LENTEPUBBLICA.
Pensioni sempre più lontane per i giovani.
Per i giovani, le pensioni sembrano essere sempre più lontane, con l'attuale sistema previdenziale: ecco le simulazioni della Cgil.
La Cgil ha delineato un panorama piuttosto pessimista per i giovani, tra salari bassi acuiti dall'inflazione, contratti atipici e non regolari e le pensioni sempre più lontane.
Secondo la Confederazione Generale Italiana del Lavoro, i giovani "rimangono poveri al lavoro e ancora più poveri per la pensione".
Ecco nel dettaglio.
Pensioni lontane per i giovani: le simulazioni della Cgil
Per la Cgil, il primo problema, per i più giovani, sono i salari bassi.
Secondo i dati Istat, gli stipendi sono cresciuti del 3,1% nel 2023 e dell'1,1% nel 2022. Con una crescita così ridotta, sono i giovani ad essere i più penalizzati.
Le statistiche confermano che sono proprio gli under 35 quelli che fanno maggiore fatica ad entrare nel mondo del lavoro. E quando lo fanno, è con contratti atipici o a tempo determinato, accompagnati da salari bassi.
Sempre secondo la Cgil, il panorama è peggiorato con le misure dell'ultima Legge di Bilancio, che hanno colpito i giovani o comunque tutti coloro che hanno il primo contributo previdenziale dopo il 1° gennaio 1996.
La Cgil ha ribadito che
"il metodo contributivo dovrebbe garantire uniformità dei rendimenti sui contributi versati, indipendentemente dalla storia lavorativa. L'equità e la neutralità, da molti confusa nel sistema contributivo, non tiene assolutamente conto di qualsiasi forma di solidarietà o redistribuzione. Anzi, considerando l'impianto attuale vi è il rischio concreto che i più deboli e fragili nel mercato del lavoro faranno solidarietà a coloro che hanno magari lavorato meno ma con alti salari".
Polemiche anche per l'innalzamento dell'asticella per la pensione anticipata, portata a tre volte l'importo dell'assegno sociale, sempre con 64 anni di età e 20 anni di contributi.
Il responsabile delle politiche previdenziali del sindacato, Enzo Cigna, ha firmato un'analisi, facendo delle simulazioni per le pensioni dei giovani.
Nella simulazione vediamo il primo soggetto, che è un lavoratore con una retribuzione di 5mila euro lordi per 12 mesi. Mentre il secondo soggetto è una lavoratrice che si occupa delle pulizie con contratto part-time e una retribuzione di 600 euro al mese per 13 mesi.
Il primo, che ha lavorato per 20 anni, accantona una pensione a 64 anni di 1620 euro e quindi può accedere alla pensione anticipata.
La lavoratrice, invece, ha maturato una pensione di 440 euro lordi, non può andare in pensione anticipatamente e non può neanche accedere alla pensione di vecchiaia a 67 anni con 20 anni di contribuzione, poiché non riuscirebbe a raggiungere la soglia prevista dall'ultima Legge di Bilancio.
Perciò, la lavoratrice sarà costretta ad andare in pensione a 71 anni, col "rischio" che possa crescere ancora il limite di età nei prossimi anni.
Come sottolineato nell'analisi:
"il paradosso è che andando in pensione tardi e avendo svolto un lavoro gravoso, i dati ci dicono che potrebbe avere un'attesa di vita più bassa della media, con la conseguenza che non riuscirà nemmeno a riavere totalmente la contribuzione versata e accantonata, che invece andrà a chi magari ha avuto un lavoro meno gravoso o ha lavorato pochi anni, ma con un salario più elevato".
IL MESSAGGERO
Sicilia, bocciato il voto diretto province. Aria di crisi nella giunta Schifani, le opposizioni: «Si dimetta»La giunta di Renato Schifani ha bocciato a reintroduzione del voto diretto nelle province. E' l'ennesimo incidente che pesa su una maggioranza ora in difficoltà. Dura la reazione delle opposizioni
Bocciatura voto diretto delle province in Sicilia, la giunta è in difficoltà.E' fallito il tentativo del governo di Renato Schifani di reintrodurre il voto diretto nelle Province in Sicilia. L'Assemblea, tramite voto segreto, con 25 favorevoli e 40 contrari, ha bocciato il disegno di legge. Non è una bocciatura come le altre, si tratta dell'ennesimo incidente all'interno della giunta Schifani che fa presagire venti di crisi sull'isola. Dopo la bocciatura pochi giorni fa della norma cosiddetta "salva ineleggibili" (e anche la nomina dei manager della sanità con l'assenza di quattro assessori meloniani), da Roma era arrivata la rassicurazione della tenuta del governo regionale. Una tenuta che ora però sembra non essere più così certa.
Di cosa si tratta
La riforma delle Province era uno dei punti del programma elettorale del presidente della Regione Renato Schifani.
Subito dopo la votazione con cui l'Assemblea ha bocciato il disegno di legge, il governatore ha abbandonato l'aula parlamentare facendo rientro a Palazzo d'Orleans, sede della Presidenza della Regione. Nella stanza del governo del Parlamento regionale si sono riuniti il presidente dell'Ars Gaetano Galvagno, il vice presidente della Regione con delega ai rapporti con l'Assemblea Luca Sammartino e il coordinatore siciliano di Forza Italia Marcello Caruso. A chiedere il voto segreto sono stati tredici parlamentari (ne servivano sette per regolamento), dodici dell'opposizione più Gianfranco Miccichè. Al governo di Renato Schifani sono dunque mancati 11 voti. Al momento della votazione i presenti in aula erano 65 (votanti 65). La maggioranza contava su 36 deputati in aula (tre gli assenti), ma a favore della norma hanno votato 25 parlamentari; l'opposizione era in aula con 27 deputati (due gli assenti), più Gianfranco Miccichè del Misto: 40 i voti contrari.
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Le reazioni
La reazione delle opposizioni è stata molto dura, c'è anche chi ha esultato e chi come il Movimento 5 Stelle e De Luca chiede le dimissioni del presidente, nella maggioranza invece c'è chi parla di "voto sconcertante".
"Suscita grande sconcerto il voto dell'Assemblea Regionale che, nei fatti, blocca il percorso del disegno di legge per l'elezione diretta degli organi di province e città metropolitane". Lo dichiara il segretario nazionale della Democrazia Cristiana, Totò Cuffaro. Ma le voci che hanno commentato l'accaduto sono state molte. "Quella scritta qui all'Ars con la bocciatura del disegno di legge sulle Province non è una bella pagina, dobbiamo anzitutto riflettere seriamente sull'opportunità di mantenere nel regolamento dell'Ars il voto segreto su tutte le materie. Mi assumo l'impegno di proporre una norma che modifichi questa assurdità", ha commentato Giorgio Assenza capogruppo all'Ars di Fratelli d'Italia. Per Marcello Caruso, coordinatore regionale di Forza Italia si è trattato di una "sconfitta per i territori che subiscono disservizi".
Per il Partito Democratico è la dimostrazione di una forte debolezza da parte del governo, "A una settimana dal tonfo sul ddl salva ineleggibili il centrodestra si sgretola nuovamente sulla riforma delle Province. L'immagine del governo che fugge dall'aula subito dopo il ko è la rappresentazione plastica di una maggioranza totalmente allo sbando", ha commentato Michele Catanzaro capogruppo Pd all'Ars.
Un ennesimo incidente dunque che potrebbe vedere la maggioranza di Schifani navigare in cattive acque da cui sarebbe difficile uscire, ancor di più perché oggi di fatto è saltato uno dei punti cardine del programma di governo. Ad ora ancora nulla di certo sul futuro della giunta, una prima frattura si è di certo verificata, anche se la bocciatura di oggi non escluderebbe una eventuale riproposizione in altra forma di analogo disegno di legge di riforma in futuro.
IL FATTO QUOTIDIANO
La Regione in Sicilia ormai procede a suon di rappresaglie: stavolta il centrodestra si sfalda nel voto (segreto) sul ritorno delle Province.
Nuovo voto e nuova sconfitta per il governo di Renato Schifani. Dopo la bocciatura, la scorsa settimana, del Salva Ineleggibili, la maggioranza di centrodestra incassa una nuova débâcle. E non a caso: per molti è la diretta conseguenza di quanto avvenuto la scorsa settimana, quando la norma voluta da Fratelli d'Italia per salvare il posto in aula di suoi due deputati regionali (in Sicilia i consiglieri sono equiparati ai parlamentari) è stata bocciata. "Ora le province se le possono scordare" era stato il commento nelle file di Fratelli d'Italia. E così è avvenuto. All'Assemblea regionale siciliana si votava per il ripristino delle Province, uno dei temi più caldi per Schifani che già in campagna elettorale aveva annunciato la riforma per tornare all'elezione diretta degli organi rappresentativi. Un ritorno al passato che l'Aula ha respinto col carico di 40 voti contrari contro i 25 favorevoli. Il conto dei franchi tiratori è presto fatto: alla maggioranza mancano 12 voti, anche se potrebbero essere stati pure di più. Di certo il segnale del malcontento era arrivato forte e chiaro già da martedì pomeriggio, quando all'apertura del dibattito sulla riforma delle province, mancavano all'appello 10 deputati di Fdi. Il voto ha i colori della vendetta, quindi, nonostante il passaggio della presidente del Consiglio Giorgia Meloni a Catania, per la festa di Sant'Agata sembrava avesse portato i siciliani di Fdi a più miti consigli.
Ed è vero che secondo qualcuno la nuova débâcle è frutto di un voto contrario del tutto trasversale: i franchi tiratori sarebbero entrati in azione dai gruppi di Fratelli d'Italia, Mpa, Lega e Dc (non di Forza Italia, partito del governatore). Non a caso le opposizioni adesso chiedono le dimissioni del presidente di Regione: "Lo schiaffone a Schifani sulle Province si è sentito fino a Roma e non può non avere conseguenze. Questo governo deve andare a casa", ha detto il portavoce del M5s, Antonio De Luca. "È giunto il momento di voltare pagina e di scegliere un presidente degno di questo nome. Alla luce di quanto è successo il presidente Schifani non può che dimettersi. C'è di mezzo la credibilità della Sicilia. D'altronde lui stesso aveva affermato entrando in aula che si sarebbe dimesso in caso di voto negativo, sia coerente e si dimetta", ha aggiunto Cateno De Luca di Sud Chiama Nord. Michele Catanzaro, capogruppo del Pd, ha sottolineato che "ad una settimana dal tonfo sul ddl salva ineleggibili il centrodestra si sgretola nuovamente sulla riforma delle Province. L'immagine del governo che fugge dall'aula subito dopo il ko è la rappresentazione plastica di una maggioranza totalmente allo sbando". "Sconcertante" ha detto Totò Cuffaro, alla guida della Dc, secondo il quale "con la complicità del voto segreto, qualcuno è stato evidentemente guidato da ben altri intendimenti e, probabilmente, preoccupato dalla possibilità di restituire ai cittadini la parola sul governo degli enti di area vasta. Sarebbe stato opportuno che chi non voleva il ritorno delle Province lo dicesse per tempo, evitando la vergogna". Nelle retrovie del centrodestra, tuttavia, tra i franchi tiratori, c'è chi conta anche uomini di Cuffaro. E che la retromarcia sulle Province non convincesse più di qualcuno nel centrodestra pare fosse già palese, ancora prima del voto. "Ha sbagliato Schifani a puntare tutto su questa riforma", sottolineano fonti della maggioranza. Il governatore, assente in Aula durante il dibattito sulla Finanziaria, era presente in aula la scorsa settimana e anche oggi: "Lo avevamo detto all'inizio dei lavori che la sua presenza Presidente non avrebbe portato bene - annota Cateno De Luca - È evidente che l'atteggiamento intimidatorio del presidente Schifani non ha sortito gli effetti sperati". Nonostante i richiami dell'opposizione, però, nelle file del centrodestra impera lo scetticismo: "Resterà tutto immutato fino alle Europee, ma dopo bisognerà fare una valutazione seria delle forze in campo", sottolinea un meloniano di lungo corso.
Anche perché l'aria è movimentata non solo tra i partiti della coalizione, ma anche all'interno dei partiti. Proprio oggi nella Lega si è registrato un nuovo smottamento, dopo le lotte intestine delle scorse settimane che vedevano due aree contrapposte, da un lato quella che fa capo a Luca Sammartino e dall'altro quella di Annalisa Tardino, spalleggiata dall'area vicina a Raffaele Lombardo. Oggi Tardino è stata sollevata dall'incarico di commissaria del Carroccio in Sicilia e al suo posto è stato nominato Claudio Durigon. Ufficialmente così Tardino può candidarsi come capolista alle Europee, ma per molti il risultato del commissariamento è un'indubbia vittoria di Sammartino. Una vittoria che potrebbe allontanare Lombardo dal Carroccio dopo il nuovo accordo siglato con Matteo Salvini lo scorso ottobre. Di certo nel centrodestra siciliano, tra sgarri, rancori e vendette, anche le Europee potrebbero riservare più di qualche sorpresa.
MERIDIONENEWS
Incontro Galvagno-Schifani dopo bocciatura riforma province. Il governatore paventa «Decisioni politicamente importanti»
La maggioranza di governo tenta di fare quadrato e riprendere il filo della coalizione dopo la clamorosa bocciatura della riforma delle province. Stamattina c'è stato un incontro tra il presidente della Regione, Renato Schifani e quello dall'Assemblea regionale, Gaetano Galvagno. Un incontro scandito, come dichiarato dalle parti in causa, anche dai buoni rapporti che intercorrono tra le due istituzioni.
Il bando «stampato» e poi modificato per favorire l'ex amministratore unico della società di rifiuti a Trapani
Da qui la nota partorita dai canali ufficiali, che parla delle conclusioni a cui Galvagno e Schifani sarebbero giunti. Niente di nuovo sotto al sole: «Si è convenuto sul fatto che la mancanza dei voti necessari per l'approvazione del disegno di legge fosse imputabile a più forze politiche e non a un solo gruppo parlamentare - scrivono - Sia il presidente Schifani che il presidente Galvagno hanno espresso il proprio rammarico per il fatto che i deputati che hanno votato contro il ddl non abbiamo manifestato il loro intendimento prima del voto d'Aula, fornendo invece ampie rassicurazioni al presidente della Regione, poi smentite dai fatti».
La parte più importante però è la conclusione della nota, con Schifani che mette i paletti: «I due presidenti hanno anche concordato sul fatto che incidenti di questo tipo non sono più accettabili - si legge - a maggior ragione su temi che rappresentano i pilastri del programma di governo. Il presidente Schifani ha comunicato al presidente Galvagno che, nel caso in cui fatti del genere dovessero ripetersi, verranno assunte decisioni politicamente importanti».
VIVIENNA
Affonda il ddl Province, lo spettro delle elezioni indirette.
Con il voto segreto non sapremo mai le ragioni dell'avvenuto affossamento del disegno di legge che avrebbe dovuto ripristinare l'elezione degli organi di governo degli enti intermedi siciliani. Saremmo stati più contenti se alla base vi fossero state le note pregiudiziali d'incostituzionalità, ma siamo invece convinti che le ragioni siano tutte politiche e tutte interne alla maggioranza.
Gli interessi della politica
Ci preoccupa sempre più che in questo tipo di "politica" a prevalere siano sempre gli interessi di parte (ed a volte anche quelli personali) che, puntualmente, hanno la meglio sugli interessi generali della collettività. Si poteva scegliere un'occasione legislativa diversa per regolare i conti all'interno della maggioranza di governo e invece si è preferito utilizzare un argomento tanto delicato, quanto urgente, qual è quello di rivitalizzare un ente strategico per la vita dei territori di area vasta.
Elezioni indirette
Adesso, al netto di un'improbabile ripensamento animato dalla minaccia delle dimissioni del Presidente Schifani, il Governo regionale dovrà urgentemente indire i comizi elettorali per consentire l'elezione degli organi di governo delle tre città metropolitane e dei sei Liberi consorzi comunali col vigente sistema di elezione indiretta.
I siciliani, che hanno infatti il diritto di esercitare la propria sovranità nelle autonomie locali, eleggendo (direttamente o indirettamente) i propri rappresentanti, non potranno più attendere né i capricci istituzionali di forze politiche manifestamente inadeguate né la permanenza in capo agli enti di area vasta di commissariamenti già dichiarati incostituzionali.
TP24
La riforma delle Province affossata all'Ars. Schifani: "Se succede di nuovo..."
Dopo la battuta di arresto all'ARS con la bocciatura del Ddl sulle province e l'abbandono dell'Aula da parte del governatore, Renato Schifani, la giornata di ieri è servita per fare il punto della situazione.
Il presidente dell'ARS Gaetano Galvagno ha incontrato Schifani, hanno insieme convenuto che "La mancanza dei voti necessari per l'approvazione del disegno di legge fosse imputabile a più forze politiche e non a un solo gruppo parlamentare. Sia il presidente Schifani che il presidente Galvagno hanno espresso il proprio rammarico per il fatto che i deputati che hanno votato contro il ddl non abbiamo manifestato il loro intendimento prima del voto d'Aula, fornendo invece ampie rassicurazioni al presidente della Regione, poi smentite dai fatti".
La nota poi continua: "I due presidenti hanno poi anche concordato sul fatto che incidenti di questo tipo non siano più accettabili, a maggior ragione su temi che rappresentano i pilastri del programma di governo. Il presidente Schifani ha comunicato al presidente Galvagno che, nel caso in cui fatti del genere dovessero ripetersi, verranno assunte decisioni politicamente importanti".
Anche il capogruppo all'ARS di Forza Italia, Stefano Pellegrino, si è espresso sulla bocciatura: "I siciliani hanno perso una grande opportunità per ridare dignità e rappresentanza istituzionale all'ex province, che ormai da anni, dopo una scelta scellerata del governo Crocetta, versano in stato di gravissima crisi in termini di servizi per i cittadini e i territori. Non può che dispiacere che una norma di alto valore istituzionale sia stata bocciata, trincerandosi dietro scuse false come quella che si sarebbe trattato di una mossa pre-elettorale.
Ad essere uscita oggi sconfitta da Sala d'Ercole è la democrazia e la rappresentanza democratica dei siciliani, che dovranno continuare a subire i danni della cancellazione degli Enti di area vasta".
Dario Safina, deputato del Pd, sostiene che tali fondi potranno allora essere destinati al comparto agricolo: "In un momento storico in cui l'agricoltura siciliana sta affrontando sfide senza precedenti e la crisi idrica sta minacciando il nostro territorio, è imperativo agire con prontezza e lungimiranza. La decisione dell'ARS di respingere il Ddl sulle province ci offre l'opportunità di stanziare risorse sostanziali per sostenere un comparto agricolo in sofferenza. La nostra scelta di indirizzare queste risorse verso l'agricoltura e la gestione delle risorse idriche è un investimento nel futuro della Sicilia. Dobbiamo proteggere i nostri agricoltori e preservare la sostenibilità ambientale contro la crisi idrica in atto. La Sicilia merita una strategia che valorizzi i settori chiave per il bene di tutti i cittadini", ha concluso Safina.
Congiuntamente fanno sentire la loro voce i coordinatori di Fratelli d'Italia, Giampiero Cannella e Salvo Pogliese: " Non possiamo che esprimere una forte amarezza per quanto accaduto alla luce anche del fatto che questa riforma rappresentava un elemento cardine del programma del governo Schifani per cui abbiamo chiesto la fiducia ai siciliani. Una riforma necessaria anche per concludere la stagione imbarazzante, avviata dal governo Crocetta, che ha posto a capo degli Enti provinciali dei commissari, freddi burocrati regionali, calpestando il diritto dei cittadini a scegliere i propri rappresentanti e ripagandoli con mancanza di manutenzione nelle scuole, nelle strade, nei territori delle comunità".
Nuccio Di Paola del Movimento Cinque Stelle parla di sfiducia del governo regionale: "Il parlamento regionale ha sfiduciato palesemente per la seconda volta il presidente Schifani presente in aula. La prima volta con il disegno di legge che salvava gli ineleggibili, ed oggi con l'altro suo cavallo di battaglia ovvero la restaurazione delle province regionali e delle relative poltrone. Se fossi il Presidente Schifani trarrei le dovute considerazioni da questa ennesima bocciatura. La maggioranza di destra non esiste più e non rappresenta i siciliani. Con questa sonora bocciatura - aggiunge Di Paola - ribadiamo la nostra posizione contraria a questo DDL province. Evitiamo di creare storture normative che danneggiano i siciliani. Abbiamo chiesto il ritiro del disegno di legge ma Schifani non ha voluto darci ascolto, ecco perché abbiamo chiesto il voto segreto. Ci sono ben altre emergenze di cui dobbiamo occuparci come rappresentanti dei siciliani: dalla viabilità all'agricoltura, da quella della sanità alla crisi di liquidità delle famiglie. I siciliani non possono più aspettare e non sanno cosa farsene della moltiplicazione delle poltrone" - conclude Di Paola.
LIVESICILIA
Le Province 'uccise' all'Ars, tanti moventi e clima da tutti contro tuttiLa caccia ai franchi tiratori nel centrodestra
PALERMO - Tanti moventi per tanti possibili 'colpevoli'. Il voto sulla riforma delle Province che ha mandato in frantumi il centrodestra all'Ars non ha un solo responsabile. Così non potrebbe essere, con buona pace del consueto gioco di accuse reciproche sottobanco scattato tra le mura di Palazzo dei Normanni. Alla fine il computer di Sala d'Ercole parla chiaro: 37 i deputati di maggioranza presenti al momento del voto ma il centrodestra si è fermato a 25, contro i 40 che hanno votato no al mantenimento dell'articolo 1 sul quale si basava gran parte della legge che avrebbe dovuto reintrodurre l'elezione diretta dei presidenti delle Province.
Province, caccia ai franchi tiratori all'Ars
"Si va avanti con le riforme", ha spiegato il governatore Renato Schifani ai suoi fedelissimi che lo hanno raggiunto subito dopo il voto. Il presidente della Regione ha lasciato Palazzo dei Normanni subito dopo il voto visibilmente contrariato ma in serata ha lasciato intendere di essere già proiettato sull'agenda di governo. Nei corridoi di Palazzo Reale, nel frattempo, ci si esercitava nella caccia ai franchi tiratori. Tre i parlamentari con un alibi di ferro perché assenti al momento del voto: i meloniani Auteri e Galluzzo, oltre all'autonomista Carta. Il sospetto cade così su almeno 12 degli altri 37 parlamentari, anche se il numero dei 'traditori' potrebbe essere addirittura più alto se si considera che non sono in pochi a ipotizzare la provenienza di qualche voto favorevole al ddl dai banchi delle opposizioni.
Il 'tradimento' trasversale nella maggioranza
Il tentativo di avvicinamento nelle ore antecedenti alla seduta di Sala d'Ercole era stato effettivamente messo in atto, ma la sponda tentata con il Partito democratico non ha avuto l'effetto sperato dagli sherpa del centrodestra. In casa Pd è infatti scattato l'allarme rosso e il gruppo alla fine avrebbe votato in maniera compatta per il no. Quei tasti rossi in più sono quindi da ricercare in un centrodestra che ha fallito la prova d'aula, alle prese anche con conflitti interni ai partiti. Impossibile avere la certezza su chi ha voltato le spalle al governo e al suo ddl Province: troppe le variabili sul tavolo. L'unica certezza sono i rapporti tesissimi tra i partiti della coalizione di governo e per questo appare chiaro che i congiurati si nascondano lungo tutto il fronte del centrodestra. Sono ancora le nomine della sanità, come assicurano più voci dalla pancia di Palazzo dei Normanni, a provocare gli scossoni d'aula per una maggioranza che, dopo il ddl 'salva-ineleggibili', perde anche la partita delle Province.
Tutti i moventi dei sospettati
C'è chi punta il dito sugli scontenti di Fratelli d'Italia, partito che ha dovuto ingoiare il rospo del ko sulla 'salva-ineleggibili' e che conta più di un distinguo al suo interno. Di contro, dalle parti dei meloniani, si guarda con sempre maggiore sospetto all'alleato leghista e si segnala qualche movimento "anomalo" nei banchi del Carroccio al momento del voto. L'entità del ko fa ricadere dei sospetti anche su qualche dissidente di Forza Italia: alcuni non avrebbero digerito la candidatura di Marcello Caruso alla presidenza della Provincia, altri avrebbero guardato con livore alla necessità di cedere la Provincia di Agrigento a Totò Cuffaro. Ma i sospetti non risparmiano neanche l'ex governatore e la sua Dc. Quest'ultima, principale sponsor della legge, alla fine avrebbe cercato di evitare l'election day con le Europee che invece si prefigurava all'orizzonte (Cuffaro, però, in mattinata smentisce questa ipotesi: "Siamo convinti sostenitori del ritorno delle Province, qualunque sia la data del voto", dice). Il leader Dc poi attacca le "verginelle della maggioranza" e a proposito delle dichiarazioni sul voto dell'aula parla di "stucchevole sagra delle ipocrisie". La stessa motivazione, legata all'election day, potrebbe avere spinto anche il Movimento per l'autonomia a voltare le spalle al ddl. Nessuno sfugge al vento del sospetto che continua a spirare nei corridoi di Palazzo Reale.
LIVESICILIA
Province, Faraone: bene il no dell'Ars, Schifani governa con logiche di potereLe parole del capogruppo Iv alla Camera
PALERMO - "Non poteva che finire così, siamo stati facili profeti. Anche Schifani, dopo Crocetta e Musumeci, stava trascinando le nostre Province siciliane nell'ennesimo infinito commissariamento. Ha fatto bene l'Assemblea regionale a bocciare questa scelta scellerata". Lo dice il capogruppo di Italia viva alla Camera Davide Faraone. "Naturalmente non c'è solo nobiltà nel voto segreto all'Ars, che è la somma anche della delusione dei deputati per la bocciatura della norma sugli ineleggibili e della ripicca verso il presidente della Regione che non ha soddisfatto i loro appetiti in occasione della nomina dei manager - aggiunge -. Diciotto sono i manager, 43 sono i deputati di maggioranza"..
"Non si governa così una regione come la Sicilia"
Faraone poi conclude: "Il collante della maggioranza Schifani sta proprio lì, nella gestione del potere e delle clientele. Ma così non si governa una Regione importante come la Sicilia"
FOCUSICILIA
Rinnovo Province, riforma bocciata. Ipotesi di elezioni di secondo livelloLa riforma delle Province promossa dal governo Schifani, che reintroduceva il voto diretto per i cittadini, è stata bocciata con 40 voti contrari e 25 favorevoli. A votare, adesso, potrebbero essere chiamati soltanto sindaci e consiglieri comunali, come prevede la legge Delrio.
L'Assemblea regionale siciliana ha bocciato con voto segreto il Disegno di legge 319-97/A, che ripristinava il voto diretto per le Province nell'Isola. E a questo punto torna l'ipotesi di votare gli organi provinciali con l'elezione di secondo livello prevista dalla Legge Delrio. La riforma promossa dal governo Schifani è stata affossata con 40 voti contrari e 25 favorevoli. Numeri che denunciano la presenza di franchi tiratori nella maggioranza, che sulla carta poteva contare su 37 deputati.
"Schiaffo sentito fino a Roma"
Un ennesimo "incidente" - dopo quello che aveva portato al ritorno lampo del DDL in Commissione - che ha suscitato molte reazioni, a partire dalle opposizioni. Per il Partito democratico "il dato dell'Aula è schiacciante, in continuità con la scorsa settimana". Per Sud Chiama Nord "c'è l'ennesima sconfitta di Renato Schifani, di una maggioranza che è implosa", mentre per il Movimento cinque stelle "il rumore dello schiaffo che è stato al Presidente si è sentito fino a Roma e non può non avere conseguenze". Dalla maggioranza, Fratelli d'Italia rilancia chiedendo di tornare all'elezione di secondo livello prevista dalla riforma nazionale del 2015. "Dobbiamo ridare un minimo di democrazia a questi enti, procedendo al sistema elettorale previsto dalla Legge Delrio". A votare, in questo modo, sarebbero sindaci e consiglieri comunali in carica nei comuni della provincia.
Province, la "profezia" di Abbate
Per comprendere la bocciatura bisogna riavvolgere il nastro. Alla settimana scorsa, quando il DDL 319-97/A, che ridefiniva "funzioni, organi di governo e sistema elettorale delle province e delle città metropolitane" ripristinando come detto l'elezione diretta da parte dei cittadini, era rimbalzato dall'Assemblea regionale siciliana alla Commissione Affari Costituzionali e viceversa. Ancora una volta, per colpa delle tensioni nella maggioranza. Prima la bocciatura della norma sulla ineleggibilità dei deputati regionali, affossata dai "franchi tiratori" nella maggioranza durante il voto segreto. Poi il rinvio del DDL in Commissione "per lo svolgimento di approfondimenti", su proposta dei Cinque stelle. Un passaggio-lampo, visto che la Commissione aveva dichiarato di avere già compiuto tutte le verifiche del caso rimandando la legge in Aula. "Finché non viene chiarita la situazione politica della maggioranza, gli incidenti saranno dietro l'angolo", aveva detto a FocuSicilia il presidente della Commissione Ignazio Abbate. Una "profezia" realizzata durante il voto di ieri.
Opposizioni all'attacco di Schifani
Nel dettaglio, l'Aula si è limitata a bocciare l'articolo uno del DDL. Quest'ultimo, aveva chiarito il presidente di turno Nuccio Di Paola prima del voto, conteneva "le norme che reggono l'impianto fondamentale del disegno di legge", dunque "l'eventuale bocciatura equivale alla bocciatura dell'intero DDL". A commentare a caldo l'esito del voto, il capogruppo del Partito democratico Michele Catanzaro. "Questo Governo sta pensando più alle posizioni, alle poltrone, e meno ai problemi dei siciliani. Ed è per questo che oggi, ancora con più forza, rivendichiamo il ruolo delle nostre opposizioni". A intervenire anche il leader di Sud Chiama Nord Cateno De Luca. "Noi da mesi diciamo che non si arriverà a scadenza naturale. Ho detto più volte, utilizzando la simpatica frase della scadenza come lo yogurt, che vi state lacerando ogni giorno di più". Ad attaccare, per il M5s, la deputata Martina Ardizzone, che ha invitato Schifani a "fare un giro per le province, a parlare con i ragionieri per rendervi conto della situazione disastrosa all'interno degli enti".
Rinnovo province, la proposta di Fratelli d'Italia
A intervenire, dal fronte della maggioranza, è stato il capogruppo di Fratelli d'Italia Giorgio Assenza, che ha contestato le modalità di voto. "È ora di riflettere seriamente sull'opportunità di continuare a mantenere nel nostro Regolamento il voto segreto su qualsiasi materia. Non esiste in nessuna Regione d'Italia, e non esiste a livello nazionale". Entrando nel merito, per Assenza "non è una bella pagina quella che abbiamo scritto", visto che il ritorno all'elezione diretta "era patrimonio comune e auspicio da parte di tutti". Il presidente dei deputati regionali di Fratelli d'Italia ha invitato a guardare alla norma sulla reintroduzione delle province in discussione al Parlamento nazionale. Nell'attesa che venga approvata, la proposta è di procedere con la votazione di secondo livello prevista dalla legge Delrio. "A me non entusiasma, ma rispetto a un commissariamento che perdura da oltre dieci anni è sempre una via di mezza democrazia", ha concluso il capogruppo.
AGRIGENTONOTIZIE
Secondo furto in 48 ore al Libero consorzio: banda delle macchinette sempre in azioneIl ladro dopo avere scavalcato il cancello d'ingresso e forzato un infisso, si è messo "al lavoro" nell'edificio.
Nuovo furto - dopo neanche 48 ore - al Libero consorzio di via Acrone. Esattamente per come era già successo, il ladro - probabilmente sempre lo stesso - hanno svuotato le cassette dei distributori di snack e bibite.
Il ladro dopo avere scavalcato il cancello d'ingresso e forzato un infisso, si è messo "al lavoro" nell'edificio. Ieri mattina, al momento della riapertura degli uffici, l'ennesima scoperta e il nuovo Sos. In via Acrone sono accorsi, esattamente come il primo episodio, i poliziotti della sezione Volanti che hanno anche acquisito dei filmati da alcuni impianti di videosorveglianza.
Non ci sono certezze, ma appare probabile che la "mano", in entrambi gli episodi criminali, sia sempre stata la stessa.
GRANDANGOLO
Province, Pogliese e Cannella (FdI): "Una delle pagine piu' tristi Ars"Il commento dei coordinatori regionali di Fratelli d'Italia per la Sicilia.
"Ieri si e' scritta una delle pagine piu' tristi della storia del piu' antico parlamento d'Europa con la decisione di bocciare la legge per le elezioni diretta del Presidente e dei Consiglieri provinciali. Non possiamo, quindi, che esprimere una forte amarezza per quanto accaduto alla luce anche del fatto che questa riforma rappresentava un elemento cardine del programma del governo Schifani per cui abbiamo chiesto la fiducia ai siciliani". Lo affemano in una nota Salvo Pogliese e Giampiero Cannella, coordinatori regionali di Fratelli d'Italia per la Sicilia.
LENTEPUBBLICA
Per la Consulta fino a 34 anni di arretrati per i dipendenti pubblici
Per i dipendenti pubblici potrebbero aprirsi spiragli per la richiesta di ben 34 anni di arretrati: scopriamo quali sono le motivazioni e cosa ha deciso la Consulta in merito.
Una decisione storica della Corte Costituzionale, espressa con la sentenza n. 4/2024, potrebbe stravolgere il sistema retributivo degli impiegati pubblici, aprendo la strada a consistenti arretrati di anzianità maturati in un arco temporale di 34 anni.
Questo passo rivoluzionario deriva dalla dichiarazione di illegittimità costituzionale dell'art. 51, co.n3 della legge 388/2000 (Legge finanziaria 2001), specificamente nella parte che limitava l'operatività delle maggiorazioni alla Retribuzione Individuale di Anzianità (RIA) dei dipendenti pubblici nel triennio 1991-1993, riservandola solo a coloro con requisiti maturati fino al 1990.
Per la Consulta fino a 34 di anni di arretrati per i dipendenti pubblici
La decisione della Corte potrebbe rivoluzionare il panorama degli arretrati salariali dei dipendenti pubblici, con effetti significativi su tutti i giudizi pendenti. Si prevede il riconoscimento e il ricalcolo dell'anzianità maturata fino al 31 dicembre 1993, insieme alla rideterminazione delle maggiorazioni RIA, dei TFS e dei trattamenti pensionistici futuri o già in essere.
In pratica, la sentenza ristabilisce l'incremento di retribuzione legato all'anzianità dei dipendenti pubblici, aprendo la possibilità per migliaia di lavoratori di ottenere fino a 34 anni di arretrati già maturati e pensioni più consistenti.
Va sottolineato che nel 1990, il panorama del pubblico impiego ha subito un cambiamento radicale con il blocco dell'incremento salariale basato sull'anzianità per tutti i dipendenti pubblici, secondo il DPR n. 44 del 1990. Tale blocco, retroattivo, ha avuto gravi conseguenze sugli stipendi dei dipendenti pubblici.
La privatizzazione del rapporto di pubblico impiego nel 1993, secondo le norme del Codice civile, ha aperto la strada a migliaia di ricorsi presentati presso il Tribunale civile da dipendenti che rivendicavano il diritto alla maggiorazione retributiva secondo i vecchi criteri di anzianità, anche per i periodi successivi al 1990.
La risposta del Governo è giunta nel 2001 con la finanziaria, che ha escluso il diritto alla maggiorazione della RIA ai dipendenti pubblici per il triennio 1991-1993, riservandolo solo a chi aveva requisiti maturati entro il 1990. Ed è questa decisione che è stata recentemente contestata e annullata dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 4/2024.
I motivi della decisione
La decisione della Consulta risiede nel principio di irretroattività delle leggi, un concetto giuridico che impedisce l'applicazione retroattiva di nuove leggi a fatti pregressi. In questo caso specifico, la Corte ha sostenuto che la legge non può agire retroattivamente, cioè non può influire su situazioni giuridiche già consolidate prima della sua entrata in vigore.
La Corte ha enfatizzato che il legislatore non può utilizzare la legge come strumento per risolvere dispute specifiche, evitando così di creare uno sbilanciamento tra le posizioni delle parti coinvolte. In altre parole, la legge non può essere uno strumento per intervenire retroattivamente in controversie giuridiche già in corso, poiché ciò potrebbe compromettere l'equilibrio e la giustizia delle decisioni già prese sulla base della normativa vigente al momento dei fatti.
Ovviamente va sottolineato che, allo stato attuale, non si riceveranno in automatico questi arretrati: la decisione della Consulta non ha purtroppo natura vincolante.
Sarà infatti necessario valutare caso per caso, pertanto al momento l'unica soluzione sembra comunque affidarsi a un ricorso.
LENTEPUBBLICA
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L'Autorità continua a svolgere incontri periodici con tutti i soggetti coinvolti nella digitalizzazione, assicurando un canale diretto dedicato ai gestori delle piattaforme per garantire supporto continuo. Inoltre, sono stati programmati incontri specifici con i gestori delle piattaforme dei soggetti aggregatori per affrontare criticità e fornire soluzioni alle sfide emerse nella prima fase di avvio.