lentepubblica.it
Aumento di stipendio per i dipendenti che rimangono nello stesso ente
Per limitare il fenomeno delle grandi dimissioni, è in esame un eventuale aumento di stipendio per i dipendenti che rimangono nello stesso ente.La pubblica amministrazione ha problemi di personale: da una parte, i concorsi pubblici non attraggono più tante persone come prima, a causa degli stipendi e della poca disponibilità di fare scatti di carriera. Dall'altra, troviamo le grandi dimissioni che interessano il settore pubblico ormai da diverso tempo: negli ultimi 8 anni, infatti, c'è stata una riduzione del personale di quasi 64mila unità.Proprio per questo, il Ministero dell'Economia sta esaminando la bozza della direttiva per il rinnovo dei contratti degli enti locali, che prevede una sorta di "premio fedeltà", per chi rimane più anni nello stesso Ente.
Ecco di cosa si tratta.Aumento di stipendio per chi rimane nello stesso ente: come premiare la fedeltà dei dipendentiAll'interno del documento, esaminato dal Ministero dell'Economia, è presente un capitolo intitolato "Rilancio dell'attrattività degli enti", nel quale, appunto, si prende atto"della progressiva riduzione del personale appartenente al comparto delle Funzioni locali, passato dalle 467.397 unità censite in occasione del rinnovo 2016-2018, alle 429.754 unità censite in occasione del rinnovo 2019-2021 alle attuali 403.633 unità. Oltre 10.000 unità di personale perse ogni anno".La maggior parte dei dipendenti che ha lasciato volontariamente il lavoro si è indirizzata verso altre amministrazioni pubbliche, con retribuzioni migliori. Non c'è stata, quindi, alcuna fuga verso il settore privato.La nuova misura prevedrebbe un aumento di stipendio per i dipendenti pubblici che decidono di rimanere più anni, presso lo stesso ente.
Il problema, però, è dove trovare le risorse, che però dovrebbero arrivare da alcuni stanziamenti del Governo.Un'alternativa sarebbe quella di agire sul welfare aziendale. Questo significherebbe assegnare ai dipendenti pubblici dei benefit simili a quelli del settore privato.
ilsole24ore.it Nella PA possibili accordi individuali con il dirigente per tutelare i fragili
E' arrivato il momento dell'uscita definitiva del lavoro agile dal regime emergenziale. Dopo la bocciatura dell'emendamento al cosiddetto decreto milleproroghe che avrebbe dovuto estendere, per l'ennesima volta, la data di scadenza del diritto allo smart working nel settore privato per i genitori di figli minori di 14 anni (sempre che non ci sia un altro genitore che non lavora, beneficiario di strumenti di sostegno al reddito) e per i lavoratori fragili (previa certificazione del medico competente), il 31 marzo sarà, quindi, l'ultimo giorno in cui esisteranno regole di maggior favore per queste tipologie di lavoratori.Nel privato dal 1° aprile disciplina del lavoro agile affidata ai contratti aziendali
Dal 1° aprile nel settore privato verrà meno qualsiasi criterio di priorità nell'accesso al lavoro agile, il cui svolgimento potrà essere negato o concesso dal datore di lavoro in funzione delle proprie esigenze. Torna a essere centrale insomma l'accordo tra datore di lavoro e dipendente. Ma il lavoro agile è considerato sempre più un fattore d'appeal per un'impresa, intenzionata ad attrarre e mantenere talenti. E sono molte le realtà produttive in cui la disciplina del lavoro agile è stata demandata ad accordi collettivi aziendali che definiscono i giorni in cui i dipendenti lavorano in presenza e quelli in cui lavorano da remoto.Nella PA possibili accordi individuali con il dirigente per tutelare i fragili
Nella pubblica amministrazione la partita del diritto al lavoro agile dei fragili si è conclusa il 31 dicembre scorso. A fischiarne la fine è stata la mancata proroga della disposizione contenuta nella Legge di Bilancio del 2023 che prevedeva il dovere di garantire lo smart working integrale ai lavoratori fragili. Superata l'emergenza pandemica, infatti, la priorità del governo Meloni è stata il ritorno alla normalità. Ma nel comparto pubblico una direttiva emanata lo scorso 29 dicembre dal ministro Paolo Zangrillo consente comunque al dirigente responsabile, nell'ambito dell'organizzazione di ciascuna amministrazione, di individuare le misure organizzative necessarie, attraverso gli accordi individuali per la «salvaguardia dei soggetti più esposti a situazioni di rischio per la salute» attraverso lo svolgimento della prestazione in modalità agile. Il diritto del lavoratore fragile sfuma quindi nel dovere dei dirigenti di adoperarsi nell'adottare le misure idonee a garantire questa protezione senza che possa essere ignorato tuttavia, l'impatto che questa quantità di lavoro agile ha sulla continuità e qualità dei servizi pubblici resi.