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rassegna stampa del 5 luglio 2023

ITALIAOGGI.

Autonomia differenziata, Amato, Bassanini, Gallo e Pajno lasciano la Commissione Cassese. Gli ex presidenti della Corte Costituzionale Amato e Gallo, l'ex presidente del Consiglio di Stato Pajno e l'ex ministro della Funzione pubblica Bassanini non lavoreranno più al progetto voluto dal ministro Calderoli: "Non ci sono più le condizioni per una nostra partecipazione". Il nodo sta nell'individuazione delle finanze necessarie per procedere con la riforma e nello scarso ruolo attribuito al parlamento.

Colpo di freno sui lavori parlamentari per la riforma sull'autonomia differenziata del ministro Calderoli. Quattro membri di peso del comitato per l'individuazione dei Lep (Liveli essenziali delle prestazioni). A lasciare il progetto sono gli ex presidenti della Corte Costituzionale Giuliano Amato e Franco Gallo, l'ex presidente del Consiglio di Stato Alessandro Pajno e l'ex ministro della Funzione pubblica Franco Bassanini. "Non ci sono più le condizioni per una nostra partecipazione ai lavori del Comitato". E pur dicendosi "pienamente consapevoli dell'importanza che avrebbe per il Paese una completa e corretta attuazione" delle previsioni costituzionali, sollevano un problema sui costi dei Lep e sullo scarso ruolo previsto per il parlamento nella loro individuazione. I quattro costituzionalisti sottolineano di aver già proposto dei correttivi alla riforma nell'ambito dei lavori del comitato. I loro suggerimenti sono stati però respinti. Da qui, le dimissioni. Da sempre critico sulla riforma è il Pd, che - per bocca del presidente dei senatori dem Francesco Boccia - parla oggi di "pietra tombale sul ddl Calderoli". La lettera dei dimissionari, continua Boccia, "demolisce lo scheletro di quel progetto di riforma dimostrando che l'autonomia differenziata è solo una bandierina propagandistica del Carroccio che non ha possibilità di essere realizzata se non a costi che il Paese non si può permettere, pena l'ulteriore accentuazione delle diseguaglianze territoriali".
Risale allo scorso 26 giugno la lettera con la quale Giuliano Amato, Franco Bassanini, Franco Gallo e Alessandro Pajno spiegano le ragioni del proprio dissenso ed ufficializzano l'addio al Comitato per i livelli essenziali di assistenza guidata dal giurista Sabino Cassese. Ecco il testo:
"Caro Ministro, caro Roberto, Caro Presidente, caro Sabino,
Abbiamo apprezzato l'attenzione che avete dedicato ai nostri rilievi sui problemi di procedura e di merito che solleva l'attuazione dell'art. 116 della Costituzione in materia di autonomia differenziata così come disciplinato dalla legge di bilancio per il 2023. Abbiamo anche apprezzato, caro Ministro, alcune tue importanti affermazioni sull'oggetto dell'autonomia differenziata, in particolare allorché hai condiviso durante il seminario di Astrid l'interpretazione per la quale le "forme e condizioni particolari di autonomia" da attribuire alle Regioni ex art. 116 riguardano specifici compiti e funzioni e non intere materie, e hai escluso trasferimenti di competenze in materia di norme generali sull'istruzione.
Abbiamo anche apprezzato il fatto che Sabino Cassese abbia proceduto nell'ambito del CLEP alla istituzione di un nuovo sottogruppo dedicato alla individuazione dei LEP nelle materie non ricomprese nel perimetro indicato dall'art. 116 terzo comma.
Restano però irrisolti alcuni problemi di fondo. Innanzitutto quelli che derivano dalla evidente contraddizione tra il primo periodo dell'art. 1 comma 791 della legge di bilancio per il 2023 e alcune disposizioni successive. Il primo periodo del comma 791, come ben sai, recita:
«Ai fini della completa attuazione dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione e del pieno superamento dei divari territoriali nel godimento delle prestazioni, il presente comma e i commi da 792 a 798 disciplinano la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti in tutto il territorio nazionale, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, quale soglia di spesa costituzionalmente necessaria che costituisce nucleo invalicabile per erogare le prestazioni sociali di natura fondamentale, per assicurare uno svolgimento leale e trasparente dei rapporti finanziari tra lo Stato e le autonomie territoriali [.....] e il pieno superamento dei divari territoriali nel godimento delle prestazioni inerenti ai diritti civili e sociali e quale condizione per l'attribuzione di ulteriori funzioni». (evidenziazioni nostre).
Nel paper di Astrid, che tu ben conosci, abbiano esposto le ragioni per le quali riteniamo che questa disposizione della legge di bilancio interpreti correttamente il dettato costituzionale, quale si ricava degli artt. 116.3, 117.2, lett. m, e 119 della Costituzione. E che questo comporti inevitabilmente, prima della attribuzione di nuove specifici compiti e funzioni ad alcune Regioni con le corrispondenti risorse finanziarie, la determinazione di tutti i LEP attinenti all'esercizio di diritti civili e sociali e la definizione del loro finanziamento, secondo i principi e le procedure dell'art. 119 della Costituzione. Essendo le risorse disponibili determinate dai vincoli di bilancio (imposti dall'art. 81 della Costituzione), è evidente che la determinazione dei LEP richiederà una valutazione complessiva dei LEP che il Paese è effettivamente in grado di finanziare, valutazione che non può essere fatta materia per materia, perché ci si troverebbe alla fine nella condizione di non potere finanziare i LEP necessari ad assicurare l'esercizio dei diritti civili e sociali nelle materie lasciate per ultime. Tale valutazione spetta al Parlamento come risulta evidente non solo per il dettato dell'art. 117.2 (competenza legislativa esclusiva), ma anche perché spettano al Parlamento le scelte fondamentali sulla allocazione delle risorse pubbliche. Il ricorso al criterio della spesa storica peraltro non risolve il problema, perché la spesa storica riflette le disuguaglianze territoriali nel godimento dei diritti fondamentali che l'art. 117, lett m, mira a superare. In sostanza, la spesa storica rischia di cristallizzare le disuguaglianze, che è l'opposto di quanto la Costituzione e il comma 791 vogliono fare.
   


LENTEPUBBLICA.

Concluso l'iter del Decreto lavoro: ecco tutte le misure.

Il Decreto Lavoro ha concluso l'iter di approvazione: ecco le misure incluse, dal taglio al cuneo fiscale allo smart working.
Il Decreto Lavoro era stato approvato lo scorso primo maggio, coincidendo simbolicamente con la Festa dei Lavoratori, poi, è stato approvato in linea definitiva dal Parlamento, lo scorso 29 giugno, concludendo l'iter di approvazione.
Come dichiarato dalla Ministra del Lavoro Marina Calderone, le nuove norme contengono interventi con cui "sosteniamo il potere di acquisto e politiche più inclusive".
Vediamo allora le misure.
Misure Decreto Lavoro: terminato l'iter di approvazione
Il Decreto Lavoro comprende novità in diversi campi, dagli stipendi alla modalità di lavoro dei dipendenti, passando per le misure a sostegno dei cittadini in difficoltà.
Ecco le misure nel dettaglio.
Taglio del cuneo fiscale
Dal primo luglio, si passa dal 3% al 7% per i redditi annui fino a 25mila euro e dal 2% al 6% per i redditi fino a 35mila euro.
Si tratta di un'ulteriore "sforbiciata", dopo quella contenuta nella Legge di Bilancio 2023, che influirà positivamente sulle buste paga dei lavoratori.
Smart working
È arrivata la proroga del lavoro agile
Fino al 30 settembre per i lavoratori fragili, sia nel pubblico che nel privato;
Fino al 31 dicembre, per i genitori di figli under 14 nel settore privato.
Contratti a termine
Non saranno più necessarie le causali per le proroghe, ma anche per i rinnovi dei contratti a termine fino a 12 mesi, nel settore privato.
Per i contratti a termine di durata oltre i 12 mesi e non superiori ai 24 mesi, entrano in gioco nuove causali, che sostituiscono quelle del Decreto Dignità.
misure decreto lavoro, Somministrazione e apprendistato
Saranno esclusi dal limite percentuale (dunque con deroga al tetto del 20% dei lavoratori assunti a tempo indeterminato) i lavoratori con contratti di apprendistato e alcune categorie, come
I lavoratori in mobilità;
Disoccupati con trattamenti di disoccupazione (non agricola);
Ammortizzatori sociali da almeno 6 mesi;
Lavoratori svantaggiati.
Reddito di Cittadinanza
Dal 1° gennaio 2024 terminerà il Reddito di Cittadinanza, per fare posto all'Assegno di Inclusione. La misura sarà erogata alle famiglie con un disabile, un minore o un over 60.
Tra le ultime novità introdotte, c'è l'estensione dell'assegno alle persone in cura presso i servizi socio-sanitari.
Cambia anche il concetto di offerta congrua: i genitori di figli under 14 saranno tenuti ad accettare un'offerta a tempo indeterminato, solo se entro gli 80km dal proprio domicilio o raggiungibile coi mezzi di trasporto pubblico.
Negli altri casi, il beneficiario dell'assegno è tenuto ad accettare, in tutta Italia, un rapporto a tempo indeterminato o a termine di durata oltre i 12 mesi, un lavoro a tempo pieno o a tempo parziale non inferiore al 60% dell'orario a tempo pieno, quando la retribuzione non è inferiore ai minimi salariali previsti dai contratti collettivi.
Dal primo settembre, inoltre, arriva il Supporto per la formazione e il lavoro, ovvero un'indennità di 350 euro, prevista per chi ha un'età compresa tra i 18 e 59 anni, è in condizioni di povertà assoluta, con un Isee inferiore ai 6000 euro annui e che non può accedere all'Assegno di Inclusione.
Fringe benefit
Sale la soglia esentasse per i beni o i servizi concessi dal datore di lavoro, come le utenze domestiche.
Si passa dagli attuali 258 euro a 3mila euro, ma solo per i dipendenti con figli a carico.
Turismo
Arriva la detassazione del lavoro straordinario e notturno nei festivi, per il settore turistico e termale.
Inoltre, dal 1°giugno al 21 settembre 2023, arriva un bonus pari al 15% delle retribuzioni lorde.




SCRIVOLIBERO.

Lampedusa, Schifani: "Grazie a Piantedosi  e Johansson per la visita. Adesso attendiamo atti concreti da Bruxelles".

«Esprimo il mio apprezzamento per la visita di oggi a Lampedusa del ministro dell'Interno Matteo Piantedosi e della commissaria europea Ylva Johansson.È un segnale di grande attenzione da parte delle istituzioni nazionali e internazionali nei confronti dell'isola, che affronta un'emergenza continua e chiede soluzioni definitive ai problemi legati al flusso ininterrotto di migranti. Da tempo evidenziamo l'inadeguatezza delle strutture di prima accoglienza e di assistenza. Adesso contiamo che dopo questa visita seguano atti concreti e si dimostri che Bruxelles è al fianco dell'Italia e della Sicilia in questa sfida comune». Lo dice il presidente della Regione Siciliana Renato Schifani.


LIVESICILIA.

Non sarà un'estate a secco, Schifani: "Atti importanti" I dati e il commento del presidente della Regione.

«Il recupero della disponibilità di risorse idriche negli invasi siciliani, dovuto anche alle consistenti piogge dell'ultima primavera, ci consente di guardare alla stagione estiva con serenità. Siamo consapevoli, tuttavia, che occorre non abbassare la guardia. Per questo il governo regionale lavora, fin dal suo insediamento, per risolvere le criticità del sistema di invasamento, per aumentare la capacità delle dighe, per la pulizia dei bacini e per la manutenzione degli impianti di distribuzione. Occorre garantire alle città e alle imprese agricole un adeguato approvvigionamento idrico per scongiurare ogni futura emergenza».
Lo dice il presidente della Regione Siciliana Renato Schifani, commentando l'aumento dei volumi idrici negli invasi siciliani certificato dal report mensile di giugno 2023 dell'Autorità di bacino. «Nelle ultime settimane - prosegue il governatore - sono stati compiuti atti concreti di grande importanza, alcuni dei quali attesi da decenni: sono stati conclusi i lavori di ammodernamento della rete irrigua della diga Trinità, nel Trapanese, mentre pochi giorni fa sono stati firmati i contratti per la realizzazione degli interventi che consentiranno di completare la grande diga Pietrarossa, nel Catanese. Inoltre, l'amministrazione regionale lavora in stretto raccordo con la cabina di regia nazionale per individuare nuovi, ulteriori interventi e abbiamo inviato al commissario nazionale per l'emergenza idrica l'elenco delle opere da finanziare in Sicilia».


BLOGSICILIA.

Squillano contemporaneamente tutti i cellulari in Sicilia, è l'It-alert, scatta a mezzogiorno, ecco cosa fare. Le istruzioni di Regione e Protezione Civile.

Tutti  i telefoni cellulari, domani, mercoledì 5 luglio, alle 12, in Sicilia saranno raggiunti da un messaggio di testo "IT-alert", il nuovo sistema di allarme pubblico nazionale. Tutti i dispositivi agganciati a celle di telefonia mobile nell'Isola suoneranno contemporaneamente, emettendo un segnale distintivo diverso da quello delle notifiche a cui siamo abituati.
Cosa fare
Chi riceve il messaggio di test non ha nulla da temere e non dovrà fare nulla tranne leggere il messaggio. L'invito per tutti, che abbiano ricevuto correttamente il messaggio o meno, è quello di andare sul sito www.it-alert.it e rispondere al questionario: le risposte degli utenti, infatti, consentiranno di migliorare lo strumento. I test
Tra fine giugno e i primi di luglio saranno effettuati, nelle cinque regioni che aderiscono alla sperimentazione (Toscana, Sardegna, Sicilia, Calabria, ed Emilia Romagna), ulteriori test per verificare le funzionalità del sistema. Superata la fase di test, "IT-alert" consentirà di informare direttamente la popolazione in caso di gravi emergenze imminenti o in corso, in particolare rispetto a sei casistiche di competenza del Servizio nazionale di protezione civile: maremoto (generato da un terremoto), collasso di una grande diga, attività vulcanica (per i vulcani Vesuvio, Campi Flegrei, Vulcano e Stromboli), incidenti nucleari o emergenze radiologiche, incidenti rilevanti in stabilimenti industriali o precipitazioni intense. È importante sottolineare che "IT-alert" non sostituirà le modalità di informazione e comunicazione già in uso a livello regionale e locale, ma andrà a integrarle.
Le parole di Schifani
"La Sicilia - sottolinea il presidente della Regione, Renato Schifani - è tra le cinque regioni italiane che prendono parte a questa iniziativa della Protezione civile nazionale per testare il nuovo sistema di allarme pubblico. Invito tutti i siciliani a partecipare attivamente alla sperimentazione per consentire il miglioramento dello strumento. Speriamo di non dovere mai farne uso, ma dobbiamo essere pronti per evitare di farci trovare impreparati in situazioni di estremo pericolo per la popolazione. Partecipare al test è un dovere civico. Per tutti".
Ogni dispositivo mobile connesso alle reti degli operatori di telefonia può ricevere un messaggio "IT-alert": non è necessario iscriversi, né scaricare nessuna applicazione, e il servizio è anonimo e gratuito per gli utenti. Attraverso la tecnologia cell-broadcast i messaggi "IT-alert" possono essere inviati a un gruppo di celle telefoniche geograficamente vicine, delimitando un'area il più possibile corrispondente a quella interessata dall'emergenza.
Ci sono ovviamente dei limiti tecnologici: un messaggio indirizzato a un'area può raggiungere anche utenti che si trovano al di fuori dell'area stessa oppure in aree senza copertura può capitare che il messaggio non venga recapitato. La capacità di ricevere i messaggi dipenderà anche dal dispositivo e dalla versione del sistema operativo installata sul cellulare: i test serviranno a verificare tutte le eventuali criticità per ottimizzare il sistema.


QDS

Politiche sociali, dalla Regione 16 milioni di euro per i disabili gravissimi.

I fondi saranno destinati a tutte le Asp dell'Isola sulla base della comunicazione del numero delle persone affette da disabilità gravissima. Quasi 16 milioni di euro per il pagamento del beneficio economico in favore dei disabili gravissimi per il mese di giugno 2023. L'Assessorato regionale della Famiglia, delle Politiche Sociali e del Lavoro ha impegnato la somma di 15.921.732 euro, a valere sul "Fondo regionale per la disabilità". I fondi saranno destinati a tutte le Asp dell'Isola sulla base della comunicazione del numero delle persone affette da disabilità gravissima. I soggetti censiti al mese di giugno risultano pari a 13.062.
"Grande attenzione della Regione per i più fragili"
«Grande attenzione da parte del governo regionale per le categorie più fragili - dice il presidente della Regione Siciliana Renato Schifani. - La disabilità è una condizione che riguarda non solo il singolo individuo ma coinvolge anche i familiari. Per questo, il nostro impegno è quello di fornire loro un adeguato supporto attraverso queste misure».
«Ci stiamo impegnando ad essere sempre puntuali con i pagamenti perché - dice l'assessore Nuccia Albano - attraverso questi contributi offriamo un sostegno concreto a migliaia di persone in condizione di grave deficit».


IL FATTO QUOTIDIANO.

Autonomia differenziata, la fuga dei "big" dal comitato dei saggi: 4 dimissioni, anche Amato. "Non ci sono più le condizioni per partecipare". 

A neanche tre mesi dall'inizio dei lavori, il Comitato che deve definire gli standard minimi di servizio pubblico indispensabili per garantire i "diritti civili e sociali" in vista dell'Autonomia differenziata va già in frantumi. Lo strappo interno ai "saggi" - sull'argomento più delicato della riforma bandiera della Lega - è a opera degli ex presidenti della Corte Costituzionale Giuliano Amato e Franco Gallo, insieme all'ex presidente del Consiglio di Stato Alessandro Pajno e all'ex ministro della Funzione pubblica Franco Bassanini. I quattro "big", scelti insieme ad altri 57 direttamente dal ministro per gli Affari Regionali e le Autonomie Roberto Calderoli, hanno deciso di fare un passo indietro con una lettera, anticipata da Il Sole 24 Ore, indirizzata al presidente del Comitato, Sabino Cassese, e allo stesso ministro leghista nella quale scrivono che "non ci sono più le condizioni per una nostra partecipazione ai lavori del Comitato".
I motivi dietro lo strappo - Tradotto: la ragione principale della loro decisione è legata ai dubbi sollevati sui costi dei Livelli essenziali di prestazione, cioè gli standard minimi di servizio pubblico indispensabili per garantire in tutto il territorio nazionale i "diritti civili e sociali" tutelati dalla Costituzione. I quattro spiegano al ministro che "restano irrisolti alcuni problemi di fondo", sottolineando "la evidente contraddizione" tra le norme scritte in legge di Bilancio per arrivare a definire i Lep: da un lato si parla di "pieno superamento dei divari territoriali nel godimento delle prestazioni", fissando la determinazione delle soglie minime come primo step, ma nei commi successivi - notano - non si indica la necessità di costruire l'intero complesso dei Lep prima di iniziare a trasferire le funzioni alle Regioni. Il rischio implicito, sottolineano, è che gli ultimi servizi che passeranno di competenza dallo Stato alle Regioni non avranno fondi a disposizione perché già impegnati nelle precedenti funzioni. Amato, Bassanini, Gallo e Pajno sostengono nella lettera di aver inviato a Calderoli dei possibili correttivi, ottenendo un "niet" sia dallo stesso ministro che da Cassese, al quale sono seguite le dimissioni. Il Comitato perde dunque pezzi anche se i quattro dimissionari spiegano che il passo indietro non è un atto ostile all'idea di autonomia differenziata, "perché - scrivono - restiamo pienamente consapevoli dell'importanza che avrebbe per il Paese una completa e corretta attuazione" delle previsioni costituzionali.
Calderoli: "Stupore e rammarico" - Dopo ore di silenzio è arrivata la replica del ministro Calderoli, da sempre strenuo sostenitore dell'autonomia e ora al centro delle polemiche alimentate dai partiti di opposizione: "Sono francamente stupito, sorpreso e rammaricato trattandosi, non solo di esperti, ma anche di amici ed ex colleghi con cui ho lavorato da decenni. Mi avevano mandato una lettera segnalandomi che non avrebbero partecipato ulteriormente ai lavori del Clep senza però dirmi che si sarebbero dimessi", sostiene ad Affaritaliani.it. "Avevamo affrontato il tema dei livelli essenziali delle prestazioni di tutte le materie e non solo quelle riferite agli enti territoriali, tanto che era stato creato un sottogruppo ad hoc per studiare tutte le altre materie concordando che questa estensione nell'ambito dei Lep non fosse pregiudiziale alla definizione stessa dei Lep delle 23 materie possibilmente oggetto di trasferimento alle regioni - ha aggiunto - Quindi questa decisione mi coglie di sorpresa, avevamo concordato un percorso e di colpo hanno assunto questa posizione". Calderoli ha anche chiarito che il progetto dell'autonomia differenziata non subirà uno stop: "Assolutamente no - ha risposto a una domanda in proposito - Erano 62 membri nel comitato e ora ne restano 58, ancor più motivati nella definizione dei Lep e nel raggiungimento dell'obiettivo". E per il vicepresidente della Camera Fabio Rampelli, esponente di Fratelli d'Italia, le dimissioni hanno "un sapore politico" più che "un vero fondamento di merito".
Le opposizioni attaccano: "Pietra tombale" - Secondo l'ex ministro per gli Affari Regionali, e presidente dei senatori Pd, Francesco Boccia, le dimissioni rappresentano la "pietra tombale" sul disegno di legge Calderoli. "Il buon senso imporrebbe a governo e maggioranza di fermarsi e approfondire", gli fa eco il collega di partito Andrea Martella. Parla di uno "schiaffo all'autonomia differenziata" la presidente di Azione, Mara Carfagna, aggiungendo che le dimissioni sono "il colpo del ko a una riforma iniqua e sbagliata". La presidente del Consiglio Giorgia Meloni "metta davvero l'interesse della nazione davanti ai suoi sogni di gloria legati al premierato, e fermi questo sconsiderato progetto finché è in tempo", è l'appello da parte della capogruppo M5S in commissione Affari costituzionali, Alessandra Maiorino. A chiedere "ulteriori approfondimenti da parte della Commissione Affari Costituzionali del Senato" è anche l'Alleanza Verdi-Sinistra. Anche l'Anpi, da sempre tra le associazioni più critiche nei confronti del disegno di legge, chiede al governo di ritirare il provvedimento, mentre il presidente della Campania, Vincenzo De Luca, è tornato a ribadire che l'autonomia differenziata "spacca il Paese e penalizza il Sud".



ITALIAOGGI. 

L'istituzione del nuovo sottogruppo inteso alla individuazione dei LEP nelle materie non ricomprese nel perimetro dell'art. 116 è un passo avanti, ma non risolve il problema. Da una parte infatti, nell'impostazione che è stata data ai lavori del CLEP (con il nostro dissenso), si tratta soltanto, per questo sottogruppo come per gli altri, di fare una mera opera di ricognizione dei LEP già rinvenibili nella legislazione esistente, non di proporre alla cabina di regia (ma tramite essa inevitabilmente alla valutazione del Parlamento: riserva di legge), i nuovi LEP necessari per assicurare effettivamente il superamento delle disuguaglianze territoriali nell'esercizio dei diritti civili e sociali. Vi sono infatti materie nelle quali il legislatore non ha mai proceduto a determinare LEP e molte altre nelle quali questa determinazione è stata parziale. E non è mai stato fatto il lavoro di comparazione complessiva dei LEP con le risorse finanziarie, volta a definire quali livelli essenziali effettivamente sono assicurabili a tutti, senza discriminare nessuno o creare insostenibili oneri per la finanza pubblica.

D'altra parte, è del tutto evidente che questo ultimo sottogruppo non sarà in grado di ricevere da tutte le P.A. interessate gli elementi necessari per presentare le sue proposte entro i termini molto brevi stabiliti dalla legge di bilancio per il 2023; termini ancor più inadeguati se si considera che la determinazione dei nuovi LEP spetta inevitabilmente al Parlamento, e che questa determinazione dovrebbe comportare quel complesso lavoro di comparazione dei LEP tra di loro e dei LEP con le risorse finanziarie disponibili di cui si è detto.
Come avevamo proposto, la contraddizione fra il dettato costituzionale (116, 117 e 119) e il primo periodo del comma 791, da un lato, e le altre disposizioni della legge di bilancio, dall'altro, si potrebbe risolvere modificando queste ultime mediante appositi emendamenti al disegno di legge Calderoli, facendo così correttamente prevalere le norme costituzionali. Ma abbiamo inteso che questa proposta non è condivisa né da te, né da Sabino Cassese. Non è stata parimenti condivisa la nostra proposta di consentire al Parlamento, nel corso dell'esame del disegno di legge Calderoli, di definire preventivamente alcuni limiti alla negoziazione delle intese, da intendersi come contenuti non negoziabili, quali per esempio le norme generali sull'istruzione o le grandi infrastrutture nazionali di trasporto (autostrade, ferrovie, grandi porti e aeroporti), le reti di telecomunicazione e le infrastrutture nazionali di trasporto e distribuzione dell'energia elettrica e del gas.
Analoga pregiudizialità, come abbiamo dimostrato nel paper, riguarda la attuazione dell'art. 119 della Costituzione. E' vero che l'art. 116 condiziona l'autonomia differenziata al solo rispetto dei principi dell'art. 119. Ma finché non sono stati determinati tutti i LEP, e non sono stati ridefiniti, in relazione ai loro costi standard, gli strumenti e i modi per assicurare a tutte le Regioni una effettiva autonomia tributaria che consenta loro di finanziare integralmente i LEP medesimi, la effettiva portata di quei principi resta indeterminata e indeterminabile.
Per tutte queste ragioni, che qui abbiamo solo sinteticamente riassunto (intelligenti pauca), siamo costretti a prendere atto che non ci sono le condizioni per una nostra partecipazione ai lavori del CLEP.
Vogliamo però assicurarvi che restiamo pienamente consapevoli dell'importanza che avrebbe per il Paese una completa e corretta attuazione delle disposizioni costituzionali ricordate, a partire dalla completa determinazione dei LEP necessari per assicurare in tutto il territorio nazionale l'esercizio dei diritti civili e sociali superando disuguaglianze consolidate nel tempo ma non per ciò meno inaccettabili e meno incostituzionali. Non faremo mancare dunque il nostro apporto - personale e tramite le ricerche e proposte di Astrid - perché questo obiettivo sia raggiunto. Già abbiamo avviato un lavoro di analisi e predisposizione di proposte per la piena e corretta attuazione delle disposizioni dell'art. 119 della Costituzione, in modo da coniugare il finanziamento integrale delle funzioni attribuite alle Regioni e agli enti locali (a partire dal finanziamento dei LEP), l'autonomia tributaria delle Regioni (con la riattivazione del circuito della responsabilità tra prelievo e spesa), l'equilibrio della finanza pubblica (art. 81 Cost.) e il superamento dei divari e delle disuguaglianze tra i territori. Non faremo neppure mancare, più in generale, il nostro contributo al dibattito pubblico su tutti questi problemi, decisivi per il futuro del nostro Paese. E continueremo a sperare che nel corso dei prossimi mesi maturi un ripensamento tale da riportare il percorso di attuazione dell'autonomia regionale differenziata nei binari definiti dalla Costituzione.
Con i saluti più cordiali.
Calderoli, nell'istituire la commissione, aveva dichiarato: "Ho fatto una piccola Costituente. E ne sono orgoglioso. Ora si inizia a lavorare in parlamento. Bisognerà definire le materie e gli ambiti di materia riferibili ai Livelli essenziali delle prestazioni, concernenti i diritti sociali e civili che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale. Il parlamento deciderà quali materie saranno riferibili ai diritti sociali e civili, ed è una delle scelte più difficili a cui sarà chiamato. A stabilire i Lep, i costi e i fabbisogni sarà la Cabina di regia che sarà supportata da un comitato tecnico scientifico di cui vado orgoglioso" aveva commentato. Si tratterà di "un organo che ha quasi una valenza costituente. Una rappresentanza del meglio che l'Italia può offrire dal punto di vista scientifico e delle competenze, senza distinzione di schieramento politico". "Una volta che sarà fatto il lavoro di indicare i Lep e i costi e fabbisogni standard, si potrà fare in modo che i diritti civili e sociali siano garantiti su tutto il territorio nazionale" aveva concluso.


ITALIAOGGI.

Lavoro, le opposizioni depositano una pdl sul salario minimo a 9 euro l'ora. Depositata alla Camera la proposta di legge unitaria delle opposizioni (Pd, M5S, Sinistra italiana, Azione, Europa Verde e +Europa) sul salario minimo. Non aderisce alla proposta Italia viva. La relazione che accompagna il testo riporta i dati Inps sui lavoratori subordinati, secondo cui sono circa 4,6 milioni quelli sotto i 9 euro previsti dalla proposta delle opposizioni.

Depositata alla Camera la proposta di legge unitaria delle opposizioni (Pd, M5S, Sinistra italiana, Azione, Europa Verde e +Europa) sul salario minimo. Non aderisce alla proposta Italia viva. La proposta di legge, intitolata "Disposizioni per l'istituzione del salario minimo", è firmata da tutti i leader dei partiti di opposizione che sono anche deputati e dai rispettivi capigruppo a Montecitorio. Si tratta di 8 articoli per arrivare al salario minimo di 9 euro lordi all'ora. Il primo articolo prevede che "In attuazione dell'articolo 36, primo comma, della Costituzione, i datori di lavoro, imprenditori e non imprenditori, "sono tenuti a corrispondere ai lavoratori di cui all'articolo 2094 del codice civile una retribuzione complessiva sufficiente e proporzionata alla quantità e alla qualità del lavoro prestato". Il testo prevede, poi, che la legge di bilancio per il 2024 definisca un beneficio temporaneo per accompagnare l'adeguamento al trattamento economico orario di 9 euro delle eventuali più basse retribuzioni previste da contratti collettivi di settori meno sviluppati da un punto di vista sociologico.
La relazione che accompagna il testo riporta i dati Inps sui lavoratori subordinati, secondo cui sono circa 4,6 milioni quelli sotto i 9 euro previsti dalla proposta delle opposizioni. Negli ultimi giorni i leader del Pd Elly Schlein e del M5s Giuseppe Conte avevano duramente contestato la politica del governo per le fasce più deboli della popolazione. "È una giornata molto importante - ha scritto su Facebook il leader del Movimento Cinque Stelle, Giuseppe Conte -. Da anni il Movimento 5 Stelle si batte per il salario minimo legale da 9 euro l'ora e oggi abbiamo depositato una proposta condivisa da tutte le forze di opposizione, ad eccezione di Italia Viva. Giorgia Meloni, che pure guadagna 30 volte tanto, nel discorso alle Camere per la fiducia si era definita "underdog", ossia "svantaggiata". La presidente del Consiglio smetta di dire no al salario minimo e non si dimentichi di coloro che "svantaggiati" lo sono davvero, di chi rimane indietro con buste paga da fame che non permettono neppure di soddisfare i bisogni più elementari. Si tratta di una misura necessaria per il Paese, per dare respiro a oltre 4 milioni di lavoratori, in particolare giovani e donne".
"Il salario minimo serve nel nostro Paese, facciamolo con i contratti, come ci indica l'Ue. Indicare una soglia, un compenso minimo per legge ci espone a diversi rischi: la fuga dall'applicazione dei contratti in molte aziende, uno schiacciamento verso il basso della dinamica retributiva dei salari medi e soprattutto un espandersi del lavoro nero e del sommerso". Lo rimarca il segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra. "La retribuzione non è fatta solo di compenso minimo, perché bisogna aggiungere tredicesima, ferie Tfr, maggiorazioni, lavoro notturno, previdenza complementare, sanità integrativa, formazione continua, voci che - insiste Sbarra - solo un contratto può assicurare".
"Nel nostro paese esiste una questione salariale, non vi è dubbio. Come affrontare tale questione per garantire una retribuzione equa e dignitosa, proporzionata alla quantità del lavoro svolta, è la vera sfida che dovremo affrontare nel breve-medio termine", commenta il Presidente di Legacoop, Simone Gamberini. "Dal 2020 ad oggi -prosegue Gamberini- la cooperazione ha rinnovato oltre il 75% dei contratti collettivi siglati da CGIL, CISL e UIL. Guardiamo con interesse al progetto di legge in materia di Salario Minimo presentato dalle opposizioni, soprattutto per il riferimento al ruolo centrale della contrattazione collettiva nella determinazione dei trattamenti economici minimi e quelli complessivi, e siamo disponibili ad un confronto. Riteniamo, però, che per affrontare il tema efficacemente, si debbano affrontare alcune problematiche ad oggi esistenti: il tema della rappresentanza delle parti sociali, che potrebbe essere affrontato con un'adeguata normazione, rispettosa delle specifiche identità dell'impresa cooperativa, per mantenere salda la capacità della contrattazione di accompagnare e spingere l'innovazione e, insieme, la qualificazione del lavoro; la contrattazione di II livello, attraverso percorsi di qualificazione ed incentivazione di strumento in grado di dare risposte più aderenti alle capacità produttive di territori e settori; gli appalti pubblici, attraverso l'adeguamento di quelli in essere per il riconoscimento degli importi contrattati in sede di rinnovo dei CCNL; dar forza alla contrattazione collettiva anche attraverso percorsi di detassazione degli aumenti contrattuali".
Il Presidente di Legacoop evidenzia, inoltre, che il rinvio alla normativa già in essere nel settore cooperativo, quale unico esempio di fissazione dei minimi stabiliti dalla Contrattazione Collettiva, "è una prova evidente di come, estendendo questa previsione a tutti i lavoratori, si può arrivare per via di contrattazione a stabilire dei minimi che abbiano valore di legge; la regolazione della rappresentanza, il 'disboscamento' della giungla contrattuale e il riferimento ai contratti leader sono la strada da seguire".


ILSOLE24ORE.

Autonomia differenziata, perché non servono modifiche alla legge Calderoli. Quello che il CLEP sta elaborando è il tentativo di ridurre a sistema i percorsi già compiuti sul tema dei livelli essenziali e di individuarne le lacune.

Il percorso in atto nell'ambito della Commissione chiamata a definire i livelli essenziali delle prestazioni relative ai diritti civili e sociali ex lett. m), comma II, dell'art. 117 Cost. (d'ora in poi CLEP) non ha altro scopo che quello identificato nel suo titolo: a 20 anni di distanza dalla riforma del titolo V, Parte II della Costituzione, sebbene molto sia stato fatto in questa direzione tramite leggi e atti normativi di secondo grado (si pensi ai LEA, ai LEPTA, ai LEPS e a molto altro ancora), restano nodi di una rete che ora va ricucita secondo un disegno organico.
Quello che il CLEP sta elaborando è il tentativo di ridurre a sistema i percorsi già compiuti sul tema dei livelli essenziali e di individuarne le lacune, nel tentativo di ridisegnare la fisionomia del welfare italiano secondo uno schema unitario. Tale schema è necessario per rispondere alle molte domande ancora senza risposta, prima fra tutte la definizione di "livello essenziale" (ad es. trattasi di prestazioni da erogare o da standard da rispettare per l'erogazione efficace delle stesse o di due facce della stessa medaglia?).
È forse utile ricordare che la competenza in esame, sancita dalla norma costituzionale sopra citata, è una competenza esclusiva dello Stato centrale. Ma è anche trasversale rispetto alle competenze sia concorrenti sia esclusive delle Regioni, secondo quanto più volte affermato dalla Corte Costituzionale, il che comporta la necessità di attivare sempre processi di cooperazione tra i due livelli di governo finalizzati al migliore è più condiviso esercizio di tale competenza.
Tutte le materie previste dall'art. 116, III comma, che definisce gli ambiti in cui sarà possibile, da parte di una o più regioni, richiedere funzioni aggiuntive rispetto a quelle loro attribuite dalla legislazione in vigore, sono al momento sotto esame, al fine di operare una ricognizione della legislazione vigente e identificare quegli ambiti di materie in cui i livelli essenziali non sono presenti né necessari (es. la previdenza complementare, i rapporti internazionali ecc...); a ciò si aggiunga che ogni sottogruppo, che esamina una materia, ha anche il compito di indicare dove invece si ritiene occorrano livelli essenziali, attualmente non previsti, rispetto ai quali occorrerebbe procedere a compiere tale identificazione.
È stato richiesto, nell'ambito dei lavori del CLEP, di ampliare il suo raggio di azione oltre la fase ricognitiva relativa alle materie di cui all'art. 116, III comma, per identificare livelli essenziali in tutti i campi toccati da diritti civili e sociali. In questa prima fase si è proceduto come detto sopra senza tuttavia escludere che si possano compiere ulteriori passi e ulteriori riflessioni.
Sta di fatto che, anche solo per quanto riguarda le materie ex art. 116, III comma, il compito che si sta portando avanti è - all'evidenza - molto complesso, stanti anche i vincoli di bilancio che ogni decisione legislativa e amministrativa deve rispettare. Il che comporta anche mettere in campo dei processi che consentano nel tempo e secondo la necessaria gradualità di raggiungere gli scopi identificati, senza la pretesa di fare tutto e subito. Costruire oggi un moderno ed efficiente Stato sociale è opera tanto difficile quanto urgente: se il lavoro che si va compiendo nel CLEP potrà dare un contributo, questo non potrà che giovare al bene del Paese, senza che questo comporti dividere i territori e i gruppi sociali, soprattutto se questo sarà fatto con il contributo di tutti.
*Professore Ordinario di Diritto Costituzionale all'Università degli Studi di Milano, membro del Clep (comitato per l'individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali).






   











































































































































































































































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