lentepubblica.it
Senza valutazione positiva sugli obiettivi si perde l'indennità di risultato
Se non si riceve la valutazione positiva del raggiungimento degli obiettivi prefissati si rischia di perdere il diritto all'erogazione dell'indennità di risultato: lo sostiene una recente sentenza.Nello specifico se ne è occupata la sezione Lavoro della Corte d'Appello di Reggio Calabria, con la pronuncia numero 366/2023 che, nell'ambito delle politiche retributive e dei criteri per la valutazione delle performance lavorative, ha delineato principi fondamentali che impatteranno sulle modalità di erogazione delle indennità di risultato e sulla richiesta di risarcimento per perdita di chance.Senza valutazione positiva sugli obiettivi si perde l'indennità di risultatoSecondo quanto stabilito dalla sentenza, affinché sia possibile procedere con l'erogazione delle indennità di risultato, è necessario che vengano soddisfatti due presupposti imprescindibili:l'assegnazione di obiettivi specificie la valutazione positiva del loro conseguimento.Tale indennità, infatti, non è meramente legata all'adempimento delle mansioni ordinarie, bensì alla realizzazione di traguardi precisi e misurabili. Pertanto, il mero espletamento diligente delle attività quotidiane non costituisce un motivo sufficiente per richiedere questo tipo di compensazione, che si distingue nettamente dall'indennità di posizione.L'assegnazione degli obiettivi deve rispettare i principi stabiliti dalla normativa vigente, con particolare attenzione alla loro sfidante natura e alla presenza di indicatori oggettivi per valutarne il conseguimento. La sentenza sottolinea inoltre l'importanza della differenziazione degli obiettivi nel corso del tempo, evidenziando la necessità di un approccio dinamico nella definizione degli stessi.La seconda condizione fondamentale è rappresentata dalla valutazione positiva del raggiungimento degli obiettivi assegnati. Questa valutazione non può limitarsi a una generica approvazione dell'andamento delle attività, ma deve attestare in modo inequivocabile il grado di realizzazione dei traguardi prefissati. Inoltre, è essenziale che tale valutazione sia espressa da figure competenti e non possa essere sostituita da una mera certificazione di buon operato da parte di terzi non direttamente coinvolti nella gestione degli obiettivi.Nel caso dei dirigenti e dei responsabili, è importante sottolineare che l'assenza di una valutazione positiva del raggiungimento degli obiettivi comporta l'impossibilità di richiedere un risarcimento per perdita di chance. Tuttavia, tale richiesta può essere avanzata solo qualora essi dimostrino di aver regolarmente informato l'ente riguardo al progresso verso gli obiettivi prefissati.
unioneprovinceitaliane.it
Progetto "Province & Comuni" - INCONTRO ONLINE DI PRESENTAZIONE PIATTAFORMA Pi.Co
Nell'ambito del Progetto Province & Comuni con riferimento all'attivazione della Piattaforma Collaborativa Pi.Co. (www.pi-co.eu) e facendo seguito alla recente firma da parte delle Vostre Province/UPI regionali dell'Accordo di Collaborazione per l'utilizzo della
stessa, abbiamo il piacere di invitarVi a partecipare all'incontro di presentazione ufficiale che si terrà da remoto
in data lunedì 8 aprile dalle ore 11.00 alle ore 12.00.Come sapete, Pi.Co. si configura come uno spazio condiviso di conoscenza, confronto e scambio di buone
pratiche, nonché di gestione associata delle funzioni e dei servizi relativi ai tre (3) ambiti progettuali di
intervento: Stazione Unica Appaltante (SUA), Servizio Associato Politiche Europee (SAPE), e Servizi
Innovativi Territoriali (SIT).Il suo obiettivo è quello di agevolare l'attività di supporto al sistema delle Province svolta da UPI e di
sviluppare connessioni multilivello tra Province, Comuni e UPI regionali, costituendo di fatto una community
pensata per promuovere lo scambio di esperienze e la condivisione delle migliori pratiche. Inoltre, favorisce e
semplifica l'attività di aggiornamento sulle tematiche legate ai servizi erogati e all'esercizio delle funzioni
fondamentali delle Province.L'incontro sarà l'occasione per illustrarVi nel dettaglio le funzionalità della Piattaforma, ossia gli strumenti
collaborativi o "moduli orizzontali" e gli strumenti operativi o "moduli verticali" che offrono operatività
rispetto ai servizi SUA, SAPE e SIT.Vi saranno, successivamente, fornite specifiche credenziali di accesso e verranno erogate da remoto alcune
sessioni di formazione sincrona e asincrona riguardanti l'utilizzo della piattaforma.
Come già comunicato, riceverete, inoltre, assistenza da parte dello staff incaricato da UPI per l'inserimento
dei contenuti riguardanti gli ambiti progettuali e per il popolamento delle pagine riservate sulla Piattaforma ad
ogni UPI Regionale/Provincia.
ITALIAOGGI.
Affitti brevi al setaccio nell'Unione europeaIl regolamento Ue introduce un vero e proprio censimento delle locazioni, con nuovi obblighi per piattaforme online e locatori di immobili. Entrerà in vigore entro 24 mesi.
È in arrivo il censimento degli affitti brevi nell'Unione europea. Tutte le piattaforme di intermediazione come Airbnb dovranno inviare il numero di pernottamenti alle autorità degli Stati membri. Ma, a loro volta, i locatori degli immobili dovranno registrarsi presso uno sportello unico nazionale ed ottenere un codice di identificazione che sarà associato al proprio annuncio.
Il Consiglio dell'Unione europea ha approvato lunedì 18 marzo il regolamento sulla "Raccolta e condivisione dei dati riguardanti i servizi di locazione di alloggi a breve termine", l'ultimo passaggio formale prima della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea e dell'entrata in vigore entro 24 mesi. Parallelamente, in Italia sono in corso discussioni tra il governo e le regioni riguardo alla creazione di una piattaforma che faciliti il dialogo tra i vari software regionali attualmente in uso, un lavoro che mira a trovare un punto di convergenza tra i diversi sistemi esistenti per consentire il lancio della piattaforma nazionale.
Il fenomeno degli affitti brevi ha assunto dimensioni notevoli, influenzando sia il settore turistico che quello immobiliare, tuttavia mancano dati certi sulla sua effettiva portata. Gli Stati membri dell'Unione europea, inclusa l'Italia, hanno agito in modo disomogeneo nell'introduzione di requisiti di trasparenza, conformità normativa e gestione dei dati per ottenere informazioni dai proprietari e dalle piattaforme online di locazione a breve termine. Secondo il regolamento, questa disparità normativa non solo crea incertezza per le piattaforme, ma limita anche il pieno sviluppo dei servizi di locazione nel mercato interno. Al fine di superare tali ostacoli e garantire un ambiente equo e trasparente per tutte le parti coinvolte, il regolamento mira a stabilire norme armonizzate a livello europeo.
La procedura di registrazione
Attraverso la registrazione sarà possibile per le autorità competenti raccogliere informazioni sui locatori e sulle unità riguardanti i servizi di locazione di alloggi a breve termine. Il numero di registrazione, che rappresenta un identificatore unico per ogni unità locata, servirà per garantire l'attribuzione corretta dei dati raccolti e condivisi dalle piattaforme online di locazione a breve termine ai locatori e alle relative unità. Tale numero di registrazione sarà inserito nel registro pubblico e reso facilmente accessibile, e gli Stati membri dovranno assicurarsi che non includa dati personali.
Durante la procedura di registrazione prevista dall'articolo 4, i locatori sono tenuti a presentare una dichiarazione contenente una serie di informazioni fondamentali.
Queste informazioni riguardano principalmente le unità in affitto a breve termine e i dettagli dei locatori stessi.
Per quanto riguarda le unità, la dichiarazione deve includere l'indirizzo completo, compresi eventuali dettagli come il numero di unità, il piano di ubicazione, il riferimento catastale e altre informazioni che permettano di identificarle con precisione. È importante specificare anche il tipo di unità offerta, se essa costituisce parte o la totalità dell'abitazione principale o secondaria del locatore, oppure se viene utilizzata per altri scopi. Inoltre, devono essere indicati il numero massimo di posti letto disponibili e di ospiti che possono essere accolti nell'unità. Nel caso in cui l'unità sia soggetta a un regime di autorizzazione, il locatore deve dichiarare se ha ottenuto l'autorizzazione dalle autorità competenti.
Per quanto riguarda i locatori, la dichiarazione deve contenere informazioni personali nel caso di persone fisiche, come il nome completo, il numero di identificazione nazionale o altri dettagli per l'identificazione, l'indirizzo di residenza, il numero di telefono e l'indirizzo email per le comunicazioni scritte con le autorità competenti.
Se il locatore è una persona giuridica, la dichiarazione deve includere la ragione sociale della persona giuridica, il numero di registrazione nazionale dell'attività, il nome del rappresentante legale, l'indirizzo della sede legale, il numero di telefono di almeno un rappresentante legale e un indirizzo email per le comunicazioni scritte con le autorità competenti.
I locatori sono tenuti a garantire l'accuratezza delle informazioni fornite sia alle autorità competenti che alle piattaforme online di locazione a breve termine. Questo implica che le informazioni fornite devono essere corrette, complete e veritiere, al fine di assicurare la trasparenza e la regolarità delle attività di locazione a breve termine.
Le autorità competenti hanno il potere di verificare le informazioni e la documentazione fornite dai locatori. Se queste informazioni risultano incomplete o inesatte, l'autorità può chiedere al locatore di correggerle. Nel caso in cui il locatore non corregga le informazioni richieste, l'autorità può sospendere i numeri di registrazione associati e richiedere alle piattaforme online di rimuovere gli annunci relativi all'unità in questione.
Se sorgono dubbi sull'autenticità delle informazioni fornite, l'autorità può sospendere i numeri di registrazione interessati e richiedere ulteriori informazioni alle piattaforme online per verificare l'autenticità dei numeri di registrazione o rimuovere gli annunci in questione.
Prima di prendere una decisione definitiva di sospensione o ritiro dei numeri di registrazione, l'autorità informa il locatore dei motivi e gli offre la possibilità di correggere le informazioni entro un periodo stabilito. Successivamente, se confermata la decisione di sospendere o ritirare i numeri di registrazione, l'autorità notifica al locatore la decisione insieme alla documentazione relativa.
Le piattaforme di locazione devono garantire che i servizi non siano offerti in assenza di un numero di registrazione valido, nei casi in cui il locatore dichiara che tale numero è applicabile. Prima di consentire ai locatori di usufruire dei servizi, le piattaforme devono verificare le autodichiarazioni dei locatori riguardanti la localizzazione dell'unità in una zona soggetta a registrazione. Questa verifica deve essere condotta utilizzando gli elenchi forniti dagli Stati membri e il punto di ingresso digitale unico.
Il governo dello Stato membro che ha istituito la procedura di registrazione deve creare un punto di accesso digitale unico per ricevere e trasmettere i dati relativi alle attività di locazione a breve termine. Questi dati includono il numero di registrazione, l'indirizzo specifico dell'unità e gli URL degli annunci forniti dalle piattaforme online di locazione a breve termine. Inoltre, il governo designa un'autorità responsabile del funzionamento del punto di accesso digitale unico. Questa autorità è incaricata di gestire il flusso di dati e garantire che il sistema funzioni in modo efficace ed efficiente, consentendo alle autorità competenti di accedere alle informazioni necessarie per il monitoraggio e la regolamentazione delle attività di locazione a breve termine.
Il tipo di dati deve essere pienamente armonizzato e contenere informazioni sul numero di pernottamenti per i quali un'unità registrata è stata data in locazione, sul numero di ospiti a cui l'unità è stata data in locazione per ciascun pernottamento, sul paese di residenza degli ospiti, tenendo conto di eventuali modifiche della prenotazione originaria, sull'indirizzo specifico dell'unità, sul numero di registrazione e sull'URL dell'annuncio relativo all'unità, al fine di consentire l'identificazione del locatore. Gli Stati membri dovranno inoltre stabilire norme che definiscano le sanzioni in caso di violazione delle disposizioni da applicare alle piattaforme online inadempimenti.
L'accesso alle informazioni raccolte durante le procedure di registrazione è concesso soltanto alle autorità competenti e solo se l'obiettivo è verificare la correttezza della registrazione stessa o far rispettare le leggi e i regolamenti riguardanti i servizi di locazione a breve termine.
In altre parole, le autorità possono accedere ai dati solo per garantire che le attività siano conformi alle norme stabilite e che venga mantenuta un'equa concorrenza nel settore.
Il regolamento potrà quindi facilitare la corrispondenza delle informazioni sugli immobili registrati nella banca dati con i dati trasmessi alle Entrate secondo la direttiva Dac 7, consentendo così di incrociare i dati dei redditi da locazione segnalati dalle piattaforme e registrare eventuali anomalie rispetto a immobili che operano privi di registrazione.
Le autorità responsabili della gestione dei dati raccolti durante le registrazioni devono conservare queste informazioni in modo sicuro per un periodo di tempo adeguato, non superiore a 18 mesi dalla loro ricezione. Questi dati possono essere condivisi con altre entità o istituzioni solo se sono strettamente necessari per il perseguimento delle finalità indicate, come ad esempio il controllo delle attività di locazione o lo sviluppo di regolamenti e politiche basate su evidenze scientifiche.
I dati relativi alle attività sono importanti anche per la compilazione delle statistiche ufficiali. Tali dati, unitamente alle informazioni fornite dai locatori nell'ambito di una procedura di registrazione insieme al numero di registrazione, dovrebbero essere trasmessi mensilmente agli istituti nazionali e, se del caso, regionali, di statistica e a Eurostat ai fini della compilazione delle statistiche.
AGRIGENTONOTIZIE
Manovrina della Regione: i fondi per Agrigento capitale italiana della cultura 2025 torneranno a 10 milioni di euroSecondo quanto annunciato dal presidente della Regione, Renato Schifani, il passaggio verrà fatto in aula entro aprile, prima delle EuropeeRedazione
Il fondo Agrigento capitale italiana della cultura 2025 verrà rimpinguato. Accadrà con la manovrina - annunciata dal presidente della Regione, Renato Schifani, - che verrà portata in aula entro aprile, prima delle Europee.
Agrigento capitale della cultura 2025, dalla Regione solo 5 milioni di euro in due "rate"
Capitale italiana della cultura 2025, la Regione stanzia 10 milioni per la città dei templi
La Giunta Schifani aveva inizialmente stanziato 10 milioni di euro per Agrigento capitale italiana della cultura 2025. Poi, l'Ars li aveva ridotti. Ma adesso, con la nuova manovrina, lo stanziamento tornerà alla cifra iniziale. "Sarà una manovrina minimalista, non una maxi finanziaria", ha annunciato il governatore della Sicilia.
TELEACRAS
Crisi idrica in Sicilia: parola alla Protezione civile
Il ministro della Protezione civile, Nello Musumeci, sulla crisi idrica da siccità in Sicilia: "Vi sono solo 158 milioni di metri cubi di acqua disponibili, ma ne servono 317".
In Sicilia è stata già riconosciuta e dichiarata l'emergenza crisi idrica per fine irriguo, zootecnico e potabile. Sono stati nominati i relativi commissari per gestire e superare il disastro. La siccità perdura. Le previsioni meteo volgono al peggio. Il 2024 arde come mai in precedenza. E la Protezione civile sarebbe una delle ultime ancore di salvataggio qualora si fosse (ma forse lo si è già) sull'orlo del precipizio. Ecco perché il ministro della Protezione civile, Nello Musumeci, è stato invitato all'Università di Catania dall'Ordine degli Ingegneri per un confronto sul tema. Musumeci non si è tirato indietro, e ha reso una diagnosi della malattia documentata, suggerendo delle terapie e mantenendo, tuttavia, la prognosi riservata. E l'ex presidente della Regione ha spiegato: "In Sicilia al momento ci sono solo 158 milioni di metri cubi di acqua disponibili, a fronte dei 317 necessari per concludere l'anno senza dover razionare le risorse idriche in alcune aree. E vi sono appena 7 dighe collaudate su 25 negli ultimi 50 anni su tutto il territorio siciliano". E poi Musumeci ha aggiunto: "In Sicilia è stato possibile mappare il quadro dell'isola, dei bacini e dei corsi d'acqua solo dopo il 2018, anno in cui è stata istituita l'autorità di bacino. E dall'analisi è emerso un forte deficit strutturale per affrontare le emergenze idriche, sia alluvionali, che siccitose". E quindi il ministro ha prospettato: "Credo che una buona manutenzione delle attuali dighe, la realizzazione di laghetti aziendali nelle campagne e la riqualificazione delle reti di distribuzione urbana potrebbero far vedere risultati positivi nel giro di qualche anno". Nel frattempo, essendo la crisi idrica da siccità un'emergenza nazionale e non solo siciliana, da ogni regione d'Italia sono stati spediti progetti di investimenti a rimedio. Nello Musumeci conferma e aggiunge: "Le criticità che accomunano tutto il Paese hanno messo in moto la macchina governativa per raccogliere idee e progetti. Dei 700 pervenuti ne sono stati reputati idonei 500, di cui 50 provenienti dalla Sicilia. Realizzarli tutti avrebbe un costo di oltre un miliardo e mezzo di euro, motivo per cui il passo successivo sarà individuare delle priorità" - ha concluso il ministro, condiviso dal presidente dell'Ordine degli ingegneri catanesi, Mauro Scaccianoce, che ha sottolineato: "Occorrono opere che migliorino i deflussi in condizione di pre-urbanizzazione, ovvero prima di urbanizzare e costruire nel territorio. Ma anche invasi per la raccolta di acqua e il suo riutilizzo, miglioramenti alle reti idriche, agli impianti di depurazione e a quelli di fognatura, di cui abbiamo carenza, confermata dalle quattro misure sanzionatorie ricevute dalla Comunità Europea, di cui due già esecutive, e che pesano nelle casse della Regione circa 150mila euro al giorno".
PMI.it
Rinnovo Contratto Enti Locali: aumenti e benefit ai dipendenti pubblici
Aumenti in busta paga, valorizzazione degli straordinari e nuovi benefit e misure di welfare: cosa prevede il nuovo CCNL Enti Locali per i dipendenti.
L'atto di indirizzo relativo al rinnovo del CCNL per gli Enti Locali coinvolgerà più di 400mila lavoratori, generando un impatto economico che supererà i 980 milioni di euro. Il nuovo contratto collettivo del comparto Funzioni Locali per il triennio 2022-2024 si propone di affrontare il problema della graduale diminuzione dei dipendenti, in calo di 10mila unità di personale ogni anno dal 2016 a oggi.
Vediamo cosa prevede lo schema di atto d'indirizzo, diffuso nei giorni scorsi.
CCNL Funzioni locali 2022-2024: cosa prevede
Il testo sottolinea come la maggior parte degli Enti del comparto stia attraversando una fase di particolare difficoltà, dietro la quale si cela la scarsa attrattività economica dell'impiego che conduce alla scarsa partecipazione ai concorsi e a significativi flussi di mobilità in uscita verso altri comparti.
A fronte di ciò, il nuovo contratto dovrà intervenire in modo innovativo sugli istituti del trattamento economico e del welfare integrativo, impiegando tutti i margini utili per potenziare l'interesse all'impiego negli enti attualmente meno attrattivi.
Il nuovo CCNL dovrà integrare un adeguamento della disciplina del Fondo per il lavoro straordinario, incrementandolo di una percentuale pari alla somma dei valori percentuali degli incrementi contrattuali a regime e futuri, con decorrenza dal triennio economico 2016/2018.
In tema di welfare contrattuale, invece, il CCNL dovrà prevedere misure che lo rendano comparabile al settore privato, inserendo interventi in grado di soddisfare le diverse esigenze del personale: sostegno agli affitti e alla genitorialità ad esempio, ma anche prestazioni sanitarie e mobilità.
Dovranno infine essere valorizzati anche gli istituti del welfare aziendale che possono beneficiare di agevolazioni fiscali e contributiva. Inoltre, si chiede di:
non imporre tetti alle retribuzioni di posizione e di risultato per incarichi di elevata qualificazione;
semplificare il riconoscimento dei differenziali economici;
permettere ai comuni senza dirigenti di attingere a proprie capacità assunzionali per le risorse di elevata qualificazione;
prevedere un adeguamento della disciplina del fondo per il lavoro straordinario;
limitare i tetti di spesa per i fondi che finanziano gli istituti del welfare integrativo.
patrocini concedere il patrocinio legale anche tramite un consulente di propria fiducia.
Rinnovo contratti PA: obiettivi e risorse 2024
Le risorse per il rinnovo dei contratti collettivi nel pubblico impiego sono stati inseriti nella Manovra 2024 (si tratta di circa 10 miliardi).
Inoltre, per la definizione dei comparti e delle aree da sottoporre a rinnovo contrattuale per il triennio 2022-24 è stato firmato un apposito accordo quadro (CCNQ).
Secondo l'ARAN, a regime gli aumenti medi di stipendio saranno di 160 euro lordi, pari al 6,2%.
Dopo la tornata dei rinnovi per il triennio precedente, da quest'anno parte la nuova stagione di aggiornamento dei CCNL delle Pubbliche Amministrazioni, coinvolgendo in primis dipendenti e dirigenti di Ministeri, Agenzie, Scuola, Università e Sanità.
Per quanto riguarda le Funzioni locali, l'ultima ipotesi di Contratto Collettivo Nazionale di lavoro per il triennio 2019-2021 ha riguardato:
13.640 Dirigenti di regioni ed enti locali, amministrativi tecnici e professionali della Sanità, e Segretari Comunali e Provinciali dell'Area dirigenziale
430mila dipendenti di Regioni, Province, Comuni e Camere di commercio.
Si passa ora al rinnovo 2022-2024
INFORMAZIONE FISCALE
Smart working: dal 1° aprile 2024 si torna alle regole ordinarie, cosa cambia
Smart working: dal 1° aprile le aziende dovranno tornare alle regole ordinarie.
Il 31 marzo è in scadenza il termine, previsto dalla legge di conversione del decreto anticipi, entro il quale si garantisce il diritto allo svolgimento dell'attività lavorativa in modalità agile in favore di genitori con figli minori di 14 anni e lavoratori fragili particolarmente esposti al rischio Covid.
Sarà necessario stipulare un accordo individuale tra datore di lavoro e dipendente ed effettuare le relative comunicazioni telematiche ordinarie per poter lavorare in modalità agile.
Smart working: dal 1° aprile 2024 si torna alle regole ordinarie, cosa cambia
Sta per terminare anche l'ultimo periodo che garantisce l'accesso allo smart working agevolato.
Dopo l'introduzione durante l'emergenza sanitaria e le varie modifiche e proroghe che si sono susseguite nel tempo, la data del 31 marzo 2024 segna la scadenza per il ritorno alle regole ordinarie anche per le ultime categorie di lavoratori e lavoratrici tutelate.
L'ultima proroga del termine che ha consentito l'accesso al lavoro agile senza necessità di sottoscrivere accordi individuali e con procedure amministrative semplificate, è quella prevista dalla legge di conversione del decreto anticipi, che lo ha esteso fino a fine mese per i:
dipendenti del settore privato con figli minori di 14 anni;soggetti fragili maggiormente esposti al rischio di contagio Covid.
Fino al 31 marzo 2024, quindi, queste due particolari categorie hanno diritto allo smart working semplificato.
Nello specifico, i genitori con figli under 14 hanno la possibilità di svolgere l'attività in modalità agile a patto che nel nucleo familiare non sia presente un altro genitore lavoratore o che beneficia di strumenti di sostegno al reddito riconosciuti in caso di sospensione o cessazione dell'attività lavorativa.
I lavoratori fragili, invece, hanno bisogno di un'apposita certificazione medica per dimostrare, sulla base delle valutazioni di un medico competente, la maggiore esposizione ai rischi da Covid sia per quanto riguarda l'età, sia la presenza di condizioni di rischio derivanti da immunodepressione, da esiti di patologie oncologiche o dallo svolgimento di terapie salvavita o comunque da comorbilità.
In entrambi i casi, il ricorso allo smart working è comunque condizionato alla compatibilità del lavoro agile con le attività svolte.
Per i dipendenti della pubblica amministrazione e i lavoratori cosiddetti super fragili (affetti dalle patologie e condizioni individuate dal decreto del Ministero della Salute del 4 febbraio 2022 certificate dal medico competente), invece, le tutele sono venute meno a fine 2023.
Ad ogni modo, per i dipendenti pubblici è in vigore la nuova direttiva che rimanda alle singole amministrazioni la possibilità di concedere lavoro agile in caso di situazioni di salute, personali e familiari gravi e urgenti.
Smart working: cosa cambia dal 1° aprile, tornano accordi e comunicazioni obbligatorie
Dal 1° aprile, come detto, verrà meno anche quest'ultima proroga delle misure emergenziali e per tutti i lavoratori e le lavoratrici, sia del settore pubblico che del privato, tornano in vigore le regole previste dalla legge n. 81 del 2017.
A partire da tale data, lo smart working non sarà più considerato un diritto del lavoratore, come accaduto durante il periodo di emergenza sanitaria, ma solo una modalità di esecuzione della prestazione lavorativa.
Pertanto, sarà possibile farvi ricorso solamente previo accordo individuale tra singolo dipendente e datore di lavoro.
L'accordo individuale, come indicato all'articolo 19 della legge n. 81/2017, può essere a termine o a tempo indeterminato, deve essere stipulato in forma scritta e disciplina l'esecuzione della prestazione lavorativa svolta all'esterno dei locali aziendali anche con riguardo alle forme di esercizio del potere direttivo del datore di lavoro ed agli strumenti utilizzati dal lavoratore.
Inoltre, individua i tempi di riposo del lavoratore e le misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la disconnessione dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro.
I datori di lavoro devono conservare l'accordo per almeno 5 anni dalla sottoscrizione, come precisato nel decreto del Ministero del Lavoro n. 149 del 22 agosto 2022.
Oltre alla firma dell'accordo, torna la necessità di inviare le comunicazioni telematiche al Ministero utilizzando l'apposita procedura sul Portale Servizi Lavoro entro i 5 giorni successivi dall'inizio della prestazione o dall'ultimo giorno comunicato prima dell'estensione del periodo.
Come previsto dal decreto n. 73/2022, però, le aziende non dovranno inviare l'intero accordo individuale al Ministero del Lavoro, fermo restando l'obbligo di stipula, ma solamente comunicare i nominativi dei lavoratori interessati e la data di inizio e fine del lavoro agile.
LENTEPUBBLICA.
Disponibile l'aggiornamento del Testo Unico degli Enti Locali (TUEL).
Il Ministero dell'Interno, nell'ottica dello rafforzamento della Pubblica amministrazione, ha pubblicato l'aggiornamento del Testo Unico degli Enti Locali (TUEL) evidenziando le modifiche tra le due ultime versioni.
Questo fondamentale strumento, completo di riferimenti giurisprudenziali e provvedimenti attuativi, è stato reso disponibile dal Dipartimento Affari Interni e Territoriali.
Si tratta di un aggiornamento importante, volto a promuovere una governance efficace e moderna a livello locale, sottolineando l'importanza di un quadro normativo chiaro e aggiornato per il corretto funzionamento delle istituzioni pubbliche e il servizio ai cittadini.
L'aggiornamento del Testo Unico degli Enti Locali (TUEL)
Il Testo Unico degli Enti Locali (TUEL) rappresenta un corpus normativo fondamentale per la gestione e l'organizzazione degli enti locali italiani. Esso comprende una serie di disposizioni legislative che disciplinano vari aspetti della vita amministrativa, finanziaria e organizzativa delle amministrazioni comunali, provinciali e regionali.
Il TUEL, originariamente introdotto nel 2000 con il Decreto Legislativo n. 267, è stato oggetto di successive modifiche legislative per adeguarlo alle mutate esigenze e alla costante evoluzione del contesto normativo e sociale. Le modifiche apportate dal Decreto Legge n. 44 del 2023 rappresentano l'ultima serie di aggiornamenti al TUEL, che vanno a riflettere le più recenti evoluzioni normative nel settore degli enti locali.
Queste modifiche, incorporate nel TUEL aggiornato, hanno diversi obiettivi chiave. In primo luogo, mirano a consolidare e razionalizzare le disposizioni esistenti, eliminando eventuali duplicazioni o ambiguità normative che potrebbero rendere difficile l'applicazione pratica delle leggi da parte degli enti locali. Questo processo di consolidamento contribuisce a garantire maggiore coerenza e coesione nel quadro normativo relativo agli enti locali.
In secondo luogo, le modifiche al TUEL mirano anche a semplificare le procedure e migliorare l'operatività della Pubblica amministrazione a livello locale. Questo significa ridurre la burocrazia e semplificare i processi decisionali, facilitando così la gestione quotidiana degli enti locali e consentendo loro di concentrarsi maggiormente sull'erogazione efficace dei servizi pubblici ai cittadini.
In sintesi, il TUEL aggiornato rappresenta un importante strumento normativo che tiene conto delle ultime evoluzioni legislative nel settore degli enti locali, con l'obiettivo di garantire una migliore organizzazione e gestione delle amministrazioni locali e di promuovere un servizio pubblico più efficiente e orientato alle esigenze dei cittadini.
entilocalionline.it
Dipendenti P.A. locali: donne laureate sono quasi il doppio degli uomini ma 6 ruoli apicali su 10 sono appannaggio maschile
Pubbliche amministrazioni locali con più dirigenti donna sono quelle abruzzesi (48%)In Trentino-Alto Adige 7 dipendenti su 10 sono donne ma il 58% dei dirigenti sono di sesso maschileNonostante le dipendenti pubbliche laureate che lavorano nelle regioni, province e nei comuni italiani siano quasi il doppio rispetto ai colleghi uomini (102.675 contro 5.831), le donne rivestono solo il 41% dei ruoli di maggiore prestigio e responsabilità. A evidenziarlo è una ricerca condotta da Centro Studi Enti Locali, basata sull'elaborazione dei dati derivanti dall'ultimo conto annuale della Ragioneria generale dello Stato (riferito al 2021). Uno squilibrio che sembra essersi sedimentato nel tempo e che nel quinquennio 2016-2021 non ha subito variazioni significative. Già allora, sebbene il 53% dei dipendenti degli enti territoriali fosse di sesso femminile (il 3% in meno rispetto a quelli censiti nel 2021), i dirigenti erano uomini nel 60% dei casi. Per rinvenire una traccia di tendenziale cambiamento, bisogna spostare le lancette dell'orologio indietro di altri 5 anni quando, nel 2011, a fronte di una forza lavoro al 53% di segno femminile, le donne nei posti di comando erano solo il 38% del totale, il 3% in meno rispetto all'ultima rilevazione.I numeriNel mondo della pubblica amministrazione italiana le donne rappresentano il grosso della forza lavoro (1,9 milioni contro 1,3 milioni) e il comparto denominato "funzioni locali" non fa eccezione: le dipendenti sono il 56% del totale. In generale solo uno su tre degli oltre 490mila dipendenti degli enti locali italiani è andato oltre il diploma, conseguendo almeno una laurea triennale. Nel caso delle dipendenti di sesso femminile però questa percentuale sale al 37% contro il 27% dei colleghi uomini. Eppure, questa superiorità numerica e il maggiore livello di istruzione medio - indispensabile per raggiungere ruoli dirigenziali nel mondo pubblico - non si riflettono nella effettiva ripartizione dei ruoli di maggior peso che nel 59% dei casi sono affidati a dipendenti di sesso maschile.Il confronto tra le regioniUno sbilanciamento che accomuna buona parte della Penisola. Le dipendenti degli enti locali superano numericamente i colleghi uomini in dodici regioni su venti: Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Trentino Alto Adige, Toscana, Umbria, Valle D'Aosta e Veneto. Non una di queste regioni vede però i ruoli apicali ricoperti prevalentemente da donne. Lo scarto più vistoso è quello del Trentino-Alto Adige che, sebbene abbia 7 dipendenti comunali/provinciali/regionali su 10 di sesso femminile, vede gli uomini sedere sul 58% delle poltrone di peso. Non lontano lo scenario veneto dove il 60% dei dipendenti delle P.A. locali è donna ma il 65% dei dirigenti, segretari e direttori generali è uomo. Le uniche regioni in controtendenza, da questo punto di vista, sono l'Abruzzo, la Calabria, la Campania e il Molise. Sebbene anche in questi casi le dirigenti donna rappresentino una minoranza, la loro percentuale è comunque superiore rispetto a quella di partenza delle donne sul totale dei dipendenti. Il caso più emblematico è quello della Calabria in cui le dipendenti degli enti locali sono il 33% del totale e le dirigenti rappresentano il 45% del totale.
In generale le pubbliche amministrazioni locali con più dirigenti donna sono quelle abruzzesi (48%). Seguono Molise e Valle d'Aosta (47%), Emilia Romagna (46%), Calabria, Campania e Liguria (45%), Friuli Venezia Giulia, Lazio e Lombardia (43%), Trentino Alto Adige e Sardegna (42%), Basilicata e Piemonte (41%), Umbria (40%) e Puglia (39%). Chiudono il cerchio le Marche e la Toscana (38%) e la Sicilia e il Veneto, dove i ruoli apicali sono appannaggio femminile solo nel 35% dei casi, sebbene in entrambe le regioni più del 60% dei dipendenti sia donna.