agrigentonotizie.it
Scuola, gli istituti "Ambrosini" e "Re Capriata" manterranno l'autonomia per il prossimo anno
La decisione è arrivata nel pomeriggio di oggi al termine di un tavolo tecnico regionale: non si conosce l'esito definitivo per le altre realtà educative che attendevano risposta dal Governo regionale.
Nessun accorpamento per due istituti superiori della provincia per "salvare" i quali erano scesi in campo molti. Nel pomeriggio di oggi la Regione Siciliana ha infatti deciso di mantenere l'autonomia scolastica per l'Istituto alberghiero di Favara"Ambrosini", destinato ad essere fuso al "Nicolò Gallo" di Agrigento, e l'istituto "Re Capriata" di Licata. "Avevamo avuto notizia di questo importante risultato nelle scorse ore, ma solo adesso è arrivata la conferma - ha scritto sui social il sindaco di Favara Antonio Palumbo -. Si tratta di una vittoria corale, frutto anche del lavoro condotto dalla nostra amministrazione e del nostro assessore all'Istruzione pubblica Antonio Liotta oltre che dall'impegno di una intera città che ha difeso una delle sue scuole di eccellenza. Un grazie va anche all'assessore regionale Turano che ha voluto accogliere le nostre osservazioni e rimostranze, affinché questo presidio di legalità fosse mantenuto in città. Adesso, però, non possiamo e non dobbiamo abbassare l'attenzione: l'"Ambrosini" deve ulteriormente essere rilanciato e siamo sicuri che, insieme alla dirigenza scolastica, si potrà lavorare in questo senso".
Non è al momento noto cosa è stato deciso per esempio per gli istituti primari della zona montana che erano stati destinati ad accorpamento suscitanto forti proteste da parte delle comunità locali. Certo è che saranno sette gli istituti in provincia che perderanno l'autonomia scolastica.
lentepubblica.it
Smart working nella Pa solo per i lavoratori fragili
Lo evidenzia la direttiva del ministro per la Pubblica amministrazione, Paolo Zangrillo, firmata sul finire del 2023: lo smart working nella Pa proseguirà solo per i lavoratori fragili.La nuova direttiva concentra l'attenzione sui lavoratori più deboli: nonostante la conclusione dell'emergenza pandemica e l'evoluzione della disciplina contrattuale collettiva, Zangrillo ha infatti sottolineato la necessità di proteggere i dipendenti esposti a situazioni di rischio per la salute.Nuova direttiva del Ministro Zangrillo: smart working nella Pa solo per i lavoratori fragiliSi tratta di un chiarimento necessario, dopo la mancata proroga del lavoro agile per gli statali nel decreto legge Milleproroghe, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 30 dicembre.Dal 1° gennaio, infatti, è terminato il regime di tutela e si è tornati alle regole ordinarie.Nonostante la fine della possibilità di fruirne per genitori con figli sotto i 14 anni e lavoratori "fragili", il Ministro sottolinea che la tutela di quest'ultima categoria non è cessata e si mantiene la possibilità di lavorare in modalità agile in situazioni particolari.Zangrillo ha chiarito che spetterà pertanto a ciascun dirigente individuare le misure organizzative necessarie, attraverso accordi individuali all'interno di ogni amministrazione. Ciascuna Pa, quindi, deve creare "tempestivamente" regole interne ad hoc che permettano ai più svantaggiati di proseguire nel lavoro da remoto.La direttiva, concepita come strumento di flessibilità orientato alla produttività e alle esigenze dei lavoratori, consente a chi documenta gravi, urgenti e non conciliabili situazioni di salute, personali e familiari di svolgere la prestazione lavorativa in modalità agile. Questa flessibilità può essere attuata pertanto anche derogando al principio della prevalenza del lavoro in presenza.Dunque, la vera novità non è tanto la possibilità di ricorrere ad accordi ad personam per concedere il lavoro agile ai dipendenti fragili del pubblico impiego quanto la possibilità, per le amministrazioni, di derogare dal criterio della prevalenza nella definizione dei giorni di smart working concesso.
teleacras.it
Finanziaria, l'ultimo scoglio del maxi - emendamento
Atteso l'8 gennaio l'approdo del maxi - emendamento alla Finanziaria e l'approvazione definitiva all'Assemblea Regionale. Gli interventi di Schifani e Falcone.Tra gli articoli di maggior rilievo già approvati nell'ambito della Finanziaria alla Regione vi è il 13 che destina 50 milioni di euro per le misure di sostegno all'occupazione. Per le nuove assunzioni a tempo indeterminato, e per le trasformazioni dei contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato nel corso del 2024, è riconosciuto ai professionisti, alle imprese, incluse le micro-imprese e le piccole e medie imprese, con un'unità produttiva nel territorio della regione, un contributo massimo di 30.000 euro nel triennio 2024-2026 per ciascun lavoratore contrattualizzato. Poi vi è stato l'ok a due emendamenti per il rafforzamento delle misure antincendio e il potenziamento della lotta agli incendi boschivi e di vegetazione, elevando il minimo delle giornate lavorative garantite a 101. E poi l'articolo 11 sulla stabilizzazione dei lavoratori Asu dalle attuali 24 ore a 30 ore, in vigore da subito, e senza attendere l'approvazione della Finanziaria, superando così il termine delle attività fissato al 31 dicembre. Tutto il resto della manovra contabile sarà compreso in un maxi emendamento atteso in Assemblea l'8 gennaio, quando l'Aula dovrebbe approvare definitivamente la Legge di stabilità, scongiurando il ricorso all'esercizio provvisorio. E il presidente della Regione, Renato Schifani, commenta: "La Finanziaria regionale del 2024 è ormai sostanzialmente chiusa, grazie all'approvazione della gran parte degli articoli che la compongono e con la conferma dell'impostazione politico-economica data dal governo regionale al disegno di legge. E' un'impostazione che prosegue nel creare tutte quelle condizioni per nuovi investimenti nell'Isola già messe in campo dall'avvio della legislatura. E i primi risultati si vedono, così come afferma Unioncamere Sicilia: in un anno le nuove aziende nell'Isola sono 34mila, con 15mila nuovi lavoratori. E sono dati che fanno il paio con quelli diffusi qualche settimana fa dalla Cgia di Mestre sul Prodotto interno lordo del 2023. L'Isola non solo ha ripreso a crescere, recuperando il gap accumulato durante l'era Covid, ma si è portata in vantaggio segnando un rialzo pari al +1,12%, con un ritmo di produttività di gran lunga superiore ad alcune Nazioni, come la Germania e la Francia, da sempre locomotive dell'Europa". E l'assessore regionale all'Economia, Marco Falcone, aggiunge: "Sono già realtà i quattro pilastri che avevamo messo in campo. Innanzitutto, le iniziative per dare sostegno ai Comuni, con l'aumento delle risorse a disposizione delle amministrazioni locali, l'eliminazione del precariato storico della Regione, gli incentivi per il lavoro e le nuove assunzioni, e la garanzia dei servizi per i siciliani. Inoltre, il governo Schifani scrive una pagina di storia sia per quanto riguarda la stabilizzazione dei lavoratori Asu impiegati nel settore dei Beni culturali e nei Comuni, sia per l'aumento delle giornate lavorative per gli operatori antincendio, passate da 78 a 101. Tra le misure più rilevanti, l'Ars ha votato anche lo stanziamento di 50 milioni di euro per garantire, nel triennio 2024-26, ben 30 mila euro di contributi alle imprese che assumono a tempo indeterminato o trasformano i contratti a tempo determinato. C'è, infine, una importante spinta sulla detassazione in favore dei cittadini, con gli sconti sul bollo auto, con conseguenze anche nella lotta all'evasione. E' confermato dunque l'impegno a fare della Regione l'attore protagonista della crescita economica della Sicilia nei prossimi mesi".
agrigentonotizie.it
Rinvio di un anno sugli accorpamenti delle scuole, la Cgil: "Nel triennio confermati tutti i tagli già decisi"Plessi "salvati" solo per l'anno scolastico 2024-2025, dopodiché scatterà la mannaia: la provincia di Agrigento perderà 7 autonomie. I segretari della Flc Rizza e Cirino: "Un rimorso di coscienza che fa partorire alla montagna un topolino"
Marcia indietro temporanea sul cosiddetto dimensionamento scolastico. E' questo il risultato momentaneo del provvedimento contenuto nel decreto Milleproroghe, con il quale il governo nazionale consente alle Regioni di derogare fino al 2,5 per cento rispetto al numero delle scuole da tagliare, rivedendo entro il 5 gennaio 2024 anche i piani eventualmente già approvati."Un rimorso di coscienza che fa partorire alla montagna un topolino". Così la Flc Cgil siciliana e palermitana, che ribadisce la sua disapprovazione per tutta l'operazione al tavolo regionale che si è svolto ieri pomeriggio tra assessorato all'Istruzione, Usr e organizzazioni sindacali. In Sicilia il tutto si tradurrà in 18 autonomie "salvate" solo per l'anno scolastico 2024-2025, 15 istituti superiori e 3 Istituti comprensivi.In totale, in Sicilia i tagli di autonomia annunciati per l'anno venturo saranno 75 e non più 93, ma saranno 23 però l'anno successivo. Nel dettaglio la provincia di Palermo perderà 17 autonomie (e non le 19 annunciate), Trapani 8, Ragusa 6, Caltanissetta 5, Agrigento 7, Catania 14, Enna 3, Siracusa 8 e Messina 7. "Ma ciò vale solo per un anno, il 2024-2025, e senza che su queste scuole possano verificarsi trasferimenti o assunzioni di dirigenti o di direttori dei servizi, perché verranno date a reggenza con possibilità di esonero o semiesonero per il 'docente vicario'", dichiarano il segretario generale Flc Cgil Sicilia Adriano Rizzo e Fabio Cirino, segretario regionale con delega al dimensionamento scolastico e segretario generale Flc Cgil Palermo."Un provvedimento quindi temporaneo, frutto probabilmente - aggiungono Rizza e Cirino - dei problemi che si stanno determinando nelle regioni per l'attuazione pratica della norma. Ma anche inutile nella sostanza: nel triennio, infatti, sono confermati tutti i tagli delle autonomie già decisi". Tutto ciò, aggiungono i due segretari Flc, non servirà certamente a "indorare la pillola"."I cittadini in primis e tutti i lavoratori della scuola - concludono Rizza e Cirino - hanno ben capito che si tratta dell'ennesima operazione di risparmio sulla pelle della scuola italiana, che non potrà essere mascherata da nessuna pezza peggiore del buco. Resta ferma la nostra condanna e tutto il disappunto per un'operazione di tagli ai danni delle istituzioni scolastiche autonome che insieme ad altri provvedimenti, come quello sull'autonomia differenziata e la riforma degli istituti tecnici e della filiera tecnologica, causeranno l'impoverimento dell'istruzione e la disarticolazione della scuola della Costituzione".
ilsicilia.it
RIFORMA PROVINCE, L'ARS TIRA DRITTO MA RISCHIA DI FARE I CONTI SENZA L'OSTE
L'ultimo via libera è arrivato dalla Commissione Affari Istituzionali a dicembre inoltrato. L'obiettivo è il passaggio definitivo all'Ars dopo la Finanziaria entro il mese di gennaio. Sul ripristino delle elezioni dirette nelle ex Province e Città Metropolitana però la Sicilia rischia di fare i conti senza l'oste.
C'è chi ipotizza il voto già nel turno di fine primavera 2024 e il ddl approvato prevede anche una copertura finanziaria di oltre 10 milioni di euro (per elezioni e costi gestionali e di indennità degli organi istituzionali).
DELRIO RIFORMA MONCA
L'idea di riparare le conseguenze negative della riforma Delrio del 2014 che ha fallito parte degli obiettivi ed ha quasi azzerato il ruolo delle ex Province, è lodevole ed è al centro di buoni propositi a livello di iniziative parlamentari ma può rivelarsi un boomerang a pochi mesi dalle Europee. La riforma Delrio, seppure rimasta "a metà" del disegno complessivo dopo la bocciatura del referendum costituzionale del 4 dicembre 2016 è in vigore ed è valida su tutto il territorio nazionale, Regioni a Statuto speciale comprese.
RISCHIO IMPUGNATIVA
Il ddl siciliano può essere preso ad esempio dal governo nazionale ma non può diventare realtà fin quando non viene abrogata la 56 del 2014. Il rischio di un'impugnativa della norma siciliana, come già avvenuto nel 2017, è altissimo ed anche qualora si possano avere rassicurazioni a livello nazionale, tecnicamente fino a quando non viene abrogata la riforma la Sicilia non può andare in solitaria. Già dall'estate del 2023 si ventilava l'ipotesi che la maggioranza di governo nazionale volesse procedere per la riforma di una legge rimasta a "metà" con la bocciatura del referendum Costituzionale 2016 che disegnava complessivamente con elezioni di secondo grado anche il Senato. Ma la riforma della legge Delrio finora è rimasta nel limbo e in dichiarazioni sempre più rare. Rispolverarla a pochi mesi dalle Europee rischia di dare ossigeno a quanti, come i 5stelle, sui costi della politica hanno vinto campagne elettorali.Senza l'oste, senza cioè un intervento espresso che porti all'abrogazione della Delrio, non si possono fare i conti. Un'eventuale impugnativa del governo Meloni peraltro finirebbe a ridosso delle urne e non avrebbe ricadute d'immagine positive. A meno che non ci siano rassicurazioni talmente solide da lasciar fare alla Sicilia da apripista.
10 ANNI DOPO
E' vero che negli ultimi 10 anni le ex Province sono rimaste ad agonizzare, sono state depotenziate (anche sotto il profilo del personale) e con risorse al lumicino. E' vero che l'ente intermedio è fondamentale ed è valorizzato dalla stessa Costituzione, così come è vero che i costi della politica incidevano pochissimo e la rappresentanza dei territori è un pilastro della democrazia. E' altrettanto vero che la riforma Delrio è rimasta "monca" perché doveva integrarsi con la riforma voluta dal governo Renzi (e bocciata dal Referendum) e con una riforma del sistema elettorale sempre annunciata e mai abbozzata. Ma per quanto "illuminato" possa essere il ddl all'esame dell'Ars incontrerà sempre quella porta chiusa.
COSA PREVEDE LA LEGGE
L' art. 1 della legge 56/2014 comma 5 e comma 145 prevede che le Regioni a Statuto Speciale Sardegna, Sicilia e Friuli Venezia Giulia sono tenute ad adeguare i propri ordinamenti interni alla Delrio poiché i principi della legge valgono come principi di grande riforma economica e sociale. In Trentino Alto Adige ed in Valle d'Aosta la riforma si applica compatibilmente con gli Statuti.
LA SICILIA NON PUO' DEROGARE
Non a caso la Corte Costituzionale con la sentenza 168/2018 in merito al ddl della Regione Siciliana del 2017 che prevedeva l'elezione diretta degli organi rappresentativi di Liberi Consorzi e Città Metropolitane ne dichiarò l'incostituzionalità perché in contrasto con norme fondamentali delle riforme economico sociali che in base all'art. 14 dello Statuto della Regione costituiscono limite alle competenze legislative di tipo esclusivo. La norma, val la pena ricordarlo, era stata impugnata dal governo nazionale. In sintesi la Regione Siciliana non può derogare alla Delrio.
LA CONSULTA SUL VULNUS
Dal 2015 ad oggi però si sono registrate novità. Con la sentenza n 240 del 2021 la Corte Costituzionale è intervenuta sul "vulnus" del sindaco metropolitano previsto dalla Delrio che, a differenza del presidente della provincia non è eletto con elezione di secondo grado ma è, in modo automatico, il sindaco del comune capoluogo. Questa disparità secondo la Consulta non è in sintonia con la Costituzione riguardo l'eguaglianza del voto che riflette l'eguale dignità di tutti i cittadini nell'eleggere chi ricopre cariche pubbliche rappresentative. In questo caso quindi i cittadini del comune capoluogo eleggerebbero direttamente il sindaco metropolitano cosa che è preclusa ai cittadini degli altri comuni che compongono la Città Metropolitana. "Ogni differenziato trattamento fra enti che l'art. 114 Cost. colloca, con pari dignità costituzionale, fra quelli costitutivi della Repubblica, diventa irragionevole e contrario al principio di eguaglianza e richiede anzi con urgenza un riassetto degli organi delle Città metropolitane"
PALLA AL LEGISLATORE
E' vero che la Delrio prevede l'opzione, dal secondo mandato in poi, di un'elezione diretta ma al momento, evidenziano i giudici costituzionali, non ci sono proposte in tal senso, non è stata fatta la riforma elettorale ed è stata bocciata con il Referendum del 2016 anche la riforma costituzionale collegata alla Delrio. Insomma, la legge è monca e la Corte Costituzionale ha volto un monito al legislatore."rientra nella discrezionalità del legislatore il compito di predisporre le soluzioni normative in grado di porre rimedio al vulnus evidenziato, che rischia di compromettere per la mancata rappresentatività dell'organo di vertice della Città metropolitana, tanto l'uguale godimento del diritto di voto dei cittadini destinatari dell'esercizio del potere di indirizzo politico amministrativo dell'ente, quanto la necessaria responsabilità politica dei suoi organi"Le premesse per una riforma e/o abrogazione della Delrio ci sono tutte, ma ad "aprire le danze" deve essere il governo Meloni e il Parlamento.