorrenza nell`anno 2022 sono state 779.791 in totale, per un importo medio mensile di 1.153 euro: anche in questo caso prevalgono per numero le pensioni femminili, 437.596 contro le 342.195 maschili, a fronte di un importo medio mensile più basso (976 euro contro i 1.381 euro degli uomini). Lo ha res noto l'Inps. Tali valori si riferiscono alle pensioni di vecchiaia, alle pensioni anticipate - compresi i prepensionamenti per il fondo pensioni dei lavoratori dipendenti -, a quelle di invalidità, a quelle ai superstiti delle principali gestioni e agli assegni sociali. In particolare, per quanto riguarda le singole categorie, le pensioni con decorrenza 2021 sono state: 286.996 pensioni di vecchiaia (compresi gli assegni sociali), 295.072 pensioni anticipate, 52.198 pensioni di invalidità e 254.706 pensioni ai superstiti.
Nel 2022: 276.468 vecchiaia, 241.339 anticipate, 42.063 invalidità e 219.921 superstiti. Analizzando le singole gestioni, il Fpld ha totalizzato 385.316
pensioni nel 2021 e 345.475 nel 2022; seguono la gestione dipendenti pubblici con rispettivamente 165.938 e 117.448, artigiani (95.234 e 85.519), commercianti (83.779 e 75.508), parasubordinati (40.109 e 39.163) e coltivatori diretti, coloni e mezzadri (41.449 e 35.835). Gli assegni sociali sono stati 77.147 nel 2021 e 80.843 nel 2022.
"L'Istituto ha fatto degli studi di fattibilità, negli ultimi anni, per vedere come dare un proprio contributo. L'idea, nell'ambito della previdenza complementare integrativa, è che anche l'Istituto possa raccogliere fondi della previdenza complementare oltre il 33% fissato oggi come livello". Lo ha detto il presidente dell'Inps, Pasquale Tridico, in audizione al Senato sulla previdenza integrativa. "I dati Inps, a partire dal 2015, ci dicono che le principali domande d'invalidità provengono per circa 180mila domande all'anno, ossia il 22%, da tumori. Il secondo dato è la patologia psichica che rappresenta un altro 21,5% ovvero quasi 178mila domande all'anno", ha poi evidenziato il presidente dell'Inps, aggiungendo che "queste sono le due principali malattie che sono sopra il 22%".


ITALIAOGGI 
L'Inapp: lo smart working non cresce più, 1 solo occupato su 10 lavora da casa

In Italia è appena il 14,9% degli occupati che svolge parte dell`attività da remoto. Il presidente Fadda: "Un'occasione non pienamente sfruttata, almeno per il momento.
Il lavoro da remoto non decolla. In Italia è appena il 14,9% degli occupati che svolge parte dell`attività da remoto, ma potrebbe essere quasi il 40%, considerando la potenziale telelavorabilità. Pertanto, la quota che effettivamente si traduce in lavoro a distanza è minoritaria, nonostante il boom che si è avuto nel 2020, in piena pandemia, quando si è passati dal 4,8% dell`anno precedente al 13,7%. È quanto emerge dalle ultime analisi Inapp presentate oggi nel corso della giornata di studi "Lavoro agile, definizioni ed esperienze di misurazione". "Svolgere una professione teoricamente telelavorabile - ha dichiarato il Presidente dell`Inapp, prof. Sebastiano Fadda - è una condizione necessaria, ma non sufficiente, perché si abbia la possibilità di sperimentare lavoro da remoto. I dati ci dicono che la quota del lavoro da remoto varia dal 25% per le professioni intellettuali o esecutive al 2% di quelle non qualificate. Dietro questa distribuzione vi è sicuramente il differente grado di fattibilità del lavoro da remoto nelle diverse professioni, ma anche la differente capacità manageriale di adottare nuovi modelli di organizzazione del lavoro facendo uso delle nuove tecnologie digitali".
Il lavoro da remoto non decolla. In Italia è appena il 14,9% degli occupati che svolge parte dell`attività da remoto, ma potrebbe essere quasi il 40%, considerando la potenziale telelavorabilità. Pertanto, la quota che effettivamente si traduce in lavoro a distanza è minoritaria, nonostante il boom che si è avuto nel 2020, in piena pandemia, quando si è passati dal 4,8% dell`anno precedente al 13,7%. È quanto emerge dalle ultime analisi Inapp presentate oggi nel corso della giornata di studi "Lavoro agile, definizioni ed esperienze di misurazione". "Svolgere una professione teoricamente telelavorabile - ha dichiarato il Presidente dell`Inapp, prof. Sebastiano Fadda - è una condizione necessaria, ma non sufficiente, perché si abbia la possibilità di sperimentare lavoro da remoto. I dati ci dicono che la quota del lavoro da remoto varia dal 25% per le professioni intellettuali o esecutive al 2% di quelle non qualificate. Dietro questa distribuzione vi è sicuramente il differente grado di fattibilità del lavoro da remoto nelle diverse professioni, ma anche la differente capacità manageriale di adottare nuovi modelli di organizzazione del lavoro facendo uso delle nuove tecnologie digitali".
Un primo altolà viene dai datori di lavoro nel settore privato extra-agricolo: per le imprese fino a 5 dipendenti l`84% dei lavoratori svolge mansioni che non possono essere eseguite a distanza, ma al crescere della dimensione dell`azienda si riduce tale quota (il 56,4% fra quelle medie, 50-249 addetti e 34,2% fra le realtà con oltre 250 addetti). Nel 2021 solo il 13,3% delle imprese intervistate ha utilizzato tale modalità. Secondo le analisi presentate oggi, a svolgere un lavoro telelavorabile sono soprattutto i laureati, i dipendenti delle imprese di grandi dimensioni, gli occupati nei servizi e i dipendenti pubblici. Incidenze leggermente superiori alla media delle professioni telelavorabili si rilevano tra le donne, i residenti nel Nord Ovest e nel Centro e le persone con diploma. "Dai dati, dunque, non emerge quel cambio di paradigma lavorativo che la pandemia sembrava aver innescato, almeno nel nostro Paese -ha proseguito Fadda - è come se durante la pandemia avessimo vissuto in `una grande bolla` e il ritorno alla normalità stesse vanificando le potenzialità del lavoro a distanza, a causa di una ridotta capacità di introdurre radicali innovazioni nell`organizzazione del lavoro che preveda una combinazione di fasi di lavoro da remoto con fasi di lavoro in presenza". Nel 2019 solo il 14,6% degli occupati in Europa (Eu-27) lavorava abitualmente da casa e lo scenario era piuttosto eterogeneo, con i Paesi Bassi in cui tale modalità raggiungeva il 37,2%. Con il dilagare del covid, alcuni Paesi che già nel 2019 mostravano valori superiori alla media UE hanno intrapreso un trend di crescita nei due anni successivi (Irlanda, Lussemburgo, Belgio, Finlandia, Danimarca, Francia, Estonia, Malta e Portogallo). L`Italia, che nel 2019 aveva percentuali al di sotto della media europea, con l`emergenza sanitaria ha raddoppiato tali valori, ma nel 2021 il tasso di crescita del ricorso al lavoro agile è decisamente rallentato (4,8% nel 2019, 13,7% nel 2020, 14,9% nel 2021 secondo i dati EU-LFS, con valori ancora più bassi tra i dipendenti: dall`1,7% del 2019 al 12,1 del 2020 e al 13,8 del
2021).
La percezione di alcuni vantaggi e svantaggi del telelavoro fa emergere inoltre una differenza di genere con gli uomini, che apprezzano in particolare la maggior autonomia, e le donne, che mostrano invece maggiore preoccupazione riguardo alle prospettive di carriera (50,9%), ai diritti e alle tutele sindacali (52,8%) e al maggiore controllo da parte del datore di lavoro (53,3%).


ILSOLE24ORE
Pensioni, alle donne assegni da 976 euro: il 30% in meno degli uomini

Sulle 779.791 nuove pensioni erogate nel 2022 dall'Inps, le donne sono 437.596 contro 342.195 uomini
Tra i pensionati le donne numericamente sono più degli uomini: sulle 779.791 nuove pensioni erogate nel 2022 dall'Inps, le donne sono 437.596 contro 342.195 uomini. Ma c'è un sensibile divario di genere, perché le donne percepiscono un assegno mensile mediamente più basso del 30% rispetto a quello degli uomini: in media gli uomini ricevono 1.381 euro, contro i 976 euro delle donne, con una differenza del 29,32%. Su questa differenza impattano fattori come il gap retributivo che penalizza le donne, le carriere lavorative spesso discontinue, con periodi di interruzione per assistere i familiari, minori progressioni di carriera.
È il quadro che emerge dalla lettura dei dati dell'Osservatorio dell'Inps sui flussi di pensione relativo al 2022. Guardando alle diverse gestioni previdenziali, poi la situazione è piuttosto articolata, ma con una costante: l'assegno mensile delle donne è sempre inferiore a quello degli uomini.
Iniziamo dal Fpld, il fondo dei lavoratori dipendenti: qui il divario è mediamente del 36,98% perché le donne percepiscono 1.029 euro contro i 1.633 degli uomini considerando la media tra pensioni di vecchiaia, anticipata, invalidità e superstiti. Se vediamo nel dettaglio tra le pensioni di vecchia nella gestione Fpld il gap raggiunge il 47,63% perché ai pensionati vanno in media 1.440 euro contro 754 euro delle donne, quasi la metà in sostanza.
Ma il divario più ampio lo troviamo tra i parasubordinati: qui l'assegno mensile in media è di 409 euro per gli uomini e di 189 euro per le donne (-53,78%).Nella gestione artigiani la differenza è del 34,74%: gli uomini percepiscono mensilmente in media 1.108 euro contro i 723 euro delle donne. Anche tra i commercianti il divario supera la media, con un differenziale di genere del 33,44% visto che agli uomini in media vanno 1.160 euro contro i 772 euro delle donne. Passando alla gestione dipendenti pubblici (Gdp), anche qui le donne sono penalizzate con un assegno mensile mediamente inferiore del 25,37%, ovvero con 1.753 euro mensili contro i 2.349 euro dei colleghi uomini. Il divario minore si trova nella gestione dei lavoratori autonomi dell'agricoltura (Cdcm): in questo caso la differenza è del 19,03% : le donne incassano un assegno mensile medio di 604 euro contro i 746 euro degli uomini.
Le pensioni liquidate con "Opzione Donna" nel 2022 sono aumentate del 15,4% rispetto al 2021 raggiungendo la quota 23.812. In particolare lo scorso anno sono state 8.833 le donne che si sono avvalse della misura prima dei 59 anni d'età con assegni per quasi la metà inferiori a 500 euro. Trattandosi di importi calcolati interamente con il metodo contributivo, tra le beneficiarie di opzione donna oltre la metà degli assegni liquidati (12.298) vale meno di 500 euro al mese e l'88,75% vale meno di mille euro.
Il tema pensioni, come è noto è oggetto di un tavolo tra il ministro del Lavoro, Marina Calderone e i sindacati che, tra l'altro, chiedono che sia ripristinata la possibilità di andare in pensione con opzione donna con 58/59 anni di età e 35 anni di contributi, superando le condizioni introdotte dalla legge di Bilancio 2023, richiesta su cui c'è la disponibilità del ministro. Ma su eventuali modifiche pesa il nodo costi. I sindacati chiedono di riconoscere alle lavoratrici madri un anticipo dei requisiti pensionistici di 12 mesi per figlio, e di prevedere un riconoscimento previdenziale dei lavori di cura.
«In prevalenza le donne vanno in pensione con la vecchiaia perché hanno pochi contributi a causa delle carenze del mercato del lavoro e dei servizi alla famiglia- commenta il segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra-, di conseguenza vanno in pensione più tardi e con assegni decisamente più bassi rispetto agli uomini di circa il 30% e anche se guardassimo al reddito pensionistico delle donne, cioè alla somma di più pensioni, la percentuale in riduzione non cambierebbe molto». Per Sbarra occorre «rafforzare le politiche del mercato del lavoro che sostengono l'occupazione femminile, sostenere la contrattazione che agevola la conciliazione tra vita e lavoro e favorisce una migliore ripartizione delle responsabilità familiari sviluppando i servizi alla famiglia. Le donne, però devono, secondo essere maggiormente aiutate anche sul versante delle regole previdenziali dal momento che sono state molto penalizzate dalle riforme pensionistiche degli ultimi 30 anni».


GIORNALE DI SICILIA Pubblica amministrazione, salta la pensione a 70 anni
In  arrivo una proroga dello smart working per i lavoratori fragili. «Il ministero del Lavoro - spiega la ministra Marina Calderone - sosterrà ogni iniziativa volta alla proroga almeno trimestrale» del lavoro agile per i fragili. Il dossier è sul tavolo dei ministeri interessati per capire anche gli aspetti più tecnici ma dalla ministra arriva un impegno favorevole.
Tra gli emendamenti al decreto Milleproroghe, in discussione in Senato, diversi hanno come oggetto la questione del lavoro agile. I Dem propongono, tra l'altro, la proroga dal 31 marzo (come attualmente previsto) al 30 giugno. M5S si spinge, invece, fino al 31 dicembre e proroga anche per i fragili che non possono svolgere la mansione in modalità agile di equiparare i periodi di assenza al ricovero ospedaliero, escludendoli dal periodo di comporto (ovvero al lasso di tempo in cui il lavoratore subordinato assente per malattia ha diritto alla conservazione del posto). La stessa proposta è contenuta anche in un emendamento di Fratelli d'Italia. M5S propone inoltre la proroga della procedura semplificata di comunicazione telematica per i lavoratori del settore privato, senza quindi la necessità di sottoscrivere l'accordo individuale. Insomma, il pressing c'è, soprattutto da parte delle opposizioni. Come andrà a finire la partita si vedrà comunque la prossima settimana quando inizieranno le votazioni sul Milleproroghe in commissione al Senato dove sono attesi, tra l'altro, emendamenti dei relatori e del governo. Certamente nel provvedimento confluirà il decreto varato a inizio anno per la proroga ad aprile del payback sanitario.
Salta, intanto, l'ipotesi di prorogare, su base volontaria, la pensione per i dipendenti della P.A. a 70 anni. La proposta, contenuta in emendamento segnalato da Fratelli d'Italia non passa il vaglio di ammissibilità. Così come altri 36 emendamenti, per la maggior parte di maggioranza, tra i quali lo spoil system negli enti locali e l'estensione della cedolare secca sugli affitti delle case-studio. Restano, invece, gli emendamenti per l'estensione, sempre su base volontaria e per un arco di tempo limitato (fino al 2026) della pensione dei medici a 72 anni.
Da capire, invece, come l'esecutivo intenderà muoversi sulla questione balneari con l'attesa proroga del decreto attuativo della delega sulle concessioni. Ieri sono partiti i tavoli di confronto tra il ministro per gli Affari Europei Raffaele Fitto, la ministra del Turismo Daniela Santanchè e le associazioni di categoria. Il governo - riferiscono i balneari - ha confermato di voler risolvere la questione attraverso lo strumento dei decreti attuativi della legge sulla concorrenza.
Sui balneari il governoalla ricerca di una stradache sia percorribile




















































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































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