lentepubblica.it
PNRR: le Province in audizione alla Camera
UPI: "Il PNRR pesa 150 milioni sui bilanci delle Province. Utilizziamo i fondi non spesi per coprire questi extracosti"."L'aumento dei costi per la messa a terra degli oltre 1.750 progetti di edilizia scolastica, causato dai prezzi dei materiali e dell'energia schizzati alle stelle, è stato coperto in buona parte con risorse proprie delle Province. Tra i 120 e i 150 milioni che pesano sui bilanci degli enti, in buona parte frutto di accensione di mutui, che abbiamo dovuto destinare agli investimenti del PNRR per evitare il rischio di gare deserte e portare così a termine la missione che ci è stata assegnata: la costruzione di nuove scuole, la messa in sicurezza di quelle esistenti, la realizzazione di nuove palestre. Gli strumenti introdotti dal Governo, come il Fondo Opere Indifferibili, sono stati una risposta importante ma sufficiente. Considerato che, anche a causa di problemi di bilancio, alcuni interventi potrebbero essere revocati o definanziati, chiediamo che le risorse non utilizzate dal comparto restino a disposizione degli interventi di edilizia scolastica per le scuole superiori, così da essere utilizzati per coprire le spese maggiori degli investimenti avviati o conclusi. L'obiettivo di questo decreto dovrebbe essere quello di imprimere una forte accelerazione alla spesa del Piano, ma senza misure straordinarie e semplificazioni non sarà possibile rimuovere quei blocchi che ad oggi rallentano pesantemente i flussi di cassa".È la priorità che il rappresentante di UPI Luca Menesini, Presidente della Provincia di Lucca ha avanzato alla Commissione Bilancio della Camera dei Deputati, in audizione sul nuovo PNRR, presentando le richieste delle Province: dal fondo per coprire gli extracosti alle semplificazioni per accelerare la spesa degli investimenti in edilizia scolastica, fino alle risorse per la digitalizzazione delle Province."Chiediamo che sia garantito alle Province - ha detto il Presidente Menesini - ciò che è stato riservato a tutta la PA, e cioè il finanziamento dei processi di trasformazione digitale di loro competenza. Occorre destinare un fondo di almeno 50 milioni a queste istituzioni per permetterci di esercitare in modo adeguato le funzioni fondamentali di raccolta ed elaborazione dati previste dalla legge. Su questi temi - ha concluso - ci aspettiamo risposte nell'iter parlamentare di esame e conversione del testo".
ITALIAOGGI
Pensioni, la speranza di vita aumenta età e contributiI chiarimenti sulle novità introdotte dalla legge n. 213 del 30 dicembre 2023. L'adeguamento del requisito anagrafico trascina anche i versamenti all'Inps.
La pensione anticipata dei giovani raddoppia le distanze. L'adeguamento alla speranza di vita, infatti, non riguarda più solo l'età (oggi a 64 anni), ma anche la contribuzione (oggi 20 anni).
Il primo adeguamento ci sarà il 1° gennaio 2027, poiché per il biennio 2025/2026 la speranza di vita è risultata negativa, e potrebbe elevare l'età a 64 anni e 2 mesi e i contributi a 20 anni e 2 mesi. I nuovi incrementi (raddoppiati) si sommeranno ai 3 mesi di finestra di decorrenza della pensione, introdotta dal 1° gennaio 2024.
Lo spiega, tra l'altro, l'Inps nella circolare n. 46 del 13 marzo 2024, con placet del ministero del lavoro, illustrando parte delle novità in materia di pensioni introdotta dalla legge n. 213 del 30 dicembre 2023 (legge di bilancio 2024).
Quando si potrà andare in pensione
L'Inps si sofferma, in particolare, sulle novità in materia di pensione di vecchiaia e di pensione anticipata del sistema contributivo, ossia le due principali prestazioni riservate a quanti hanno iniziato a lavorare dal 1° gennaio 1996 senza avere contributi accreditati al 31 dicembre 1995.
Quali requisiti per la pensione di vecchiaia
La novità riguarda il requisito dell'importo soglia di pensione maturata, il terzo dei requisiti (gli altri due sono l'età, pari a 67 anni, e la contribuzione, pari a 20 anni). Dal 1° gennaio 2024, spiega l'Inps, l'importo soglia è pari all'importo mensile dell'assegno sociale, cioè 534,41 euro (1,5 volte l'importo mensile dell'assegno sociale, fino al 31 dicembre 2023).
Come andare a riposo in anticipo
Quattro le novità. La prima: modifica dell'importo soglia per l'accesso alla pensione che, anche in questo caso, è il terzo dei requisiti (gli altri due sono l'età, 64 anni, e i contributi, almeno 20 anni). Dal 1° gennaio 2024 l'importo soglia è pari a 3 volte l'importo mensile dell'assegno sociale (2,8 volte fino al 31 dicembre 2023). L'importo soglia è ridotto a 2,8 volte alle donne con un figlio e a 2,6 volte alle donne con due o più figli.
Seconda novità è la modifica dell'importo massimo di pensione erogabile. Dal 1° gennaio 2024, spiega l'Inps, è pari a 5 volte il minimo Inps (4 volte fino al 31 dicembre 2023). L'importo massimo si applica alle mensilità di anticipo del pensionamento rispetto ai requisiti per la pensione di vecchiaia, ossia fino a 67 anni (il requisito contributivo, di 20 anni, è lo stesso). L'Inps precisa che, nel 2024, il massimo erogabile è di 2.993,05 euro mensili.
Terza novità è l'introduzione di una finestra di tre mesi: la prima pensione viene erogata dopo tre mesi dalla maturazione dei requisiti. Quarta e ultima novità è l'applicazione degli adeguamenti alla speranza di vita anche al requisito contributivo, in aggiunta al requisito dell'età, dal 1° gennaio 2024. L'Inps ricorda che il decreto 18 luglio 2023 (su ItaliaOggi del 19 ottobre 2023) non ha previsto incrementi dei requisiti nel biennio 2025/2026 (la speranza di vita è risultata negativa).
Pertanto, i primi effetti della novità potrebbero aversi al prossimo adeguamento relativo al biennio 2027/2028. Ad esempio, qualora dovesse risultare (come ipotizzato) un incremento della speranza di vita di due mesi, i requisiti per la pensione anticipata saliranno a 64 anni e 2 mesi (età) e 20 anni e 2 mesi (contribuzione), oltre all'aver maturato un importo di pensione mensile non inferiore a 3 volte l'importo dell'assegno sociale.
LENTEPUBBLICA
Il Senato boccia il terzo mandato per i governatori regionali.
Dall'aula del Senato arriva il no al terzo mandato per i governatori regionali: la maggioranza si divide sul tema, ecco cosa è accaduto.
Il Senato della Repubblica ha deliberato in merito alla proposta di modifica del limite di mandato dei governatori delle Regioni, presentata dalla Lega. L'emendamento, che mirava ad aumentare il numero massimo di mandati da due a tre per i governatori regionali, ha suscitato un acceso dibattito all'interno dell'Aula.
Il Senato boccia il terzo mandato per i governatori
L'emendamento della Lega ha suscitato diverse posizioni all'interno delle forze politiche rappresentate in Senato. Mentre Fratelli d'Italia e Forza Italia si sono schierati contro l'emendamento, insieme al Partito Democratico, al Movimento 5 Stelle ed all'Alleanza Verdi e Sinistra, la Lega ha trovato appoggio da parte di Italia Viva.
Nonostante il sostegno ricevuto da entrambi i partiti, l'emendamento è stato respinto dal Senato durante la votazione. Questo significa che, nonostante l'interesse bipartisan per la proposta di modifica, non è stato possibile ottenere il consenso necessario per farla passare.
Pertanto alla fine dello scrutinio i sì all'emendamento sono stati esigui, raggiungendo soltanto 26 voti favorevoli, mentre i contrari sono stati 112 e sono stati 3 gli astenuti. Tale proposta di emendamento avrebbe comportato un cambiamento significativo rispetto alla legge vigente, introdotta con la legge 165 del 2004, che stabilisce il limite di due mandati consecutivi per i governatori regionali.
Le posizione politiche
Il relatore del decreto, Alberto Balboni, esponente di Fratelli d'Italia, si è espresso contrariamente all'emendamento proposto dalla Lega, mentre il governo, rappresentato dalla sottosegretaria Wanda Ferro, ha lasciato la decisione finale all'Aula.
Sottolineando la volontà di rispettare il diritto dei cittadini di scegliere i propri rappresentanti, il senatore della Lega Paolo Tosato ha difeso l'emendamento respinto, evidenziando che non vi era un'opposizione formale da parte del governo e che tale decisione avrebbe interpretato meglio le esigenze della popolazione.
Respinta anche l'abolizione del ballottaggio nei comuni con piu di 15mila abitanti
Parallelamente, la Lega ha presentato un ulteriore emendamento che riguardava l'abolizione del ballottaggio nelle elezioni dei sindaci nei comuni con più di 15mila abitanti, se non veniva raggiunto il quorum del 40% dei voti. Tuttavia, di fronte alla richiesta del governo di ritirare tale emendamento, la Lega ha acconsentito, accettando di trasformarlo in un ordine del giorno.
Delusione per i governatori che sostenevano il terzo mandato
La bocciatura ha generato diverse reazioni tra govenatori regionali e sindaci. Molti di loro hanno manifestato una certa delusione per il fatto che il cambiamento normativo auspicato non si sia concretizzato.
I governatori che promuovevano l'istituzione del terzo mandato per i governatori regionali includono Stefano Bonaccini, governatore dell'Emilia Romagna e presidente del Partito Democratico, Vincenzo De Luca, governatore della Campania, e Michele Emiliano, governatore della Puglia.
C'è anche da dire che alcuni sindaci avevano mostrato un forte interesse per l'abolizione del ballottaggio nelle elezioni dei sindaci nei comuni con più di 15mila abitanti. Tra questi c'erano Dario Nardella, sindaco di Firenze, Antonio Decaro, sindaco di Bari e presidente dell'Associazione Nazionale Comuni Italiani (Anci), e Matteo Ricci, sindaco di Pesaro e coordinatore dei sindaci del Partito Democratico.
Le motivazioni indicate a favore di queste misure erano una semplificazione del processo elettorale e una potenziale maggiore stabilità politica e amministrativa nei comuni interessati. Inoltre, alcuni politici locali avevano sostenuto attivamente la proposta, vedendola come un'opportunità per riformare il sistema elettorale locale e favorire una maggiore partecipazione dei cittadini alle elezioni comunali.
Tuttavia, il ritiro dell'emendamento ha comportato la mancata realizzazione di queste aspettative, lasciando molti sindaci e politici locali delusi.
ILSOLE24ORE
Pensioni: ecco le istruzioni dell'Inps per l'assegno anticipato, da 534 a 2.993 euroL'ente di previdenza sottolinea che in futuro ci sarà l'adeguamento alla speranza di vita anche per gli anni di contributi (non solo quindi per l'età anagrafica).
Dal 2024 si potrà andare in pensione con 67 anni di età e 20 di contributi se non si hanno contributi previdenziali precedenti al 1996 e se è stato maturato un importo di pensione almeno pari all'assegno sociale, ovvero 534,41 euro al mese. È quanto chiarito dall'Inps in una circolare sulle regole per il pensionamento contenute nella legge di bilancio per il 2024 . Fino al 2023 era necessario a fronte di 67 anni di età e 20 di contributi avere maturato un importo almeno pari a 1,5 volte l'assegno minimo. In assenza era necessario aspettare per il pensionamento i 71 anni di età.
Il pensionamento anticipato nel calcolo interamente contributivo
Nella circolare si chiariscono anche le regole per il pensionamento anticipato sempre a fronte del calcolo interamente contributivo. Sarà possibile andare in pensione a 64 anni (63 oltre agli adeguamenti alla speranza di vita) se si raggiunge un importo di pensione pari ad almeno tre volte l'assegno sociale (2,8 volte per le donne con un figlio, 2,6 per le donne con più figli) quindi almeno 1.603,23 euro (nel caso delle tre volte). Il trattamento di pensione anticipata è riconosciuto per un valore lordo mensile massimo non superiore a cinque volte il trattamento minimo (pari a 598,61 euro) quindi per il 2024 pari a 2.993,05 euro per le mensilità di anticipo del pensionamento rispetto alla pensione di vecchiaia. Al raggiungimento del requisito anagrafico previsto per la pensione di vecchiaia è posto in pagamento l'intero importo della pensione perequato nel tempo.
L'adeguamento alla speranza di vita
L'Inps sottolinea che in futuro ci sarà l'adeguamento alla speranza di vita anche per il numero di anni di contributi (non solo quindi per l'età anagrafica). Secondo quanto previsto dalla legge di bilancio, si legge, «il requisito di 20 anni di contribuzione effettiva deve essere adeguato alla speranza di vita. Si fa presente che il decreto direttoriale del Ministero dell'Economia di concerto con il Ministero del Lavoro del 18 luglio 2023, ha previsto che, per il biennio 2025/2026, i requisiti pensionistici non sono incrementati».
Intanto l'ente di previdenza ha comunicato di aver predisposto una procedura più snella per l'uscita anticipata dal lavoro: un sistema di gestione delle domande di pensione anticipata ordinaria, con l'obiettivo di semplificare la presentazione dell'istanza, per tutti coloro che raggiungano i requisiti stabiliti per legge e desiderino fare domanda.
L'utente può accedere alla domanda di pensione anticipata direttamente dal sito www.inps.it. Dopo l'autenticazione con Spid o Cie, bisogna selezionare la voce "Nuova prestazione pensionistica" e successivamente "Pensione anticipata": una procedura semplificata guida alla compilazione dei campi, alcuni dei quali già precompilati con i dati e le informazioni in possesso dell'Istituto.
Oltre che direttamente sul sito dell'Inps, le domande possono essere presentate, come di consueto, utilizzando i servizi offerti dagli istituti di patronato riconosciuti dalla legge oppure chiamando il contact center Integrato al numero verde 803164 (gratuito, da rete fissa) o il numero 06 164164 (da rete mobile, a pagamento in base alla tariffa applicata dai diversi gestori).
GIORNALE DI SICILIA
Ponte sullo Stretto di Messina, Schifani: «Opera strategica per l'economia e il commercio del Paese, favorirà l'aumento del Pil»
Il presidente risponde alle polemiche dei giorni scorsi. Per il governatore «è un ulteriore stimolatore di interventi infrastrutturali nel nostro territorio, non potrà mai essere una cattedrale nel deserto»
«Il dibattito sul ponte è basato solo su presunzioni di carattere politico: l'Italia si divide tra volontà di cambiamento e di conservazione, ma quest'ultima a volte esagera trincerandosi dietro paure infondate sull'instabilità di nuove opere e su un futuro progettuale che invece è ormai consolidato e poggia su una grande capacità tecnologica».
Il presidente della Regione Renato Schifani ha parlato del Ponte sullo Stretto durante la trasmissione Diario del giorno su Rete 4. «Il ponte, al di là dell'accelerazione dei tempi di traghettamento tra Sicilia e Calabria, ha una funzione strategica a livello europeo - ha detto Schifani - Se qualcuno tenta in modo temerario di impedire questa costruzione noi ci costituiremo parte civile. Questo governo ha ereditato la volontà di Berlusconi di portare a termine questo progetto, occorre fare sistema per spiegare all'opinione pubblica la strategicità dell'opera».
«In Sicilia Rfi ha investito 11.5 miliardi di euro per la media velocità tra Palermo, Catania e Messina; il ponte è un ulteriore stimolatore di interventi infrastrutturali nel nostro territorio, in questo senso non potrà mai essere una cattedrale nel deserto. L'Italia a due velocità non funziona, se vogliamo che cresca deve crescere anche il sud. Queste divisioni sul ponte non fanno bene a nessuno, perché è un'opera strategica per l'economia e il commercio del paese e favorirà l'aumento del Pil tanto al sud quanto al nord», ha concluso.