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Scuola, la Regione Siciliana ha approvato il piano di dimensionamento: ecco tutti i tagli, provincia per provincia
L'assessore Turano ha firmato il decreto: «Nessun plesso verrà chiuso». Medie ed elementari definitivamente accorpate in istituti comprensivi Con decreto firmato dall'assessore regionale all'Istruzione, Mimmo Turano, è stato approvato il piano di dimensionamento e razionalizzazione della rete scolastica della Sicilia per l'anno 2024/2025, che prevede una riduzione di 75 istituzioni scolastiche in tutta l'Isola, puntando sulla «verticalizzazione» delle direzioni didattiche (primarie) e delle scuole secondarie di primo grado (medie) in istituti comprensivi. Il provvedimento era stato anticipato ieri dai sindacati.
Il piano di dimensionamento, che ha ricevuto il via libera dal ministero dell'Istruzione e che è stato condiviso dall'ufficio scolastico regionale per la Sicilia, tiene conto di determinate condizioni come il numero degli alunni, la disponibilità di locali idonei e limiti in materia di dotazione organica del personale dirigenziale (dirigenti scolastici e direttori dei servizi generali e amministrativi, il cui numero, per legge, dovrà decrescere nel prossimo triennio fino ad arrivare a 700 nel 2026/2027).«Il decreto Milleproroghe del 30 dicembre scorso ha consentito di mantenere, esclusivamente per l'anno scolastico 2024/25, un ulteriore numero di autonomie scolastiche fino a un massimo del 2,5 per cento dei posti di Ds e Dsga già assegnati alla Sicilia dal decreto interministeriale n. 127 del 2023, ossia 18 in più dei tagli previsti. Per il prossimo anno, quindi, sarà salvata l'autonomia di 15 istituti superiori, che rientreranno però nel piano di dimensionamento nel 2025/26, e di tre istituti comprensivi delle aree metropolitane di Catania, Messina e Palermo - si legge in una nota - In particolare, le rispettive Conferenze provinciali, chiamate nei mesi scorsi alla predisposizione della proposta di ciascun piano di razionalizzazione della rete scolastica, hanno tenuto conto delle necessità e delle diversità dei territori, tutelando i comuni più piccoli, montani o insulari. Poi, in sede di Conferenza regionale, si è provveduto a una revisione delle proposte».«Nell'arduo compito di contemperare da un lato la necessità di riduzione del numero complessivo di autonomie e dall'altro di rispettare i vincoli dimensionali definiti dalla norma regionale - afferma l'assessore Turano - le operazioni effettuate in sede di Conferenza regionale sono state tutte improntate a un principio di rigorosa tutela delle realtà territoriali più piccole, ubicate in aree montane o la cui permanenza nel territorio rappresenta un importante presidio di legalità. Abbiamo provveduto alla soppressione di tutte le scuole medie e di quasi tutte le direzioni didattiche, così come previsto dalla legge regionale 6 del 2000, mantenendo solo quelle particolarmente grandi delle città metropolitane di Palermo e Catania o quelle presenti in zone ad alto rischio di dispersione scolastica».Nessuno stravolgimento nella vita concreta degli studenti, delle loro famiglie e del personale scolastico, quindi, secondo l'assessore: «Vorrei confermare che non chiuderà alcun plesso scolastico - precisa Turano - Le istituzioni soppresse giuridicamente saranno verticalizzate in istituti comprensivi, come previsto per legge, garantendo un'offerta formativa più ampia e ricca a beneficio di tutti gli studenti. Inoltre, laddove possibile, si è proceduto all'aggregazione di intere direzioni didattiche a istituti comprensivi preesistenti, con la conseguente confluenza naturale nell'istituto di nuova formazione del personale Ata e di tutti i docenti titolari, assicurando il rispetto della continuità didattica e la stabilità delle posizioni dei lavoratori».Leggendo il documento diffuso dalla Regione Siciliana, si scopre che fra gli interventi previsti a Palermo ci sono sono la fusione fra il plesso di via dell'Olimpo della media Borgese di Mondello e la direzione didattica Partanna Mondello (nasce l'Istituto comprensivo Borgese-Partanna Mondello) e fra l'altro plesso della Borgese , quello di piazza Contardo Ferrini (Villaggio Ruffini-Pallavicino), e la direzione didattica Siragusa (nasce l'Istituto comprensivo Siragusa).
ITALIAOGGI.
Il congedo straordinario non taglia lo stipendio.
Chi ne fruisce, infatti, ha diritto a un'indennità corrispondente all'ultima retribuzione che è precedente il congedo, relativa a tutte le voci fisse e continuative, inclusa la tredicesima mensilità.Il congedo straordinario non taglia lo stipendio. Chi ne fruisce, infatti, ha diritto a un'indennità corrispondente all'ultima retribuzione che è precedente il congedo, relativa a tutte le voci fisse e continuative, incluso il rateo di tredicesima mensilità, nonché delle altre eventuali mensilità aggiuntive, gratifiche, indennità, premi, etc. Restano esclusi solamente gli emolumenti variabili della retribuzione, quali, ad esempio, quelli collegati alla presenza al lavoro. Lo precisa l'Inps nel messaggio n. 30 del 4 gennaio 2024, a seguito di richieste di chiarimenti in merito ai criteri di calcolo del rateo di tredicesima e di quattordicesima mensilità nell'indennità.
È un periodo di assenza dal lavoro, retribuito, concesso ai lavoratori dipendenti per assistere i propri familiari con disabilità grave. Si può chiedere fino a un massimo di due anni nell'arco della vita lavorativa (il limite è complessivo, fra tutti gli aventi diritto, per ogni disabile).
'indennità per congedo straordinario corrisponde alla retribuzione ricevuta nell'ultimo mese di lavoro che precede il congedo, calcolata con riferimento alle voci fisse e continuative, entro un limite massimo di reddito rivalutato annualmente (si veda tabella). L'indennità è anticipata dal datore di lavoro, che la recupera tramite conguaglio con i contributi che deve versare all'Inps. Ai sensi dell'art. 42 del dlgs n. 151 del 26 marzo 2001, spiega l'Inps, l'indennità è circoscritta ai soli compensi fissi e continuativi, mentre sono esclusi gli eventuali elementi variabili della retribuzione, come quelli collegati alla presenza.
La tredicesima
Riguardo all'inclusione nell'indennità della tredicesima, l'Inps precisa che il fondamento è nel decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato n. 263/1946, che riconosce ai dipendenti statali «a titolo di gratificazione, una tredicesima mensilità da corrispondersi alla data del 16 dicembre di ogni anno ...». Tale gratificazione, spiega l'Inps, nel tempo ha assunto diverse caratteristiche perché, oltre a essere emolumento fisso e ricorrente (non è più legato a fattori eventuali, quali il merito) viene corrisposta in un determinato periodo dell'anno a tutti i dipendenti pubblici e privati. Peraltro, aggiunge l'Inps, anche la giurisprudenza (Consiglio di stato sentenza n. 658 del 2/9/1987) ha affermato che la tredicesima costituisce oggi un emolumento corrente fisso di natura non diversa dello stipendio e corrisposta a fine anno a tutti gli impiegati indipendentemente dal merito. Di conseguenza, conclude l'Inps, durante il congedo straordinario, il richiedente ha diritto a un'indennità pari all'ultima retribuzione che precede il congedo, riferita a tutte le voci, fisse e continuative (incluso il rateo di tredicesima, nonché di altre mensilità aggiuntive, gratifiche, indennità, premi, ecc.), esclusi gli emolumenti variabili della retribuzione. Il periodo di congedo, infine, è coperto da contributi figurativi (utili per il diritto e la misura della pensione) e valido per l'anzianità di servizio, ma non per la maturazione delle ferie (perché non c'è stato lavoro), del trattamento di fine rapporto (perché si percepisce un'indennità, non una retribuzione) e della stessa tredicesima (per evitarne un doppio incasso: prima con l'indennità e poi da lavoratori).
ILSOLE24ORE
Pensioni, ecco quanti lasceranno il lavoro nel 2024 con Ape, Opzione donna e nuova Quota 103.
In attesa della riforma organica da realizzare con le parti sociali, rilanciata da Giorgia Meloni, per quest'anno la stretta introdotta dal capitolo previdenza dell'ultima legge di bilancio produce un «quasi pareggio»: previsti 17mila pensionamenti "penalizzati" con il mix di almeno 62 anni e 41 di versamenti, mentre gli accessi agli altri due "canali" saranno 14.700.
Una riforma delle pensioni da concepire in modo organico con le parti sociali. Giorgia Meloni nella conferenza stampa di "inizio anno" ha rilanciato il tema della riorganizzazione del sistema previdenziale ma evitando di affondare sull'acceleratore: l'obiettivo resta quello di realizzare un intervento strutturale entro la fine della legislatura. Nessuna fretta, dunque, malgrado nella maggioranza c'è chi, come la Lega, continua a insistere sul ricorso a Quota 41. La premier ha affermato che la sostenibilità dell'impalcatura pensionistica va costruita con equilibrio per avere «il sistema migliore possibile ma uguale per tutti», e ha difeso le scelte in materia previdenziale fatte con l'ultima legge di bilancio, a cominciare da quelle sui giovani. Scelte che, se saranno rispettate le previsioni dei tecnici del governo, nel 2024 produrranno un quasi pareggio tra le nuove uscite anticipate con Quota 103 in forma "contributiva" e quelle con Ape sociale e Opzione donna.
Attesi da Quota 103 solo 2.300 accessi in più degli altri «canali»
I nuovi accessi stimati per l'anno appena iniziato con l'Anticipo pensionistico sociale, che vede salire a 63 e a 5 mesi la soglia anagrafica, e con il canale specifico per le lavoratrici, che anche in questo caso è interessato da un aumento del requisito anagrafico, sono 14.700 (rispettivamente 12.500 e 2.200), mentre sono 17mila quelli con il "mix" 62 anni d'età e 41 anni di versamenti, ora vincolati al ricalcolo contributivo dell'assegno e a un tetto pari a 4 volte il trattamento minimo. Un flusso lontano dall'andamento degli scorsi anni, a causa delle restrizioni introdotte dalle ultime due manovre. Soprattutto per quanto riguarda l'Ape e Opzione donna.
L'Anticipo pensionistico sociale, introdotto in via sperimentale nel 2017 e poi più volte prorogato, è di fatto un istituto assistenziale selettivo temporaneo a disposizione di lavoratori rientranti in specifiche situazioni (disoccupazione, caregivers, invalidità civile di almeno il 74%, chiamati a svolgere attività gravose) che consente di lasciare il lavoro prima dei requisiti ordinari ricevendo un assegno "ponte" fino al raggiungimento delle soglie convenzionali, come i 67 anni della "vecchiaia". Dalla sua nascita nel 2017 fino al 2023 a utilizzare questo strumento sono stati circa 110mila soggetti (con un'età media di 64 anni). Anche Opzione donna, nata nel 2004, e da allora prorogata di anno in anno, prima del giro di vite scattato con la manovra 2023 era abbastanza gettonata. Tra il 2010 e il 1° gennaio 2023 le "adesioni" a questo canale di uscita sono state 174.535: il 16,3% delle pensioni anticipate complessivamente liquidate alle lavoratrici.
Le restrizioni delle ultime due manovre
Ma la strategia adottata negli ultimi anni per contenere la corsa della spesa previdenziale anche attraverso un sostanziale disincentivo ai pensionamenti anticipati ha sensibilmente ridotto le platee collegate a queste vie d'uscita pensionistica. Non a caso Quota 103 con "penalizzazioni", a partire dal ricalcolo contributivo dell'assegno, peserà nel 2024 sui conti pubblici non più di 149 milioni di euro, cui si aggiungeranno altri 835 milioni nel 2025 quando le uscite dovrebbero essere 25mila. La nuova versione, in forma ancora più restrittiva, di Opzione donna costerà, sempre quest'anno, appena 16,1 milioni, anche perché l'accesso sarà garantito a pochissime lavoratrici. L'Ape sociale è stato invece rifinanziato con 85 milioni nel 2024 e altri 168 milioni nel 2025 (per effetto di ulteriori 11.100 "indennità").
La riedizione del bonus Maroni per una platea ristretta
A impattare pochissimo sul bilancio pubblico sarà anche la riedizione dell'incentivo (sulla falsariga del cosiddetto bonus Maroni) per incentivare la rinuncia al pensionamento con Quota 103: costo di soli 8,7 milioni per un bacino potenziale di 6.500 lavoratori. E un grande "appeal" non dovrebbe averlo neppure la riproposizione della cosiddetta "pace contributiva" (riscatto dei "vuoti" nei versamenti), che dovrebbe interessare 600 lavoratori il prossimo anno, con una ricaduta di 1,1 milioni sui conti pubblici, e altrettanti nel 2025.
lentepubblica.it
Tutto quello che c'è da sapere sull'app InPA
Arriva finalmente l'app di InPA, per potersi iscrivere ai concorsi pubblici della Pubblica Amministrazione: ecco cosa c'è da sapere.Dal 2 gennaio 2024 è possibile iscriversi ai concorsi pubblici della Pubblica Amministrazione tramite smartphone, grazie alla nuova app di InPA.
L'omonimo portale, che è riuscito a digitalizzare le domande cartacee, è ora disponibile anche in versione mobile.Ecco tutte le funzionalità.App InPA: tutti i dettagliCome spiegato in una nota del Ministero della Pubblica Amministrazione, l'applicazione è stata sviluppata dal Dipartimento della Funzione Pubblica ed è disponibile su Play Store e App Store.
Grazie all'app InPA, gli utenti potranno avere tutto a portata di mano, consultare le offerte di lavoro disponibili e i bandi e gli avvisi ai quali candidarsi direttamente con un click.Dopo aver scaricato l'applicazione, gli utenti potranno accedere alla pagina iniziale sia come ospiti che come utenti già registrati. Tramite l'autenticazione digitale, potranno entrare nell'area dove è possibile consultare tutte le offerte disponibili.
Nell'area personale è presente una mappa interattiva e le offerte di lavoro possono essere filtrate e visualizzate tramite un criterio geografico, regione per regione e provincia per provincia.
È possibile anche consultare gli avvisi che riguardano i concorsi ai quali si partecipa, come le convocazioni o l'uscita dei risultati delle prove.Nell'app è possibile trovare anche una sezione dedicata alle notizie principali nell'ambito delle nuove assunzioni della Pubblica Amministrazione.
Digitalizzazione appalti e obblighi di trasparenza: le novità per il 2024
A partire dal 1° gennaio 2024, con l'avvio della completa digitalizzazione degli appalti, entrano in vigore importanti novità riguardanti gli obblighi di trasparenza e di pubblicazione.
La delibera n. 601 del 19 dicembre 2023 dell'Autorità Nazionale Anticorruzione (Anac) ha infatti apportato modifiche e integrazioni alla delibera n. 264 del 20 giugno 2023, focalizzandosi adesso meglio sulla trasparenza dei contratti pubblici.
Inizialmente, il provvedimento aveva identificato gli atti, le informazioni e i dati relativi al ciclo di vita dei contratti pubblici soggetti a trasparenza. Con la nuova delibera, l'Autorità fornisce ulteriori dettagli e chiarezza sulle modalità di adempimento di tali obblighi di pubblicazione.
Il provvedimento identifica gli atti, le informazioni e i dati relativi al ciclo di vita dei contratti pubblici soggetti a trasparenza, come richiesto dall'articolo 37 del decreto trasparenza e dall'articolo 28 del nuovo codice degli appalti.
Tali obblighi si applicano a tutte le stazioni appaltanti ed enti concedenti rientranti nell'ambito soggettivo del decreto trasparenza.Obblighi e modalità di pubblicazione dal 1° gennaio 2024
Per adempiere agli obblighi di pubblicazione dei contratti pubblici, le stazioni appaltanti e gli enti concedenti devono comunicare tempestivamente alla BDNCP (Banca Dati Nazionale dei Contratti Pubblici) tutti i dati e le informazioni specificati nell'articolo 10 del provvedimento. La trasmissione avviene attraverso le piattaforme di approvvigionamento digitale e i dati sono consultabili tramite la PCP.Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti devono anche inserire un collegamento ipertestuale sulla propria sezione "Amministrazione trasparente" che rimandi ai dati completi nella BDNCP, garantendo così trasparenza sull'intera procedura contrattuale, dall'avvio all'esecuzione.