giornale di sicilia
Diplomi troppo facili, la Regione mette
sotto esame 68 istituti
Nel mirino le paritarie per le iscrizioni anomale al quinto anno
All'origine di tutto ci sono dati anomali sulle iscrizioni al quinto anno delle scuole superiori paritarie. E
soprattutto un boom di chi è riuscito a saltare in un sol colpo dal quarto anno agli esami di maturità.
Numeri che hanno portato anche in Sicilia il sospetto che alcuni istituti si siano trasformati in
diplomifici e tanto è bastato perché da Roma arrivasse alla Regione l'input ad avviare una serie di
ispezioni per verificare quali scuole hanno ancora i requisiti per essere considerate paritarie.
L'assessore all'Istruzione, Mimmo Turano, ha firmato con il capo dell'Ufficio scolastico regionale
Giuseppe Pierro, il protocollo che avvia le verifiche in tutte le 68 scuole superiori paritarie della Sicilia.
Poichè la Regione non dispone di un proprio servizio ispettivo, sarà l'Ufficio scolastico a mettere a
disposizione i propri uomini. Che dovranno verificare «prioritariamente le scuole di secondo grado
caratterizzate da un numero di diplomati che si discosta significativamente dal numero di alunni
frequentanti le classi iniziali e intermedie». Questo si legge nel passaggio centrale del protocollo che
avvia le ispezioni. Ed è una formula che recepisce i sospetti nati dai numeri che sono arrivati sul
tavolo del ministro Valditara da qualche settimana: a livello nazionale nel 2022 oltre 30 mila studenti
hanno lasciato la scuola pubblica durante il quarto anno o alla fine di questo per passare a una
paritaria . E in particolare 10 mila di questi «studenti migranti» sono andati in 92 scuole (sulle 1.423
presenti in Italia) che da Roma sono state individuate e su cui adesso si accendono prioritariamente i
riflettori. Di queste, 4 sono in Sicilia: due nel Palermitano e altrettante nell'Agrigentino. I dati indicano
che ci sono istituti che sono passati da una settantina di iscritti al quarto anno a oltre 300 al quinto.
Ora scattano le verifiche. E fra le prime cose che gli ispettori dovranno controllare c'è la frequenza dei
ragazzi del quinto anno: ciò per fugare un altro sospetto che rimbalza da Roma, e cioè che nelle
paritarie sia stato violato l'obbligo a carico degli studenti di frequentare almeno tre quarti delle
giornate di lezione per potere accedere all'anno successivo o agli esamini di maturità.
Ma a questo punto l'azione che Regione e Ufficio scolastico hanno concordato sarà più ampia.
L'accordo prevede che le verifiche si estendano alla «permanenza di tutti i requisiti di legge» per
ottenere il titolo di scuola paritaria. E ancora: alla regolarità contabile e contributiva, al rispetto delle
norme sul reclutamento del personale e ai contratti applicati, all'anagrafe di docenti e alunni e perfino
alla trasparenza sul web.
In questa fase le verifiche riguarderanno per lo più le 68 superiori e potranno essere anche a
sorpresa. Nel caso in cui vengano riscontrate irregolarità, soprattutto sugli esami di stato, può
scattare la revoca dell'accreditamento col sistema pubblico. «Le scuole paritarie sono un un pezzo
importante del mondo siciliano dell'istruzione e l'intesa siglata con l'Ufficio scolastico regionale
intende dare valore a ciò che funziona, colpendo le irregolarità e soprattutto i cosiddetti diplomifici»
ha detto ieri Turano. L'assessore ha poi aggiunto: «Diamo il via a una serie di controlli approfonditi
che sono speculari all'attività avviata dal ministro Valditara a livello nazionale dopo la pubblicazione di
un dossier che ha portato a galla il fenomeno delle maturità comprate che tocca purtroppo anche la
Sicilia».
Rifiuti sulle Provinciali Intervento di
bonifica
Prosegue, intensa, l'attività di risanamento ambientale da parte del Libero Consorzio Comunale di
Agrigento sul territorio provinciale. Il personale dell'impresa di Trapani, aggiudicataria dell'accordo
quadro per la bonifica dai rifiuti abbandonati nel territorio provinciale, coordinato dai tecnici del settore
Ambiente dell'ente ha completato il primo lotto di interventi che ha consentito di rimuovere un enorme
quantitativo di rifiuti su alcune strade provinciali. In particolare ammonta a ben 10 tonnellate il
quantitativo di amianto rimosso, da conferire ai centri autorizzati per lo stoccaggio di questo
pericoloso materiale.
Il gruppo risanamento ambientale, diretto da Achille Contino e coordinato dal responsabile unico del
procedimento Sergio Miccichè e tresponsabile di cantiere Antonio Sciarratta, ha programmato gli
interventi sulle seguenti strade provinciali, e aree adiacenti, in considerazione del notevole
quantitativo di rifiuti accumulati negli ultimi mesi su strade molto frequentate, in particolare nei mesi
estivi. Si tratta della provinciale Esa Chimento, la numero 80 Agrigento - Baiata - Favara, la Aragona
- Joppolo, la provinciale 17 tratto Aragona - Santa Elisabetta, provinciale 71 Cavaleri - Magazzeni, la
nunero 1 Spinasanta - Villaseta, la provinciale 67 Licata-Torre di Gaffe, 38 Licata - Montesole -
strada statale 115, provinciale 27 Realmonte - Capo Rossello e 68 Lido Azzurro - Punta Grande -
Realmonte.
Purtroppo gli sporcaccioni non risparmiano nessuna zona della città. Gli incivili non sono diminuiti, si
sono solo fatti più furbi: invece di abbandonare i rifiuti per strada ora lo fanno in maniera chirurgica,
fuori dai centri abitati. Ed una di queste discariche è sorta lungo la provinciale 71. In questo caso è
stata effettuata la recinzione di alcuni spiazzi e di due cabine elettriche dismesse per evitare ulteriori
accumuli di rifiuti.
L'azione di risanamento ambientale, delegata alle ex Province è stata finanziata con fondi di bilancio
del Libero Consorzio, con una spesa biennale di 315.000 euro più Iva, confermando le somme
stanziate nell'ultimo biennio. (*PAPI*)
agrigentonotizie.it
Agrigento Capitale italiana della cultura, Ecua frena sulla fondazione: "Necessario approfondire lo statuto"
L'università agrigentina, che pure è tra i promotori dell'iniziativa, segna una prima frenata nel percorso di approvazione
Dopo l'approvazione della giunta comunale, lo statuto della fondazione che si dovrà occupare di progetti e gestione dei fondi di Agrigento Capitale italiana della cultura subisce un primo "stop".Nel pomeriggio di oggi il Cda del Consorzio universitario Ecua ha infatti deciso di non approvare, ma unicamente analizzare e rinviare ad altra data l'eventuale votazione dello strumento.In particolare, da quanto trapela, il Consorzio vorrebbe chiarimenti rispetto alla possibilità per la fondazione di affidare in modo diretto i ruoli del project manager e dell'executive manager: queste due figure, dice lo statuto, saranno ricoperte "in fase di costituzione e per il primo triennio sono individuati nelle persone che hanno collaborato attivamente per conto dell'associazione MeNo alla stesura del dossier di candidatura", quindi Roberto Albergoni e Margherita Orlando.Il cda di Cupa, pare, sarebbe pronto anche a chiedere parere all'autorità anticorruzione, prendendo atto che Anac già in passato si era pronunciato sulle fondazioni che gestiscono fondi pubblici.
Potrebbe comunque trattarsi di una nuova "puntata" del braccio di ferro che ormai da alcune settimana va in scena tra Comune ed Ecua, concretizzatosi con le lettere firmate dal presidente Mangiacavallo al sindaco con le quali si chiedeva ripetutamente chiarezza sul futuro del progetto.Intanto ad occuparsi di quanto sta avvenendo ad Agrigento è anche la politica regionale, almeno quella fuori dalla Giunta Miccichè. "Occorre maggiore chiarezza e trasparenza che sono sinonimi di legalità - dice il capogruppo Dc Carmelo Pace all'Ars -. C'è da chiedersi perchè è stato deciso di inserire come socio fondatore una associazione privata di recente costituzione, ignorando enti pubblici di rilevanza nazionale che avrebbero pieno titolo per ricoprire questo importante ruolo e perchè non si tenga conto del fondamentale di insostituibile ruolo che dovrebbe essere riconosciuto ai sindaci dei Comuni della provincia molti dei quali avevano già aderito con delibera di giunta alla candidatura di Agrigento. Mi auguro che gli organismi istituzionali che saranno chiamati ad approvare il suddetto Statuto possano apportare modifiche e creare, così, le condizioni per poter affrontare anche se con notevole ritardo una sfida di dimensioni europee"
lentepubblica.it
Nuovi modelli di organizzazione nel pubblico impiego
Prende il via il progetto sui nuovi modelli di organizzazione nel mondo del pubblico impiego: l'obiettivo, nell'ambito del PNRR è introdurre nella PA una strategia integrata di gestione delle risorse umane basata sul modello delle competenze.In seguito alla sottoscrizione, a Palazzo Vidoni, dei protocolli di intesa tra il Dipartimento della funzione pubblica (DFP) e le prime amministrazioni individuate, ha preso il via il progetto PNRR "La gestione strategica delle risorse umane per creare valore pubblico".Alla fase pilota dell'iniziativa hanno aderito Ministero dell'economia e delle finanze, Ministero dell'interno, Agenzia delle Entrate, Regione Piemonte, Regione Lazio, Provincia di Lucca, Provincia autonoma di Trento, Città metropolitana di Napoli, Comune di Perugia e Università dell'Aquila.Nuovi modelli di organizzazione nel pubblico impiegoIl progetto, che si inserisce nell'ambito della Milestone M1C1-59 del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, ha l'obiettivo di introdurre nella Pubblica Amministrazione italiana una strategia unitaria e integrata di gestione delle risorse umane basata sul modello delle competenze, allo scopo di rendere più attrattive le amministrazioni e favorire lo sviluppo delle carriere.La nuova iniziativa - che a regime prevede il coinvolgimento di oltre 200 amministrazioni pubbliche, sia centrali che territoriali - segue un percorso realizzativo organizzato in fasi, in cui le organizzazioni pubbliche coinvolte saranno parte attiva nella definizione di modelli e di strumenti innovativi, e dirette destinatarie di interventi di supporto e accompagnamento da parte di esperti qualificati.Il coordinamento del progetto è affidato all'Ufficio per l'organizzazione e il lavoro pubblico del Dipartimento della funzione pubblica, mentre i soggetti attuatori individuati sono Formez PA e Invitalia.In questa prima fase di definizione delle metodologie si lavorerà con le prime amministrazioni, individuate in considerazione di alcune caratteristiche tipologiche e di contesto e rappresentative dei diversi comparti della Pubblica Amministrazione.In occasione della sottoscrizione dei protocolli, il Capo Dipartimento, Marcello Fiori, ha illustrato gli obiettivi e le caratteristiche dell'intervento, avviando con le amministrazioni firmatarie una prima fase di confronto sulle esperienze maturate in ordine ai modelli organizzativi in atto e ai processi di definizione dei profili professionali già intrapresi.
La seconda fase di sperimentazione coinvolgerà altre trenta amministrazioni, per poi arrivare, come previsto, alla diffusione delle metodologie definite e sperimentate ad altre 200 amministrazioni.
La gestione finanziaria negli enti locali secondo la Corte dei Conti
La Corte dei Conti rende disponibile la sua ultima relazione sulla gestione finanziaria negli enti locali: sotto la lente d'ingrandimento Comuni, Province, Città metropolitane.Nel 2022 il trascinamento degli effetti della pandemia sulla situazione della finanza locale si riduce ampiamente e i risultati di finanza pubblica registrano un miglioramento anche per l'apporto fornito alla riduzione del disavanzo da parte degli enti locali.È quanto afferma la Corte dei conti nella "Relazione sulla gestione finanziaria di Comuni, Province, Città metropolitane per gli esercizi 2020-2022" - approvata dalla Sezione delle autonomie con delibera n. 12/SEZAUT/2023/FRG - in cui la magistratura contabile ha esaminato i rendiconti di 7.336 enti (di cui 7.244 Comuni) presenti nella Banca dati delle amministrazioni pubbliche della Ragioneria generale dello Stato. Nel documento, la Corte evidenzia come le entrate proprie degli enti locali diano segni di ripresa e le esigenze di spesa legate al periodo emergenziale si riducono, con il reindirizzamento degli interventi statali compensativi della perdita di gettito e a sostegno alla spesa, verso il contrasto degli effetti legati ai rincari energetici.
La gestione finanziaria negli enti locali secondo la Corte dei ContiI dati di cassa 2022 rilevati dal Sistema informativo sulle operazioni degli enti pubblici (SIOPE) - specifica la Corte - evidenziano una tenuta dei bilanci dei Comuni malgrado il calo dei finanziamenti, che restano elevati ma in discesa sul 2021. Il permanere dei trasferimenti correnti e il riavvio delle riscossioni determinano il miglioramento delle entrate tributarie, contributive e di natura perequativa, con un saldo positivo di cassa che conferma l'impulso alla ripresa.Tempi di liquidazione dei pagamentiSul versante pagamenti, i tempi di liquidazione delle fatture per debiti commerciali si riducono, pur non avendo ancora raggiunto l'obiettivo specifico del PNRR. Sono in miglioramento anche i saldi complessivi dei rendiconti 2021.Conti e bilanciIl risultato d'amministrazione dei Comuni è ampiamente positivo (52,09 miliardi di euro) anche se insufficiente ad assicurare l'integrale copertura ai fondi accantonati, vincolati e destinati, al netto dei quali il disavanzo (3,56 miliardi circa) è in calo del 36% sull'anno precedenteIl 2021 si chiude in avanzo anche per Province e Città metropolitane (rispettivamente 361,8 e 507,1 milioni di euro) e pur evidenziando, da un lato, la ripresa delle entrate proprie (soprattutto quelle extratributarie) registra, dall'altro, il persistere delle criticità - non del tutto superate - connesse al venir meno degli effetti dei contributi straordinari erogati dallo Stato. La spesa in conto capitale evidenzia una dinamica espansiva grazie ai finanziamenti statali finalizzati agli investimenti e alla minore pressione esercitata dai vincoli di finanza pubblica, rimodulati dal 2019. L'incremento registrato nei relativi impegni di spesa supera, infatti, il 15% per Comuni e Province e raggiunge il 17% nelle Città metropolitane.La crescita del FPV (Fondo Pluriennale Vincolato) in conto capitale risulta più sostenuta per le Province e le Città metropolitane (rispettivamente 24,9 e 19,8%) e si attesta al 10,7% nei Comuni, mostrando un andamento indicativo di una maggiore dotazione di risorse che, tuttavia, non trovano esito in erogazioni di spesa nell'esercizio.Settore delle opere pubblicheParticolare attenzione è poi stata dedicata dai giudici contabili al settore delle opere pubbliche, in virtù delle maggiori risorse finanziarie destinate e per il processo di semplificazione delle procedure di affidamento degli appalti pubblici, introdotto dal d.lgs. n. 36/2023. Sono, infatti, molti gli enti locali soggetti attuatori di progetti PNRR, le cui risorse si aggiungono ai contributi già assegnati per lo sviluppo territoriale, l'efficientamento energetico degli edifici pubblici e il contrasto al dissesto idrogeologico.DebitiPer tutti gli enti, malgrado scenda sia la quota di debito finanziario che il ricorso ad anticipazioni, lo stock del debito complessivo registra un lieve aumento, ad esclusione del comparto Province (-3,6%). Permane la tendenza a detenere elevata la patrimonializzazione, mantenendo costanti gli asset in immobilizzazioni materiali. L'andamento dei debiti fuori bilancio riconosciuti segna una diminuzione sia per Comuni, che per Province e Città metropolitane, con una composizione in cui prevale la quota relativa alle sentenze esecutive, seguita dagli acquisti di beni e servizi. Sono in aumento gli stanziamenti all'apposito fondo per il contenzioso, finalizzati alla copertura del debito conseguente alle soccombenze.DissestiLe analisi sulle procedure di riequilibrio finanziario pluriennale e su quelle di dissesto evidenziano ancora il permanere di numerosi casi - con il frequente passaggio dalle prime alle seconde - confermando ancora la prevalente concentrazione delle criticità finanziarie tra gli enti del Centro-Sud, in crescita malgrado gli ingenti sostegni ricevuti. La struttura dell'istituto del dissesto - sottolinea la Corte - non si dimostra adeguata alle attuali esigenze, in cui le situazioni critiche sono per lo più legate ad accantonamenti a fondi prudenziali, piuttosto che a debiti effettivi. Ciò - rimarcano i giudici contabili - suggerisce una revisione dell'attuale sistema normativo per rendere più efficaci gli istituti del risanamento.Cessati, infine, gli effetti degli interventi emergenziali, il progressivo ritorno a un contesto ordinario potrebbe evidenziare ulteriori criticità, soprattutto quando saranno reintrodotti vincoli di finanza pubblica, a seguito del ripristino delle misure europee.
entilocalionline.it
Bilanci di previsione enti locali: negli ultimi 20 anni sono stati prorogati mediamente di 6 mesi
A METÀ LUGLIO SOLO METÀ DEI COMUNI DEL MEZZOGIORNO LO AVEVA APPROVATO E TRASMESSO
Slitta al 15 settembre il termine per l'approvazione dei bilanci di previsione 2023-2025 dei Comuni. A disporlo è stato il Viminale, con un decreto pubblicato in Gazzetta ufficiale lo scorso 31 luglio. Si tratta dell'ennesima proroga di questa scadenza che ordinariamente dovrebbe coincidere con il 31 dicembre di ogni anno ma che viene sistematicamente spostata in avanti. Tra le motivazioni normalmente addotte immancabile è sempre la voce "incertezza sulle risorse finanziarie a disposizione dei comuni" ma spesso a questa si affiancano altre ragioni come il ritardo dell'insediamento dei nuovi consigli comunali o il maltempo che ha causato dei danni non ancora quantificati.Quest'anno abbiamo assistito, nell'ordine, alla proroga dal 31 dicembre 2022 al 31 marzo, al 30 aprile, 31 maggio. E ancora, lo slittamento al 31 luglio che è stato poi ulteriormente spostato al 15 settembre, vale a dire a poco più di 3 mesi dalla fine dell'esercizio finanziario in questione.Si tratta di una misura inedita? Assolutamente no. Una analisi di Centro Studi Enti Locali ha messo in evidenza come questa discutibile anomalia sia ormai radicata da oltre 30 anni in Italia e si sia via via sempre più cronicizzata. Se fino ai primi anni 2000, i bilanci preventivi slittavano mediamente di 2-3 mesi, negli ultimi 20 anni il fenomeno ha assunto dimensioni talmente importanti da rischiare di annullare il senso dell'adempimento stesso. Dal 2014 in poi, infatti, lo spostamento rispetto alla scadenza del 31 dicembre, è stato mediamente di ben sei mesi. Il culmine, in negativo, è stato raggiunto tra il 2012 e il 2013. In quegli anni infatti il termine, a colpi di proroghe, è slittato fino al 31 ottobre 2012 e al 30 novembre 2013. In alcune occasioni sono state individuate anche soluzioni "creative" come delle proroghe fatte su misura per specifiche categorie di enti: un esempio su tutti è quello del 2015, anno in cui il termine è stato differito per tutti al 30 luglio e poi ulteriormente spostato al 30 settembre per città metropolitane, province ed enti locali siciliani. Ma che cos'è esattamente il bilancio preventivo un ente locale e quali sono gli effetti della sua mancata approvazione nei termini previsti dalla legge? Il bilancio di previsione è uno dei principali documenti di programmazione economica che le amministrazioni pubbliche sono chiamate a predisporre e che deve essere approvato annualmente dal Consiglio comunale su proposta della Giunta. Una volta approvati, i bilanci devono essere trasmessi entro 30 giorni al Ministero dell'Economia e delle Finanze attraverso la Banca dati delle Amministrazioni Pubbliche.Cosa succede nel momento se non viene approvato entro il 31 dicembre dell'anno precedente a quello cui si riferisce? Scatta automaticamente "l'esercizio provvisorio", ovvero quel frangente in cui il comune non può fare ricorso all'indebitamento e gli enti possono impegnare solo spese correnti, le eventuali spese correlate riguardanti le partite di giro, lavori pubblici di somma urgenza o altri interventi di somma urgenza. In questo arco di tempo gli enti locali possono effettuare, per ogni intervento, spese di importo mensilmente non superiore a un dodicesimo di quanto previsto nell'ultimo bilancio deliberato (eccezion fatta per alcune spese specifiche regolate dalle norme vigenti e di quelle non suscettibili di pagamento frazionato in dodicesimi). Il risultato è sostanzialmente quello di un bilancio "ingessato" in cui gli spazi di manovra e quelli per gli investimenti sono molto ridotti.Fino ad oggi le richieste di proroga che vengono sistematicamente formulate da comuni e province sono sempre state accolte, in maniera bipartisan, da Governi di qualsiasi natura e colore: tecnici e politici, destra e sinistra. Nessun esecutivo ha mai avuto la forza di spezzare il circolo vizioso dell'aspettativa dello slittamento a oltranza, producendo così una situazione in cui l'eccezione è diventata praticamente norma e si dà completamente per scontato che quella del 31 dicembre sia una scadenza che esiste solo sulla carta e non, come invece dovrebbe essere, un termine perentorio.Secondo Centro Studi Enti Locali questa pratica ha sostanzialmente svuotato il senso di questo importante documento di programmazione economico-finanziaria che ormai è quasi sovrapponibile al documento che invece deve essere approvato ex post, quando si ha esatta contezza di come sono state impiegate le risorse in un determinato anno, il bilancio consuntivo. La mancata vera programmazione di come saranno impiegate le risorse a disposizione di un ente in un determinato anno si traduce in una visione limitata e distorta dell'agire amministrativo, in contrasto con i principi che dovrebbero regolare la buona gestione della cosa pubblica.Fortunatamente c'è ancora un buon numero di enti che, a dispetto di questa prassi deleteria, non coglie ogni scialuppa che viene gettata dallo stato centrale per prolungare l'esercizio provvisorio e si attiva comunque per approvare il bilancio in tempi più ristretti.Infatti, se una parte di questi enti non in linea con la programmazione ordinaria di bilancio sono in parte giustificabili per la oggettiva presenza di criticità finanziarie oramai strutturali ed endemiche (soprattutto nelle Regioni del Sud, caratterizzate da numerosi procedure di dissesto e di pre-dissesto), un'altra parte comunque significativa, sebbene priva di tali problemi strutturali, preferisce adagiarsi nelle proroghe di legge post 31 dicembre dell'anno precedente piuttosto che rispettare il termine ordinario, quasi come se la difficoltà di fare previsioni finanziarie ed economiche (tipiche di budget, soprattutto come in questo caso, autorizzatori) fosse diventato un lasciapassare per attendere che il bilancio di previsione diventi di fatto un cosiddetto "bilancio consuntivato" (in altre parole, approvare un bilancio preventivo dopo 9 mesi di gestione equivale a fare un consuntivo, o quasi).Stando a una elaborazione di Centro Studi Enti Locali basata su dati Mef aggiornati a metà luglio 2023, i bilanci già approvati e trasmessi alla Banca dati delle pubbliche amministrazioni sono 6.355, ovvero l'80% del totale. L'area più virtuosa del Paese, da questo punto di vista, è il nord-est, dove la percentuale di comuni che hanno già trasmesso il bilancio preventivo raggiunge il 96%. Seguono il nord-ovest (93%) e il centro (83%). Al sud e nelle isole le percentuali scendono drasticamente e si attestano rispettivamente al 57% e 55%. Le province in assoluto più virtuose, in cui non manca all'appello il bilancio di un singolo comune, sono: Ancona, Arezzo, Grosseto, Massa Carrara, Pistoia, Ferrara, Gorizia, Ravenna e Reggio Emilia.All'estremo opposto Catania, dove solo il 10% dei comuni ha approvato e trasmesso il bilancio di previsione 2023, Agrigento (16%), Caltanissetta (18%), Enna e Vibo Valentia (20%), Trapani (24%) e Ragusa (25%).