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Nuovo codice appalti e rischio collusioni e favoritismi, Caringella: "Le amministrazioni dovranno usare il potere discrezionale in modo non patologico
"Il consigliere di Stato: "Procedure snelle, semplificate, efficienti, risultati, tempistiche veloci non vogliono dire opacità, collusioni, infiltrazioni e situazioni anomali"
I rischi teorici di collusioni, inquinamento, favoritismi ci sono. E questo perché il nuovo codice degli appalti è caratterizzato dalla spinta alla liberalizzazione, offrendo pari opportunità di accesso alle procedure ad evidenza pubblica. "Credo però che il codice sia una meravigliosa occasione per dimostrare la qualità delle pubbliche amministrazioni - ha spiegato, ad AgrigentoNotizie, il consigliere di Stato Francesco Caringella - . Il codice degli appalti per le autonomie locali è basato sulla fiducia nelle capacità delle amministrazioni di usare il potere discrezionale in modo trasparente, ma è caratterizzato da controlli antimafia e da un rigoroso principio di rotazione". Il consigliere di Stato, grande giurista, Francesco Caringella ha tenuto, stamani, una lectio magistralis per i segretari comunali dell'Agrigentino. Un incontro - organizzato, nella sala Giglia, dalla Prefettura - che è stato però aperto anche al pubblico esterno. E sono stati diversi i professionisti, che per capirne un po' di più, vi hanno partecipato.
Caringella ha manifestato "fiducia nelle capacità delle amministrazioni di usare il potere discrezionale in modo virtuoso e non patologico". Il consigliere di Stato, che vanta una lunga e illustre carriera nel campo del diritto amministrativo, lo ha spiegato ad AgrigentoNotizie che gli ha riportato le remore dell'ex procuratore di Milano, Alfredo Robledo, che teme "una valanga di ricorsi al Tar, al Cga e alla Cedu. "I ricorsi spesso derivano da gare troppo dettagliate, da procedure troppo pedanti, da eccessi burocratici. Invece le procedure saranno elastiche, l'amministrazione avrà un'ampia discrezionalità e un uso corretto della discrezionalità renderà sicura la gara dal rischio di contenzioso". "La contrapposizione fra efficienza e legalità la trovo sbagliata dal punto di vista culturale prima ancora che giuridico. Procedure snelle, semplificate, efficienti, risultati, tempistiche veloci non vogliono dire opacità, collusioni, infiltrazioni e situazioni anomali". Il consigliere di Stato, Francesco Caringella, ha risposto alla domanda di AgrigentoNotizie che ha ripreso le dichiarazioni del procuratore capo di Palermo, Maurizio De Lucia, in merito al rischio - tutto da evitare - che i fondi del Pnrr possano diventare "bottino delle organizzazioni mafiose". Caringella - che ha occupato posizioni di prestigio in vari uffici e giurisdizioni, contribuendo in modo significativo alla definizione di importanti linee giurisprudenziali nel settore - è stato chiaro: "Il codice prevede i meccanismi, a partire dalla trasparenza digitale per arrivare ai controlli antimafia, di controllo dal punto di vista delle regole, dell'etica. Legalità ed efficienza sono due modi per affermare lo stesso concetto".
teleacras.it
Il ping pong della riforma delle Province
Dopo il polemico rientro in Commissione, il disegno di legge di riforma delle Province in Sicilia restituito all'Assemblea Regionale.
Pochissimi giorni addietro il disegno di legge di riforma delle Province in Sicilia è stato rispedito dall'Assemblea Regionale in Commissione Affari Istituzionali per ulteriori approfondimenti. E adesso, a strettissimo giro di posta, il testo, che ripristina l'elezione diretta del presidente e dei consiglieri provinciali, è stato restituito al mittente, ovvero Sala d'Ercole. Il presidente della Commissione, Ignazio Abbate, spiega: "La Commissione ha preso atto che tutti gli approfondimenti necessari sono già stati svolti, con giuristi e docenti di diritto. Quindi abbiamo rinviato la riforma in Aula". Tuttavia Abbate non nasconde riserve e aggiunge: "Finché non sarà chiarita la situazione politica della maggioranza, gli incidenti saranno dietro l'angolo. Il percorso è pieno di insidie, ma occorre fare il possibile per evitare che il lavoro fatto finora sia vanificato. L'ipotesi di trattenere ulteriormente la riforma delle Province in Commissione non era percorribile. Non potevamo certo riaprire una discussione su un testo su cui lavoriamo da un anno. Tutti gli approfondimenti sono stati effettuati, consultando le massime autorità in campo amministrativo: quindi l'unica strada era rimandare il disegno di legge in Assemblea. Di fatto, però, si è trattato di una procedura molto anomala" - ammette il presidente Abbate che, in prospettiva, aggiunge: "Adesso bisognerà completare la discussione generale, per poi passare all'approvazione degli emendamenti e al voto finale, sperando che non avvengano altri incidenti come quelli dei giorni scorsi" - conclude. E' stato il Movimento 5 Stelle a proporre e ottenere il rientro in Commissione. E a fronte del ritorno in Assemblea, la componente 5 Stelle nella stessa Commissione Affari Istituzionali, Martina Ardizzone, commenta: "Quanto accaduto dimostra che avevamo ragione a sostenere che questo disegno di legge fosse una farsa elettorale, che serviva soltanto a tenere buoni i candidati. Non è un caso che il Governo avesse tanta fretta di approvarlo, per garantire gli equilibri politici sui territori anche in vista delle elezioni Europee del prossimo giugno. Adesso è emerso il gioco della maggioranza, che dimostra plasticamente come questa riforma non fosse una reale priorità del governo Schifani. Se il governo non ha i voti dovrebbe andare a casa, e in ogni caso sulla riforma delle Province rimangono forti perplessità tecniche. Finché si parlerà di ritorno dell'organo politico senza una revisione complessiva degli enti intermedi, noi saremo assolutamente contrari. Le Province versano in una situazione disastrosa, hanno difficoltà a garantire i servizi e faticano a chiudere i bilanci in parità. A fronte di ciò, la legge proposta da Schifani non ha copertura, e stanzia solo 5 milioni per il costo delle elezioni. Questa legge non dice nulla sulle funzioni, sulle competenze e sui trasferimenti. Sono questioni importanti che andrebbero trattate anche a Roma. Ecco perché abbiamo sempre sostenuto che prima di pensare a una legge regionale bisognerebbe aspettare l'approvazione della riforma nazionale".
Stazioni appaltanti e piattaforme certificate: valide anche comunicazioni dopo il 31 gennaio
La conferma arriva direttamente dall'Anac: anche le comunicazioni sulle piattaforme certificate effettuate dopo il 31 gennaio sono valide, non decade automaticamente la qualificazione delle stazioni appaltanti.
La scadenza appena citata si applicava alle Centrali di Committenza e alle Stazioni Appaltanti già qualificate, che dovevano accedere all'applicativo Anagrafe Unica delle Stazioni Appaltanti (Ausa) per formalizzare la loro disponibilità.
Secondo l'Autorità la comunicazione tempestiva della disponibilità delle piattaforme è un passo cruciale verso un processo di appalti trasparente e efficiente: e inizialmente sembrava che il 31 gennaio fosse una scadenza improrogabile per adempiere a quest'obbligo.Ma a quanto pare non è così.
Stazioni appaltanti e piattaforme certificate: valide anche comunicazioni dopo il 31 gennaioL'Autorità Nazionale Anticorruzione (Anac) ha recentemente emesso una correzione in merito alle scadenze di qualificazione per le Stazioni Appaltanti e le centrali di committenza. In un Comunicato del Presidente, reso pubblico nelle ultime ore, l'Anac ha specificato che la qualificazione delle stazioni appaltanti non decadrebbe entro il 31 gennaio 2024, come precedentemente comunicato. La decisione è stata presa in seguito alla mancata comunicazione di alcune stazioni, e l'Autorità ha ritenuto opportuno fornire chiarezza in merito.Secondo il comunicato, le Stazioni Appaltanti e le centrali di committenza che non avessero confermato l'utilizzo di una piattaforma certificata entro la scadenza del 31 gennaio 2024 avranno comunque l'opportunità di farlo successivamente. Il requisito di disponibilità di una piattaforma digitale certificata sarà considerato positivamente accertato in qualsiasi momento successivo alla scadenza, a condizione che sia confermato attraverso l'effettivo utilizzo di almeno una piattaforma inclusa nel registro Anac delle piattaforme certificate, consultabile al link https://dati.anticorruzione.it/#/regpiacert.Questa proroga concede alle Stazioni Appaltanti il tempo necessario per adeguarsi alle nuove disposizioni, assicurando che l'introduzione delle piattaforme certificate avvenga in modo efficace e conforme alle normative stabilite dall'ANAC.In risposta a questa decisione, molte Stazioni Appaltanti hanno prontamente aderito, confermando la disponibilità e l'utilizzo di piattaforme di approvvigionamento digitale certificate. Secondo le ultime informazioni, al 31 gennaio 2024, oltre 3.100 stazioni appaltanti qualificate hanno comunicato ad ANAC la loro conformità alle nuove disposizioni.
Quando sarà applicata la nuova Irpef nella busta paga dei dipendenti pubblici?
Con le nuove aliquote Irpef, ci saranno alcune novità per la busta paga dei dipendenti pubblici: ecco a quanto ammonteranno gli aumenti. Sono in arrivo le nuove regole di calcolo dell'Irpef per la busta paga dei dipendenti pubblici.
Le novità sono state introdotte dall'ultima Legge di Bilancio e rimarranno in vigore solo per il 2024.Col ricalcolo e in base alla fascia di reddito, sono previsti anche degli incrementi dello stipendio. Ecco come funzionerà.Nuova Irpef: ecco come influenzerà la busta paga dei dipendenti pubbliciLe novità introdotte andranno a modificare quanto avvenuto fino ad oggi quando, nel cedolino, è stata trattenuta l'Irpef calcolata sulle regole in vigore lo scorso anno.
Per vedere gli effetti, bisognerà aspettare il cedolino di marzo 2024, dal quale emergerà anche un leggero aumento dello stipendio.Col cedolino di marzo 2024, infatti, saranno aggiornate le aliquote Irpef, che ridurranno gli scaglioni da quattro a tre, andando a fissare, per la parte di reddito compresa tra 15mila e 28mila euro, una percentuale Irpef pari al 23% (e non più al 25%).Ecco quali sono le nuove aliquote Irpef per il 2024:23% per i redditi fino a 28mila euro;35% per i redditi tra 28'001 euro e 50mila euro;43% per i redditi che superano i 50mila euro.Diremo addio, quindi, all'aliquota del 25%, originariamente per i redditi tra 15'001 e 28mila euro.Quali saranno gli aumenti in busta paga?I nuovi scaglioni Irpef porteranno ad un risparmio del 2% e, quindi, ad una maggiorazione della busta paga di massimo 260 euro annui (20 euro mensili) per chi rientra nella fascia di guadagno pari ad almeno 28mila euro l'anno.Ecco gli altri incrementi:220 euro in più, per chi guadagna almeno 26mila euro l'anno;168 euro per la fascia fino a 23'440 euro annui;116 euro per la fascia fino a 20'800 euro annui;64 euro per la fascia fino a 18'200 euro annui;12 euro per la fascia fino a 15'600 euro annui.Come detto, bisognerà aspettare marzo per l'adeguamento. Nello stesso mese scatterà il conguaglio che prevede il rimborso degli arretrati, per chi ha versato più del dovuto.