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rassegna stampa del 15 giugno 2023

lentepubblica.it

Blocco assunzioni e progressioni verticali: quando si applica?
In quali casi può sussistere, nel pubblico impiego, il blocco delle assunzioni e delle progressioni verticali? A rispondere a questa domanda è una sentenza della Corte di Cassazione.Ovviamente anche nella Pubblica Amministrazione, come in ogni posto di lavoro privato, la progressione di carriera rappresenta un sistema, ben dettagliato e organizzato secondo un modello preciso, quasi gerarchico.Una disciplina idonea a valorizzare le professionalità interne alla pubblica amministrazione, senza rinunciare al rigore che necessariamente deve connotare uno sviluppo di carriera.Ovviamente il sistema delle progressioni non va direttamente a impattare su quello delle nuove assunzioni, che continua a seguire le regole dell'ingresso nelle amministrazioni tramite il sistema delle procedure concorsuali.
In alcune eventualità, tuttavia, si può verificare il blocco delle assunzioni e delle progressioni verticali nel pubblico impiego. Ad occuparsi di questo argomento nello specifico è una sentenza della Cassazione che, seppur non recentissima, offre una chiave di lettura importante sulla questione.Blocco assunzioni e progressioni verticaliL'obbligo di adozione della programmazione triennale del fabbisogno, da parte degli organi di vertice delle amministrazioni pubbliche, è sancito dalla legge 27 dicembre 1997, n. 449 che all'art. 39, comma 1, lo finalizza alle esigenze di funzionalità e di ottimizzazione delle risorse "per il migliore funzionamento dei servizi compatibilmente con le disponibilità finanziarie e di bilancio".Pertanto la pianificazione dell'approvvigionamento di risorse umane deve necessariamente conciliare le esigenze segnalate dai diversi uffici con il rispetto della sostenibilità finanziaria delle scelte organizzative adottate e dei vincoli posti dalla legge in materia di assunzioni.
E a determinati paletti sono in linea teorica quasi tutte le amministrazioni statali. Con nota circolare 11786/2011, il Dipartimento della Funzione Pubblica ha infatti specificato che: "[...] le amministrazioni soggette a limitazioni delle assunzioni sono pressoché tutte: le amministrazioni dello Stato, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, tutte le Agenzie, le Regioni, le Province, i Comuni, le Università, le Camere di commercio, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, compresi gli enti di ricerca."Per gli enti che non rispettano i vincoli finanziari e che vengono meno al patto di stabilità interno può dunque essere imposto il blocco delle assunzioni.Il blocco delle assunzioni in determinati casi ha il duplice scopo di limitare gli oneri finanziari a carico del bilancio pubblico ed avviare una graduale riduzione del personale contestuale all'incremento dell'efficienza dei servizi resi.Il parere della CassazioneNel caso esaminato dalla Suprema Corte un ente pubblico si era trovato al centro di una controversia riguardante le procedure per le progressioni verticali di carriera e una procedura di blocco delle assunzioni a proprio carico.In estrema sintesi, secondo i giudici della Cassazione, nel pubblico impiego contrattualizzato, il blocco delle assunzioni e delle progressioni verticali è applicabile anche alle Regioni ed agli altri Enti locali.Questo poiché il comma 95 dell'articolo 1 della legge 311/2004, che non lo ha previsto direttamente, va letto in combinato disposto con il comma 98 dello stesso articolo, che ha fissato precisi limiti alla spesa pubblica degli enti locali.I limiti alla spesa pubblica, in modo particolare, impattano su quella concernente il personale.Questa norma non viola l'articolo 117 della Costituzione: "La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali."Il motivo è che quale espressione del potere statale di coordinamento della finanza pubblica, questa norma incide solo indirettamente sulla organizzazione amministrativa dell'Ente.


entilocalionline.it
Riforma Concorsi pubblici: dopo il Parere positivo del Parlamento sullo Schema di Decreto, arriva il via libera definitivo del Governo
Il Parlamento, lo scorso 17 maggio 2023, ha espresso parere positivo sullo Schema di Decreto, poi approvato definitivamente dal Governo il 7 giugno 2023, relativo alla disciplina per l'accesso al lavoro pubblico. Alla fine di maggio il Provvedimento era stato registrato dalla Corte dei conti ed ora si attende solo la successiva pubblicazione in Gazzetta Ufficiale e la sua entrata in vigore, dopo di che saranno operative le nuove disposizioni di legge.
L'emanazione di questo Provvedimento era quanto mai necessaria essendo ormai trascorsi quasi 30 anni dall'ultima Riforma organica della materia risalente al 1994 (Dpr. n. 487/1984 - "Regolamento recante norme sull'accesso agli impieghi nelle Pubbliche Amministrazioni e le modalità di svolgimento dei concorsi, dei concorsi unici e delle altre forme di assunzione nei pubblici impieghi").La Riforma dei Concorsi pubblici introduce procedure concorsuali più semplici e veloci, interviene sui requisiti di accesso nelle Pubbliche Amministrazioni, prevede maggiori tutele per le donne in gravidanza e per chi ha specifici disturbi dell'apprendimento, viene assicurato l'accesso ai rifugiati e cambiano le modalità di pubblicazione dei Bandi e di Comunicazione ai candidati.
In modo particolare, il nuovo Decreto prevede l'utilizzo del Portale del reclutamento "InPa", strumento digitale necessario, per il momento, per selezionare i Professionisti ed Esperti per il conferimento di incarichi di collaborazione finalizzati all'attuazione del "Pnrr" ma che, successivamente, a regime, dovrà essere utilizzato per tutte le procedure di selezione della Pubblica Amministrazione.
Di conseguenza, tutti i Bandi di concorso dovranno essere pubblicati su "InPa", con l'obiettivo di far confluire in un'unica sede, appunto la Piattaforma, anche le informazioni e le comunicazioni relative alla procedura concorsuale. Anche le domande di partecipazione alle prove selettive andranno inoltrate solo ed esclusivamente attraverso "InPa".


gds.it
Via l'abuso d'ufficio, limiti ai ricorsi dei Pm in caso di assoluzione 

 Via l'abuso d'ufficio e via anche il potere del pm di impugnare le sentenze di assoluzione, che resta solo per i reati più gravi. Stretta sulla pubblicazione delle intercettazioni da parte dei giornalisti che potranno riportare solo i colloqui contenuti nei provvedimenti dei giudici. Reato di traffico di influenze illecite fortemente ridimensionato. E sull'applicazione della custodia cautelare in carcere si dovrà pronunciare, un giudice collegiale, non più un singolo magistrato (ma la norma entrerà in vigore tra 2 anni). E ancora: prima della decisione l'indagato dovrà essere interrogato dal giudice, tranne se c'è pericolo di fuga o di inquinamento delle prove e in caso di reati gravi. Nel nome di Silvio Berlusconi il Consiglio dei ministri si appresta a dare oggi il via libera al primo pacchetto di riforme sulla giustizia messo a punto dal ministro Nordio. «È un passo importante verso un processo davvero giusto» assicura il viceministro di Forza Italia Francesco Paolo Sisto. Ma il testo è destinato a dividere. Se Azione e Iv apprezzano la riforma, il presidente dell'Anm Giuseppe Santalucia esprime «preoccupazione» per le troppe «criticità», a partire dalla cancellazione del reato che crea «un vuoto di tutela inspiegabile». Allarmata dalle «ulteriori restrizioni alla libertà di stampa» la Fnsi: «Si rischia di tornare a far scivolare l'Italia nelle classifiche dei Paesi liberi in cui il giornalismo deve essere il cane da guardia della democrazia». Otto articoli in tutto per il ddl passato dal preconsiglio dei ministri. La norma più attesa, quella sull'abuso d'ufficio, terreno di tensioni dentro la maggioranza. Ma alla fine ha prevalso la linea di Nordio. Il reato viene cancellato con un tratto di penna perché le modifiche introdotte in questi anni non hanno eliminato lo «squilibrio» tra le iscrizioni nel registro degli indagati e condanne: l'anno scorso sono stati archiviati 3.536 dei 3.938 fascicoli aperti nel 2022. E nel 2021 in primo grado ci sono state solo 18 condanne. Cura dimagrante invece per il traffico di influenze: il suo ambito di applicazione viene «limitato a condotte particolarmente gravi», fuori anche tutti i casi di «millanteria», mentre sale la pena minima edittale. Unghie tagliate ai pm che non potranno più presentare appello contro le sentenze di assoluzione che riguardano reati di «contenuta gravità». Una strada già tentata in passato con la riforma Pecorella bocciata dalla Corte costituzionale. Potranno essere impugnate dal pm invece le assoluzioni per i reati più gravi, compresi quelli del Codice Rosso. Sulle intercettazioni oltre all'estensione del divieto di pubblicazione, si chiede a pm e giudici di limitarsi: dovranno stralciare dai brogliacci e dai loro provvedimenti i riferimenti alle persone terze estranee alle indagini. Consapevole delle carenze di organico nella magistratura, la riforma prevede l'assunzione di 250 nuovi giudici e stringe i tempi del concorso di accesso. E con una norma di interpretazione autentica evita il rischio che siano dichiarate nulle sentenze pronunciate in procedimenti per gravissimi reati di criminalità organizzata e terrorismo alle quali hanno concorso giudici popolari con più di 65 anni, limite massimo fissato dalla legge per la loro nomina.


teleoccidente.it
Ddl Province, M5S all'Ars: "Corsa cieca e insensata, si rinvii il termine per gli emendamenti".


"Assurdo legiferare su una materia così importante come il ripristino delle Province, senza acquisire il parere fondamentale di importanti interlocutori pubblici che sull'ente di area vasta, dall'alto della loro esperienza, potranno dare significative e preziosissime indicazioni".
Lo affermano il capogruppo del M5S all'Ars Antonio De Luca e i componenti Cinquestelle della commissione Affari istituzionali Angelo Cambiano e Martina Ardizzone, che per questo hanno scritto al Presidente dell'Ars Gaetano Galvagno e al Presidente della Prima Commissione, Ignazio Abbate, per chiedere di posticipare il termine degli emendamenti al disegno di legge in discussione successivamente all'audizione di parti qualificate quali: l'associazione dei Comuni (ANCI), l'associazione siciliana degli amministratori del Enti locali (ASAEL), l'Unione nazionale comuni comunità enti montani (UNCEM), l'associazione nazionale comuni isole minori (ANCIM), le autonomie locali (ALI), e i segretari e ragionieri generali delle ex province, e i dirigenti del settore scuola e della viabilità delle ex province.
"Mancando ancora la norma nazionale che prevede il ripristino degli enti in questione - dice Antonio De Luca - ci sembra assurdo procedere senza fare le necessarie audizioni prima di formulare gli emendamenti. Che senso ha correre all'impazzata? Cerchiamo, invece di approntare un testo che consenta poi ai nuovi enti di operare nel migliore dei modi possibili. Già sono troppe, e lo abbiamo segnalato a più riprese, le incertezze che stanno accompagnando fin dalla culla questo ddl, che risulta monco di parti fondamentali come quella relativa alla dotazione finanziaria delle Province e delle funzioni da attribuire ad esse".





























































































































































































































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