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rassegna stampa dal 12 al 16 agosto 2023

agrigentonotizie.it
Scaricavano la fogna senza autorizzazioni": multa da 6mila euro per Comune e frantoio
I controlli risalgono al 2019: oggi è il Libero consorzio a firmare un provvedimento di ingiunzione di pagamento.


Una sanzione da seimila euro è stata disposta nei confronti dei titolari di un frantoio e del Comune di Agrigento - obbligati in solido -, dopo le attività di controllo disposte dalla Forestale.
I fatti risalgono al maggio del 2019, ma sono tornati "attuali" oggi dopo che il Libero consorzio ha firmato una ordinanza di ingiunzione di pagamento ai diretti interessati.
I controlli, condotti presso un impianto oleario permisero, secondo le tesi dell'accusa, di accertare la presenza di uno "scarico di acque reflue domestiche o di reti fognarie provenienti dall'impianto oleario senza aver la prevista autorizzazione allo scarico ovvero con autorizzazione scaduta e non rinnovata".Un'accusa rispetto alla quale la ditta si difese, sostenendo di aver ricevuto tutte le dovute autorizzazioni che però, ribadisce oggi l'ex Provincia, risultavano scadute o non oggetto di procedura di rinnovo.Così l'ente ha ingiunto il pagamento della sanzione nella misura massima prevista, appunto 6mila euro, comminandola non solo al privato ma anche al Comune di Agrigento, segnatamente ad una donna non identiicabile perché omissata. 

lentepubblica.it
Revisione dell'ordinamento degli enti locali, cosa prevede la delega
Il Governo, su proposta del Ministro dell'interno Matteo Piantedosi, ha avviato settimana scorsa l'esame di un disegno di legge che delega il Governo alla revisione delle leggi sull'ordinamento degli enti locali.Le nuove norme intendono garantire la coesione sociale, territoriale e ordinamentale, nell'unità e indivisibilità della Repubblica, la regolare costituzione e il funzionamento degli organi elettivi di comuni, province, città metropolitane ed enti locali rappresentativi del territorio e delle popolazioni, e assicurare la salvaguardia e lo sviluppo delle competenze e delle funzioni ai medesimi attribuite per il benessere delle comunità di riferimento.
Revisione dell'ordinamento degli enti locali, ecco cosa prevede la delega
Il Governo dovrà adottare uno o più decreti legislativi per la revisione del Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (TUOEL, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267), allo scopo di aggiornare, riordinare e coordinare la disciplina statale.Nell'esercizio della delega, il Governo sarà tenuto, tra l'altro, ai seguenti principi:applicazione dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza relativamente alla configurazione degli enti locali e al conferimento ed esercizio delle rispettive funzioni amministrative;rispetto del principio di sussidiarietà orizzontale, per favorire l'autonoma iniziativa dei cittadini, delle loro formazioni sociali, degli enti del terzo settore e delle imprese per la collaborazione e realizzazione delle attività di interesse generale attraverso il necessario coordinamento con l'ente territoriale competente per materia;valorizzazione di forme di avvalimento e deleghe di esercizio delle funzioni amministrative mediante intese e convenzioni tra gli enti territoriali e alla valorizzazione e incentivazione delle forme associative tra enti locali, con particolare riferimento alla innovazione ammnistrativa, alla transizione digitale, alla salvaguardia e sicurezza nei territori e alla gestione integrata delle risorse a fini di risparmio, tutela ecologica e ambientale;razionalizzazione degli apparati pubblici concentrando presso comuni e loro unioni, province e città metropolitane le funzioni svolte da altri organismi e agenzie operanti a livello locale;aggiornamento e alla razionalizzazione del riparto di competenze tra gli organi di governo di comuni, province e città metropolitane;valorizzazione della centralità della figura dell'organo monocratico di comuni, province e città metropolitane;previsione di meccanismi istituzionali e relazioni tra gli organi di governo di comuni, province e città metropolitane, in modo da assicurare l'equilibrio di funzioni e responsabilità tra gli organi dell'ente locale, la celerità e la semplificazione nelle decisioni amministrative;aggiornamento dello status degli amministratori locali, tenendo conto delle specifiche e rispettive funzioni e dei diversi livelli di responsabilità e di compiti attribuiti;e infine revisione organica delle disposizioni in materia di incandidabilità, ineleggibilità e incompatibilità.


Quota limitata progressioni economiche: chiarimenti per gli enti locali

In un recente parere dell'Aran si fa chiarezza sulla cosiddetta "quota limitata" per i dipendenti nelle progressioni economiche a seguito dell'entrata in vigore del nuovo CCNL per gli enti locali.
Tra le novità introdotte dal CCNL aggiornato lo scorso novembre troviamo alcuni correttivi alle regole dedicate alle progressioni verticali o tra aree: queste prevedono prevede il passaggio da una categoria alla categoria superiore e si attuano attraverso procedure di selezione interna.Come noto una delle questioni che riguarda da vicino il meccanismo delle progressioni è quella relativa alla "quota limitata di dipendenti" che :secondo quanto indicato orientativamente dalla Ragioneria Generale di Stato dovrebbe significare "non più del 50% degli aventi diritto ciascun anno"mentre a quanto sostiene una recente sentenza della Corte dei conti della Toscana per "non più del 35% dei dipendenti".In base a questi assunti va valutato il caso specifico e, se si conferma l'elasticità delle due opinioni, rimane un margine discrezionale per le pubbliche amministrazioni interessate dalle procedure.
Ma cosa cambia in materia di progressioni economiche e "quota limitata" delle medesime all'interno del nuovo CCNL Funzioni Locali?.A rispondere a questo interrogativo è il parere CFL220 dell'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni.Quota limitata progressioni economiche: i chiarimenti dell'Aran per gli enti locali.Nello specifico il parere risponde al seguente quesito:L'art. 14 del CCNL 16.11.2022 dedicato all'istituto delle progressioni economiche non riporta la previsione che era contenuta al comma 2 dell'art. 16 del CCNL 21.05.2018, ai sensi del quale la progressione economica doveva essere riconosciuta ad una quota limitata di dipendenti, questo vuol dire che il principio della cd. "quota limitata" è venuto meno?Secondo quanto contenuto nella risposta fornita dall'Aran il principio della "quota limitata" che sottende alle procedure di progressione economiche all'interno delle aree, trattandosi di un principio di legge, previsto dall'art. 23 del D.Lgs 150/09 e tutt'ora vigente, non può ritenersi disapplicato per il solo fatto che la nuova formulazione letterale dell'art. 14 del CCNL 16.11.2022 non lo citi espressamente.Si ricorda che l'articolo 16 del Ccnl 21.5.2018 prevedeva al comma 2:"La progressione economica di cui al comma 1, nel limite delle risorse effettivamente disponibili, è riconosciuta, in modo selettivo, ad una quota limitata di dipendenti, determinata tenendo conto anche degli effetti applicativi della disciplina del comma 6".

teleacras.it
Ecco le nuove Province
La mappa dettagliata che disegna il ripristino delle Province in Sicilia: il voto e i costi, la data, lo sbarramento, i compensi e il numero degli amministratori, e le competenze.

Una delle prime incombenze all'ordine del giorno dell'Assemblea Regionale al rientro dopo la pausa estiva sarà l'esame e l'approvazione della procedura verso il voto per ripristinare con l'elezione diretta le ex Province. Secondo il disegno di legge già approvato lo scorso 2 luglio dalla Commissione Affari istituzionali dell'Assemblea, si voterebbe tra il 15 ottobre e il 30 novembre. Tuttavia lo stesso disegno di legge è atteso in Commissione Bilancio, e poi in Aula. La barca salperà quindi non prima della seconda metà di settembre. E si imbatterà nel primo scoglio, ovvero la legge nazionale di riforma delle Province, che è in discussione al Senato. E bisognerà attendere l'ok del Parlamento, dunque navigare in sintonia Palermo e Roma, per evitare che la riforma approvata in anticipo in Sicilia sia impugnata dal governo nazionale. Dunque è molto probabile che non si voterà nel 2023 ma tra il 15 aprile e il 30 giugno 2024. Ecco i costi dell'operazione in Sicilia: serviranno subito 16 milioni di euro per il primo anno di attività delle nuove Province, tra elezioni e compensi per i politici. I cittadini eleggeranno direttamente 9 presidenti, che nomineranno 61 assessori. E poi 246 consiglieri provinciali. In totale saranno 316. I loro compensi saranno stabiliti dalla legge nazionale che si applicherà anche in Sicilia. Si stima che saranno necessari, ogni anno, circa 11 milioni di euro. Ed è una cifra irrisoria se paragonata a quanto costano le attuali nove Province siciliane ai contribuenti: 1 miliardo e 700 milioni di euro all'anno. Quindi i compensi dei 316 amministratori provinciali peseranno per uno 0,6 per cento sui bilanci delle Province. E poi, ancora secondo il disegno di legge di riforma, le tre Province di Palermo, Catania e Messina saranno denominate, come adesso, "Città metropolitane", con il presidente, la giunta metropolitana e il consiglio metropolitano. Per le altre sei province (Trapani, Agrigento, Enna, Caltanissetta, Siracusa e Ragusa) sarà cancellata l'orrenda e ridicola attuale denominazione di "Liberi Consorzi comunali", e saranno denominate nuove "Province", con il presidente della Provincia, la giunta provinciale e il consiglio provinciale, così come fino a prima della riforma del governo Crocetta. Il numero di assessori e consiglieri sarà proporzionato alla popolazione residente nel territorio. Vi saranno 36 consiglieri nelle province con popolazione superiore a 1 milione di abitanti, poi 30 se sono meno di 1 milione, poi 24 se sotto i 500 mila abitanti. Gli assessori non saranno più del 25 per cento dei consiglieri: 9 se la popolazione è superiore a 1 milione di abitanti, 7 se sono meno di 1 milione, poi 6 se è sotto i 500 mila abitanti. Per l'elezione sarà necessario superare uno sbarramento del 5 per cento, garantire le quote di genere e le altre regole già affermate nei sistemi elettorali dei Comuni e della Regione. Nessuna modifica alle competenze già previste dalla legge regionale numero 15 del 2015.



ITALIAOGGI. 
Pnrr, Mef: finanziati interventi con 2,4 mld Fondo opere indifferibiliIl finanziamento aggiuntivo è stato disposto dal Mef dopo le verifiche della Ragioneria generale dello Stato e va a compensare il caro energia e caro materiali. I provvedimenti individuano inoltre gli interventi degli enti alluvionati sui quali viene sospesa e rinviata la verifica dell'avvio delle procedure di affidamento.
Il Ministero dell'Economia ha assegnato "definitivamente" 2,4 miliardi di euro quale cifra aggiuntiva, per il finanziamento di opere pubbliche inserite nel Pnrr, la cui realizzazione è diventata più onerosa a causa dell'aumento dei prezzi delle materie prime e dell'energia. Lo ha fatto sapaere con una nota il Mef, indicando che le risorse, rivenienti dal Fondo opere indifferibili, sono state erogate alle stazioni appaltanti che hanno avviato le procedure di affidamento nei primi sei mesi dell'anno (dal 1 gennaio 2023 al 30 giugno 2023).
Si tratta - spiega il MEF - di risorse aggiuntive per fronteggiare l'aumento dei prezzi dei materiali e il caro energia per la realizzazione degli interventi previsti dal Pnrr e dal Piano nazionale per gli investimenti complementari. In particolare, l'assegnazione delle risorse relative al primo semestre 2023 - già oggetto di preassegnazione nei mesi scorsi con due distinte procedure (una ordinaria e una semplificata) - è stata confermata con i decreti del Ragioniere Generale dello Stato, a seguito delle verifiche sull'avvenuto avvio delle procedure di affidamento dei lavori entro il 30 giugno 2023.
I provvedimenti individuano inoltre: gli interventi degli enti alluvionati sui quali viene sospesa e rinviata la verifica dell'avvio delle procedure di affidamento, gli interventi per i quali è stata avviata la procedura di affidamento ma non è stata completata la verifica (verranno confermate successivamente), nonché gli interventi per i quali non viene confermata l'assegnazione.


LENTEPUBBLICA.
CCNL enti locali e figure di elevata qualificazione, il quaderno Anci.
Disponibile il quaderno operativo Anci sulla disciplina delle figure di elevata qualificazione previste dal CCNL 2019-2021 per gli enti locali.
Il CCNL del comparto funzioni locali 2019-2021 è nuovamente intervenuto sulla disciplina giuridica ed economica degli incarichi (già) di posizione organizzativa (P.O.), oggi denominati di elevata qualificazione.
L'assetto complessivo ed esaustivo di tale disciplina (Capo II del Titolo III del CCNL 16/11/2022, artt. 16 e ss.) resta, in linea di massima, analogo a quello (oggi espressamente disapplicato) a suo tempo rideterminato con il CCNL del precedente triennio 2016-2018 (artt. 13 e ss. del CCNL 21/5/2018).
Il nuovo CCNL, su specifica istanza dell'Anci in sede di Comitato di Settore, ha voluto migliorare e completare la pregressa disciplina - in via del tutto innovativa - attraverso importanti interventi, non solo sugli "scavalchi condivisi", ma anche sugli "scavalchi di eccedenza", al fine specifico di consentire agli enti una maggiore flessibilità di impiego delle professionalità disponibili, da un lato, e la giusta retribuzione dei relativi incarichi su più amministrazioni, dall'altro, precedentemente assai compressa.
CCNL enti locali e figure di elevata qualificazione, il quaderno Anci
Il nuovo CCNL reca rilevanti novità sui requisiti e le conoscenze richieste per l'attribuzione degli incarichi, notevolmente sviluppati rispetto al precedente assetto contrattuale delle P.O., in stretta correlazione all'introduzione, nel nuovo ordinamento professionale, dell'area "funzionari ed elevate qualificazioni" (già categoria D).
Il quaderno operativo dell'Anci ha pertanto l'obiettivo di offrire un supporto tecnico gratuito agli enti ed è arricchito con la modulistica dello schema di deliberazione per la disciplina dei profili, regolamento per i criteri di conferimento degli incarichi e relativa graduazione con un fac simile di scheda di analisi per l'attribuzione dei punteggi.



BLOGSICILIA
Schifani a tutto campo: "Entro ottobre le nomine dei manager della Sanità".La crisi politica alla Regione si fa sempre più aspra, lo spartiacque delle elezioni amministrative rischia di lasciare il segno.

Il presidente della Regione Renato Schifani a tutto campo in un'intervista sul Giornale di Sicilia. Ha affrontato i temi della Sanità, emergenza Rifiuti, l'elezione della province e anche le basi per le prossime elezioni europee.
«Se dovessimo decidere di confermare qualcuno dei manager uscenti, valuteremo anche l'entità delle liste d'attesa e le cause che le hanno determinate»: Renato Schifani anticipa che nella scelta dei nuovi vertici della sanità pubblica peserà il caso del ritardo nelle visite e negli interventi. E che i nuovi capi di Asp e ospedali avranno come obiettivo proprio l'azzeramento dei ritardi. Il presidente rivela anche che dopo il pressing di alcuni alleati verranno prese in considerazione pure le posizioni degli aspiranti manager finiti nel secondo elenco, quello dei semplicemente idonei che pesa in realtà molto meno del primo (in cui sono stati inseriti dalla commissione valutatrice i «maggiormente idonei»).
Renato Schifani parla mentre sta rientrando da Paternò, dove ha pranzato con Ignazio La Russa. Segnale del solido legame con Fratelli d'Italia.
Sta esplodendo il caso delle liste d'attesa negli ospedali pubblici. Che provvedimenti state prendendo?
«Stiamo facendo delle verifiche sull'effettiva attualità delle prenotazioni. Poi mi aspetto un abbattimento significativo, coinvolgendo i privati, che ci consenta di arrivare a tempi accettabili di attesa. Nel frattempo stiamo riformando il sistema delle prenotazioni. Questo era e rimane un mio obiettivo».
C'è stata una grande polemica, con Mpa e Fdi e Lega, sui criteri di scelta dei manager della sanità. Come si muoverà?
«Terremo conto di quanto deciso dalla commissione Salute dell'Ars. E cioè che anche i nomi nel secondo elenco sono da ritenere idonei. Entro ottobre faremo le nomine rispettando il principio della scelta dei migliori. Attingeremo da entrambi gli elenchi. Posto che anche il secondo è composto da idonei, ciò permette in casi particolari di provata capacità di scegliere soggetti diversi dai maggiormente idonei. Ma devono essere casi motivati in base a curriculum e destinazione».
A proposito di nomine. Alla guida della Commissione tecnico scientifica che valuta i progetti per i grandi investimenti ha scelto Gaetano Armao e ciò ha suscitato le proteste dell'opposizione.
«Non è una questione di potere. È corretta amministrazione. Della sua competenza amministrativa non si può dubitare, visto che è docente all'università di Palermo. Anche in questo settore mi aspetto una grande accelerazione, che deve partire dall'abbattimento dell'arretrato. In passato la Cts ha brillato per silenzio. In campagna elettorale il problema mi era stato segnalato da ordini e associazioni. Era un tappo allo sviluppo. Sono fiero di avere riformato questa commissione selezionando i componenti in base a titoli qualificanti».
C'è chi teme che accelerare significhi approvare anche progetti che mettono in pericolo l'ambiente.
«Non temo una deregulation proprio perché per la Cts ho scelto persone competenti».
Molti progetti su cui si pronuncerà la Cts riguardano il settore dei rifiuti. Che finora ha sprecato i fondi europei mentre si spendono decine di milioni per spedire l'immondizia all'estero. Come rimediare?
«A settembre il decreto Energia del ministro Pichetto conterrà la norma che mi assegna poteri speciali per realizzare i nostri termovalorizzatori. Avremo, a meno di un anno dal mio insediamento, una grande possibilità. La scommessa ora è non sprecare questa occasione. E abbiamo già deciso che per realizzare i due impianti utilizzeremo fondi nostri ed extra regionali. Non ricorreremo, come ipotizzato all'inizio, al project financing per evitare in futuro costi elevati per gli utenti. I termovalorizzatori le realizzerà la Regione».
Torniamo ai fondi europei. Un miliardo e 75 milioni stanno per essere restituiti a Bruxelles perché rimasti per 9 anni nei cassetti.
«Cercheremo di svuotare i cassetti. Sulla programmazione 2014/20 rischiavamo di perdere tutto. Ora invece attendiamo che l'Ue ci approvi il piano adottato per salvare il miliardo. Sono fiducioso, alla fine potremmo perdere "soltanto" alcune centinaia di milioni. Mentre molti li recupereremo finanziando gli incentivi a famiglie e imprese».
Nel frattempo è riesplosa la vertenza dei regionali che chiedono oltre agli aumenti la riclassificazione (cioè promozioni). Cosa risponde?
«È un tema che affronterò personalmente alla ripresa dei lavori. Come ho fatto per lo sblocco dei finanziamenti alla formazione professionale. Sulla riclassificazione i sindacati si rendano conto che, trattandosi di aspetto normativo in deroga al quadro nazionale, tutto dovrà essere concordato col governo centrale».
Col governo centrale lei ha annunciato un accordo per sbloccare i concorsi. A che punto è?
«Alcuni concorsi possono essere banditi entro fine anno: per quello degli agenti forestali allargheremo il numero di assunzioni in corso di espletamento. Negli altri settori attingeremo a graduatorie esistenti, se recenti. Poi faremo i concorsi veri e propri. L'intesa prevede che potremo fare fra 700 e 800 assunzioni».
A settembre l'Ars ripartirà dalla legge sulle Province?
«Sì, e le recenti dichiarazioni di Salvini confermano che si va nella nostra direzione. Abbiamo fatto bene a partire in anticipo. Mi rassicura il rispetto del programma concordato dalla maggioranza. In aula alla ripresa la riforma sarà definitivamente approvata per poi votare in primavera. Un obiettivo raggiunto».
Come valuta i rapporti nella sua maggioranza dopo i primi 9 mesi di governo? L'Mpa di Lombardo da qualche tempo è in posizione critica
«La maggioranza è abbastanza responsabile e coesa. Possono capitare piccole incomprensioni. Ma fa parte delle regole della democrazia, non esiste il pensiero unico. Ho un ottimo rapporto con Lombardo, è stato uno dei primi a uscire a favore della mia candidatura un anno fa. Risolveremo nella nuova programmazione il problema dei fondi europei per i rifiuti, gestiti dal loro assessorato, spostati sulle attività produttive».
E la Dc di Cuffaro sarà con Forza Italia alle Europee?
«Formalmente non è mai pervenuta una richiesta in questo senso. Inoltre un tema del genere non può sfuggire al confronto a livello nazionale. Forza Italia non ha preclusione ad aggregare le aree moderate. Siamo capofila del movimento dei moderati. Con Cuffaro io ho un rapporto forte e ventennale. Ma anche con Lombardo. Allo stesso modo è un onore lavorare con la Lega e Salvini, che sta facendo tanto per la Sicilia».


VIVIENNA
Province o Liberi consorzi? Il dubbio che la Regione non scioglie.

Errare humanum est, perseverare autem diabolicum recita una nota locuzione latina. Il disegno di legge sul riordino degli enti di area vasta, di cui ci stiamo occupando, a puntate, in questi giorni, ripropone uno stratagemma linguistico che era già stato sperimentato dalla famosa l.r. n. 9/86.
L'art. 1 di tale legge così recitava: "L'amministrazione locale territoriale nella Regione siciliana è articolata, ai sensi dell'art. 13 dello Statuto regionale, in comuni ed in liberi consorzi di comuni denominati «province regionali». ". Il 2° comma dell'art. 1 dell'odierno disegno di legge così recita: "I Liberi consorzi comunali di cui al comma 1 assumono la denominazione di «province»".
Cosa dice lo Statuto regionale
In disparte l'infelice assenza di coordinamento tra norme, tipica di un superficiale modo di legiferare, il legislatore siciliano continua a preferire il bluff istituzionale pur di non seguire la strada maestra della modifica dell'art. 15 dello Statuto regionale che, com'è ormai noto anche nelle scuole primarie, non prevede le Province quali enti dotati di autonomia costituzionale (art. 114 Cost.), bensì aggregazioni consortili di Comuni per la gestione e il governo dell'area vasta, denominati Liberi consorzi
comunali.
Provincia e Libero consorzio comunale
Abbiamo più volte fatto notare che i due modelli ordinamentali non sono affatto uguali, la Provincia è infatti un ente territoriale di governo, e come tale a fini generali, dotato di autonomia politica, finanziaria ed amministrativa. Il consorzio comunale, invece, è un ente non territoriale di governo, e come tale strumentale e funzionale, dotato di autonomia finanziaria ed amministrativa ma sprovvisto di quella
politica.
Abbiamo pure fatto notare che sia la giurisprudenza amministrativa che quella, più recente ed autorevole di rango costituzionale, non tollera l'elezione diretta degli organi di governo in un ente consortile i cui organi devono necessariamente essere eletti dai Comuni consorziati (sistema di 2° grado).
Ammesso, e certamente non concesso a queste condizioni, che vi sia una voglia disperata di ritornare all'elezione diretta degli enti di area vasta senza neanche avere avuto la possibilità di sperimentare quella di 2° grado, chiediamo sommessamente ai componenti della commissione legislativa di spiegarci le ragioni che ostano ad una modifica dell'art. 15 dello Statuto siciliano.


SICILI24H
Ecco le nuove Province.
La mappa dettagliata che disegna il ripristino delle Province in Sicilia: il voto e i costi, la data, lo sbarramento, i compensi e il numero degli amministratori, e le competenze.
Una delle prime incombenze all'ordine del giorno dell'Assemblea Regionale al rientro dopo la pausa estiva sarà l'esame e l'approvazione della procedura verso il voto per ripristinare con l'elezione diretta le ex Province. Secondo il disegno di legge già approvato lo scorso 2 luglio dalla Commissione Affari istituzionali dell'Assemblea, si voterebbe tra il 15 ottobre e il 30 novembre. Tuttavia lo stesso disegno di legge è atteso in Commissione Bilancio, e poi in Aula. La barca salperà quindi non prima della seconda metà di settembre. E si imbatterà nel primo scoglio, ovvero la legge nazionale di riforma delle Province, che è in discussione al Senato. E bisognerà attendere l'ok del Parlamento, dunque navigare in sintonia Palermo e Roma, per evitare che la riforma approvata in anticipo in Sicilia sia impugnata dal governo nazionale. Dunque è molto probabile che non si voterà nel 2023 ma tra il 15 aprile e il 30 giugno 2024. Ecco i costi dell'operazione in Sicilia: serviranno subito 16 milioni di euro per il primo anno di attività delle nuove Province, tra elezioni e compensi per i politici. I cittadini eleggeranno direttamente 9 presidenti, che nomineranno 61 assessori. E poi 246 consiglieri provinciali. In totale saranno 316. I loro compensi saranno stabiliti dalla legge nazionale che si applicherà anche in Sicilia. Si stima che saranno necessari, ogni anno, circa 11 milioni di euro. Ed è una cifra irrisoria se paragonata a quanto costano le attuali nove Province siciliane ai contribuenti: 1 miliardo e 700 milioni di euro all'anno. Quindi i compensi dei 316 amministratori provinciali peseranno per uno 0,6 per cento sui bilanci delle Province. E poi, ancora secondo il disegno di legge di riforma, le tre Province di Palermo, Catania e Messina saranno denominate, come adesso, "Città metropolitane", con il presidente, la giunta metropolitana e il consiglio metropolitano. Per le altre sei province (Trapani, Agrigento, Enna, Caltanissetta, Siracusa e Ragusa) sarà cancellata l'orrenda e ridicola attuale denominazione di "Liberi Consorzi comunali", e saranno denominate nuove "Province", con il presidente della Provincia, la giunta provinciale e il consiglio provinciale, così come fino a prima della riforma del governo Crocetta. Il numero di assessori e consiglieri sarà proporzionato alla popolazione residente nel territorio. Vi saranno 36 consiglieri nelle province con popolazione superiore a 1 milione di abitanti, poi 30 se sono meno di 1 milione, poi 24 se sotto i 500 mila abitanti. Gli assessori non saranno più del 25 per cento dei consiglieri: 9 se la popolazione è superiore a 1 milione di abitanti, 7 se sono meno di 1 milione, poi 6 se è sotto i 500 mila abitanti. Per l'elezione sarà necessario superare uno sbarramento del 5 per cento, garantire le quote di genere e le altre regole già affermate nei sistemi elettorali dei Comuni e della Regione. Nessuna modifica alle competenze già previste dalla legge regionale numero 15 del 2015.



ilsicilia.it

Gli enti di area vastaSTALLO AL SENATO, A RISCHIO ANCHE LE PROVINCE SICILIANE
I deputati regionali siciliani prima di andare in ferie si sono spinti fino a individuare la finestra elettorale nella prossima primavera per le redivive Province siciliane. La finestra scelta, tra il 15 aprile e il 30 giugno 2024, potrebbe vedere un accorpamento con le elezione Europee del prossimo giugno, eventualità che però divide le forze politiche siciliane tra chi, forte di un contenitore politico nazionale vorrebbe sfruttare l'effetto traino delle europee e i movimenti regionali che preferirebbero separare le due competizioni elettorali.Tuttavia la rinascita delle Province siciliane deve fare in conti con un percorso piuttosto insidioso che deve tenere anche conto di quanto sta avvenendo, o non avvenendo, a Roma in questi giorni.palazzo comitini.
La riforma sfornata dalla Prima commissione dell'Ars riprenderà il proprio cammino parlamentare solamente a metà settembre: l'iter prevede un passaggio in commissione bilancio e poi l'approdo in Aula dove si dovranno fare i conti con le aspettative e le paure dei settanta onorevoli di Sala d'Ercole che si dovranno premurare anche di trovare 16 milioni di euro per il primo anno di attività dei nuovi enti, tra operazioni elettorali e compensi per i politici.
Ma l'ostacolo maggiore per il ritorno delle Province in Sicilia sta a Roma dove pare che il disegno di legge che dovrebbe restituire le Province vecchia maniera su tutto il territorio nazionale si sia arenato al Senato. A Palazzo Madama sul futuro delle Province 2.0 si starebbero guardando "l'un contro l'altro armati" in maniera serrata Lega e Fratelli d'Italia, un confronto che rischia di portare per le lunghe la discussione del ddl.Materia dello scontro tra i partiti di Salvini e Meloni sarebbe la nuova legge elettorale per gli enti in questione: nel ddl in discussione al Senato si stabilisce di agire attraverso una norma transitoria che prevede collegi unici provinciali ma è sul sistema elettorale che si manifestano le prime crepe nella maggioranza dato che Fdi con il presidente della Prima Commissione Balboni ha presentato un emendamento per adottare il cosiddetto "Provincellum", sostanzialmente la vecchia legge elettorale delle province, mentre la Lega vorrebbe puntare su un modello regionale con collegi elettorali più piccoli.
C'è poi il tema delle risorse finanziare, che in questo contesto così delicato per le finanze dello Stato impensierisce ancora di più: secondo una stima del Viminale ripristinare le Province sul territorio nazionale costerebbe circa 223 milioni. Tutti dubbi che ai più esperti delle dinamiche parlamentari fanno dire che sarà molto difficile arrivare al voto per le province entro il 2024.L'incertezza romana ha delle ripercussioni anche sui progetti siciliani di restaurazione delle province: una eventuale fuga in avanti dell'Ars con l'approvazione di una nuova legge sulle province in mancanza di una riforma nazionale della legge Delrio metterebbe la legge siciliana a forte rischio impugnativa. Un rischio che il Presidente dell'Assemblea regionale siciliana Gaetano Galvagno ha detto già di non voler correre, anche per non muoversi in maniera non concordata con il governo Meloni.

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