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rassegna stampa dal 3 al 5 febbraio 2024

lentepubblica.it
Anticipazione di tesoreria negli enti locali solo in circostanze eccezionali
Nei meandri della gestione finanziaria degli enti locali, l'anticipazione di tesoreria emerge come una risorsa peculiare ma da utilizzare solo in circostanze eccezionali, regolamentate dall'art. 222 del TUEL (Decreto Legislativo n. 267/2000).Questa forma di finanziamento offre una soluzione alle esigenze di liquidità temporanee, permettendo agli Enti di far fronte a situazioni critiche senza incorrere in violazioni delle norme finanziarie. La procedura si articola attraverso l'emissione, da parte del Tesoriere, di provvisori in entrata e spesa, legati rispettivamente ad utilizzi e restituzioni/diminuzioni. La regolarizzazione successiva da parte dell'Ente è essenziale, poiché a fine anno l'anticipazione utilizzata e non restituita si trasforma in un debito da impegnare, configurandosi come residuo passivo, soprattutto al titolo V della spesa. L'anticipazione di tesoreria negli enti locali è uno strumento da utilizzare solo in circostanze eccezionali È importante sottolineare che l'anticipazione di tesoreria dovrebbe essere un mezzo di finanziamento a breve termine, utilizzato solo in circostanze eccezionali quando la gestione del bilancio affronta temporanee carenze di cassa dovute a disallineamenti tra flusso delle entrate e decorrenza dei pagamenti. Tuttavia, se tale strumento viene impiegato in maniera continuativa e prolungata per importi considerevoli, emerge come campanello d'allarme per la gestione finanziaria dell'Ente locale. Questo fenomeno solleva dubbi sulla possibilità che la persistente carenza di liquidità sia frutto di squilibri strutturali nella gestione di competenza tra entrate realizzabili e spese sostenute. In casi più gravi, potrebbe addirittura nascondere forme di finanziamento a medio/lungo termine, violando il principio dell'art. 119 della Costituzione, che limita l'indebitamento per finanziare spese di investimento. In conclusione, l'anticipazione di tesoreria, pur essendo un valido strumento di fronte a urgenze finanziarie, richiede una gestione oculata per evitare che diventi un elemento critico e indicativo di squilibri sottostanti. La vigilanza costante sull'impiego di questo strumento è essenziale per preservare l'integrità finanziaria degli Enti locali e garantire una gestione sostenibile delle risorse.


agrigentonotizie.it
Ecua, "illegittimo" il commissariamento per l'ex presidente: ma ha la "benedizione" del prefetto
Pubblicati i verbali dell'assemblea, dai quali si evince un "sostegno" da parte del rappresentante del Governo all'iniziativa: non è la prima volta che Filippo Romano interviene per facilitare la macchina organizzativa di Capitale della cultura

C'è anche la "benedizione" del prefetto di Agrigento sotto il profilo della correttezza delle procedure seguite per la nomina di un commissario dell'Ecua, fatta dall'assemblea dei soci, nonostante la ferma contrarietà e la denuncia di illegittimità sostenuta dall'ex presidente Nenè Mangiacavallo.A svelarlo sono gli atti pubblicati da parte dell'università agrigentina della riunione dello scorso 1 febbraio durante la quale i soci dell'Empedocle consorzio universitario hanno nominato l'avvocato Toni Insalaco, già dirigente del Comune di Agrigento, nel ruolo di commissario con poteri "di rappresentanza del Consorzio universitario, vincolati allo scopo di intervenire nell'atto costitutivo della Fondazione di partecipazione Agrigento 2025". Una procedura questa, di cui si è integralmente fatto carico l'Assemblea dei soci - per quanto questi compiti non siano esplicitamente indicati nel regolamento dell'università - che aveva trovato la ferma resistenza (via mail) dell'ex presidente Nené Mangiacavallo. "Il sindaco del Comune di Agrigento - ha scritto - persiste nel voler, a tutti costi, porre in essere atti e fatti illegittimi che rischiano di porre le basi per far capitolare proprio la tanto agognata costituzione della Fondazione 'Agrigento Capitale 2025' o, comunque, di ritardarne la sua costituzione". In particolare Mangiacavallo evidenziava dei fatti che, sulla carta, sono incontrovertibili, cioè che "l'Assemblea dei Soci, o una parte di essa, non hanno alcun potere o diritto di convocare l'assemblea, né nei termini ordinari, meno che mai nei termini ridotti per particolari motivi di urgenza indicati dallo statuto", dato che il diritto apparterebbe unicamente al presidente su richiesta dei soci. In situazioni di vacatio come quella attuale, bisognerebbe rivolgersi alla Regione siciliana per la nomina di un nuovo presidente o di un commissario. Cosa che, pare, Schifani non farà al momento, impegnato come è a spegnere l'incendio incontrollato del centrodestra dopo la nomina dei manager. La soluzione è stata quindi, in punta di diritto, agire sul "non esplicitamente vietato" compiendo un'azione chiaramente politica che ha un solo scopo: recuperare sei mesi di sostanziale inerzia.Diamo voce ai piccoli esercenti. Promuovi la tua attività su AgrigentoNotizie e inizia a farti notare. Scopri di più Contenuto Sponsor L'azione dell'Assemblea, tuttavia, ha ricevuto un sostegno forse inatteso, ma non inedito. Si legge infatti che il segretario generale del comune di Agrigento ha chiesto un parere qualificato al prefetto di Agrigento Filippo Romano in merito alla nomina del commissario ottenendo "parere favorevole". Non è del resto la prima volta che il rappresentante del Governo entra in campo in vicende connesse a Capitale della cultura, con lo scopo di sbloccare le procedure che - incontrovertibilmente - sono certamente rallentate.Quindi  "il presidente (cioè lo stesso sindaco ndr), vista l'urgenza di provvedere alla costituzione della fondazione di partecipazione 'Agrigento 2025'" propone la nomina di Insalaco che viene votata dai soci presenti, mettendo in moto una macchina che però si è già fermata in attesa di notizie - che al momento non arrivano - dal terzo socio fondatore, il Comune di Lampedusa e Linosa che, anche lui, dovrebbe votare la bozza di statuto per portare davanti ad un notaio - finalmente - le procedure di creazione della fondazione.


L'Iiss "Fermi" accreditato ad Erasmus+: ponte formativo e lavorativo per gli studenti Il dirigente scolastico Elisa Maria Enza Casalicchio: "La stella polare della nostra scuola è sempre stata quella di mettere gli alunni nelle condizioni di conseguire una maturazione umana globale e internazionale"

L'Iiss "Fermi" di Aragona è fra le 50 istituzioni scolastiche italiane che avrà la possibilità di portare gli alunni in tutta Europa. La scuola diventa quindi ponte, formativo e lavorativo, internazionale. E questo perché è, adesso, organismo accreditato Erasmus+, grazie anche all'importante supporto ricevuto dall'associazione Ttt - Tierra, Techo, Trabajop Aps. In qualità di organizzazione accreditata Erasmus+ l'Iis Fermi di Aragona potrà garantire, ogni anno, ai propri studenti la possibilità maturare esperienze formative e lavorative in più Paesi membri dell'Ue e paesi terzi associati al programma, nell'ambito dell'azione chiave 1 del programma Erasmus+ 2021-2027.Si tratta di una straordinaria opportunità di crescita per gli alunni che avranno, in questo modo, l'occasione di partecipare a stage professionalizzanti nelle nazioni di tutta Europa e accrescendo le proprie competenze tecno-professionali, la padronanza delle lingue straniere - dall'inglese al francese passando per lo spagnolo - rafforzando la dimensione internazionale della propria identità costruendo la figura del cittadino europeo. Diamo voce ai piccoli esercenti. Promuovi la tua attività su AgrigentoNotizie e inizia a farti notare.Scopri di più Contenuto Sponsor L'accreditamento Erasmus+ arriva - a coronamento dell'intenso lavoro della dirigente scolastica dall'Iiss "Fermi" di Aragona, Elisa Maria Enza Casalicchio, - dopo il successo ottenuto con il progetto di mobilità per studenti e staff al programma Erasmus+. "La stella polare della nostra scuola è sempre stata quella di mettere gli alunni nelle condizioni di conseguire una maturazione umana globale e internazionale - sottolinea la dirigente scolastica dell'Iiss 'Fermi' di Aragona, Elisa Maria Enza Casalicchio - e l'accreditamento Erasmus+ appena riconosciuta alla nostra scuola è un ulteriore passo avanti sulla strada da noi sempre battuta".


LIVESICILIA
Autonomia differenziata, quanti rischi: ma il Sud ha le energie per ripartire.
Il Senato ha da poco approvato il disegno di legge sull'autonomia differenziata di attuazione dell'art. 116, comma 3, della Costituzione. Quest'ultimo, introdotto nel 2001 con la riforma del Titolo V, consente alle Regioni che ne fanno richiesta, previa intesa con lo Stato, di richiedere maggiore autonomia su ulteriori materie, oltre a quelle già loro attribuite per dettato costituzionale, per realizzare una forma di autonomia più adeguata ai loro territori. Le nuove funzioni verrebbero finanziate con la compartecipazione al gettito di tributi erariali, maturato nel territorio regionale e, dunque, sostanzialmente dallo Stato.
Ai fini del mantenimento dell'unità sociale e civile del Paese il disegno di legge prevede la individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP), i quali costituiscono il nucleo di prestazioni da erogare in modo uniforme su tutto il territorio nazionale. Si introduce, dunque, una strada per la differenziazione ma a condizione che si rimanga nel contesto di uno Stato unitario: è indispensabile, cioè, che venga comunque assicurato nelle altre Regioni un livello minimo di tutela dei diritti fondamentali, quali il diritto alla salute, all'istruzione, all'assistenza sociale. 
Il fondamento del regionalismo differenziato è rappresentato dal fatto che le differenti caratteristiche dei territori italiani (fisiche, economiche, demografiche, sociali, culturali) richiedono interventi differenziati e che le Regioni dispongano degli strumenti per attuarli. E ciò nella prospettiva che una maggiore autonomia decisionale e gestionale consentirebbe di affrancarsi dalla lentezza delle amministrazioni centrali, aumentando la qualità dei servizi.
Da più parti, però, sono stati sollevati dubbi sulla reale possibilità di perseguire tali obiettivi. Il più radicale attiene essenzialmente alla contrarietà dell'autonomia differenziata al principio dell'uniformità dei diritti e dei servizi in ogni parte del Paese, paventandosi la violazione del principio dell'art. 5 della Costituzione dell'unità e dell'indivisibilità della Repubblica. Si teme, inoltre, che l'autonomia possa comportare delle sperequazioni incolmabili tra il Nord ed il Sud della nazione portando ad un Nord sempre più florido e ad un Sud sempre più emarginato. Dato che la maggior parte delle risorse fiscali riscosse nelle Regioni ad autonomia differenziata rimarrebbero nella disponibilità dei rispettivi territori, se il Nord dovesse (come è probabile) essere più sollecito nella richiesta di maggiori spazi di autonomia, si assisterebbe alla devoluzione di maggiori risorse (sottratte alla fiscalità generale) a Regioni già ricche privilegiando il loro rilancio rispetto a quello dell'economia nazionale nella sua interezza. 
Il secolare divario tra Nord e Sud
Il divario tra Nord e Sud, lo sappiamo, esiste già a "Costituzione invariata".  Esso ha radici secolari e divenne più evidente dopo l'Unità d'Italia. "Mai siamo stati tanto divisi come da quando siamo uniti", come efficacemente ebbe ad affermare Tomasi di Lampedusa. Se ne accorsero presto due giovani studiosi, Leopoldo Franchetti e Sidney Sonnino, che nel 1876 da Roma intrapresero un viaggio alla volta della Sicilia. Pur incantati dalle bellezze indiscusse, le stesse che un secolo prima meravigliarono Goethe che definì la Sicilia "la chiave di tutto", essi, nel loro libro-inchiesta, indicarono le cause della sua decadenza: la corruzione dei politici locali, l'estrema povertà, l'irrazionale politica fiscale che colpiva solo i meno abbienti, l'analfabetismo dilagante, il clientelismo, il cancro della mafia insinuato in ogni piega del tessuto sociale ed economico, la piaga del lavoro minorile. Problemi endemici che purtroppo ancora oggi persistono. 
Dal reddito alle infrastrutture: troppe differenze
Tutto ciò serve a comprendere le ragioni del ritardo ma di certo non a giustificare il permanere di una situazione di arretratezza. Ancora oggi ad un Nord più ricco, più avanzato e con servizi più efficienti si contrappone un Sud più povero e meno sviluppato. Il reddito pro capite è mediamente il doppio al Nord. Le infrastrutture sono efficienti al Nord e da terzo mondo al Sud. La mobilità sanitaria passiva al Sud raggiunge soglie altissime. Recenti risultati dei test Invalsi dimostrano la persistenza di un divario anche culturale tra il Nord ed il Sud. Eppure, l'istruzione fino ad oggi è stata funzione gestita dallo Stato, pur nelle sue articolazioni periferiche, con regole analoghe su tutto il territorio nazionale. Ciononostante, emerge egualmente la differenza di qualità del sistema tra le varie Regioni.
Il ruolo dello Stato
Quindi: più Stato e meno autonomie non comporta automaticamente uguaglianza tra i diversi territori. Per ridurre i divari territoriali e riattivare la crescita del Mezzogiorno lo Stato deve avere un ruolo di preminenza a salvaguardia delle invalicabili ragioni di unitarietà e coesione consacrate nella nostra Costituzione, pur conciliandole con le richieste di differenziazione delle Regioni. È necessario inoltre investire al Sud: già oggi vi sono in campo ingenti risorse per il suo rilancio. Il Pnrr individua nella riduzione del divario Nord-Sud una delle tre priorità trasversali alle Missioni. Per le grandi isole, inoltre, il riformato articolo 119 della Costituzione impegna lo Stato a promuovere le necessarie politiche per ridurre lo svantaggio causato dall'insularità e valorizzare tale specificità. 
Ma se l'intervento dello Stato è imprescindibile, la rinascita del Sud deve ripartire dal Sud dove esistono competenze, energie morali e culturali per attuare un processo di sviluppo e di rinnovamento. La Sicilia, in particolare, ha dalla sua parte la leva potenzialmente dirompente della sua "specialità", consacrata nella Costituzione e che è ben più pregnante della "autonomia differenziata" da riconoscere alle Regioni ordinarie in determinate materie. Finora non si è mai stati capaci di gestire in modo davvero efficiente l'autonomia. Anzi, i maggiori poteri che questa comporta si sono per lo più tradotti in maggiori sprechi; nel tempo si è rivelata più come esercizio di puro potere che come strumento di sviluppo. È arrivato il momento di dire basta e di mettere in campo le risorse indispensabili alla sua realizzazione, nella speranza che la "questione meridionale" possa venire studiata solo sui libri di storia e non costituire più una triste realtà. Ce la faremo?


GRANDANGOLO
Turismo, Sicilia in vetta alla classifica. Schifani: "sempre meglio"Con un balzo in avanti di ben cinque posizioni rispetto all'anno precedente, la nostra isola risulta in vetta sia alle destinazioni turistiche più ricercate che tra quelle ritenute più popolari sul web secondo il comportamento dei consumatori.
"La Sicilia scala la classifica del Regional  Tourism Reputation Index dell'istituto Demoskopika posizionandosi al secondo posto tra le destinazioni turistiche con la migliore reputazione. Con un balzo in avanti di ben cinque posizioni rispetto all'anno precedente, la nostra isola risulta in vetta sia alle destinazioni turistiche più ricercate che tra quelle ritenute più popolari sul web secondo il comportamento dei consumatori". A scriverlo su Facebook è il presidente della Regione siciliana, Renato Schifani. "Un importante risultato quello certificato da Demoskopika - aggiunge il governatore -, reso possibile grazie al grande lavoro di programmazione fatto in questi anni dalla Regione Siciliana e alla qualità delle nostre strutture e all'incredibile impegno dei nostri albergatori. Il risultato raggiunto ci deve inorgoglire ma anche caricare di responsabilità per fare ancora di più e meglio in un comparto strategico per la nostra economia".

VITA
Autonomia differenziata, in Sicilia un duro colpo alla cultura
L'annunciata riforma, in Sicilia potrebbe essere un rischio per il mondo della cultura. Per Pamela Villoresi, direttrice del Teatro Biondo Stabile di Palermo, è grazie alla nascita del circuito teatrale regionale che si potrebbe creare quella forza necessaria a fare fronte comune..
Palermo e il suo mare avevano già conquistato il suo cuore, ma lei per prima non avrebbe mai pensato che sarebbe stata la città nella quale avrebbe trascorso gran parte della sua vita personale e professionale.
Nel capoluogo siciliano Pamela Villoresi ha messo radici portando al Teatro Biondo, che dirige dal 2019, quell'entusiasmo e quella passione che fanno parte del suo Dna, ma che il sacro fuoco dell'arte è riuscito a elevare alla massima potenza.
Una terra, la Sicilia, dalle menti intellettivamente vivaci, affascinante fusione di storia, cultura e bellezza naturale che, nonostante la sua destinazione la renda unica nel suo genere, non può stare sul podio delle regioni capaci di gestire la tanto dibattuta autonomia differenziata.
«In linea generale», afferma la direttrice del Teatro Biondo di Palermo, «penso che, quando ci sono forti localizzazioni, la competenza e la conoscenza del territorio funzionano solo se la regione è molto virtuosa. Investire nella cultura è sempre molto rischioso quando non c'è una forte progettualità. Altrove ci si arricchisce con l'ambiente e la tecnologia, purtroppo in Sicilia si bruciano i boschi. Ci sono investimenti disattesi che rischiano di farci rimanere indietro su tutto».
Una cultura che, soprattutto nel Sud, sembra affidarsi alla qualità della politica locale
«La localizzazione che introduce l'autonomia», prosegue Pamela Villoresi, «è un'arma a doppio taglio perché in tutta Italia la politica è clientelare, dipendente dalle elezioni di turno e dal dovere accontentare qualcuno. In questo modo le regioni virtuose diventeranno sempre più virtuose e quelle asine sempre più asine. Ovviamente io guardo al mio mondo e vedo che la Sicilia è l'unica regione d'Italia che non ha un circuito teatrale regionale, come la Toscana dove esiste da 45 anni. Io ci ho provato in tutti i modi appena arrivata a Palermo, ma mi sono sempre schiantata contro le logiche di potere all'interno delle amministrazioni pubbliche. Questa regione ha un doppio andamento, nel senso che ha il meglio e il peggio di tutto. Parlando di meglio direi che siamo riusciti, con il Dams, il corso in Discipline della arti, della musica e dello spettacolo dell'Università di Palermo, a varare la prima "Laurea in recitazione e professioni della scena" in Italia. Altrove ci provano da 10 anni, mentre noi ci siamo arrivati abbastanza velocemente perché, quando ci mettiamo in testa qualcosa, non ci ferma nessuno. Certo, se imparassimo a fare rete svolteremmo, ma ci scontriamo ancora contro qualcosa che non si comprende".
Potenza del fare rete che Pamela Villoresi ha sperimentato proprio a Palermo, per esempio con lo sport
«Quando mi sono trasferita per assumere la direzione del Biondo, già conoscevo in parte Palermo perché negli anni passati ero stata ospite come attrice di alcune produzioni sotto la direzione di Pietro Carriglio. Il teatro è sempre stata la mia vita, contraddistinta anche da passioni come quella dello sport, in modo particolare il canottaggio che avevo cominciato a sperimentare sul Tevere. Ho proseguito a Palermo, dove oggi gareggio con i colori siciliani del Circolo Canottieri Lauria di Mondello, con il quale proprio quest'anno abbiamo vinto due ori e tre argenti al campionato nazionale. Ovviamente tutte donne, le mie sorelline».
La squadra del Circolo Canottieri Lauria Mondello
Una passione attraverso la quale sperimentare concretamente la forza del sentirsi squadra, anche messo piede fuori dall'acqua
«Durante il lockdown ho deciso di rimanere a Palermo vicino allo Stabile e di non raggiungere la famiglia. Sono, quindi, rimasta in questa casetta che si affaccia sul mare di Mondello. Mentre tutti mettevano a posto le fotografie e gli armadi, io guardavo e respiravo il mare, ma non mi sono mai sentita sola perché le mie compagne uscivano per andare dall'anziana madre, in farmacia o a passeggiare il cane, passavano da casa mia e davanti al cancello mi lasciavano caponata, marmellata di arance, pasta al forno. Una meraviglia. Non mi sono sentita mai sola. Per ora non ci alleniamo perché starò fuori per un paio di mesi. Stiamo preparando "La ragazza sul divano", diretto da Valerio Binasco, una coproduzione con lo stabile di Torino che, essendo il teatro nazionale più importante d'Italia, ospiterà le prove. Ho i brividi quando penso al lavoro che stiamo facendo in questo specifico caso, perchè stiamo innescando collaborazioni molto strutturate sia con teatri italiani sia europei. Spero che in un futuro siano consolidate».
Una risposta alle conseguenze che, per una regione del Sud, comporterebbe l'autonomia è sicuramente il circuito teatrale regionale che non riesce a spiccare il volo in Sicilia
«Servirebbe anche e soprattutto ad abbattere i costi», prosegue Villoresi, «perché, per esempio, dalla Sicilia non si passa certo. Per fare arrivare da noi le compagnie, i teatri siciliani devono affrontare costi di viaggio, trasporti, vitto e alloggio spesso inarrivabili. Grazie a uno scambio tra teatri, le compagnie potrebbero arrivare e restare il doppio dei giorni e avere piu piazze. Un aiuto non indifferente anche per i piccoli Comuni che non hanno i fondi necessari per proporre da soli rassegne di una certa portata. Regioni come l'Emilia Romagna, la Toscana, le Marche, l'Abruzzo hanno i circuiti regionali che esistono e funzionano molto bene. La cultura è l'oro nero per la Sicilia, ma no tutti lo capiscono».
Per una donna, affermarsi professionalmente è solitamente una strada tutta in salita. Per lei è stato così?
«In generale come donna ho affrontato tutte sfide possibili e immaginabili, ma questo ha reso la mia vita molto bella, mi assomiglia totalmente. Ovviamente ho dovuto pagare un prezzo altissimo perché, per esempio, avere tre figli e fare teatro non era così scontato. Le attrici della generazione precedente alla mia erano delle vestali; i figli diciamo che li mollavano dove potevano. Pensate che le direttrici di teatri stabili ce ne sono state solo 6, compresa me, in tutta la storia della Repubblica italiana. Questo te lo fanno pagare col sangue, infatti ci sono stati momenti in cui avrei voluto scappare. Poi, però, mi sono detta che se fossi riuscita a fare la metà di quello che avrei voluto, sarebbe stato già un successo. Sono andata avanti e il tempo mi ha dato ragione. Hanno provato a mettermi in contrapposizione con Emma Dante, con la quale ho un rapporto meraviglioso, infatti lavoreremo insieme nel 2026, e con Roberto Alajmo, il direttore che mi ha preceduto, che mi invita a presentare i suoi libri.  Piano piano ho trasformato tantissimi rapporti ostili in rapporti di collaborazione e, in alcuni casi, di amicizia. Il segreto è imparare a contare sino a 3000. Ci sono finalmente riuscita».
Tornando al tema principale, questo clima di armonia e di collaborazione produttiva che si respira oggi in un teatro stabile come il Biondo di Palermo, diversamente che palcoscenico avrebbe?
«Consentitemi un moto di orgoglio nel dire che il pubblico siciliano è uno tra i più preparati d'Italia» sottolinea in conclusione Pamela Villoresi. «La nostra è una terra di estremi in cui è vero che ci sono quartieri, aree in cui ci sono bambini che non hanno mai visto il mare, ma grazie ai nostri licei classici abbiamo un livello culturale che a Roma se lo sognano. Un pubblico molto preparato, ma anche molto affettuoso. Trovatemi una regione in cui si fanno tre ore di macchina per andare ad assistere a uno spettacolo dall'altra parte dell'isola. Certo, manca quella sana armonia e quella serenità che consentirebbero a quanti appartengono al mondo dell'arte di non salire continuamente sulle montagne russe a causa di una burocrazia che alza continui paletti».








ITALIAOGGI
Pnrr, Fitto verso il commissariamento dei ministeri in ritardo con le opereI dicasteri sono tre: Università per i posti letto negli alloggi universitari; Interno per il recupero e la valorizzazione di beni confiscati alla criminalità organizzata; Lavoro per la realizzazione di alloggi da destinare ai lavoratori agricoli vittime di caporalato.
Commissariare i ministeri che sono in ritardo con le opere previste dal Piano di ripresa e resilienza. È questa l'idea del ministro Raffaele Fitto che figura nella bozza del decreto sul Pnrr che doveva essere approvato al Consiglio dei ministri mercoledì scorso, ma che è slittato per mancanza di fondi. L'obiettivo è sempre lo stesso: scongiurare il pericolo di mancare i target prefissati e, di conseguenza, bruciare le risorse. 
La presa d'atto che servono figure esterne, con un personale specializzato al seguito, in realtà è maturata anche nei ministeri che ospiteranno i commissari. I dicasteri sono tre in tutto. Se la norma fosse approvata così, entro un mese dall'approvazione un commissario varcherà soglia del ministero dell'Università, guidato da Anna Maria Bernini. Il dicastero ha un obiettivo ambizioso: 60 mila posti letto negli alloggi universitari entro il 30 giugno del 2026. Il ministero è sprovvisto di competenze sul tema dell'housing e, quindi, il commissario potrà operare con procedure semplificate per accelerare la realizzazione o la riqualificazione degli immobili da destinare agli studentati. Due commissari, invece, al ministero dell'Interno. Uno per assicurare la rapida realizzazione dei progetti volti al recupero e alla valorizzazione di beni confiscati alla criminalità organizzata. I 300 milioni che il Pnrr aveva destinato a questi progetti, come noto, non ci sono più perché il governo ha cancellato l'investimento, ma il commissario arriverà ugualmente per supervisionare, insieme a una squadra di dodici componenti, i progetti dislocati nei Comuni. Al ministero affidato a Matteo Piantedosi traslocherà anche l'investimento per la realizzazione di alloggi da destinare ai lavoratori agricoli vittime di caporalato. Oggi il progetto è gestito dalla ministra del Lavoro Marina Elvira Calderone, ma anche in questo caso il gap di competenze nel dicastero ha imposto l'arrivo del commissario, oltre al trasferimento agli Interni.
A ritardare l'arrivo del decreto sul tavolo dei ministri al Cdm è la disputa sulla fonte di finanziamento che deve alimentare il provvedimento. A complicare il quadro, poi, sono state le divergenze tra il ministro degli Affari Ue, Raffaele Fitto, e quello dell'Economia Giancarlo Giorgetti. Il provvedimento, come è noto, richiede coperture per 21,4miliardi rimodulati con la revisione del Piano concordata con la Commissione Ue a fine novembre, e a dettagliare i fondi sostitutivi per i circa 13 miliardi di progetti definanziati nel nuovo Pnrr. Se Fitto e palazzo Chigi puntano molto sul Piano nazionale complementare da 30,5miliardi, il gemello domestico del Pnrr che può offrire nuove risorse solo a patto di rinunciare a equivalenti interventi giá previsti, e i fondi della programmazione della coesione. Dal ministero dell'Economia ribattono che non è un pozzo senza fondo e ha già creato obbligazioni giuridicamente vincolanti che non permettono di cancellare il finanziamento molto facilmente. Sul fronte della coesione c'è da considerare il rigido vincolo territoriale che impone di concentrare l'80%delle risorse al Sud e su questo sono ancora in corso confronti con Bruxelles che, però, a ieri sera non hanno prodotto una soluzione definitiva.
































































































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