ITALIAOGGI.
Ministeri a dieta da Pnrr. Per attuare una delle milestone del Pnrr, entro il 10 settembre i singoli dicasteri dovranno trasmettere al Mef le proprie proposte di riduzione della spesa per un risparmio complessivo di 300 milioni nel 2024, 500 milioni nel 2025 e 700 nel 2026.
Ministeri a dieta per attuare una delle milestone del Pnrr. Entro il 10 settembre i singoli dicasteri dovranno trasmettere al Mef le proprie proposte di riduzione della spesa che dovranno realizzare un risparmio complessivo di 300 milioni nel 2024, destinato a salire a 500 milioni nel 2025 e a 700 nel 2026. In totale quindi un miliardo e mezzo di risparmi, ottenuti tagliando prevalentemente la spesa corrente e solo in parte gli investimenti (il tetto massimo di spese in conto capitale oggetto di possibile riduzione non potrà superare il 30%).Regista dell'operazione di spending review sarà il ministro dell'economia e delle finanze Giancarlo Giorgetti che inizierà a tagliare dal proprio ministero. Dei 300 milioni che rappresentano il target di risparmio totale per il 2024, 129,4 milioni dovranno infatti arrivare da via XX Settembre. Di questi, 38,8 milioni rappresenteranno la quota massima di risparmio in conto capitale realizzabile. Dopo quella del Mef, la quota maggiore di tagli dovrà provenire dal ministero delle imprese e del made in Italy (39,3 milioni, si veda tabella in pagina), seguito dal ministero della difesa (36,2 milioni) e da quello delle infrastrutture e trasporti (29,4 milioni). Più distanti, in termini di risparmi da conseguire, gli obiettivi del ministero della giustizia (10,8 milioni), del ministero dell'università e della ricerca (10,7 milioni) e del Viminale (10,1 milioni). A dettare le istruzioni per questa nuova operazione di spending review, che sarà recepita nella manovra di finanza pubblica per il prossimo triennio, è il dpcm 7 agosto 2023 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.192 del 18 agosto.
La proceduraCome detto, è il Piano nazionale di ripresa e resilienza a prevedere (nella componente 1 della missione 1) una riforma del quadro di revisione delle spesa (R.1.13) in coerenza con gli obiettivi programmatici indicati nel Documento di economia e finanza 2023. Le proposte di riduzione della spesa potranno riguardare uscite correnti e in conto capitale ma queste ultime non potranno superare la percentuale massima del 30%. Inoltre non potranno essere tagliate le spese per investimenti legate a progetti del Pnrr, del Piano nazionale complementare (Pnc), del Piano per la ricostruzione a seguito di calamità naturali e degli investimenti per la transizione 4.0. I tagli agli investimenti dovranno intervenireprioritariamente sugli investimenti caratterizzati da un minor impatto sulla crescita dell'economia nazionale.
Le proposte di riduzione della spesa dovranno essere trasmesse al Gabinetto del ministro Giorgetti e al Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, entro e non oltre il 10 settembre 2023.Il Mef valuterà se le proposte sono congrue con l'obiettivo di spesa di ciascun Ministero e se gli interventi proposti sono coerenti con le altre proposte formulate in sede di predisposizione del disegno di legge di bilancio. In caso di mancato raggiungimento dell'obiettivo, il Mef informerà il ministro chiedendo un'integrazione delle proposte.
Il monitoraggio sui tagli
Modalità e termini del monitoraggio dell'effettivo conseguimento delle misure proposte, saranno specificati in accordi che saranno siglati tra il Mef e i singoli ministeri. Negli accordi saranno definiti gli interventi oggetto di monitoraggio, le attività che si intende attuare per la realizzazione degli obiettivi di spesa e il relativo cronoprogramma, nonché tutti gli ulteriori elementi utili per la verifica dell'effettivo conseguimento degli obiettivi. Gli accordi saranno definiti entro il 1° marzo con appositi decreti interministeriali pubblicati sul sito internet del Mef.
Entro il 1° marzo di ciascun anno del triennio 2025-2027 ciascun ministero invierà al presidente del Consiglio dei ministri e al ministro dell'economia e delle finanze una relazione in cui illustrare il grado di raggiungimento dei risultati previsti negli accordirelativi al periodo 2024-2026 in termini finanziari e di beni e servizi erogati.
Il ministro dell'economia e delle finanze, entro il 15 luglio di ciascun anno informerà il Consiglio dei ministri sullo stato di attuazione degli interventi oggetto dionitoraggio.
ITALIAOGGI.
Pnrr, Cipollone (Bankitalia): picco di occupazione nel 2024, servono 300mila lavoratori". L'impatto fondamentale è sulle costruzioni con circa 100mila persone ma un pezzo importante ha a che fare con le professioni avanzate", ha spiegato il vicedirettore generale della Banca d'Italia. Allarme per la carenza dei 45mila lavoratori altamente istruiti in più di cui ci sarà bisogno, come matematici, ingegneri e fisici: oggi ne laureiamo troppo pochi.
L'impatto del Pnrr sull'occupazione "è notevole, nel 2024 che è l'anno di picco, l'attesa è per circa 300mila lavoratori, l'1,7% in più quindi un numero importante, non banale". Così il vicedirettore generale della Banca d'Italia, Piero Cipollone, nel corso di un dibattito al Meeting di Rimini, citando uno studio della stessa Bankitalia. "È interessante la scomposizione - ha aggiunto - l'impatto fondamentale è sulle costruzioni con circa 100mila persone ma un pezzo importante ha a che fare con le professioni avanzate".Ma, ha proseguito, "supponiamo di avere questi lavoratori disponibili poi il Pnrr finisce e ci ritroviamo un settore ingrassato dalla domanda con molti lavori manuali e routinari. Avremo quindi il problema del ricollocamento il settore non può continuare a tirare all'infinito. Prefigurare fin da ora percorsi di retraining è molto utile".
Arriva anche un "alert". Il Pnrr richiederà "45mila lavoratori altamente istruiti in più come matematici, ingegneri e fisici che sono tantissimi rispetto al dato storico" mentre "oggi laureiamo nelle facoltà di matematica e fisica circa 8.000 persone l'anno e in ingegneria intorno a 40mila l'anno. Avremo un boost di domanda estremamente forte e saremo in grado di soddisfare con questi iscritti questa domanda?". "La trasformazione della società richiederà sempre di più figure di questo tipo - ha sottolineato - ma le iscrizioni alle facoltà STEM non sono molto cambiate negli utlimi anni. Creare lavoro è importante ma è altrettanto importante aggiustarsi ai trend".
ITALIAOGGI.
Manovra, Giorgetti: legge di bilancio complicata, non si potrà fare tutto"Non si potrà fare tutto, dovremmo intervenire a favore dei redditi medio-bassi Ma dovremo anche usare le risorse a disposizione per promuovere la crescita". Così il ministro dell'Economia Giorgetti, dal Meeting di Rimini. Le risorse del Pnrr "non possono essere sprecate e devono essere usate nel modo migliore. Non serve solo fare in fretta, ma fare bene".
Sarà una Legge di bilancio complicata. "Non si potrà fare tutto, dovremmo intervenire a favore dei redditi medio-bassi Ma dovremo anche usare le risorse a disposizione per promuovere la crescita". Così il ministro dell'Economia Giorgetti, dal Meeting di Rimini. Il ministro si augura che la clausola del Patto di stabilità non torni ad applicarsi da gennaio 2024. Le risorse del Pnrr "non possono essere sprecate e devono essere usate nel modo migliore. Non serve solo fare in fretta, ma fare bene". "Nei prossimi mesi vedo un governo responsabile, anche in termini finanziari, ma che chiede all'Europa di capire il senso della storia e del momento che stiamo vivendo. Altrimenti diventa tutto più complicato."''La prima cosa da fare per discutere di questi temi così alti è non leggere i giornali o seguire il dibattito quotidiano perché da qualche giorno le proposte più o meno corrette o più o meno strampalate dai diversi punti di vista fioccano senza che i diretti interessati le conoscano'', ha detto Giorgetti, rispondendo a una domanda sulla crescita dell'economia e la nuova visione di sviluppo. "Per quanto riguarda il Pnrr abbiamo queste risorse, che solo parzialmente sono gratis", che "non possono essere sprecate" e "devono essere usate nel modo migliore possibile. Non c'è semplicemente, e qui mi permetto di dirlo, assumendomi la responsabilità, il fare in fretta ma il fare bene oltre che fare in fretta"ha sottolineato Giorgetti, in collegamento al Meeting di Rimini. "Se fare in fretta - aggiunge - significa fare male, è meglio fare bene ma in qualche modo valutare bene le situazioni perché è un'occasione unica per promuovere la crescita e sviluppo e anche la riconversione di tante imprese in questo Paese".
Per quanto riguarda la riforma delle pensioni, «il tema della natalità è un tema fondamentale: non c'è nessuna riforma previdenziale che tiene nel medio-lungo periodo con i numeri della natalità che abbiamo oggi in questo paese». «Lo sviluppo sostenibile è un concetto a tutto tondo che fa riferimento anche ad aspetti di cui si parla troppo poco, che non sono di moda ma sono fondamentali».
«La Commissione europea rispetto a qualche anno fa ha completamente cambiato paradigma rispetto alla clausola generale che non si è applicata in questi anni per il Patto di stabilità e crescita che forse, spero di no, partirà dal primo gennaio 2024», ha detto Giorgetti. "Questa è la posizione negoziale italiana su cui siamo attestati: noi non facciamo un problema di debito o mancata riduzione del debito, ma vogliamo che gli investimenti siano trattati in modo privilegiato e meglio rispetto alle spese correnti. Non possiamo in un momento in cui siamo ancora in una situazione eccezionale tornare a delle regole ignorano la necessità di accompagnare e aiutare famiglie e imprese nella trasformazione che stiamo vivendo" ha detto il ministro aggiungendo: "Spero che in Europa quando decideremo a settembre sulle nuove regole se ne tenga conto".
LENTEPUBBLICA.
Progressioni orizzontali: quando si verifica la nullità d'ufficio?.
Ad analizzare la disciplina delle progressioni orizzontali e i casi in cui si può verificare la nullità d'ufficio è una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la numero 19073/2023.Si tratta nello specifico di una sentenza dedicata al CCNL Sanità ma che può avere un'importante valenza anche per tutti i restanti comparti del comparto del pubblico impiego.
Nel caso in esame un dipendene aveva presentato ricorso per ottenere quanto segue:
la conferma di avere diritto ad essere inserito in una graduatoria unica e, di conseguenza, l'annullamento della decisione di escluderlo dalla progressione economica orizzontale
inoltre la conferma del suo diritto a ricevere due fasce retributive superiori a seguito di un suo trasferimento e del suo avanzamento a una qualifica di livello anch'essa superioree di conseguenza il riconoscimento, in base agli articoli 1175, 1366 e 1375 del Codice Civile, di tre fasce retributive superiori e il diritto all'inquadramento nella nuova categoria economica.Scopriamo nello specifico qual è stata la decisione dei giudici cassazionisti.Progressioni orizzontali e casi in cui si verifica la nullità d'ufficio
Secondo la Cassazione, i contratti decentralizzati non possono sostituire i criteri stabiliti dalla contrattazione collettiva mediante l'inclusione di clausole specifiche che contraddicono quanto previsto dalla contrattazione collettiva.Questo perché tali clausole possono essere considerate nulle, e questa nullità può essere dichiarata d'ufficio anche se il conflitto tra il contratto decentrato e il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) non viene sollevato in tribunale dal ricorrente.
Il CCNL, inoltre, nello stabilire i criteri della progressione economica orizzontale prevede dei parametri valutativi che vincolano i contratti collettivi decentrati, in particolare fondando la progressione economica sulla reale professionalità dei dipendenti e sul loro concreto impegno.
Occorre, dunque, eliminare il solo elemento "formale" dell'anzianità di servizio, che si porrebbe in contrasto con un sistema volto alla selettività e al miglioramento della qualità del lavoro.
Inoltre, l'articolo 35 del Contratto Collettivo Nazionale Sanità, che si presume essere stato violato dal contratto aziendale, deve essere specifico nelle sue disposizioni. Di conseguenza, le questioni e le aree disciplinate in modo esplicito dalla contrattazione collettiva nazionale non possono essere derivate da principi generali, come quello stabilito nell'articolo 45, comma 1, del decreto legislativo n. 165 del 2001, il quale prevede la necessità di un accordo a livello nazionale per determinare la retribuzione.
I contratti decentrati possono in conclusione contenere solo le clausole espressamente e tassativamente loro demandate dai CCNL e dalla legge dato che non dispongono di autonomia negoziale piena.
AGRIGENTONOTIZIE
Ex Provincia, donate scultura e un ritratto del Caravaggio che saranno esposte nel palazzo.Si tratta di un'installazione artistica dello scultore e pittore Alex Caminiti: richiamerà l'idea del viaggio e della migrazione ai visitatori nella sede del Libero consorzio.
Una donazione a cura del collettivo "GAS": si tratta di un'installazione artistica, opera dello scultore e pittore Alex Caminiti, che richiamerà l'idea del viaggio e della migrazione ai visitatori del palazzo del Governo e del Libero consorzio dei comuni della provincia di Agrigento.
La scultura sarà sistemata presso l'atrio dell'edificio ottocentesco il 4 settembre prossimo e sarà inaugurata alle 10 della stessa mattina alla presenza dell'artista.
Sarà consegnato anche un ritratto del Caravaggio, eseguito dallo stesso Caminiti, che rappresenta un collegamento ideale con la scultura, nel segno del viaggio (in Sicilia) come fuga. Il ritratto troverà posto nei saloni di rappresentanza del palazzo.
All'inaugurazione prenderà parte il critico d'arte Andrea Guastella che illustrerà l'opera. Tra i più significativi esponenti dell'arte contemporanea a livello internazionale, Alex Caminiti, siciliano, classe 1977, front man del collettivo d'arte indipendente "GAS", attraverso dipinti, sculture, performance e video, guarda al bisogno dell'uomo di ritrovare sé stesso nella sua unicità e complessità, accogliendo non solo gioie e entusiasmi, ma anche dolori e preoccupazioni abbracciando ogni aspetto di sé per arrivare a sentire a pieno la propria autenticità nel respiro infinito di quell'armonia dei contrari che appartiene ad ogni forma di vita presente nell'universo.
QDS
Abusi edilizi, demolizioni "a ostacoli" tra scarse risorse e procedure farraginose.
Agrigento tra le province siciliane più colpite: solo un terzo degli edifici illegali è stato abbattuto
"Ogni abuso, dovunque e da chiunque venga commesso, inquina l'ambiente morale dell'uomo, produce un'erosione dei valori" ha scritto Raniero Cantalamessa teologo e predicatore italiano dell'Ordine dei frati minori cappuccini. "Ladri di futuro", ha invece definito quanti sono rei di aver commesso un abuso edilizio il professor Agatino Cariola, docente ordinario di Diritto Costituzionale presso l'Università di Catania. La Sicilia, con 950 abbattimenti a fronte di 4.537 ordinanze, è nelle ultime posizioni. Sulla base dell'ultimo report di Legambiente, una delle "maglie nere" è indossata da Agrigento, provincia in cui, solo nel 2022, sono stati identificati 78 reati che hanno portato alla denuncia di 96 persone e al sequestro di 12 immobili. Ad Agrigento sono state 1.238 le ordinanze di demolizione emesse nel periodo 2004-2020 di cui solo 415 sono state eseguite mentre sono 184 gli immobili abusivi trascritti al patrimonio immobiliare dei comune e 181 le pratiche trasferite al Prefetto.
"Stiamo parlando, nel 2022 - ha dichiarato al QdS Giuseppe Alfieri, presidente regionale di Legambiente Sicilia - di oltre 3 reati al giorno nell'isola. Negli ultimi anni, inoltre, questo fenomeno ha refluenze dirette anche sull'assetto del territorio. Quando si parla di abusivismo edilizio si pensa subito ai c.d. ecomostri, agli abusi a ridosso del mare ma, in realtà, ci sono moltissimi abusi che sono stati commessi ai danni del territorio in luoghi fragili, sottoposti a vincolo e in luoghi che, dal punto di visto sismico e idrogeologico, sono molto complessi e delicati e che hanno determinato situazioni gravi in Sicilia e in tutta Italia".
La mancanza delle risorse economiche necessarie per portare a compimento le pratiche di abbattimento e conseguente ripristino del territorio è indicata da molti sindaci come la causa primaria ma, come sempre, qualche amministrazione virtuosa c'è. "Ogni hanno abbiamo messo in bilancio un importo di circa 200.000 euro per le demolizioni - ha dichiarato al QdS Giovi Monteleone, sindaco di Carini, in provincia di Palermo - il che significa, in otto anni, aver destinato oltre 1 milione e mezzo di euro per la soluzione del problema". Un piccolo contributo, in realtà, è arrivato quando, lo scorso maggio, il vicepremier o e ministro Salvini ha firmato un decreto per l'assegnazione di ulteriori risorse per il "Fondo Demolizioni" che ha previsto 40 interventi di smantellamento di cui 10 in Sicilia ma siamo ancora lontani da quanto è necessario, forse anche dal punto di vista legislativo.
Intervista al prefetto di Agrigento, esperto delle tematiche legate agli abusi
Filippo Romano: "Spesso manca la volontà di abbattere l'abuso"
A proposito degli abusi edilizi interviene sul QdS il prefetto di Agrigento Filippo Romano, insediatosi lo scorso 22 maggio. Nel tempo Romano è stato membro delle commissioni straordinarie dei Comuni di Racalmuto (Ag), Rosarno (Rc) e San Cataldo (Cl), Presidente della Commissione d'indagine ex art. 143 T.U.E.L. presso i Comuni di Squinzano (Le), Corigliano Calabro (Rc) e Pachino (Sr), presidente della Commissione straordinaria di liquidazione del Libero Consorzio di Siracusa. Profondo conoscitore del territorio, si è già occupato in passato delle tematiche relative agli abusi.
Eccellenza, come lei ben sa, nel recente rapporto di Legambiente sul "ciclo illegale del cemento", la Sicilia è sul podio delle regioni più interessate dal fenomeno degli abusi edilizi e, sempre nel medesimo rapporto, la provincia di Agrigento, assieme a quella di Messina, è indicata ai primi posti. Se si pensa ad Agrigento e all'abuso edilizio non si possono non ricordare quei palazzoni che "nascosero" il centro storico. Qual è la situazione del territorio?
"Quei palazzoni furono costruiti tra gli anni '60 e '70 e, a seguito della frana del '66 e dello scandalo che ne seguì, la Valle dei templi fu ampliata con l'acquisizione diretta da parte del demanio delle aree necessarie per salvaguardare i templi in maniera adeguata. Ai tempi, lo ricorderà, ci furono costruttori armati di trattori che circondarono la Prefettura per protestare. Fu propagandata l'idea che Agrigento potesse essere come Roma, in cui i resti archeologici, come il Pantheon o il teatro Marcello, sono nel centro della città dimenticando di mettere in evidenza che il centro di Roma era però composto da edifici storici antichi e medioevali e non da immobili moderni. Il Governo confermò le sue scelte e quei grattaceli sono ciò che rimane di quell'iniziale tendenza alla costruzione. In realtà, proprio quei grattaceli non sono da considerarsi tecnicamente 'abusi' perché la loro costruzione fu consentita da piani regolatori adottati con un criterio che potremmo definire allergico alla tutela delle antichità. Nella percezione del cittadino è abusivo ciò che è brutto, che è un ecomostro, ma in realtà non è così. Le faccio un esempio: le tre torri di Punta Perotti a Bari la cui costruzione fu regolarmente autorizzata. Furono, poi, abbattute in quanto la popolazione, con una diversa coscienza paesaggistica e percezione ambientale, ha ritenuto che non si sarebbero dovute costruire ma la Cedu ha infine condannato il Comune a risarcire il costruttore proprio perchè non abusivi ab origine. Il concetto di abuso si applica a costruzioni in difformità o in assenza totale di permesso. Il tema non è spesso il reato, ma l'esecuzione della demolizione che deve essere eseguita. La costruzione è un corpo del reato ma è ben diverso distruggere sostanze stupefacenti sequestrate dall'abbattere un palazzo. Ci sono spese notevoli e pratiche lunghe perché è necessario bandire una gara d'appalto e quant'altro. Dietro questo iter che porta all'abbattimento c'è, spesso, una mancanza di volontà di abbattere l'immobile abusivo. In presenza di determinate condizioni, peraltro, è possibile che l'amministrazione comunale lo possa acquisire e destinare a uso pubblico, qualora l'abuso non sia in violazione delle norme paesaggistiche o di staticità, utilizzandolo per ospitare uffici o trasformarlo in case popolari".
Nel tempo, oltre ai condoni, il legislatore ha cercato di dare nuovi strumenti per poter realizzare gli abbattimenti, penso al Dl 120/20...
"Sì. Più volte il legislatore è intervenuto per aiutare i Comuni o metterli in mora ma, in questo caso, dobbiamo distinguere due ipotesi. La prima è che la demolizione consegua alla condanna penale, e in questo caso spetta all'autorità giudiziaria avviare l'iter necessario per darne atto anche sollecitando i Comuni ad adempiere. La seconda ipotesi, invece, è quella che riguarda le demolizioni chieste dalle autorità amministrative, ossia decisa dai Comuni o dalle Province. In questo caso la Prefettura può intervenire, proprio sulla base del Dl 120/2020 da lei citato, a loro sostegno qualora non vengano, ad esempio, trovate le ditte che eseguano i lavori per esempio nel caso di un immobile costruito da un esponente di spicco nell'ambito locale che le ditte non si vogliono 'mettere contro'. Il Prefetto, anche utilizzando il Genio militare, può disporre e dare esecuzione all'abbattimento. In provincia di Agrigento, e in Sicilia, siamo in presenza di entrambi i casi. Devo dire che, in generale, le demolizioni ordinate dagli enti locali, anche se poche, sono state eseguite abbastanza serenamente. Pertanto, ove necessario, saremo pronti a far intervenire il Genio militare. L'ipotesi di attualità oggi è principalmente quella della demolizione d'ordine del Giudice, in quanto reato. L'immobile viene sequestrato e, passata in giudicato la condanna, va abbattuto. Si tratta di una procedura più complessa e articolata che, spesso, incontra difficoltà di comunicazione tra la Procura Generale, nel nostro caso per competenza quella di Palermo, e i comuni della provincia. Recentemente ho inviato a tutti i Comuni una circolare esplicativa e, soprattutto, ho convocato i comuni inadempienti che in questo momento nelle provincia di Agrigento sono sette. Riteniamo che gli incontri, alla presenza di un magistrato, potranno essere attuati nei primi giorni del mese di settembre".
Lei ha accennato alla mancanza di volontà delle amministrazioni comunali...
"Si tratta di un tema delicato perché questo aspetto può riguardare ogni singolo anello della catena esecutivo-decisionale. Si tratta di una catena lunga e articolata, pensi solo alla necessità di trovare i siti per lo stoccaggio dei materiali, al conferimento dei materiali di risulta, all'aspetto tecnico della demolizione di un palazzo di dieci piani, operazione che solo poche ditte in Italia sono in grado di eseguire, e finanche alla difficoltà di fare la notifica alla proprietà. Ogni tassello può essere oggetto d'inerzia e, quindi rallentare l'esecuzione. Non sempre, quindi, le responsabilità della non esecuzione sono imputabili al Sindaco o all'Assessore, perché anche il singolo geometra o impiegato comunale può mettere in stallo la procedura. Quando nel 2021, con il ruolo di commissario straordinario, mi sono occupato di una demolizione nel Comune di San Cataldo la procedura è durata quasi due anni a causa delle difficoltà procedimentali e delle resistenze dei controinteressati e persino l'inviato de 'Le iene' venne a chiederci conto della demolizione. Tenga conto che eravamo l'amministrazione di un Comune sciolto per mafia con l'obiettivo di ripristinare la legalità...".
Parla l'ex procuratore della Repubblica nella Città dei templi, oggi a Cagliari
Luigi Patronaggio: "Servono più risorse ma anche sanzioni"
Abusi edilizi, interviene al QdS Luigi Patronaggio, già Procuratore della Repubblica di Agrigento e oggi procuratore generale di Cagliari. Insediatosi nella città dei Templi nel settembre 2016, già negli anni novanta era stato capo dell'ufficio gip-gup ma anche di Presidente della sua Corte d'Assise portando a compimento lo storico processo "Akragas" alle cosche mafiose dell'agrigentino che si concluse con ventuno ergastoli e la condanna di Giovanni Brusca.
Dottore, lei ha retto la procura di Agrigento per quasi sette anni. La grossa dimensione del fenomeno dell'abusivismo edilizio in quel territorio, confermato anche dal recente rapporto di Legambiente, vi ha costretto a tenere sempre alto il livello d'allarme. Rischi ambientali e paesaggistici sono entrati nell'immaginario collettivo di chi oggi pensa ad Agrigento, città deturpata da una cementificazione selvaggia già dagli anni '60. Ci può fare un quadro complessivo?
"Agrigento e la sua provincia soffrono di un abusivismo edilizio risalente nel tempo che ha provocato danni ormai irreparabili al paesaggio e al patrimonio archeologico. Devo tuttavia dire che, da qualche anno, c'è una maggiore attenzione al fenomeno e nuovi rilevanti casi di abusivismo sono stati bloccati sul nascere. Resta il problema della remissione in pristino, attraverso le demolizioni, di un territorio deturpato. E qui vengono le note dolenti perché l'immobilismo amministrativo e l'ostruzionismo giudiziario degli abusivisti impedisce una seria politica di recupero del territorio. Il numero delle demolizioni, a fronte delle sentenze di condanna per reati urbanistici e paesaggistici, è purtroppo estremamente basso".
I tempi tra l'emissione del provvedimento di abbattimento e la sua esecuzione non sono certamente brevi. Quali sono i motivi principali?
"I Comuni sono sommersi spesso da una valanga d'istanze di sanatoria e condono che non vengono istruite e spesso la macchina amministrativa si blocca, talvolta con compiacenza, al primo ricorso amministrativo. Solo quando tutti i rimedi amministrativi sono stati esperiti, si inizia timidamente una procedura per la demolizione che spesso, ancora una volta, si blocca in modo desolante per mancanza di fondi".
Le amministrazioni locali hanno risposto con efficienza alle vostre richieste, al di là dei limiti economici per dare atto all'abbattimento e al ripristino del territorio, o ha riscontrato una sorta di "lassismo", di sottovalutazione del fenomeno o altro ad esempio inquadrabile indicativamente nel mantenimento del "quieto vivere" locale o necessità di consenso elettorale?
"I Comuni virtuosi in materia sono in vero pochi e quei sindaci che si sono impegnati nelle demolizioni sono stati vittime di minacce e ritorsioni. Senza dire del prezzo politico che questi sindaci hanno pagato in termini di mancato consenso elettorale".
Il Dl 120/2020 ha mirato al superamento dell'inerzia delle amministrazioni comunali in fatto di demolizioni, facendo passare la prerogativa nelle mani dello Stato centrale, ossia alle prefetture ma, nel tempo, sono stati più i condoni che le norme che permettessero, anche con facilitazioni di tipo burocratico, di dare pronta esecuzione agli abbattimenti. A suo giudizio questa può essere una strada che ci permetterà di percorrere più velocemente il raggiungimento del risultato?
"Certamente un centro decisionale lontano dagli interessi locali ha maggiore possibilità di risultare efficace. Tuttavia una circolare del Ministero dell'Interno ha ridotto l'intervento dei Prefetti alle sole demolizioni di epoca recente lasciando inalterato il grave quadro abusivo precedente".
L'utilizzo dell'Esercito, nello specifico del Genio militare, può essere uno strumento adeguato alla risoluzione del problema?
"Il problema non è tanto quello dell'individuazione della ditta esecutrice dei lavori di demolizione quanto pervenire in tempi rapidi alla demolizione. Questo presuppone l'esistenza negli organici dei comuni di tecnici amministrativi e di tecnici con competenze ingegneristiche capaci di elaborare e attuare provvedimenti amministrativi e progetti di demolizione validi e inoppugnabili. L'intervento del Genio Militare appare utile solo in quei casi dove la presenza d'interessi mafiosi scoraggia l'intervento di ditte private".
A suo giudizio è necessario uno "scossone" legislativo e nuovi strumenti che supportino maggiormente il lavoro dell'A.G.?
"La vera misura risolutiva sarebbe quella di sanzionare, al limite anche penalmente, l'immobilismo amministrativo dei sindaci e degli amministratori locali, a cui occorrerebbe fornire maggiori risorse finanziarie per non rifuggire in facili alibi".
Abusi edilizi e incendi hanno stuprato, nel tempo e ancora oggi, il territorio. Ma siamo veramente disarmati di fronte a questi fenomeni che "rubano il nostro futuro" oppure è necessaria una presa di coscienza collettiva che tarda ad arrivare? Sulla base della sua esperienza, manca ancora una cultura del "bello" e della legalità in quel territorio?
"In effetti manca ancora una diffusa cultura ambientale. Ci rendiamo conto di quanto sia importante costruire nella legalità, rispettando vincoli paesaggistici, idrogeologici e normativa antisismica, solo quando la natura si ribella. Quando inondazioni, frane, eventi tellurici, o più di recente incendi, ci travolgono, allora ci ritroviamo tutti a disperarci della mancata prevenzione. Occorre capire che investire nell'ambiente è investire nel futuro dei nostri figli e dei nostri nipoti".
ILSOLE24ORE.
Il calo della natalità minaccia la stabilità economica dell'Italia: nel 2050 un solo lavoratore per ogni pensionato. Secondo il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti «non c'è nessuna riforma previdenziale che tiene nel medio-lungo periodo con i numeri della natalità che abbiamo oggi in questo paese».
Non ci sono riforme delle pensioni che tengano se il tasso di natalità dovesse rimanere quello che è, ovvero al minimo storico. L'Italia è agli ultimi posti in Europa nel rapporto tra occupati e pensionati. «Il tema della natalità è un tema fondamentale: non c'è nessuna riforma previdenziale che tiene nel medio-lungo periodo con i numeri della natalità che abbiamo oggi in questo paese», ha ricordato il ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti, intervenendo al meeting di Rimini.Il pericolo connesso alla denatalità è che si faccia sempre più forte lo squilibrio, nell'ambito del mercato del lavoro, tra componente attiva e percettori di trattamenti pensionistici. Secondo un'analisi di Eurostat, l'Italia è tra i Paesi europei che fanno meno figli. Nel nostro Paese il tasso di natalità è ai minimi, con 1,25 nascite per donna, un dato superiore solo alla Spagna (1,19) e a Malta (1,13). In cima alla graduatoria la Francia, con 1,84 bambini nati per donna, seguita da Repubblica Ceca (1,83), Romania (1,81) e Irlanda (1,78). La riduzione delle giovani generazioni in rapporto alla popolazione minaccia la stabilità economica dell'Italia. Finanze pubbliche e welfare rischiano di non essere più sostenibili con il calo delle nascite.
Tutto questo mentre il Governo sta mettendo mano al capitolo " legge di Bilancio 2024 ". L'esecutivo sembra orientato a ricorrere a misure ponte della durata di un anno. A cominciare dal prolungamento, magari in forma leggermente rivisitata, di Quota 103, con cui la soglia minima di accesso alla pensione rimarrebbe ferma ancora per 12 mesi a 62 anni d'età, seppure nel mix con 41 anni di versamenti.
A porre l'accento sulla questione è stata Bankitalia. In un recente paper ha sottolineato che il progressivo innalzamento dell'età pensionabile ha un "effetto collaterale": incide sui tassi di fecondità contribuendo al calo delle nascite. Soprattutto nei Paesi del Sud dell'Europa con più lacune sul fronte delle politiche e dei servizi all'infanzia, e dove una giovane coppia per mettere su famiglia fa grande affidamento sulla figura dei nonni. Secondo l'istituto di Via Nazionale, le riforme previdenziali varate negli ultimi decenni in Europa per contenere la spesa pubblica possono avere un impatto anche sulla crescita demografica. Un fenomeno che riguarda quasi esclusivamente i Paesi dell'area Mediterranea, mentre è quasi nullo nell'Europa Continentale e nei Paesi del Nord, dove le politiche di welfare si dimostrano più efficaci e i servizi come gli asili nido sono più diffusi e meno gravosi per le tasche delle giovani coppie.Tra gli ultimi a porre l'accento sulla questione, l'ex presidente dell'Inps, Pasquale Tridico. Il quadro al 2029, ha spiegato, «non è positivo» con il rapporto tra lavoratori e pensionati che passerà dall'attuale 1,4 a 1,3 per poi arrivare nel 2050 a uno a uno. Qualsiasi scelta di anticipo rispetto all'età di vecchiaia dovrà tenere conto dell'andamento dell'aspettativa di vita (diminuita con il Covid ma probabilmente in ripresa) ed essere legata ai contributi versati. Ma si potrebbe anche scegliere la via dell'anticipo per le categorie più in difficoltà sulla scia delle norme sull'Ape sociale.
Conti in bilico, in 39 province ci sono più pensioni che occupati: ecco dove
Le politiche per la natalità, ammesso che si riesca a costruirle e soprattutto a renderle efficaci, impiegano decenni per determinare effetti economici di un qualche significato. Ma, a scorrere le cifre, il tempo a disposizione per invertire la rotta non sembra molto. In Italia ogni 100 pensioni Inps ci sono 111 lavoratori attivi, e il conto scende a 103 se si escludono i professionisti che versano i contributi alle Casse private. E in 39 province su 107, quasi tutte al Centro-Sud, gli occupati sono meno degli assegni previdenziali. In Calabria il record: 67 lavoratori per 100 pensionati.Il rapporto della Ragioneria sul rapporto tra spesa per pensioni e Pil
Nel rapporto sulle tendenze di medio lungo periodo del sistema pensionistico e socio sanitario nel 2023, pubblicato dal ministero dell'Economia e delle finanze, dipartimento della Ragioneria generale dello Stato a giugno di quest'anno, sono state analizzate le previsioni di medio-lungo periodo della spesa pensionistica. Queste previsioni, hanno sottolineato i tecnici della Ragioneria in quella occasione, «richiedono la formulazione di scenari macroeconomici e demografici ad hoc i quali, necessariamente, si basano su ipotesi strutturali soggette a un ampio margine di incertezza». Nel rapporto viene delineato uno "scenario nazionale base", sulla base dell'evoluzione del rapporto fra spesa pensionistica e Pil.Nel biennio 2023-2024 spesa per pensioni al 16,2% del Pil
«Nel biennio 2023-2024 - si legge nel report -, la spesa per pensioni cresce significativamente portandosi al 16,2 per cento del PIL. Le previsioni scontano, inter alia, gli effetti della elevata indicizzazione delle prestazioni imputabili al notevole incremento, del tasso di inflazione registrato nel 2022 e previsto per l'anno 2023».Il rapporto si stabilizza fino al 2029
«Negli anni successivi - spiega ancora la RgS -, il rapporto tende a stabilizzarsi fino al 2029, pur in presenza di ipotesi di crescita del PIL meno favorevoli in relazione all'esaurirsi degli effetti del nuovo canale di accesso al pensionamento anticipato introdotto in via generalizzata e temporanea per i soggetti che maturano i relativi requisiti nel quadriennio 2019-2023 (Quota 100, Quota 102 e Quota 103) e in relazione all'ipotizzato parziale recupero dei livelli occupazionali precedenti sia all'adozione del provvedimento che ha introdotto Quota 100 sia al manifestarsi della crisi sanitaria. Inoltre, si assiste alla prosecuzione graduale del processo di innalzamento dei requisiti minimi di accesso al pensionamento e alla contestuale applicazione, pro rata, del sistema di calcolo contributivo».Picco del 17% nel 2042
«Dopo il 2029, il rapporto spesa/PIL aumenta velocemente fino a raggiungere il picco relativo del 17 per cento nel 2042. Nella parte centrale del periodo di previsione, si assiste all'incremento del rapporto fra numero di pensioni e numero di occupati indotto dalla transizione demografica, il quale è solo in parte compensato dall'innalzamento dei requisiti minimi di accesso al pensionamento. Tale incremento - si legge ancora nel rapporto - sopravanza l'effetto di contenimento degli importi pensionistici esercitato dalla graduale applicazione del sistema di calcolo contributivo sull'intera vita lavorativa».