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rassegna stampa del 7 novembre 2023

agrigentonotizie.it
Materassi abbandonati lungo la Strada provinciale 19A, tratto Santa Elisabetta-Sant'Angelo Muxaro


Di sacchetti di plastica, contenenti rifiuti, di bottiglie di vetro e di plastica, di lattine, di materassi, la Sp19-A è cosparsa.
Segni di inciviltà che trasformano la Sp19-A (tratto Santa Elisabetta Sant'Angelo Muxaro), da bene comune a discarica abusiva. Una strada provinciale dove ai bordi vengono abbandonati materassi, eternit. Questa non è una discarica, uno spazio adibito al deposito di oggetti dismessi. È stata scambiata per un centro di raccolta per rifiuti ingombranti. Si è creata una discarica a cielo aperto lungo la Sp 19-A.In particolare, nei pressi di una curva, sono stati depositati dei materassi. Lungo la strada sono visibili bottiglie di plastica e di vetro, altri rifiuti, lattine ed eternit. Il materiale posto al limite della strada, potrebbe creare un presupposto affinché altri vadano illecitamente a depositare dove sono già presenti rifiuti abbandonati. Si chiede che vengano bonificate le aree rimuovendo il tutto con un pronto intervento. La mia testimonianza contro l'abbandono, per mancanza, strafottenza o sbadataggine, di rifiuti, piccoli e grandi, in luoghi pubblici, tende a sensibilizzare l'opinione pubblica sul degrado che giorno dopo giorno deturpa i luoghi in cui viviamo.

Si alza lo scontro sull'Ipia alla zona Asi, Codacons: "Chi impedisce il trasferimento?
"L'associazione ha tenuto una conferenza stampa per chiedere agli enti preposti interventi risolutivi dopo anni di attesa

"Perché dopo 9 anni si continua a tenere un istituto scolastico (allocato in quei locali solo temporaneamente) in piena zona industriale anche contro i pareri degli uffici competenti, ed avendo i locali (più sicuri ed idonei) dove poterlo ubicare? Possibile che la politica non riesce a fare gli interessi della collettività?".A chiederselo in una nota è il responsabile regionale del Dipartimento Trasparenza enti locali di Codacons Giuseppe Di Rosa, al termine di una conferenza stampa tenutasi appunto in zona Asi e a cui ha partecipato anche il circolo "Rabat" di Legambiente. Al centro della vicenda che sta tornando a "scaldare" il dibattito c'è l'istituto professionale "Fermi", trasferito tra le imprese anni fa dopo che si scoprì che la sede di via Piersanti Mattarella era costruita con cemento depotenziato. Codacons ha inoltrato una lettera alle istituzioni "per sapere e capire cosa e chi continua a mantenere in zona industriale un istituto scolastico con le conseguenza che potrebbero derivare dal traffico veicolare dei mezzi pesanti e tutti gli altri rischi che produce una zona industrializzata", tra cui "importanti danni alla salute degli studenti e di tutto il corpo scolastico".
Rischi che, ad oggi, nessun ente preposto ha certificato e che lo stesso istituto, in altre occasioni, ha formalmente escluso, minacciando anche azioni legali, comprensibilmente. Tra l'altro, è il caso di aggiungere, se le emissioni delle ditte fossero tali da essere nocive per la salute, al netto o meno della presenza dell'ististuto scolastico, sarebbero le imprese a dover essere oggette a controllo e sanzione.Una strada per il trasferimento degli studenti, comunque, era stata anche trovata: l'ex commissario Raffaele Sanzo aveva infatti avviato le procedure per recuperare 34 aule all'interno dell'istituto "Foderà", oggi chiuso. I lavori sarebbero anche terminati, da quanto è dato sapere."Ma allora  - si chiede Codacons - cosa manca per trasferire l'istituto 'Fermi' in queste aule? I nostri interrogativi sono sempre gli stessi da anni ormai. E in particolare vogliamo sapere in presenza delle dichiarazioni rese dall' ASP nel tavolo tecnico tenutosi presso la Prefettura di Agrigento del 2018 '...istituti scolastici devono essere ubicati in una zona con determinate caratteristiche ben definite e lontane da insediamenti industriali...", chi risponderà domani di eventuali malattie e/o incidenti stradali? Cosa dobbiamo aspettare per vedere dislocata la scuola?".
Da anni, a fare pressione per il trasferimento dell'istituto sono anche le aziende della zona: già da anni la presenza della scuola blocca ad esempio la realizzazione di un impianto per il trattamento dell'umido. 


agrigentooggi.it
Torna alla ribalta la questione legata all'Ipia Fermi: una scuola costretta a trasferirsi nella Zona Industriale


La complessa vicenda dell'Ipia Fermi: sicurezza, controversie, e soluzioni necessarie.La questione relativa all'Ipia Fermi è tornata al centro dell'attenzione, riaccendendo polemiche e discussioni che si protraggono da oltre dieci anni. La scuola, un tempo situata in Contrada Calcarelle, un ambiente verde, una cittadella dello studente e dotata di una vasta gamma di strutture come palestre, aule, e laboratori tecnici, è stata costretta a trasferirsi nella Zona Industriale, in prossimità di un centro di trattamento dei rifiuti. Il motivo del trasferimento risale a quando la struttura originale, di proprietà della Provincia, è stata dichiarata inagibile a causa dell'uso di cemento depotenziato nella sua costruzione.L'Ente Provincia regionale di Agrigento, guidato all'epoca dal presidente Eugenio D'Orsi, prese la decisione di sgomberare la scuola e di spostarla nei locali della Zona Industriale nel territorio di Aragona. Questo trasferimento comportò un investimento significativo e oneroso per i contribuenti, poiché i locali industriali dove la scuola fu trasferita dovevano essere adeguati alla nuova destinazione d'uso.Tuttavia, il trasferimento della scuola è stato motivo di continue polemiche sin dall'inizio. Uno dei principali motivi di preoccupazione riguarda la distanza del nuovo sito dalla città, rendendo difficile e scomodo per gli studenti raggiungere la scuola. Inoltre, la vicinanza a stabilimenti che si occupano di trattamento dei rifiuti, ha sollevato preoccupazioni.Ciò che rende la situazione paradossale è che, secondo le normative vigenti, la presenza della scuola avrebbe potuto frenare l'espansione di questo e di altri stabilimenti industriali nella zona. Questo fatto ha suscitato una certa ironia, specialmente se si considera che a pochi chilometri di distanza, in linea d'aria, si trova l'Ospedale di Contrada Consolida, il San Giovanni Di Dio, che è stato anch'esso coinvolto in una controversia riguardante il cemento depotenziato. Tuttavia, la protezione civile è intervenuta per eseguire carotaggi ed effettuare interventi per evitare lo sgombero dell'ospedale.Tornando alla questione dello sviluppo degli stabilimenti, circa 24 aziende della zona industriale rimanente nel territorio di Aragona e Favara hanno intrapreso un'iniziativa significativa in relazione a questa complessa vicenda. Inizialmente, hanno redatto una nota congiunta indirizzata a tutti gli attori coinvolti, in cui hanno espresso le proprie valutazioni e preoccupazioni riguardo ai circa 800 studenti che frequentano l'intero complesso scolastico. Successivamente, questa nota è stata trasformata in un esposto che è stato depositato presso la procura della Repubblica di Agrigento. Questa azione ha contribuito a portare la questione alla Prefettura. Dall'elaborazione del verbale redatto in quell'occasione, è emerso l'impegno a cercare una soluzione al problema del trasferimento della scuola.Nel corso dell'anno, il commissario provinciale ha annunciato il trasferimento della scuola nei locali dell'ex istituto Foderà del Quadrivio Spinasanta. Questa notizia ha suscitato diverse reazioni, con il "Cartello Sociale di Agrigento" che ha espresso soddisfazione per il trasferimento della scuola dalla Zona Industriale in città dopo otto anni di proteste e difficoltà. Tuttavia, il cartello ha espresso anche amarezza per il ritardo nel riconoscimento dei diritti dei lavoratori e degli studenti dell'Ipia Fermi, che sono stati costretti a sistemazioni inadeguate."La soluzione - dicevano i sindacati - è stata raggiunta grazie alla pressione legittima di un'azienda che aveva visto negata l'autorizzazione per l'ampliamento a causa della presenza della scuola". Il "Cartello Sociale" ha pertanto chiesto al Commissario del libero Consorzio di Agrigento di fornire dettagli sull'iter di recupero di un'altra struttura e di garantire dignità agli studenti e ai lavoratori con alloggi adeguati.Oggi, la questione è nuovamente al centro dell'attenzione grazie all'intervento del deputato regionale di "Sud Chiama Nord", l'ex Iena e palermitano Ismaele La Vardera, che ha annunciato una conferenza stampa per lunedì mattina presso l'istituto professionale IPIA nella Zona Industriale di Aragona. Durante la conferenza, La Vardera affronterà il grave pericolo per l'incolumità pubblica rappresentato dalla permanenza dell'Istituto professionale "IPIA" nella Zona Industriale di Aragona e discuterà l'importanza di trovare una sede idonea e più sicura per la scuola.
La vicenda dell'Ipia Fermi è un caso complesso che coinvolge non solo la questione della sicurezza delle strutture scolastiche ma anche le implicazioni economiche e sociali di un trasferimento che ha creato tensioni e preoccupazioni. La speranza è che una soluzione adeguata possa essere trovata per garantire un ambiente educativo sicuro ed efficace per gli studenti.

lentepubblica.it

Visite fiscali, fasce di reperibilità attuali sono incostituzionali
Le visite fiscali per i dipendenti pubblici dovranno essere riviste e adattate: lo ha stabilito una recente pronuncia giuridica, che ha dichiarato incostituzionali le fasce di reperibilità attuali.Il motivo di questa necessità deriva dalla disparità di trattamento rispetto ai lavoratori del settore privato, che è stato dichiarato incostituzionale dal Tribunale Amministrativo Regionale (Tar) del Lazio in una sentenza del 3 novembre. Questa decisione è stata il risultato di un ricorso presentato dal sindacato della polizia penitenziaria Uilpa Pp.Scopriamo dunque nello specifico qual è stato il giudizio dei giudici amministrativi sulla materia.Visite fiscali, fasce di reperibilità attuali sono incostituzionaliI giudici del Tar hanno sottolineato che il Decreto Ministeriale n. 206 del 17 ottobre 2017, oggetto del ricorso, avrebbe dovuto armonizzare le fasce orarie di reperibilità tra i lavoratori pubblici e privati.Tuttavia, il Ministero ha affermato che tale armonizzazione avrebbe comportato una riduzione significativa delle fasce orarie per i dipendenti pubblici, passando da sette ore al giorno a sole quattro. Secondo il Ministero, questa riduzione avrebbe diminuito l'efficacia dei controlli.Ed è qui che sono intervenuti i giudici.Il Tribunale Amministrativo ha fatto notare, in primo luogo, la differenza tra le attuali fasce orarie per i controlli dei dipendenti in malattia:nel settore pubblico (dalle 9 alle 13 e dalle 15 alle 18, con obbligo di reperibilità anche nei giorni non lavorativi e festivi)e nel settore privato (dalle 10 alle 12 e dalle 17 alle 19, senza menzione di giorni festivi o non lavorativi)Ciò detto, ha evidenziato che questa differenza rappresenta una disparità di trattamento ingiustificata tra i due gruppi: una disparità che costituisce esattamente una violazione dell'articolo 3 della Costituzione, che sancisce il principio di uguaglianza.Inoltre, la sentenza afferma che il testo legislativo potrebbe essere in contrasto con la Direttiva n. 2000/78/CE dell'Unione Europea, che riguarda la parità di trattamento in materia di occupazione e condizioni di lavoro. Secondo il diritto comunitario, non è ammissibile l'adozione di disposizioni legislative o regolamentari che creino disparità di trattamento tra i lavoratori senza ragioni oggettive valide.Il mantenimento delle fasce orarie differenziate, con una durata complessiva quasi doppia per i dipendenti pubblici rispetto a quelli del settore privato (7 ore rispetto a 4 in una giornata), sembra mirare a scoraggiare il ricorso al congedo per malattia, contravvenendo alla tutela garantita dall'articolo 32 della Costituzione.Il Tar ha concluso che spetta ora ai Ministeri interessati emettere un nuovo decreto in conformità con le direttive della legge delega e le osservazioni del Tribunale Amministrativo.

Obblighi pubblicazione Amministrazione Trasparente: tutte le novità per il 2023
Tutti gli Enti Pubblici si trovano a dover adempiere a nuovi obblighi di pubblicazione all'interno della Sezione Amministrazione Trasparente per il 2023: scopriamo tutte le novità e quali possono essere gli strumenti più utili per raggiungere la piena conformità.La Pubblica Amministrazione è negli ultimi anni sempre più orientata a un processo di digitalizzazione e di pubblicità dei propri documenti e delle proprie informazioni: il fine di questa evoluzione in senso "informatizzato" è quello di poter meglio controllare l'azione e gli obiettivi amministrativi e l'utilizzo delle risorse pubbliche.Questa trasformazione in senso "digitale" è inquadrata all'interno di un concetto chiave estremamente importante, vale a dire quello di "Trasparenza".Attraverso la cosiddetta Trasparenza Amministrativa, infatti, si può creare un rapporto di fiducia reciproca tra i cittadini e le Pubbliche amministrazioni. Un cittadino maggiormente consapevole delle attività della propria Pubblica Amministrazione può infatti comprenderne a pieno l'operato e, in caso di irregolarità, intervenire prontamente per opporsi ad eventuali anomalie.Si tratta di un contesto in continuo mutamento, alla quale tutta la PA deve dimostrarsi sempre pronta e recettiva, per non rimanere indietro e risultare non conforme.
Ad arricchire e a revisionare ulteriormente il panorama dedicato alla Trasparenza Amministrativa ci ha pensato di recente anche l'ANAC, Autorità Nazionale Anticorruzione.
La delibera n. 7 del 17 gennaio 2023 infatti, dedicata all'aggiornamento del Piano Nazionale Anticorruzione, non solo rafforza le norme antiriciclaggio che le pubbliche amministrazioni sono tenute ad adottare ai sensi del d.lgs. n. 231/2007, ma dispone anche il rinnovamento della prevenzione della corruzione e la trasparenza in materia di contratti pubblici.
Scopriamone di più su queste novità e su quali possono essere gli strumenti più adatti per leggere la situazione attuale e intervenire in tempo.
I nuovi Obblighi di pubblicazione nella sezione Amministrazione Trasparente per il 2023In modo particolare le novità si sono rese necessarie alle luce della disciplina derogatoria in materia di contratti pubblici, cui si è fatto frequente ricorso per far fronte all'emergenza pandemica e per l'urgenza di realizzare interventi infrastrutturali di grande interesse per il Paese.A introdurre le nuove disposizioni è l'Allegato 9 al PNA (Piano Nazionale Anticorruzione) 2022.L' Autorità, con questo documento, impone l'adeguamento immediato degli obblighi concernenti la sotto-sezione "Bandi di gara e contratti" delle sezioni Amministrazione Trasparente e Società Trasparente dei portali istituzionali degli Enti pubblici.

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