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Gestione del part time negli enti locali: il parere dell'Aran
In un recente documento curato dall'Aran si fa chiarezza sulla gestione del lavoro a tempo parziale (part time) negli enti locali: ecco tutti i dettagli.Si ricorda che il contratto di lavoro a tempo parziale, (anche detto contratto di lavoro part-time), nel diritto del lavoro in Italia, indica un contratto di lavoro subordinato caratterizzato da una riduzione dell'orario di lavoro rispetto a quello ordinario che è generalmente della durata di 40 ore (detto anche full-time).A questa catalogazione non sfugge il lavoro pubblico, che impiega allo stesso modo le risorse umane come nel lavoro privato.Tuttavia alcuni enti, di recente, si sono appellati all'Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni per fugare alcuni dubbi, soprattutto per quanto riguarda l'eventuale autonomia degli enti nella gestione di turni e orari.Gestione del part time negli enti locali: il parere dell'AranL' Aran ha pertanto risposto alle domande di un comune in merito ai contratti di lavoro a tempo parziale nel suo parere protocollo n. 6604/2023.Nel contesto delle relazioni sindacali, il contratto stipulato il 16 novembre 2022 ha ampliato i negoziati includendo l'articolazione delle tipologie dell'orario di lavoro, inclusa la riduzione dell'orario di lavoro e l'organizzazione dei turni. È importante notare che questa definizione non riguarda il regolamento interno del comune per i contratti a tempo parziale dei suoi dipendenti.Le questioni discusse nei negoziati sugli orari di lavoro sono direttamente correlate alle diverse modalità di articolazione dell'orario di lavoro menzionate nell'articolo 29, comma 4, del contratto, che include l'orario flessibile, la turnazione e l'orario multiperiodale. Di conseguenza, il regolamento contrattuale per i contratti a tempo parziale non ha subito modifiche significative durante l'ultima fase di contrattazione, confermando così quanto stabilito nell'articolo 53 del contratto stipulato il 21 maggio 2018.Il comma 13 dello stesso contratto stabilisce che i dipendenti che hanno cambiato il loro rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale possono richiedere il ritorno a tempo pieno dopo due anni dalla trasformazione, a meno che ci siano posizioni a tempo pieno disponibili prima della scadenza biennale.Autonomia dell'enteTuttavia, rimane aperta la questione se, quando si presenta la richiesta di ritorno a tempo pieno, si debbano rispettare le scadenze semestrali stabilite nell'articolo 53, comma 4, del contratto (cioè, giugno e dicembre). Secondo l'Aran, in mancanza di disposizioni specifiche nel contratto, ogni ente ha il potere di stabilire autonomamente i termini per la presentazione delle richieste di ritorno a tempo pieno all'interno delle proprie regolamentazioni interne.Infine, per quanto riguarda l'ultima parte dell'articolo 53, comma 2, del contratto (che afferma: "il predetto limite è arrotondato per eccesso onde arrivare comunque all'unità"), va interpretata nel senso che l'arrotondamento per eccesso può essere applicato indipendentemente dal decimale ottenuto, garantendo che il numero massimo di contratti a tempo parziale stipulabili all'interno dell'ente sia sempre arrotondato all'unità superiore.
Arriva l'ipotesi dell'Ape social Donna nella Manovra 2024
Per la Legge di Bilancio 2024, arriva l'ipotesi dell'Ape sociale Donna, per permettere l'uscita anticipata: ecco cosa sappiamo.Il Governo è al lavoro sulla Legge di Bilancio 2024 e uno dei capitoli più importanti è sicuramente quello sulle pensioni.Come annunciato, però, non ci saranno cambiamenti sostanziali, a causa della mancanza di risorse. Dovrebbero essere stanziati solo 1-1,5 miliardi di euro per la riforma previdenziale, a causa dei paletti fissati dal Ministero dell'Economia.C'è, però, l'ipotesi di un'uscita anticipata dal lavoro, con l'Ape sociale Donna. Vediamo di cosa si tratta.Ipotesi Ape Sociale Donna: sarà introdotta nella Legge di Bilancio?Tra le ipotesi di modifica del sistema previdenziale, nella prossima Manovra finanziaria, spunta l'Ape (l'anticipo pensionistico) sociale agevolata per le donne, con la possibilità di andare in pensione a partire dai 61-62 anni.La misura allo studio prevede di ricevere l'indennità di accompagnamento verso la pensione a partire dai 61/62 anni, invece dei 63 attuali.Inoltre, potrebbero essere previsti dei vantaggi per contrastare le situazioni di disagio, come il licenziamento, l'invalidità pari ad almeno il 74%, l'essere care-giver o per chi è impegnata in lavori gravosi.Queste situazioni si aggiungerebbero allo "sconto" già in vigore, pari ad un anno per ogni figlio, fino ad un massimo di due anni.Per accedervi, bisognerà:Aver maturato 30 anni di contributi;Essere state licenziate, avere un'invalidità pari almeno al 74% o essere care-giver.Gli anni di contributo scendono a 28, per le donne con due figli.Nel caso di lavori gravosi (che devono essere almeno sei negli ultimi sette anni o sette negli ultimi dieci anni), invece, gli anni di contributi necessari sono 36 e scendono ulteriormente a 34 per le lavoratrici con due figli.L'indennità di accompagnamento viene erogata dall'Inps per 12 mesi l'anno (e non 13 come per la pensione) ed è pari all'importo della rata mensile della pensione calcolata al momento dell'accesso alla misura.Il sussidio viene erogato fino all'accesso alla pensione di vecchiaia e non può superare i 1500 euro lordi al mese.La misura potrebbe essere introdotta come alternativa ad Opzione donna o essere aggiunta a questa. Al momento, la platea è sostanzialmente la stessa, ma con Ape Donna non bisogna optare per forza per il metodo di calcolo completamente contributivo.Le differenze con Opzione DonnaCon Ape Donna si andrebbe in pensione dopo, mentre con Opzione donna è possibile uscire a 58 anni (se si hanno due figli), con la possibilità di un anno di finestra mobile se si è dipendenti. L'indennità, inoltre, può raggiungere un massimo di 1500 euro lordi.Viene richiesto un numero di anni di contributi inferiore (tra 28 e 30, invece di 35), ma si accederebbe alla misura di accompagnamento alla pensione e non alla pensione vera e propria.
ITALIAOGGI.
Affitti brevi, sfuma il decreto leggeBattuta d'arresto per le norme che introducono una stretta sugli affitti brevi che sarebbero dovuti giungere all'esame del consiglio dei ministri nella forma del decreto legge e non del disegno di legge.
Affitti brevi, sfuma il decreto legge. Battuta d'arresto per le norme che introducono una stretta sugli affitti brevi che sarebbero dovuti giungere all'esame del consiglio dei ministri nella forma del decreto legge e non del disegno di legge. Ma secondo quanto risulta a ItaliaOggi, la possibilità di trasformare la bozza in un decreto legge, e accelerare l'entrata in vigore, è sfumata all'ultimo minuto. Il testo, presentato lo scorso 7 settembre in una nuova versione (si veda ItaliaOggi dell'8/9/2023), prevedeva un soggiorno minimo di due notti con Airbnb nelle città metropolitane e l'esclusione dal regime fiscale delle locazioni brevi per chi affitta più di due alloggi. Si aggiungevano, inoltre, nuovi obblighi relativi alla prevenzione degli incendi, simili a quanto richiesto per gli hotel. Ma arrivano le repliche delle associazioni di categoria a tutela della proprietà e delle locazioni brevi, tra cui Confedilizia, che indicano in una nota congiunta come «il testo diffuso sia palesemente mirato a contrastare la locazione delle abitazioni private attraverso l'introduzione di un numero ingiustificato di divieti, limitazioni, requisiti e obblighi, alcuni dei quali di impossibile applicazione». Per quanto riguarda le misure antiincendio e di sicurezza (articolo 5), chiunque proceda alla locazione «deve trasformare casa propria in una sorta di simile hotel, inserendo dispositivi, attrezzature, avvisi e istruzioni tipici delle strutture alberghiere, e sottoponendosi a ingenti spese per corsi, controlli e adempimenti burocratici di varia natura». La finalità, «evidente», scrivono le associazioni, «è il disincentivo a locare». Come è «facile comprendere, infatti, quasi tutti questi adempimenti sarebbero impossibili da rispettare nelle abitazioni, mentre altri lo sarebbero ma al costo di deturparle». Per quanto riguarda i requisiti soggettivi dell'host (articolo 4), «si vorrebbe condizionare l'esercizio di un diritto reale al possesso di requisiti soggettivi, consistenti nel non aver subito alcune misure di carattere penale». Tale disposizione si pone «in contrasto con secoli di civiltà giuridica, oltre che con la Costituzione italiana». Inoltre, per quanto riguarda l'assegnazione di un unico codice identificativo nazionale (Cin) per ogni immobile ad uso abitativo oggetto di locazione per finalità turistiche (articolo 3), si chiede di aggiungere un ulteriore comma con il quale "si specifichi normativamente come il previsto inserimento nella banca dati nazionale dei dati e delle informazioni relative alla locazione, debba sostituire tutti i ripetuti identici adempimenti attualmente richiesti dalle altre banche dati.
LIVESICILIA.
Finanziaria, il governo Schifani incontra i vertici dell'Anci: "Risorse certe".
Presentare le linee guida della prossima Finanziaria e ascoltare le esigenze dei Comuni. Nuovo momento di confronto, a Palazzo d'Orléans, su Legge di stabilità e Bilancio 2024-2026. Il presidente della Regione Siciliana Renato Schifani e gli assessori all'Economia e alle Autonomie locali, rispettivamente Marco Falcone e Andrea Messina, hanno incontrato questa mattina il presidente Paolo Amenta, il segretario generale Mario Alvano e il comitato direttivo dell'Anci Sicilia.
Un vertice che rientra nella strategia di ascolto e confronto voluta dal governo regionale sulle aspettative delle diverse categorie. Ai rappresentanti dell'associazione dei Comuni sono stati illustrati i capisaldi attorno ai quali Palazzo d'Orléans sta mettendo a punto lo schema di disegno di legge finanziario.
"Abbiamo incontrato i rappresentanti dei sindaci per ascoltare chi, quotidianamente, raccoglie sul territorio le esigenze dei cittadini - dice il presidente Schifani -. La nostra intenzione di approvare entro fine anno la manovra vuole anche andare incontro alle amministrazioni per consentire una programmazione adeguata dei propri bilanci, con risorse certe. Abbiamo voluto fortemente momenti di confronto come questo perché riteniamo che solo con uno spirito di collaborazione istituzionale si possano raggiungere risultati significativi per la nostra Regione. Per noi il mondo delle autonomie è un mondo di riferimento, al di là delle appartenenze politiche". L'incontro di oggi con l'Anci segue quelli che si sono tenuti nei giorni scorsi con i rappresentanti regionali dei sindacati confederali e del settore produttivo.
Risorse per i comuni
"La prossima manovra finanziaria - dichiara l'assessore Falcone - ci permette di porre le basi per un generale e notevole aumento delle risorse per i Comuni, nel complesso uno stanziamento da 400 milioni di euro".
"I sindaci avranno maggiori strumenti non solo per garantire i servizi essenziali e la tenuta dei bilanci, ma anche per investire nello sviluppo dei territori come nel caso del rinnovo del fondo per le progettazioni".
Il notevole incremento del fondo per le autonomie locali rispetto allo scorso anno è un grande risultato che testimonia l'attenzione del governo regionale alle Comunità locali. L'ascolto quotidiano dei sindaci - sottolinea l'assessore Messina - ci rende consapevoli delle difficoltà che hanno oggi le amministrazioni locali a far quadrare i bilanci. Siamo convinti che aumentare la capacità di spesa degli enti avrà l'effetto di migliorare la qualità dei servizi ai cittadini siciliani quali asili nido, assistenza ai disabili, trasporti locali, e altro".
AGRIGENTONOTIZIE.
Sicilia, a rischio fondi dell'Unione europea per oltre 1,6 miliardi di euroSchifani: "Con i dipartimenti regionali abbiamo verificato approfonditamente tutte le criticità di attuazione e lo scorso luglio abbiamo sottoposto al Comitato di sorveglianza una proposta di riprogrammazione".
Da quanto emerge dall'analisi dei dati disponibili sul portale della coesione della Commissione europea, le risorse dei fondi strutturali destinati alla Sicilia sono quelle più a rischio disimpegno del ciclo di programmazione 2014-2020 della Politica di Coesione. Per la Sicilia mancano all'appello, tra Fesr e Fse, oltre 1,6 miliardi di euro. Per non perdere risorse europee il nostro Paese dovrebbe assorbire i fondi ancora non spesi né rendicontati entro il 31 dicembre 2023. Ma, a giugno 2023, la Sicilia aveva speso e rendicontato solo il 61,7% del Fondo di sviluppo regionale (Fesr) - circa 2,6 miliardi su 4,2 - e il 65,4% del Fondo sociale europeo (Fse), che ammonta in totale a circa 820 milioni di euro.
In merito alla spesa delle risorse europee assegnate alla Sicilia, il governatore Schifani ha sottolineato: "La sfida da affrontare, già al 31 dicembre 2022, ad appena un anno dalla conclusione del ciclo di programmazione 2014-2020, era spendere circa 2 miliardi di euro di risorse comunitarie. Una sfida difficile, della quale ho avuto subito contezza. Per questo motivo, con i dipartimenti regionali abbiamo verificato approfonditamente tutte le criticità di attuazione e lo scorso luglio abbiamo sottoposto al Comitato di sorveglianza una proposta di riprogrammazione, approvata sia dalla Giunta regionale sia dalle competenti commissioni dell'Assemblea regionale, che mira a ridurre al massimo il rischio di disimpegno dei fondi".
"Oltre alle previsioni di spesa formulate dai dipartimenti per oltre un miliardo di euro, ho proposto anche una manovra correttiva da 823 milioni di euro - aggiunge il governatore - che da un lato risponde alla necessità mettere in sicurezza i fondi a rischio utilizzando al meglio le risorse non impiegate nel poco tempo rimasto, dall'altro è orientata a inserire alcune misure correttive di compensazione in favore di cittadini e imprese, per dare risposte strategiche al territorio. Questo intervento - prosegue Schifani - è frutto di una serrata cooperazione con il ministro Fitto, i suoi uffici e la Commissione europea".
"La proposta avanzata dalla Regione - conclude il presidente - è ora al vaglio finale della Commissione europea, che ne aveva condiviso i contenuti già nel corso del Comitato di sorveglianza. Adesso tocca ad assessori e dirigenti generali rispettare le previsioni di spesa formulate che, assieme all'approvazione delle misure correttive da me proposte, ci fanno guardare con una nuova fiducia alla possibilità di non perdere risorse".
agrigentonotizie.it
Arriva l'ipotesi dell'Ape social Donna nella Manovra 2024
Per la Legge di Bilancio 2024, arriva l'ipotesi dell'Ape sociale Donna, per permettere l'uscita anticipata: ecco cosa sappiamo.Il Governo è al lavoro sulla Legge di Bilancio 2024 e uno dei capitoli più importanti è sicuramente quello sulle pensioni.Come annunciato, però, non ci saranno cambiamenti sostanziali, a causa della mancanza di risorse. Dovrebbero essere stanziati solo 1-1,5 miliardi di euro per la riforma previdenziale, a causa dei paletti fissati dal Ministero dell'Economia.C'è, però, l'ipotesi di un'uscita anticipata dal lavoro, con l'Ape sociale Donna. Vediamo di cosa si tratta.Ipotesi Ape Sociale Donna: sarà introdotta nella Legge di Bilancio?Tra le ipotesi di modifica del sistema previdenziale, nella prossima Manovra finanziaria, spunta l'Ape (l'anticipo pensionistico) sociale agevolata per le donne, con la possibilità di andare in pensione a partire dai 61-62 anni.La misura allo studio prevede di ricevere l'indennità di accompagnamento verso la pensione a partire dai 61/62 anni, invece dei 63 attuali.Inoltre, potrebbero essere previsti dei vantaggi per contrastare le situazioni di disagio, come il licenziamento, l'invalidità pari ad almeno il 74%, l'essere care-giver o per chi è impegnata in lavori gravosi.Queste situazioni si aggiungerebbero allo "sconto" già in vigore, pari ad un anno per ogni figlio, fino ad un massimo di due anni.
Per accedervi, bisognerà:Aver maturato 30 anni di contributi;Essere state licenziate, avere un'invalidità pari almeno al 74% o essere care-giver.Gli anni di contributo scendono a 28, per le donne con due figli.Nel caso di lavori gravosi (che devono essere almeno sei negli ultimi sette anni o sette negli ultimi dieci anni), invece, gli anni di contributi necessari sono 36 e scendono ulteriormente a 34 per le lavoratrici con due figli.L'indennità di accompagnamento viene erogata dall'Inps per 12 mesi l'anno (e non 13 come per la pensione) ed è pari all'importo della rata mensile della pensione calcolata al momento dell'accesso alla misura.Il sussidio viene erogato fino all'accesso alla pensione di vecchiaia e non può superare i 1500 euro lordi al mese.La misura potrebbe essere introdotta come alternativa ad Opzione donna o essere aggiunta a questa. Al momento, la platea è sostanzialmente la stessa, ma con Ape Donna non bisogna optare per forza per il metodo di calcolo completamente contributivo.Le differenze con Opzione DonnaCon Ape Donna si andrebbe in pensione dopo, mentre con Opzione donna è possibile uscire a 58 anni (se si hanno due figli), con la possibilità di un anno di finestra mobile se si è dipendenti. L'indennità, inoltre, può raggiungere un massimo di 1500 euro lordi.Viene richiesto un numero di anni di contributi inferiore (tra 28 e 30, invece di 35), ma si accederebbe alla misura di accompagnamento alla pensione e non alla pensione vera e propria.
ilsicilia.it
CATANZARO (PD): "IL GOVERNO SCHIFANI PERDE TEMPO SULLE EX PROVINCE"
"E' stata una riunione importante per mettere a fuoco i temi principali dell'azione parlamentare". Lo dice Michele Catanzaro, capogruppo del Pd all'Ars, a proposito della riunione che si è tenuta nei locali del gruppo a Palazzo dei Normanni alla quale, insieme con i parlamentari regionali del Partito democratico ha partecipato il segretario regionale Anthony Barbagallo. Tra i diversi temi affrontati quello delle ex Province."Ancora una volta - dice Catanzaro - il governo regionale, con la complicità di quello nazionale prende tempo e rinvia ogni decisione mantenendo le ex Province nel limbo. Il Pd ha presentato un ddl per il ritorno all'elezione diretta, ma in questo momento ciò che conta è assicurare agli enti intermedi le risorse necessarie alle loro attività".