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rassegna stampa dal 18 al 20 marzo 2023

GDSonline
Addio a Ignazio Cantone, politico Dc: fu presidente della Provincia di Agrigento
È morto a 93 anni Ignazio Cantone, politico noto soprattutto nell'Agrigentino dove tra gli anni '80 e gli anni '90 è stato presidente della Provincia. Una vita passata nella Democrazia Cristiana, partito del quale è stato segretario provinciale. In passato era stato anche consigliere comunale ed assessore al Comune di Agrigento, e presidente della Camera di Commercio del capoluogo.
Cantone è morto a Roma, città nella quale si era trasferito da alcuni anni. I funerali si svolgeranno lunedì 20 marzo alle 9 a Roma nella chiesa di San Virgilio, il feretro sarà poi trasferito ad Agrigento dove mercoledì 22 marzo alle 16 nella chiesa di San Vito sarà celebrata una ulteriore cerimonia funebre.


GRANDANGOLO
Commissione Antimafia, Cracolici: "Osservatorio su appalti in Sicilia"
Lo ha detto il presidente della commissione regionale Antimafia, Antonello Cracolici, intervenendo nella serata di ieri all'incontro "Appalti pubblici
Da Redazione
"Sono qui per prendere un impegno: la Commissione antimafia regionale istituirà un osservatorio sugli appalti in Sicilia per assicurare maggiore trasparenza. Oggi il sistema di aggiudicazione è soprattutto quello del minor costo e questo perché prevale l'approccio difensivo della burocrazia, in cui il maggior ribasso deresponsabilizza le stazioni appaltanti".
Lo ha detto il presidente della commissione regionale Antimafia, Antonello Cracolici, intervenendo nella serata di ieri all'incontro "Appalti pubblici - una scalata verso la trasparenza per la legalità", promosso dalla Cna alla Camera di commercio di Siracusa, per discutere della riforma del nuovo Codice degli appalti che entrerà in vigore il primo aprile. "La Sicilia ha dieci stazioni uniche appaltanti, dobbiamo coordinare le modalità di pubblicazione dei bandi - ha aggiunto - per avere un sistema di imprese effettivamente capace di fare le opere, abolendo il più possibile i sistemi di gara cartacei. Il rischio che corriamo, con la riforma del codice degli appalti, è che in nome dello snellimento delle procedure, si saccheggi ogni principio di legalità".
"Dobbiamo avere come obiettivo quello di fare le opere per singoli lotti funzionali, in modo da consentire una reale concorrenza. Con il bonus edilizio abbiamo assistito a una proliferazione di imprese, alcune ahimè nate soltanto con la prospettiva di cedere il credito, piuttosto che realizzare le opere", ha continuato il presidente, che ha posto l'attenzione su un altro rischio: "Attenzione a non far rientrare dalla finestra quello che cerchiamo di cacciare dalla porta: il subappalto senza limiti in Sicilia è molto pericoloso, perché può tradursi in un sistema efficace di riciclaggio. Su questo vedremo come vigilare. Nei limiti delle competenze Stato-Regione-Europa proviamo a capire come rendere più complicato il subappalto a cascata, per evitare che diventi il Far West delle opere che si realizzeranno nella nostra regione".


GRANDANGOLO

No all'Autonomia differenziata, i Sindaci agrigentini alla manifestazione "Uniti e Uguali"
Tutti insieme per dire no ad una riforma delle autonomie che impoverisce il sud
Da Redazione
Tanti sindaci agrigentini questa mattina a Napoli alla manifestazione nazionale "Uniti e Uguali" insieme a centinaia di amministratori, parlamentari, forze sociali e sindacali per ribadire convintamente il "NO all' Autonomia Differenziata".
"Esprimiamo con fermezza il dissenso verso una riforma delle autonomie che impoverisce il sud e logora il principio costituzionale dell'uguaglianza tra i cittadini. Oggi una bella pagina di democrazia con l'intendo esclusivo di difendere le ragioni dei territori e delle comunità", ha dichiarato il sindaco di S.Stefano Quisquina e Presidente ALI Sicilia Francesco Cacciatore.
Fanno eco le parole del sindaco di Naro, Maria Grazia Brandara che in una nota dichiara: "tutti insieme affinché arrivasse forte la voce del nostro territorio contro una misura voluta da chi ha sempre voluto l'indipendenza e che oggi camuffa il federalismo con una misura che ha come scopo - presunto - l'efficienza dello Stato. Come sindaci del Sud, anzi, del Sud del Sud, non possiamo che essere contrari a questo progetto di depotenziamento del Meridione e siamo pronti, in ogni sede, a contrastarlo. Ne va della sopravvivenza delle nostre comunità, già provate da emarginazione, assenza di infrastrutture strategiche e da un tessuto produttivo ormai al collasso."


SICILIA24LIVE
Viabilità: entro il 3 aprile le offerte per la manutenzione della SP n. 71-B Cavaleri Magazzeni.
Scritto da Amministratore
E' pubblicato sulla home page del Libero Consorzio Comunale di Agrigento il bando di gara relativo all'accordo quadro annuale con un solo operatore economico per l'affidamento dei lavori di eliminazione delle condizioni di pericolo e messa in sicurezza della Strada Provinciale n. 71-tratto B "Cavaleri-Magazzeni". Si tratta di un appalto dell'importo complessivo di 991.500,00 euro, compresi 29.745,00 euro per oneri di sicurezza (non soggetti a ribasso), interamente finanziati con decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.
La gara sarà effettuata tramite procedura aperta e in modalità integralmente telematica, e le offerte dovranno essere presentate esclusivamente attraverso il portale appalti del Libero Consorzio entro le ore 12:00 del prossimo 4 aprile 2023. L'apertura delle offerte è previste per il successivo 4 aprile alle ore 8.30 nella sala dell'Ufficio Contratti e Gare (via Acrone n. 27 - Agrigento).
Per informazioni e modalità di presentazione delle offerte basta collegarsi al link:
http://www.provincia.agrigento.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/14811


QDS
Tornano le Province: una poltrona per... tutti
A livello nazionale si va verso l'abrogazione della legge Delrio. In Sicilia invece è già pronto un apposito Ddl
ROMA - Si riaccendono i riflettori sulle Province, che giusto nove anni fa, furono abolite con la legge n. 56 del 7 aprile 2014, altresì nota come "Delrio" dall'omonimo senatore primo firmatario del relativo Ddl. Per una volta, però, a fare la "prima della classe" su questo fronte fu la nostra Sicilia in quanto ancor prima delle indicazioni nazionali la Regione, che ai tempi aveva alla sua guida Rosario Crocetta, aveva già dato l'addio ai suddetti enti territoriali con la Legge regionale n.8 del 24 marzo 2014.
Al posto delle Province regionali in Sicilia furono così istituiti i Liberi consorzi di Comuni e le Città Metropolitane, ovvero enti di secondo livello i cui vertici avrebbero dovuto essere eletti non dai cittadini bensì dagli amministratori dei comuni che li compongono. Una ristrutturazione che, di fatto, ha "tolto la poltrona" a circa 400 politici tra presidenti, assessori e consiglieri. Uno scenario da favola nella "sprecona" Sicilia, che secondo Crocetta avrebbe consentito di risparmiare fino a 130 milioni di euro l'anno.
Eppure, di fatto, la legge si è rivelata una linea più di forma che di sostanza. Più nello specifico, sono stati cambiati nomi e nomine ma è rimasto identico tanto l'ambito territoriale quanto la dotazione di personale e risorse. Le Province, infatti, hanno continuato a vivere nella veste di Liberi consorzi e Città Metropolitane e a erogare servizi tra cui quelli principali sono la manutenzione delle scuole e delle strade. A essere abolite sono state le nomine di primo livello, sostituite da quelle di secondo livello che però nell'Isola non sono mai avvenute finendo per mettere in mano tutta la gestione al commissario di turno.
A rilanciare il tema delle Province in Sicilia è stato proprio il nuovo numero uno di Palazzo d'Orleans, Renato Schifani, il quale lo scorso 3 marzo ha presentato un apposito Ddl di riforma: "Abbiamo avviato il percorso per la reintroduzione delle Province in Sicilia. La cancellazione degli Enti, fortemente voluta dal governo dell'epoca e rivendicata dalle forze che lo sostenevano nel Parlamento regionale partiva dal presupposto della riduzione dei costi della politica, ma ha determinato un vuoto nei processi decisionali e amministrativi che ha penalizzato in maniera evidente l'erogazione di servizi importanti per i cittadini e per la tutela del territorio".
Ma prima c'è bisogno che si muova anche Roma. Il Ddl regonale è infatti subordinato all'abrogazione della già citata Delrio. E in tal senso le strategie di Regione e Governo sembrano camminare su binari paralleli: a gennaio il ministro per gli Affari regionali e le Autonomie, Roberto Calderoli, in occasione di un incontro con il Comitato direttivo dell'Unione province d'Italia (Upi) ha espressamente indicato la direzione del Governo, orientata all'abolizione dell'attuale normativa. Sul tavolo ci sono ben cinque Ddl dalla cui commistione e revisione si cercherà di individuare la formula migliore. Tutto ciò perché il paventato risparmio derivato dall'abolizione degli Enti, stando alle stime dell'Upi, avrebbe nei fatti permesso un taglio di "appena 26 centesimi per ogni cittadino" come illustrato nel dossier "Le Province oggi e domani", redatto nel 2019.
Come si legge nel rapporto, infatti, raffrontando "l'unico risparmio della Legge 56/14 accertato, i 52 milioni di cancellazione dell'indennità degli organi politici con l'aumento di 36 milioni dei costi del personale transitato nelle Regioni e nei ministeri (oltre 12.000 ex dipendenti provinciali che hanno avuto un premio di produttività in media più alto di 3.000 euro), la differenza è un risparmio di 16 milioni, pari allo 0,001 della spesa pubblica e quindi a 26 centesimi annui per ogni italiano".
"Di contro - ha evidenziato l'Upi - la riforma ha provocato un taglio 'drammatico' alle risorse che ha praticamente bloccato per cinque anni la manutenzione ordinaria dei 130 mila chilometri di strade e dalle oltre 7.000 scuole secondarie superiori in gestione: con - 43% alla spesa corrente e -71% di risorse per gli investimenti dal 2013 al 2018".
Insomma, un tuffo nel passato per il Belpaese e ancor più per la nostra Regione, in cui vige il caos considerato che i suddetti enti sono commissariati dal lontano 2013. L'Isola, dunque, come previsto dal Ddl tornerà a contare sei Province più tre Città Metropolitane, ovvero Catania, Messina e Palermo. Schifani sembra da subito voler scongiurare le preoccupazioni sui costi della manovra, rassicurando tutti sul fatto che "il numero dei consiglieri e degli assessori sarà inferiore rispetto al passato".
Stando alla proposta regionale, infatti, oltre ai nove presidenti per le province con popolazione superiore al milione di abitanti sono previsti massimo nove assessori e 36 consiglieri; per quelle tra un milione e 500.000 di abitanti, fino a sette assessori e 30 consiglieri; quelle con meno di 500.000 abitanti potranno avere massimo sei assessori e 24 consiglieri.
Numeri alla mano, insomma, si tratterebbe di reintrodurre nella nostra regione ben 316 poltrone. Dati non da poco, che sembrano andare in una direzione completamente opposta rispetto alla tanto agognata "spending review". A voler fare una stima, potremmo considerarla una manovra che potrebbe costare circa 5,2 milioni l'anno.
Una cifra che tiene conto esclusivamente dei fondi necessari a sostenere le nuove cariche politiche di presidenti e assessori. Se infatti l'impianto dovesse essere restaurato in toto così come nel passato, è possibile già prevedere il peso economico che la Regione dovrà affrontare annualmente per tenere in vita le rinnovate cariche elettive.
Per il meccanismo di calcolo abbiamo fatto riferimento al decreto presidenziale n. 19 del 2001 della Regione Sicilia, con il quale è stato reso esecutivo l'articolo 19 della Lr 30/2000. Quest'ultima infatti, ha individuato le linee guida per le "indennità di funzione e gettoni di presenza degli amministratori locali". Per quanto riguarda invece gli importi che dovrebbero essere corrisposti a presidenti e assessori, abbiamo fatto riferimento ai commi da 583 a 587 della legge n. 234 del 30 dicembre 2021, recepita in Sicilia con Lr 13 /2022. Quest'ultima ha previsto un incremento delle indennità di funzione degli amministratori locali a tutti i livelli.
Per i sindaci delle Città Metropolitane il compenso ammonta a 13.800 euro lordi mensili. Nel caso dei comuni capoluogo di provincia (oltre 100 mila abitanti), invece, l'indennità è pari a 11.040 euro al mese.
Prima della trasformazione del 2014, ai presidenti delle Province siciliane doveva essere corrisposta un'indennità equivalente a quella del sindaco del comune capoluogo di provincia. Se il meccanismo fosse confermato anche per le "nuove" Province si tratterebbe di una cifra che complessivamente, per i soli nove presidenti, sarebbe pari a 107,6 mila euro al mese, il che vuol all'incirca 1,3 milioni l'anno.
A questo vanno aggiunti i costi per sostenere gli assessori, il cui compenso è pari al 65% di quello del presidente. Stando al nuovo Ddl, dunque, a Catania e Palermo sono previsti 9 assessori, 7 nel caso di Messina. Considerando uno stipendio medio pari a 8.970 euro lordi al mese, arriviamo a 224 mila euro al mese (ovvero 2,7 milioni all'anno) per le sole tre Città Metropolitane. Per le altre sei province, invece, che registrano meno di 500 mila abitanti, è prevista la presenza di 6 assessori. Il 65% del compenso del sindaco, in questo caso, è pari a 6.760 euro al mese. Il calcolo complessivo delle indennità per i 36 assessori delle sei Province è pari a 243 mila euro al mese, ovvero 2,9 milioni di euro annui.
Soltanto presidenti e assessori costerebbero ogni anno in Sicilia 4,2 milioni di euro. Ma occorre poi calcolare anche i Consigli provinciali e qui le cose si fanno più complesse.
Se consideriamo anche i gettoni di presenza, ipotizzando la partecipazione dei 246 consiglieri provinciali anche soltanto a due sedute al mese con un corrispettivo medio di 100 euro (in ogni caso stime viste al ribasso), possiamo prevedere una spesa di circa un milione di euro l'anno. Sommando le tre voci precedentemente elencate arriviamo al totale, già anticipato, di una spesa da 5,2 milioni l'anno per i soli organi politici.
Questo soltanto il dato Siciliano. Se invece ampliamo il ragionamento a livello nazionale, il ministero dell'Interno ha già calcolato, a seguito della possibile abrogazione della Delrio, una spesa annua pari a 223 milioni di euro. Un bel respiro di sollievo per una classe politica alla ricerca di nuovi incarichi. Con il ritorno delle Province, insomma, è pronta una poltrona... per tutti.




ENTILOCALIONLINE
"RepowerEu": riunione della Cabina di regia del "Pnrr", confronto tra Regioni, Province e Comuni per la definizione del "Piano"
Una Notizia pubblicata sul sito istituzionale della Presidenza del Consiglio dei Ministri rende noto che, in data 7 marzo 2023, si è tenuta, a Palazzo Chigi, una Riunione della Cabina di regia del "Pnrr". Ad un mese di distanza dalla Cabina di regia con i principali Operatori del Settore energetico ed elettrico nazionale dello scorso 6 febbraio 2023 alla presenza del Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, si è svolto un importante confronto con i rappresentanti di Regioni, Province e Comuni per la definizione del "RepowerEu", il "Piano" europeo per fronteggiare le difficoltà del mercato energetico globale causate dalla guerra in Ucraina, che dovrà essere presentato entro il prossimo 30 aprile 2023 alla Commissione Europea.


Giornale di Sicilia
Scuola, allarme tagli pure per chi lavora nelle segreterie 

 Non solo 109 scuole in meno in Sicilia, e una drastica riduzione del numero di dirigenti di istituti, ma anche un migliaio di posti di lavoro cancellati nelle segreterie. Il grido d'allarme della Cgil, di Anief e Udir sugli effetti del ridimensionamento scolastico deciso con la Legge di bilancio 2023 - e i cui numeri però vengono l'Ufficio scolastico regionale dà una lettura diversa - si arricchisce di un nuovo aspetto: «Non solo verranno meno la dirigenza e il Dsga, ma anche un nutrito numero di amministrativi che rientrano nel personale Ata: si calcola circa 8-10 Ata per ogni istituto, per un totale di circa mille posti che spariranno venendo meno le segreterie» dice Marcello Pacifico, presidente Anief (Associazione nazionale insegnanti e formatori) e Udir (dirigenti scolastici). «Le conseguenze sul ridimensionamento si avranno non dal 2024/25 ma già con l'avvio del prossimo anno scolastico», aggiunge Pacifico: «A settembre 2023, vi saranno centinaia di scuola accorpate: il 70% si concentrerà nel Mezzogiorno, in particolare in Campania, Calabria e Puglia, oltre che nelle grandi isole Sardegna e Sicilia». E a proposito delle segreterie che vengono tagliate, commenta Pacifico: «Ci ritroviamo davanti all'ennesima operazione di risparmio ai danni della scuola, che si ritroverà degli organici tagliati. Così come è stato fatto quest'anno scolastico con l'organico aggiuntivo, venuto meno nel momento del massimo bisogno dovuto agli innumerevoli progetti legati al Pnrr che ogni scuola deve gestire in autonomia». Ieri sul nostro giornale abbiamo scritto che entro un anno solo la Sicilia rischia di perdere 109 scuole a causa degli accorpamenti. L'Ufficio Scolastico Regionale ha replicato che al momento non è stato deciso nulla e che non ci sono ancora decreti attuativi in merito, pertanto è troppo presto per lanciare allarmi. «Il problema» dice Pacifico, «è che il dimensionamento scolastico non è un rischio ma una certezza, perché è stato approvato in Parlamento lo scorso mese di dicembre: i nuovi parametri introdotti prevedono che gli istituti siano composti da almeno 900 studenti e quelli che non riescono a raggiungere il parametro numerico stabilito di iscrizioni minime, salvo le scuole collocate in territori difficili, come minimo perdono l'autonomia». I rischi sono più che ipotetici, aggiungono dall'Anief: entro il 2024 salteranno il 69% delle presidenze collocate in quasi la metà del territorio italiano in questo modo , con i centinaia di accorpamenti «previsti dall'esecutivo Meloni, ci ritroveremo sempre più in un "paese con due scuole", come illustrato pochi giorni fa dallo Svimez. Campania e Toscana hanno già presentato ricorso alla Corte Costituzionale contro questo dimensionamento scolastico tagli -istituti ed altre Regioni stanno valutando se procedere allo stesso modo. Pure Anief e Udir hanno deciso di rivolgersi alla Consulta per opporsi al dimensionamento rivisto in attuazione del Pnrr.



Accorpamenti, 109 scuole a rischio

 Allarme dei sindacati che gridano no allo smantellamento per risparmiare sul numero di dirigenti e personale: «La nostra regione sarà la più danneggiata, verranno colpite soprattutto le aree interne» Fabio GeraciPalermo Fra un anno la Sicilia potrebbe perdere 109 scuole a causa degli accorpamenti, nulla è stato deciso secondo l'Ufficio scolastico regionale. Da una parte i sindacati che gridano no allo smantellamento, dall'altra gli uffici territoriali del ministero dell'Istruzione che sostengono che è troppo presto per lanciare l'allarme sugli effetti della norma sul dimensionamento scolastico, varata all'interno della legge di bilancio: ad oggi, infatti, non ci sarebbero i decreti attuativi e quindi è impossibile fare previsioni. Per il segretario della Flc Cgil Sicilia, Adriano Rizza, invece non c'è più tempo da perdere: «Ancora tagli tra le scuole sottodimensionate, la Sicilia, tanto per cambiare, sarà la regione più danneggiata, dopo la Campania, con una riduzione per l'anno scolastico 2024/25 di 109 scuole. Il dimensionamento scolastico aumenta da 600 a 900 la soglia minima di studenti che gli istituti devono avere per rimanere in vita: questo vuol dire che tutte le scuole con meno di 900 studenti dovranno essere accorpate ad altre. Nell'Isola oltre 500 scuole, sono sotto la soglia dei 900 iscritti, questo comporterà la scomparsa di oltre 100 istituzioni e le province più colpite saranno quelle delle aree interne. L'obiettivo è risparmiare risorse a scapito degli studenti e delle loro famiglie riducendo il numero dei dirigenti e del personale amministrativo». L'Ufficio scolastico regionale è di parere diverso: «Per quest'anno la Regione ha già fatto il piano di dimensionamento - spiega il dirigente Bernardo Moschella - siamo passati da 812 a 802 scuole, di queste solo in 12 non ci sarà un dirigente titolare perché hanno un numero di alunni inferiore se si considerano i parametri attuali. Rispetto agli anni precedenti quindi la differenza è stata minima. Per il 2024, invece, bisognerà attendere che l'iter legislativo faccia il suo corso ma in questo momento è oggettivamente prematuro ipotizzare qualsiasi tipo di impatto negativo. Alla fine, infatti, dovrà essere la Conferenza Stato-Regioni a stabilire quante saranno le scuole e l'assessorato deciderà dove saranno distribuite, a seconda delle esigenze del territorio e non solo in base al numero alunni». Una linea su cui schiera anche l'Anp, l'associazione nazionale dirigenti e alte professionalità della scuola, già associazione nazionale presidi: «È vero che sono previsti accorpamenti - dice Anna Maria Catalano, presidente della sede di Palermo e dirigente scolastico al liceo scientifico Cannizzaro del capoluogo - ma confidiamo che non ci sarà una grande riduzione. Speriamo che ci sia una gestione oculata da parte della Regione che dovrà attribuire la titolarità delle dirigenze e delle segreterie: deve prevalere la tutela delle piccole scuole dove è giusto che ci sia un dirigente. Il numero sarà deciso dal ministero dell'Istruzione, poi le scelte politiche dovranno essere prese a livello regionale, di certo il nostro compito sarà quello di vigilare». La diminuzione degli studenti - si stima che ogni anno la Sicilia ne perda quasi 12 mila - rischia di avere ripercussioni sul fronte degli organici dei dirigenti e dei docenti.



LENTEPUBBLICA 

Con Quota 103 rinviato il TFR per i Dipendenti Pubblici?
Una notizia che di certo potrebbe non far piacere ai lavoratori del comparto pubblico: con Quota 103 subisce un rinvio l'erogazione del TFR per i Dipendenti Pubblici? Scopriamolo. Sono già da qualche giorno disponibili, sul sito dell'INPS, le domande per la pensione anticipata flessibile (Quota 103) e le istruzioni per opzione donna. Soprattutto la cosidetta  Quota 103, introdotta dall'ultima legge di bilancio, concede l'uscita anticipata flessibile per i lavoratori che entro la fine del 2023 maturano un'età anagrafica di almeno 62 anni e un'anzianità contributiva minima di 41 anni. Si tratta dello strumento di flessibilità in uscita che, a determinate condizioni, anticipa la pensione di 5 anni e che sarà utilizzato sperimentalmente solo per l'anno in corso, salvo ulteriori proroghe. Ma a quanto pare questa opzione può impattare negativamente sul TFR dei Dipendenti Pubblici. Con Quota 103 rinviato il TFR per i Dipendenti Pubblici? Per quanto riguarda Quota 103 si può ottenere l'uscita anticipata trascorsi tre mesi dalla maturazione dei requisiti e, comunque, non prima del 1° aprile 2023. I soli lavoratori dipendenti delle pubbliche amministrazioni devono attendere sei mesi e, se hanno raggiunto i requisiti prima della fine di gennaio, almeno il 1° agosto 2023.Ma questo come andrà a impattare sul TFR? Le novità risultano evidenziate dalla recente Circolare 27/2023 dell'INPS, che delinea le le caratteristiche principali di Quota 103.La Circolare va infatti ad esplicitare meglio quanto introdotto con la Legge di Bilancio 2023:"[...] per i lavoratori che accedono alla pensione anticipata in esame [con quota 103, ndr] il termine di pagamento dei TFS/TFR, di cui all'articolo 3 del decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 1997, n. 140, non decorre dal collocamento a riposo, ma dalla data in cui l'interessato avrebbe maturato il diritto alla corresponsione del trattamento pensionistico [...] "In sintesi chi uscirà dal lavoro con Quota 103 ad agosto 2023, per fare un esempio, con 62 anni e 41 anni di contributi, vedrà il pagamento del Tfr non prima di altri due anni e 10 mesi se donna o di altri tre anni e 10 mesi se uomo, a partire dalla data di uscita dal lavoro. I lavoratori otterranno  pertanto la liquidazione solo dopo che saranno trascorsi i termini indicati dalla data in cui avrebbero teoricamente raggiunto i 67 anni per la rendita di vecchiaia o i 41-42 anni e 10 mesi (rispettivamente per donne o uomini) per la pensione anticipata ordinaria.


Autonomia Differenziata: via libera definitivo del Consiglio dei Ministri

Il Consiglio dei Ministri ha dato l'ok definitivo anche al progetto di legge che introduce la cosiddetta Autonomia Differenziata: ecco quali sono tutte le novità.
Si tratta di un argomento parecchio discusso negli ultimi anni e che ha spesso e volentieri polarizzato lo scontro la maggioranza e opposizione in Parlamento.
Il tema del riconoscimento di forme di «autonomia differenziata» ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione si è imposto al centro del dibattito sul rapporto tra Stato e Regioni dopo l'esito non confermativo del referendum sulla riforma costituzionale, a seguito delle iniziative intraprese dalle Regioni Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna. Una questione che ha nel tempo generato contrasti ma che, secondo il Governo, non si deve considerare in alcun modo come lesiva dell'unitarietà della Repubblica e del principio solidaristico che la contraddistingue. Tra gli altri, uno dei punti più delicati del dibattito riguarda il tema delle risorse finanziarie che devono accompagnare il processo di rafforzamento dell'autonomia regionale. Vediamo comunque quali sono le novità introdotte con l'approvazione del testo. Autonomia Differenziata: via libera del Consiglio dei Ministri Il Consiglio dei ministri dunque, su proposta del Ministro per gli affari regionali e le autonomie Roberto Calderoli, ha approvato, in esame definitivo il disegno di legge che reca disposizioni per l'attuazione dell'autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario. Il disegno di legge provvede alla definizione dei "principi generali per l'attribuzione alle Regioni a statuto ordinario di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia" e delle "relative modalità procedurali di approvazione delle intese fra lo Stato e una Regione". Sul testo è stato acquisito il parere della Conferenza unificata. L'ambito delle materie nelle quali possono essere riconosciute tali forme ulteriori di autonomia concernono: tutte le materie che l'art. 117, terzo comma, attribuisce alla competenza legislativa concorrente; un ulteriore limitato numero di materie riservate dallo stesso art. 117 (secondo comma) alla competenza legislativa esclusiva dello Stato: organizzazione della giustizia di pace norme generali sull'istruzione tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali. Qui di seguito vi segnaliamo qualche punto indicativo: per tutte le altre novità si attende la versione definitiva e completa del testo. I livelli essenziali delle prestazioni Il provvedimento stabilisce che l'attribuzione di nuove funzioni relative ai "diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale" è consentita subordinatamente alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP) da parte della Cabina di regia istituita dalla legge di bilancio 2023. Il finanziamento dei LEP sulla base dei relativi costi e fabbisogni standard sarà attuato nel rispetto degli equilibri di bilancio e dell'articolo 17 della legge di contabilità e finanza pubblica (legge 31 dicembre 2009, n. 196).Il procedimento di approvazione delle intese tra Stato e regioni e la loro durata In merito al procedimento di approvazione delle "intese", si stabilisce che: la richiesta deve essere deliberata dalla regione interessata e trasmessa al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. Le risorse e le garanzie su coesione e perequazione tra le regioni Il disegno di legge stabilisce che l'attribuzione delle risorse corrispondenti alle funzioni oggetto di conferimento sarà determinata da una Commissione paritetica Stato-regione, che procederà annualmente alla valutazione degli oneri finanziari derivanti per ogni regione dall'esercizio delle funzioni e dall'erogazione dei servizi connessi all'autonomia, in coerenza con gli obiettivi programmatici di finanza pubblica e, comunque, garantendo l'equilibrio di bilancio.



Codice Comportamento Dipendenti Pubblici: stop dal Consiglio di Stato

Il Consiglio di Stato ha espresso parere non favorevole, e chiesto ulteriori chiarimenti, sullo schema di decreto che modifica il Codice di Comportamento dei Dipendenti Pubblici. Lo schema di decreto, approvato dal Consiglio dei Ministri qualche mese fa, segue le direttrici di riforma previste dal Pnrr e aggiorna coerentemente il Codice vigente del 2013, per adeguarlo al nuovo contesto socio-lavorativo e alle esigenze di maggiore tutela dell'ambiente, del principio di non discriminazione nei luoghi di lavoro e a quelle derivanti dall'evoluzione e dalla maggiore diffusione di internet e dei social media. Tuttavia i giudici del Consiglio di Stato hanno espresso numerose riserve su questo nuovo impianto normativo. Codice Comportamento Dipendenti Pubblici: stop dal Consiglio di Stato Il Consiglio di Stato ha espresso il parere previsto sullo schema di DPR recante modifiche al "Codice di comportamento dei dipendenti pubblici". I giudici amministrativi esprimono una serie di riserve sulle nuove regole introdotte dal provvedimento. In primo luogo fa sorgere dubbi la parte relativa alla tutela dell'immagine della pubblica amministrazione, in relazione "all'utilizzo delle nuove tecnologie, mezzi di informazione, social media. rilevando una indeterminatezza delle condotte sanzionabili favorita anche dall'utilizzo di espressioni linguistiche molte delle quali tratte dal linguaggio tecnico e lasciate prive di definizioni atte a esplicitarne il significato".Allo stesso modo il CdS esprime perplessità in relazione alle regole di condotta in materia di rispetto dell'ambiente, per le quali sarebbe opportuno fare "un'analisi che dia conto degli sprechi intervenuti nelle risorse e nei materiali e di quanto essi siano addebitabili a comportamenti individuali anziché a carenze di sistema ed al regime di finanziamento in consolidamento di bilancio (che, notoriamente, contraddice la raggiungibilità di standard ambientali virtuosi in assenza di investimenti nelle strutture fisiche della stessa p.a., oltre che, in generale, per tutti i cittadini destinatari di tali standard)".Alla luce di queste valutazioni i giudici esprimono un parere non favorevole: l'insieme delle nuove regole che il decreto si propone di introdurre deve essere valutato e riconsiderato. Queste nuove regole hanno infatti una pesante capacità di incidere come fonti di nuove responsabilità disciplinari e a determinare rilevanti  effetti, penali, civili, amministrativi e contabili sulla sfera dei diritti e delle libertà dei singoli.























































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































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