AGRIGENTONOTIZIE
Strade provinciali invase dai rifiuti, via a gara da mezzo milione di euro per la bonifica. E' stato pubblicato sulla home page del Libero Consorzio Comunale di Agrigento www.provincia.agrigento.it l'avviso per l'accordo quadro con un solo operatore economico per la rimozione, raccolta e conferimento in discarica o centri autorizzati dei rifiuti abbondonati su tutto il territorio e lungo le strade provinciali. Si tratta di una gara ad evidenza europea che consentirà di eseguire gli indispensabili interventi di risanamento ambientale, di competenza delle ex Province Regionali (art. 160 della Legge Regionale n. 25 del 1993).Rispetto ad analoghi bandi degli anni precedenti il Libero Consorzio, in considerazione del continuo proliferare di discariche abusive, ha incrementato i fondi in bilancio per questo servizio. L'appalto, di durata triennale, ha un importo a base d'asta di 615.000,00 euro più IVA, e la procedura sarà gestita integralmente in modalità telematica. Saranno dunque ammesse soltanto le offerte presentate attraverso il Portale Appalti del Libero Consorzio Comunale di Agrigento.
Le offerte dovranno pervenire entro le ore 12:00 del prossimo 2 maggio 2024, mentre la prima seduta pubblica di apertura delle offerte è prevista alle ore 9:00 del 7 maggio nella sala gare del Libero Consorzio di Agrigento (Via Acrone 27, Agrigento).
L'individuazione delle aree da bonificare e la direzione dei lavori saranno di competenza dei tecnici del Settore Ambiente del Libero Consorzio di Agrigento, che hanno elaborato il relativo progetto.
Il bando completo e gli allegati tecnici sono disponibili al link:
https://www.provincia.agrigento.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/15398
GRANDANGOLO
Crisi idrica nell'agrigentino, riunione tra i vertici Aica, prefetto Romano e sindaci.Si cercano le soluzioni per sopperire all'emergenza.
Crisi idrica nella provincia di Agrigento, assemblea dei sindaci con Aica e prefetto: le interviste
E' in corso presso l'aula Giglia del Libero consorzio di Agrigento l'assemblea dei sindaci convocata da Aica alla presenza del prefetto Filippo Romano. Al centro dei lavori, la necessità di intensificare gli interventi di manutenzione lungo le condotte, per evitare di disperdere l'acqua, in una situazione già ampiamente critica che rischia di diventare drammatica proprio in vista della stagione estiva. Presenti tra gli altri anche la consulta di Aica e alcune associazioni come Codacons e Punto a Capo. Il governo regionale guidato da Renato Schifani ha chiesto lo stato di emergenza nazionale per la crisi idrica. Una decisione presa nel corso dell'ultima giunta in conseguenza al lungo periodo di siccità e alla rilevante riduzione delle riserve di acqua in tutta la Sicilia.
"Il dissalatore non è una soluzione immediata vista che è un impianto che è chiuso da tempo. Dobbiamo ricercare tutte le fonti di acque presenti sul territorio, equa ripartizione delle risorse presenti in modo da evitare il prosciugarsi dei bacini. Se è necessario, requisiremo tutte le fonti private per utilizzarle. L'acqua è di tutti e se dobbiamo fare i sacrifici li dobbiamo fare tutti alla stessa maniera", ha dichiarato il prefetto Filippo Romano.
Si sta valutando il ripristino del dissalatore di Porto Empedocle, un impianto inutilizzato da anni. Il sindaco di Agrigento Franco Miccichè ha fatto sapere che, sebbene siano necessari nuovi moduli, le condutture sono ancora in buono stato.
BLOGSICILIA
Ecco chi saranno i candidati alle Europee in Sicilia, le liste e i giochi per i (pochi) posti rimasti.
Manca poco alle presentazione ufficiali delle liste in Sicilia per le Europee e ci sono già i nomi in ballo, le trattative quasi concluse e le suggestioni, comprese quelle legate a flirt dell'ultim'ora. Ecco chi saranno i candidati, in un articolo uscito su La Sicilia.
La lista di Fratelli d'Italia
Data per scontata la presenza di Giorgia Meloni come capolista in tutte le circoscrizioni (i sondaggi stimano un +3% con lei in lizza, l'annuncio arriverà alla conferenza programmatica del partito, a Pescara dal 24 al 26), in quella delle Isole è in prima fila l'uscente Peppe Milazzo, ex forzista, che si contenderà i due seggi dati per certi da FdI non con un altro palermitano (sarebbe tramontata l'ipotesi dell'assessore Francesco Scarpinato), ma con due sfidanti etnei: l'ex assessore alla Salute Ruggero Razza, da sempre delfino del ministro Nello Musumeci, e il sindaco di Gravina Massimiliano Giammusso, espressione del ricco "vivaio" del senatore Salvo Pogliese.
Ponte sullo stretto, partono gli espropri
Qualche settimana fa La Sicilia aveva rivelato le pressioni romane su Manlio Messina, rilanciate negli ultimi giorni da testate nazionali e regionali. Ma dai vertici regionali del partito arriva l'ennesima smentita sulla candidatura del vicecapogruppo alla Camera. Assodata l'indisponibilità di Musumeci e Pogliese, la linea di Via della Scrofa è «mettere dentro candidati che diano valore aggiunto al voto d'opinione». Vanno in questo senso il derby etneo Razza-Giammusso e anche la scelta di due frontwomen regionali, l'assessora Elvira Amata e la deputata Giusi Savarino, come candidate. Il quadro sarebbe completo con due sardi (un uomo e una donna), se non fosse che da Roma spingono affinché i siciliani siano sette. E dunque rientrerebbe in gioco la sindaca di Avola Rossana Cannata. Con Meloni "blindata" per le donne sarà tutta in salita.
Lombardo e Forza Italia.
Alcuni aspiranti eurodeputati forzisti sono già in campagna elettorale. Sul risultato di giugno ci sono molte aspettative e il governatore Renato Schifani (dopo la mancata scalata ai vertici del partito, conclusa con la carica poco più che onorifica di presidente del neonato consiglio nazionale) punta a dimostrare la sua forza. Il suo cavallo è l'assessore Edy Tamajo, insidiato da un altro pezzo grosso della giunta come Marco Falcone. Ma Antonio Tajani in persona spinge per l'uscente ex dem Caterina Chinnici, sulla quale il leader nazionale ha fatto scudo per giustificare il rifiuto di accogliere un candidato della Dc di Totò Cuffaro. La figlia di Rocco, magistrato ucciso dalla mafia, potrebbe però avere il sostegno di Raffaele Lombardo di cui fu tra l'altro assessora. Ma bisognerà capire se l'accordo con l'Mpa sarà strutturale, anche in vista di nuovi equilibri nel rimpasto previsto nel governo regionale dopo il voto, oppure Lombardo convoglierà sulla lista azzurra soltanto una parte dei voti, tenendosi libero di far votare altri (ad esempio Razza in FdI) senza contarsi.
La trattativa, "molto avviata", è seguita dal coordinatore regionale Marcello Caruso. Che agli autonomisti ha svelato il sogno proibito di Schifani: "Prendere in Sicilia anche un solo voto in più di FdI". Magari grazie all'Mpa, che potrebbe fornire un suo candidato: si parla di Giuseppe Carta, ambizioso deputato regionale. Ma a questo punto ci sarebbe un imbuto al maschile. Perché c'è l'altro accordo, ritenuto "a buon punto", con Noi Moderati: in Sicilia i centristi di Saverio Romano sono pronti a candidare l'ex assessore Antonello Antinoro, non proprio gradito a Palazzo d'Orléans. A
Le sfide della Lega
L'addio di Lombardo è ormai metabolizzato. "Ha fatto tutto lui da solo...", commenta chi, fra i leghisti siculi, non ha mai digerito la federazione con l'Mpa. Mentre dal fronte autonomista diffondono un'ultima offerta di Matteo Salvini che l'ex governatore avrebbe rifiutato: un sottogoverno di peso, come il vertice di Italferr, società del gruppo Fs. «Raffaele non ha più l'età per giocare con i trenini», dicono i suoi. Senza di lui, adesso, quella della Lega diventa una lista "made in Luca Sammartino". È il vicepresidente della Regione a caricarsi gli oneri, in attesa degli onori. Sua è stata la regia della trattativa che ha portato l'eurodeputato uscente di FdI, Raffaele Stancanelli, alla corte del Capitano.
E sua sarà, in sinergia con il commissario regionale Claudio Durigon, la responsabilità di una lista che ambisce a un seggio che i nemici sussurrano non sia nemmeno più scontato. Punta al bis l'uscente Annalisa Tardino, salviniana doc, orfana dei voti che gli avrebbe assicurato Lombardo, ma forte della rete di relazioni costruita da commissaria regionale oltre che del sostegno dell'ala ostile a Sammartino. In lizza anche l'assessore regionale Mimmo Turano e il senatore Nino Germanà. Oltre a due nomi dall'altra isola (fra cui l'ex governatore Christian Solinas, leader del Partito sardo d'azione), si aspettano le due donne siciliane. Una è quasi certa: Francesca Reitano, giovane medico, molto conosciuta sui Nebrodi, ex assessora ad Acquedolci e candidata alle Europee con Forza Italia nel 2014. La seconda sarà palermitana, sarà espressione del gruppo di Vincenzo Figuccia ma non sarà la sorella ex assessora Sabrina.
L'unica novità (clamorosa) di una lista già chiusa potrebbe essere l'intesa last minute fra Sammartino e Cuffaro, in affanno nel suo approdo nel listone Stati Uniti d'Europa. Ma le posizioni fra i due sono distanti: il leader della Dc avrebbe chiesto l'"ostensione" del simbolo e magari una candidatura in prima persona, la controfferta (di chi s'è già esposto per l'arrivo di Stancanelli) è un posto in lista da sottoporre a Via Bellerio, magari per una donna e perché no proprio per l'uscente Francesca Donato, fra l'altro ex leghista.
La situazione di Cuffaro
In fondo la strada più probabile per Cuffaro resta il listone centrista. L'ex governatore si affida all'impegno di Matteo Renzi, che l'ha prima coinvolto in quello che doveva restare Il Centro, ma che adesso è diventato gli Stati Uniti d'Europa con Emma Bonino&C. E qui casca l'asino democristiano: una raffica di veti (no alle candidature di Cuffaro e di Donato, no al simbolo) che stanno logorando i rapporti. E dire che il leader della Dc era pronto a mettere due o tre candidati per puntare al seggio nelle Isole: se non proprio l'ex sindaco di Agrigento, Marco Zambuto, compagno della figlia, di certo l'assessore regionale Andrea Messina, il segretario siciliano della Dc, Stefano Cirillo e il capogruppo all'Ars Carmelo Pace. Senza i cuffariani la lista andrebbe puntellata, partendo però da una certezza: Giusi Nicolini, ex sindaca di Lampedusa. Ferme restando le disponibilità dell'evergreen renziano Davide Faraone e della senatrice Dafne Musolino, ex di Sud chiama Nord e della coordinatrice regionale di +Europa Palmira Mancuso.
L'altra metà del (fu) terzo polo è Azione. Quasi vane le speranze di un'unica «lista di scopo», anche per la sbandierata incompatibilità con i compagni d'avventura di Renzi: oltre a Cuffaro, anche Clemente Mastella, che ha annunciato querela per il riferimento alla «cultura mafiosa» che Azione precisa invece di attribuire al leader della Dc. Carlo Calenda non ne vuole proprio sapere: ballerà da solo, rischiando, da capolista nelle Isole per spingere il voto d'opinione. L'unica certezza siciliana è l'ex eurodeputata Sonia Alfano (figlia di Beppe, giornalista ucciso dalla mafia), con lo "specialista" ex renziano Ettore Rosato impegnato a comporre il resto del mosaico. Senza il deputato Giuseppe Castiglione, sostenitore del listone unico e sponsor della pazza idea di Rosario Crocetta in lista (bocciata), né il sindaco di Siracusa, Francesco Italia, né l'assessore "trasversale" palermitano Fabrizio Ferrandelli.
Le idee del Pd
Nel partito del pink power di Elly Schlein (che sarà candidata, ma vuole che a guidare le liste nelle cinque circoscrizioni siano candidate donne), lo zoccolo duro costruito dal segretario regionale Anthony Barbagallo è al maschile. L'obiettivo di «una lista forte ed equilibrata rispetto ai mondi di appartenenza» è centrare il doppio seggio. Oltre all'uscente Pietro Bartolo, in campo ci saranno l'ex deputato regionale Peppino Lupo, oggi consigliere a Palermo (Barbagallo ha aspettato la sua assoluzione «come Bearzot con Rossi nelle convocazion del Mundial»), e il senatore siracusano Antonio Nicita, quotatissimo a Roma. Il quarto candidato sarà sardo.E le donne? Come capolista nelle Isole s'era parlato di Ilaria Salis, la docente arrestata in Ungheria al centro di un caso diplomatico-giudiziario. Ma ieri è la stessa Schlein, dopo l'incontro con il padre dell'attivista, a smentire: «Ho letto elucubrazioni, non c'è in corso nessuna trattativa». E allora salgono vertiginosamente le quotazioni di un'altra civica: Lidia Tilotta, vicecaporedattrice della Tgr Rai. Corteggiata da un po', su mandato del Nazareno, dai dirigenti siciliani più vicini alla segretaria. C'era un'alternativa, sondata dall'ex ministro Peppe Provenzano, nel suggestivo mondo delle donne del vino: Francesca Planeta, figlia del mitico Diego, che però ha detto di no. L'ultima candidata, al netto di una sarda, andrà scelta fra le dem messinesi attive nel fronte No-Ponte: l'ex deputata Flavia Timbro, l'ex assessora crocettiana Aurora Notarianni, la consigliera comunale Antonella Russo, e l'anima del comitato "Invece del Ponte", Laura Giuffrida. Se non ci fosse la civica palermitana Tilotta risalirebbero le chance di Cleo Li Calzi, ex assessora regionale, molto apprezzata nel partito per il lavoro sul Pnrr. «Entro il 20 saranno sciolte tutte le riserve», assicurano dal Pd.E c'è movimento anche nella gauche siciliana. «Sono ore delicate: lavoriamo a una lista di livello», dice il segretario regionale di Sinistra italiana, Pierpaolo Montalto, senza sbottonarsi sui nomi. Anche perché da uno in particolare dipende il resto delle scelte di Avs: pressing su Leoluca Orlando, che aveva dato la sua disponibilità al Pd senza ricevere risposta. E così l'asse Verdi-Si, dopo aver sondato Claudio Fava e Luisa Impastato (nipote di Peppino e presidente di Casa Memoria a Cinisi), prova a stringere sull'ex sindaco di Palermo. Con un occhio all'area di un altro primo cittadino iper-progressista: il messinese Renato Accorinti. Fra una decina di giorni la presentazione ufficiale.
I competitor di Antoci
Il M5S ha già il suo capolista: Giuseppe Antoci, scelto da Giuseppe Conte in persona che l'ha lanciato come «il nostro campione antimafia». L'ex presidente del Parco dei Nebrodi, scampato a un attentato, ha già parlato ai deputati dell'Ars. Un incontro «positivo, molto umile e apprezzato», curato nei dettagli dal coordinatore regionale Nuccio Di Paola. Che punta ad azzerare le perplessità interne legate al passato crocettiano e al legame con Beppe Lumia, col quale però Antoci avrebbe assicurato di non sentirsi «da molto tempo».Ma in lista ci vanno altri sette. Due li darà il M5S sardo, spinto dall'onda gialla della vittoria di Alessandra Todde alle Regionali. Gli altri cinque saranno siciliani, con un criterio di selezione (voto online o scelta dei vertici nazionali) ancora da stabilire. L'unico punto fermo è l'elenco delle «disponibilità alla candidatura», che s'è chiuso martedì sera. I nomi sarebbero top secret, ma filtrano lo stesso. Il più quotato competitor di Antoci è Patrizio Cinque, ex sindaco di Bagheria messo da parte da Luigi Di Maio e riabilitato dai giudici. In lizza anche il primo sindaco grillino di Sicilia, il ragusano Federico Piccitto, e l'ex deputato regionale Giovanni Di Caro.Altri aspiranti competitivi sono i palermitani Tony Randazzo (consigliere comunale) e Marco Trapanese, ricercatore universitario, oltre all'attivista trapanese Domenico Maiuri. Fra le donne pronte a scommettersi spicca l'avvocata Matilde Montaudo, già candidata nel 2019, la consigliera comunale di Gela Virginia Farruggia (molto stimata da Di Paola) e Antonella Di Prima, storica militante di Sciacca, già in lizza alle Europee del 2014 e alle ultime Regionali. Fra qualche giorno si dovrebbero conoscere le regole d'ingaggio.
De Luca schiera il made in Sicily
E poi, last but not least, Cateno De Luca. Il leader di Sud chiama Nord ha aperto il simbolo di "Libertà" a una dozzina di movimenti a livello nazionale, attratti anche dalla possibilità di correre senza dover raccogliere le firme. Ma nelle Isole, al netto di un nome fornito dall'alleato Franco Cuccureddu, "Scateno" (capolista in tandem con l'ex sottosegretaria grillina Laura Castelli in tutte le circoscrizioni) metterà in campo i suoi pezzi pregiati siciliani. Già annunciata la candidatura dell'ex 5stelle Piera Aiello, prima testimone di giustizia eletta in parlamento, il sindaco di Taormina farà correre, in tutti i sensi, quello che definisce «il giovane leader dell'ala radicale del movimento» (e "Scateno" sarebbe il moderato?), ovvero il deputato regionale Ismaele La Vardera. L'altro uomo di peso è l'ex assessore regionale forzista Edy Bandiera, ora vicesindaco di Siracusa. Restano sotto copertura gli ultimi due nomi. Uno dei quali, garantisce De Luca, «sarà una bomba atomica».
GDS online
Crisi idrica ad Agrigento, il sindaco Miccichè: «Pronto a restituire il titolo di Capitale Italiana della Cultura 2025»
È la provocazione del primo cittadino, «se la città - dice - dovesse essere ancora irrimediabilmente attanagliata dalla carenza di acqua»
«Sono pronto a restituire il titolo di Agrigento Capitale Italiana della Cultura 2025 se la città dovesse essere ancora irrimediabilmente attanagliata dalla crisi idrica». Così ha sottolineato il sindaco di Agrigento, Franco Miccichè, partecipando all'Assemblea dei sindaci dell'Aica, l'Azienda idrica dei Comuni agrigentini, convocata in urgenza per discutere sulle possibili soluzioni per alleviare la grave crisi idrica incombente a causa della perdurante siccità.
La seduta si è svolta nelle stesse ore in cui il governo regionale ha invocato dal Consiglio dei Ministri la dichiarazione dello stato di emergenza nazionale per la crisi idrica in Sicilia. E il sindaco Miccichè a tal proposito ha aggiunto: «Sono d'accordo. Bisogna coinvolgere il governo nazionale a sostegno di un'isola assetata e disperata. A breve incontrerò il ministro della Protezione civile, Nello Musumeci, che ben conosce la condizione infrastrutturale idrica della regione. Gli consegnerò un documento congiunto firmato da tutti i sindaci agrigentini affinchè siano adottate misure straordinarie. Ritengo che tra l'altro bisogna rendere utilizzabile il bacino più ampio a nostra disposizione, ovvero il mare, e quindi il ripristino o l'installazione dei dissalatori lungo la costa, ad esempio a Porto Empedocle dove vi è già un impianto dismesso».
«Sono consapevole - ha concluso Miccichè - dei gravissimi disagi che affliggono la popolazione, mi immedesimo nelle loro difficoltà, ne sono sinceramente amareggiato, ma rassicuro i miei concittadini che l'impegno dell'amministrazione di Agrigento a rimedio della crisi è e sarà tenace e agguerrito. Mi appello inoltre al sostegno sostanziale di tutta la deputazione locale, a prescindere dai colori politici. Confido negli ottimi e proficui rapporti con i nostri rappresentanti alla Regione Siciliana e, in particolare, con il presidente Schifani, che colgo l'occasione per ringraziare a fronte della costante attenzione che riserva al nostro territorio».
ITALIAOGGI.
L'equo compenso nei bandi pubblici è assicurato.
La sentenza del Tar Veneto che contrasta con la recente posizione dell'Anac. «Senza l'applicazione nelle gare la norma sarebbe priva di reale efficacia».
La legge sull'equo compenso si applica alle gare pubbliche di servizi tecnici e non consente ai concorrenti di formulare ribassi sui compensi professionali, che devono quindi rimanere invariati; ammessi soltanto i ribassi sulle spese generali. Lo afferma il Tar del Veneto con la sentenza del 3 aprile 2024 n. 632.
Le origini della vicenda.
Era accaduto che in una gara per affidamento di una progettazione fossero state ammesse offerte economiche con ribasso unico sui compensi e sulle spese. Da qui l'eccezione di violazione delle norme sull'equo compenso di cui alla legge 21/4/2023, n. 4. Nel ricorso si censurava anche la circostanza che in sede di verifica dell'anomalia dell'offerta la stazione appaltante avesse ritenuto legittima l'offerta di ribasso dell'aggiudicatario in ragione del fatto che il costo dei lavoratori dipendenti dell'operatore economico era risultato comunque rispettoso dei trattamenti salariali minimi previsti dal Contratto colllettivo nazionale di lavoro applicato e questo nonostante l'importo offerto fosse nettamente al di sotto del compenso calcolato ai sensi del d.m. 17/6/2016 (cosiddetto decreto parametri) che, in base alla legge 49, non può essere derogato. Nella sentenza, il Tar preliminarmente afferma come «non vi sia alcuna antinomia in concreto tra la legge n. 49/2023 e la disciplina del codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. n. 50/2016 (applicabile, ratione temporis, alla fattispecie in oggetto)». In particolare il tribunale veneto ha respinto la tesi per cui l'impossibilità di ribassare i compensi professionali, con competizione limitata alla sola componente tecnica dell'offerta, determini un'evidente compromissione della libera contrattazione, del confronto competitivo tra operatori economici e dei principi comunitari in materia di libertà di circolazione, di stabilimento e di prestazione di servizi, tesi in parte sostenuta anche dall'Anac che ha peraltro richiesto un intervento chiarificatorio al legislatore.
Equo compenso garantito
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Per il Tar quindi «l'interpretazione letterale e teleologica della legge n. 49/2023 depone in maniera inequivoca per la sua applicabilità alla materia dei contratti pubblici» anche perchè «diversamente opinando, l'intervento normativo risulterebbe privo di reale efficacia escludendo i rapporti contrattuali tra i professionisti e la pubblica amministrazione che, nel mercato del lavoro attuale, rappresentano una percentuale preponderante del totale dei rapporti contrattuali conclusi per la prestazione di tale tipologia». Un ribasso ammesso anche sul compenso professionale posto a base di gara si risolverebbe, si legge nella sentenza, «in una proposta contrattuale volta alla conclusione di un contratto pubblico gravato da una nullità di protezione e contrastante con una norma imperativa». E' invece ammesso e legittimo «in ragione della libertà, per l'operatore economico, formulare la propria offerta economica ribassando le voci estranee al compenso, ossia spese e oneri accessori».
Il Tar non intravede alcuna violazione della concorrenza: «escludere la proposizione di offerte economiche al ribasso sulla componente del prezzo rappresentata dai "compensi" non è un ostacolo alla concorrenza o alla libertà di circolazione e di stabilimento degli operatori economici, ma al contrario rappresenta una tutela per questi ultimi, a prescindere dalla loro nazionalità, in quanto permetterà loro di conseguire un corrispettivo equo e proporzionato anche da un contraente forte quale è la Pubblica Amministrazione». Infine - ad avviso dei giudici - anche che gli atti di gara dell'Amministrazione, che non ha espressamente previsto l'applicazione della legge 49, devono essere invece etero integrati dalle previsioni di quest'ultima, contrariamente a quanto di recente affermato dall'Anac (vedasi Italia Oggi del 13 marzo 2024).
LENTEPUBBLICA
Aprire la Partita IVA per i dipendenti pubblici: limitazioni e eccezioni.
Nel panorama lavorativo italiano, la possibilità per i dipendenti pubblici di avviare un'attività con Partita IVA è un argomento che solleva diverse questioni e complessità.
Mentre i lavoratori del settore privato, in determinate circostanze, possono intraprendere un'attività autonoma, la situazione per i dipendenti della Pubblica amministrazione è più delicata e regolamentata.
Che cosa si intende con Partita IVA?
La Partita IVA, acronimo di Partita Individuale di Identificazione Fiscale, è un codice numerico che identifica fiscalmente una persona fisica o giuridica che svolge un'attività economica, indipendentemente dalla sua natura (commerciale, artigianale, professionale, etc.). Nello specifico è rappresentato da 11 cifre che identificano univocamente gli operatori che intendono svolgere un'attività economica nel territorio dello Stato.
Essa è utilizzata per scopi fiscali e amministrativi e viene rilasciata dall'Agenzia delle Entrate italiana. La Partita IVA è fondamentale per la dichiarazione dei redditi, l'emissione e la ricezione di fatture e per l'adempimento di tutte le altre obbligazioni fiscali e contabili previste dalla legge.
I soggetti che possono avere una Partita IVA risultano suddivisi in due categorie:
Persone Fisiche: individui che svolgono un'attività economica in proprio, come liberi professionisti, imprenditori individuali, artigiani, lavoratori autonomi, etc.
Persone Giuridiche: aziende, società di persone (come le società in nome collettivo e le società in accomandita semplice) e società di capitali (come le società per azioni e le società a responsabilità limitata) che operano nell'ambito commerciale o professionale.
Oltre a queste due categorie principali, ci sono anche alcune entità non commerciali che possono essere dotate di Partita IVA per specifici scopi fiscali o amministrativi, come ad esempio le associazioni, le fondazioni e gli enti senza scopo di lucro.
Le incompatibilità stabilite dalla normativa
L'articolo 53 del Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa (T.U.P.I.) stabilisce una serie di incompatibilità per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni, secondo quanto specificato dall'articolo 60 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 3/1957. Questo articolo chiarisce che i dipendenti pubblici non possono impegnarsi in attività commerciali, industriali o professionali, né assumere incarichi presso privati o accettare cariche in società a scopo di lucro, a meno che non siano nomine riservate allo Stato e autorizzate dal ministro competente.
Tali restrizioni sono strettamente legate alla natura dei compiti affidati ai dipendenti pubblici, che comportano specifici doveri e responsabilità non presenti nel settore privato.
Tuttavia, esistono delle situazioni in cui un dipendente pubblico può aprire una Partita IVA, sebbene con notevoli limitazioni e condizioni specifiche.
Innanzitutto, i dipendenti pubblici con contratto part-time possono avviare un'attività con Partita IVA, a patto che il loro orario di lavoro non superi le 18 ore settimanali (50% dell'orario full-time).
Un'altra eccezione riguarda gli insegnanti delle scuole pubbliche, che possono aprire Partita IVA per svolgere attività professionali parallele all'insegnamento, purché non interferiscano con i loro doveri di docenti e vengano esercitate al di fuori dell'orario scolastico.
Per i dipendenti pubblici che non rientrano strettamente nelle categorie sopra menzionate è possibile comunque ottenere l'autorizzazione per aprire una Partita IVA solo se rispettano determinati requisiti e condizioni.
Si sottolinea che per i dipendenti pubblici a tempo pieno l'esclusività del rapporto di lavoro rappresenta una regola ferrea: non si consente di avviare un'attività imprenditoriale o professionale in parallelo al proprio impiego pubblico.
Tuttavia, per i dipendenti pubblici a tempo parziale la situazione è diversa. In questo caso, non essendo vincolati dall'esclusività, possono avviare un'attività autonoma, purché rispettino le condizioni e ottenendo l'autorizzazione preventiva dall'Amministrazione di appartenenza.
L'attività svolta, in sintesi:
non deve generare conflitto di interessi con il lavoro presso la Pubblica amministrazione
non deve interferire con l'orario di lavoro stabilito e deve essere esercitata al di fuori di questo
e deve avere un carattere temporaneo e non deve compromettere le funzioni svolte per conto della Pubblica amministrazione.
È importante sottolineare che spetta all'ente datore di lavoro valutare se vi sia un conflitto di interessi nel caso di dipendenti pubblici a tempo pieno che desiderano avviare un'attività autonoma. Se si rileva tale conflitto l'autorizzazione per l'apertura della Partita IVA non risulterà concessa.
LENTEPUBBLICA.
Ecco il nuovo programma di scambio nella Pubblica Amministrazione.
Nel nuovo programma di scambio nella Pubblica Amministrazione, sono emerse diverse differenze tra le PA europee: vediamo nel dettaglio.
Si chiama Pace - Public Administration Cooperation Exchange e si tratta di un programma di scambio tra le amministrazioni pubbliche dei Paesi membri dell'Unione Europea.
L'obiettivo è quello di riportare al centro il ruolo del dipendente pubblico. Ed è proprio su questo tema che si è svolta la sessione del programma, organizzata a Roma dal 4 al 7 marzo, dal Dipartimento della Funzione Pubblica.
La FLP (Federazione Lavoratori Pubblici e Funzioni Pubbliche) ha ospitato le delegazioni delle amministrazioni pubbliche di Portogallo, Francia e Grecia, per una riflessione sul tema "Il dialogo sociale in una prospettiva evolutiva: gestione della contrattazione collettiva e dei rapporti di lavoro".
Vediamo nel dettaglio.
Programma di scambio Pubblica Amministrazione: ecco cosa c'è da sapere
Durante l'incontro, un vero e proprio "Erasmus delle pubbliche amministrazioni", c'è stato un interscambio di esperienze tra i vari paesi dell'Unione Europea, mettendo in luce i punti deboli delle Pa del nostro Paese.
Ma l'incontro ha anche mostrato come, oggi, essere dirigente e funzionario in una pubblica amministrazione italiana significa passare anche per la conoscenza delle altre esperienze europee, acquisire nuovi spunti e punti di vista importanti, da portare avanti insieme.
Le fragilità della Pubblica Amministrazione italiana
Durante il confronto, è emersa l'urgenza dell'Italia d'innovare il proprio sistema di pubbliche amministrazioni.
Nel nostro Paese, ci sono 3milioni e 200mila dipendenti pubblici: un numero molto ridotto rispetto ai 6milioni della Francia, a parità di abitanti e di sistema economico.
Inoltre, il numero scende a 2,8 milioni se consideriamo solo i dipendenti pubblici stabilizzati.
In una recente indagine di FLP, è stato notato che, se aumentassimo di un terzo la forza lavoro nella Pubblica Amministrazione, nei prossimi tre anni, avremmo un aumento del Pil del 10%.
Bisogna agire con un piano straordinario di assunzioni, che devono significare, non un costo, bensì un investimento. Perché maggiore personale si traduce in una maggiore produttività e una PA più efficiente.
Un'altra fragilità della PA italiana è sicuramente nella digitalizzazione, ormai materia di studio e oggetto di costante implementazione da parte delle amministrazioni europee.
In Italia, l'88% delle amministrazioni locali utilizza ancora procedure e strumenti analogici. Mentre, in altri Paesi come la Francia, il Portogallo e la Grecia post crisi, le nuove tecnologie rappresentano un vero e proprio traino, sia per il settore pubblico che per quello economico.
Altra fragilità è sicuramente l'età media dei dipendenti pubblici, troppo alta rispetto agli altri Paesi europei. In Italia, infatti, non c'è abbastanza ricambio generazionale e il nostro Paese è quello con l'età media dei dipendenti della PA più alta (pari a 50,7 anni).
Poco spazio ai giovani nella PA italiana, a causa degli stipendi troppo bassi, dei pochi scatti di carriera e della poca attenzione ai nuovi strumenti di lavoro (come lo smart working).