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rassegna stampa del 25 maggio 2023

lentepubblica.it

Licenziamento dipendente sempre malato: cosa dice la legge
Un datore di lavoro può procedere col licenziamento di un dipendente sempre malato? Ecco cosa dice la legge.Licenziamento dipendente sempre malato: come sappiamo, la malattia è un diritto del dipendente, un periodo nel quale riceve anche un'indennità.
Ma cosa succede se il dipendente si assenta molto spesso dal lavoro, a causa della malattia? Il datore di lavoro può licenziarlo per elevata morbilità?Vediamolo insieme.Licenziamento dipendente sempre malato: il datore può licenziare il dipendente?Secondo la legge, un datore di lavoro non può licenziare un dipendente perché si prende troppi giorni di malattia.
Ma può succedere, se il dipendente supera il periodo di comporto. Si tratta di un termine, che indica il lasso di tempo, entro il quale il dipendente può assentarsi per malattia, senza incorrere nel rischio di licenziamento.
La durata del periodo di comporto varia se il dipendente è un impiegato o un operaio.Per gli impiegati, la durata del periodo di comporto è regolamentata dalla legge (art.6 Regio Decreto Legge n°1825/24), in relazione all'anzianità di servizio:Tre mesi, se l'anzianità di servizio è inferiore ai 10 anni;Sei mesi, se l'anzianità di servizio supera i 10 anni.Se, però, il contratto collettivo prevede condizioni migliori, si applicano queste.Per gli operai, invece, il periodo di comporto per malattia dipende esclusivamente dal contratto collettivo. Ad esempio, per il CCNL Commercio e Terziario, viene previsto un periodo di 180 giorni, in un anno solare.Se, quindi, le assenze del lavoratore superano il periodo di comporto previsto, può scattare il licenziamento che, però, non sarà disciplinare, ma per giustificato motivo oggettivo.Licenziamento dipendente sempre malato: il parere della CassazioneIn una recente sentenza (sent. N° 11174/2023 del 27/04/2023), la Cassazione ha affermato che:"il licenziamento intimato per il perdurare delle assenze per malattia o infortunio del lavoratore, ma prima del superamento del periodo massimo di comporto fissato dalla contrattazione collettiva o, in difetto, dagli usi o secondo equità, è nullo per violazione della norma imperativa di cui all'articolo 2110, comma secondo, cod. civ.".Perciò, il datore di lavoro non può licenziare il lavoratore per eccessiva morbilità, fino al superamento del periodo di comporto.
In caso di superamento di questo periodo, il lavoratore può essere licenziato per giustificato motivo oggettivo.Sarà comunque facoltà del datore di lavoro riammettere il dipendente in azienda, per un breve periodo, per verificare che sia ancora in grado di espletare le sue mansioni. In caso contrario, si potrà procedere col licenziamento.Il dipendente licenziato, però, ha diritto a:Periodo di preavviso;Pagamento del TFR;Assegno di disoccupazione dell'Inps.

ilsole24ore.it
Pensioni, su del 5,2% il costo delle uscite dei dipendenti pubblici: il 58,9% sono anticipate

Dall'ultima rilevazione dell'Inps emerge che all'1 gennaio 2023 risultano erogate agli "statali" 3.107.983 pensioni per un costo di 83,3 miliardi. Il 59,6% dei trattamenti è versato a donne. Le Regioni con il numero più elevato di pensionati pubblici sono Lombardia e Laziodi Marco Rogari24 maggio 2023La rilevazione dell'Inps sull'andamento della gestione dei dipendenti pubblici (Gdp) mette in evidenza come il 58,9% degli assegni erogati agli statali all'1 gennaio 2023 sia in forma anticipata o d'anzianità. E questi trattamenti assorbono 54,416 miliardi, pari a quasi due terzi del conto complessivo da 83,3 miliardi per i trattamenti pensionistici degli "statali". Tutte le uscite dei dipendenti pubbliciAlle uscite anticipate si aggiungono quelle di vecchiaia, che rappresentano il 14,3% del totale, per un importo annuo di 13,736 miliardi. Le pensioni di inabilità sono una fetta pari al 6,5% e il restante 20,3% è costituito, complessivamente, dalle pensioni erogate ai superstiti.Più pensionate che pensionati
L'Inps fa sapere che il 59,6% del totale dei trattamenti pensionistici dei dipendenti pubblici è erogato a donne, contro il 40,4% versato a uomini. In tutte le categorie di pensione, con la sola esclusione delle pensioni di inabilità, l'Istituto ha rilevato una maggior presenza di pensionate sui pensionati, «con differenziazione massima nelle pensioni ai superstiti in cui le donne rappresentano il 16,8% del totale delle pensioni e gli uomini il 3,5%».Il 39,8% della spesa al Nord, al Sud il 36,4%
Il numero maggiore di assegni è erogato nelle Regioni settentrionali (40,9%) E sempre al Nord è concentrato il 39,8% della spesa, ma le Regioni del Sud e le Isole sono a un'incollatura (36,4%), mentre il restante 23,6% è assorbito dall'Italia centrale.


provincia.agrigento.it

Gli esami per l'attività di trasportatore di merci per conto terzi su strada del prossimo 26 maggio si svolgeranno nell'aula "Pellegrino" di via Acrone.

 Si svolgeranno il prossimo 26 maggio nell'aula multimediale "S. Pellegrino" e non nell'aula consiliare "L. Giglia", come precedentemente comunicato, gli esami della prima sessione 2023 per l'abilitazione alla professione di trasportatore nazionale e internazionale di merci per conto terzi, organizzati dal Settore "Politiche Attive del Lavoro e dell'Istruzione, Solidarietà Sociale, Trasporti" del Libero Consorzio Comunale di Agrigento,  
Pertanto i quaranta candidati ammessi a partecipare alla prova dovranno presentarsi entro le ore 8,30 del 26 maggio nella sala "Pellegrino" , in via Acrone  n. 27 ad Agrigento. Ricordiamo che l'assenza è considerata rinuncia alla prova d'esame e, in tal caso, il versamento per i diritti di segreteria non è rimborsabile.
Per ulteriori informazioni relative agli esami o all'elenco dei candidati ammessi è possibile rivolgersi al Settore Trasporti in via Esseneto 66 (tel. 0922/593645/680) ed alle sedi URP del Libero Consorzio presenti in vari comuni della provincia.
I candidati che supereranno gli esami potranno svolgere la professione di autotrasportatore di merci su strada in Italia e su tutto il territorio dell'Unione Europea.


entilocalionline.it
Auto blu: le vetture in dotazione alle amministrazioni pubbliche italiane si è più che dimezzato per effetto della spending review
Il parco auto in dotazione alle amministrazioni pubbliche italiane si è più che dimezzato rispetto al 2011: anno in cui questa voce finì sotto la scure della spending review per opera del Governo Berlusconi. Stando a quanto emerso dai dati diffusi dal Dipartimento della Funzione pubblica in collaborazione con Formez PA, analizzati da Centro Studi Enti Locali, al 31 dicembre 2022 le auto blu e grige in dotazione alle amministrazioni pubbliche italiane erano 30.665. Sette auto su 10, tra quelle in dotazione alle amministrazioni pubbliche italiane, sono di proprietà (21.770). A queste si sommano 7.981 veicoli a noleggio, di cui solo 17 con conducente, e 533 auto in leasing. Ancora meno (379) quelle in comodato (379).Diversamente da quanto avviene attualmente, l'adesione al monitoraggio delle auto di servizio nel 2011 era facoltativa. Il dato che ne emerse (sicuramente sottostimato rispetto a quello reale) fu di 72.000 auto di cui 2mila auto "blu blu" destinati agli eletti (di rappresentanza politico-istituzionale a disposizione di autorità e alte cariche dello Stato e delle amministrazioni locali), 10.000 auto "blu" riservate ai vertici apicali delle amministrazioni (di servizio con autista a disposizione di dirigenti apicali) e 60.000 auto "grigie" (senza  autista, a disposizione degli uffici per attività strettamente operative). Sono escluse da queste cifre le oltre 60mila auto adibite a scopi di sicurezza e difesa e in dotazione alla polizia municipale e provinciale.  Sebbene la curva, negli ultimi anni, abbia fatto registrare una piccola ripresa, rispetto ad allora il parco delle auto pubbliche si è complessivamente quindi più che dimezzato. Le auto censite al 31 dicembre 2019 erano 25.668, l'anno dopo sono state 26.627 e, alla fine del 202, il totale dei mezzi era di 29.894. Va precisato però che parallelamente è diminuito il tasso degli enti inadempienti all'obbligo di comunicare i dati relativi ai propri veicoli. Quelle 5mila auto in più che risultano all'attivo degli enti rispetto al dicembre 2019, potrebbero verosimilmente non essere il frutto di una effettiva espansione del parco mezzi, quanto piuttosto delle auto che erano rimaste fuori dalla fotografia scattata allora. Se si guarda al dato dei comuni, ad esempio, ne emerge che i mezzi in loro possesso alla fine dell'anno scorso erano 14.765 contro i 12.035 di tre anni prima. Nel 2020 però i dati presi in considerazione attenevano solo al 71% dei comuni contro l'86% dell'ultimo censimento. Fatte le dovute proporzioni quindi, sebbene ci sia stato un aumento di 2.730 auto, in realtà il rapporto tra ente e veicolo è leggermente sceso passando da 2,3 a 2,2 mezzi per amministrazione.Un andamento che si ritrova anche in altri segmenti: i mezzi a disposizione delle province sono passati da 1.053 del dicembre 2019 agli attuali 1.111, ma a fronte di un incremento del 5% del numero di amministrazioni rispondenti.Per regioni e province autonome l'ultimo dato parla di un parco auto di servizio pari a 1.667 contro i 1.326 di due anni prima ma la percentuale di adesione al censimento è passata dal 66% al totale 100%.Perfettamente comparabili, invece, i dati relativi alle amministrazioni dello stato che hanno sempre fatto registrare l'en plein di partecipazione al censimento. In questo caso c'è stato un effettivo aumento del numero delle auto di servizio. A parità di dati trasmessi (100%), si è infatti passati dai 196 mezzi del 2019 ai 178 del 2020, 221 del 2021 e 224 del 2022.In nove casi su dieci, queste vetture sono a disposizione degli uffici e non hanno un autista dedicato. Solo 1.072 quelle che sono ad uso esclusivo con autista (l'auto blu per antonomasia) e 1.627 quelle a uso non esclusivo con autista.


Autonomia differenziata: ufficialmente insediato il Comitato per l'individuazione dei "lep" relativi ai diritti civili e sociali
Un Comunicato-stampa diramato dal Dipartimento per gli Affari regionali e le Autonomie della Presidenza del Consiglio dei Ministri ha reso noto che, in data 9 maggio 2023, si è ufficialmente insediato il Clep, il Comitato per l'individuazione dei "livelli essenziali delle prestazioni" relativi ai diritti civili e sociali. Come si apprende dal Comunicato, si tratta di un Gruppo di 61 esperti che supporterà il lavoro della Cabina di regia per la determinazione dei "livelli essenziali delle prestazioni", con l'obiettivo di individuare quei diritti civili e sociali che il cittadino italiano può pretendere dai vari soggetti costituenti la Repubblica italiana."Da oltre 22 anni c'è un vuoto normativo che deve essere colmato, individuando finalmente quei diritti civili e sociali stabiliti nella prima parte della Costituzione che non possono essere considerati di destra o di sinistra ma sono di tutti i cittadini italiani", ha dichiarato il Ministro Calderoli. A guidare il Clep sarà il Prof. Cassese che, in occasione dell'insediamento del Comitato, ha illustrato i lavori e dettato tempi e modalità di organizzazione delle attività. Il primo step sarà la costituzione di Gruppi di lavoro, distinti per aree tematiche.Una prima parte dei lavori sarà dedicata all'individuazione di materie o ambiti di materia che abbiano o non abbiano riferibilità con i "lep". Vi sono infatti materie che, non avendo incidenza su diritti civili e sociali, non hanno necessità di individuazione "lep". Tale fase occuperà la prima parte dei lavori, che si prevede di concludere entro giugno 2023Verrà poi una seconda fase, durante la quale si procederà alla definizione dei "livelli essenziali delle prestazioni" per le materie o gli ambiti di materia restanti. Si prevede di concludere questa seconda parte dei lavori entro ottobre 2023.



agrigentonotizie.it
Aica, la società ha perso oltre un milione e 300mila euro: il nuovo cda chiede una relazione agli ufficiI componenti del consiglio di amministrazione prendono atto di una relazione di fine aprile dell'ex commissario Scalia che individua un cospicuo buco nelle casse dell'ente che però nessuno pare saper quantificare
C'è un "buco" di circa un milione e mezzo di euro nel bilancio di Aica. Anzi, per essere più precisi e anche più in tema con il linguaggio del servizio idrico, è una perdita. Una somma consolidata, messa nero su bianco nel bilancio per l'anno 2022 e cristallizzata lo scorso 17 aprile in un atto a firma del commissario straordinario Fiorella Scalia."Un'elevata perdita", la definisce oggi in un provvedimento il nuovo Cda, con il presidente Settimio Cantone che, contattato telefonicamente, ha chiarito che, in sintesi, non parla di numeri di cui non è sicuro.Infatti il consiglio di amministrazione, ammesso che "se non vengono adottati gli opportuni provvedimenti, di compromettere la situazione economico-finanziaria di Aica", ha desso ritenuto di "acquisire una dettagliata relazione economico-finanziaria sulle cause strutturali e contingenti che hanno determinato una perdita di siffatto ammontare".Una relazione che dovrà essere realizzata dal Collegio dei Revisori "in ordine alle cause che hanno prodotto il disallineamento negativo della gestione economico-finanziaria, evidenziando i fatti di gestione economica rilevanti, le criticità riscontrate, il rapporto costi/oneri sostenuti e ricavi/proventi conseguiti, avendo cura di fornire osservazioni e proposte al Consiglio di Amministrazione per eventuali misure correttive da adottare nell'immediato al fine di raggiungere il pareggio di bilancio".Nella delibera del commissario Scalia si parla di una perdita di gestione di 1 milione e 300mila euro "principalmente a causa dell'aumento del costo dell'energia elettrica". A questo si aggiunge, secondo scalia, una pedita di gestione di oltre 3 milioni di euro sempre per il medesimo motivo, con i costi per energia che hanno un impatto del 35% sul totale dei costi. Una situazione che, appunto, il Cda vuole contro-verificare ma che è stata già esposta in modo abbastanza chiaro dalla delibera 8 dell'allora commissario Scalia, la quale evidenziò come la società avesse soprattutto una difficoltà da gestire, cioè gli elevatissimi costi per l'energia elettrica. Sempre l'ex commissario, ma nella sua lettera di commiato ribadì come Aica dovesse al più presto dotarsi di un piano aziendale per iniziare a ridurre le perdite e rendere solida la propria struttura economica.Intanto, nelle more che gli uffici facciano i conti, il Consiglio di amministrazione ha trovato una nuova "casa" per Aica. Al modico prezzo di 90mila euro annui per una sede ceduta in affitto da una società, la  Ventana Srl. L'unica proposta tra quelle vagliate, secondo il Cda che "in tempi celeri consentirebbe il trasferimento della sede aziendale. Inoltre, fra le soluzioni sopra prospettate, la stessa risulta la più idonea per gli scopi in oggetto, in considerazione del buono stato di conservazione, nonché delle considerevoli dimensioni dei fabbricati e degli spazi proposti che consentirebbero ad Aica di poter concentrare in un unico sito tutti i propri comparti".









































































































































































































































































































































































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