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Siccità in Sicilia, nasce la cabina di regia regionaleLa struttura avrà il compito di individuare, stimolare e coordinare gli interventi più urgenti e indifferibili per mitigare gli effetti della crisi
È stata istituita, su proposta del presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani, la cabina di regia per l'emergenza idrica. Lo ha deciso il governo siciliano nel corso della riunione di giunta di oggi pomeriggio. La struttura, che avrà il compito di individuare, stimolare e coordinare gli interventi più urgenti e indifferibili per mitigare gli effetti della crisi, sarà guidata dallo stesso Schifani e coordinata dal capo della Protezione civile siciliana, Salvo Cocina.«Ho voluto questa struttura - dice Schifani - per definire strategie coordinate da un'unica regia e adeguate a contenere gli effetti negativi della crisi. Ma anche per accelerare sia la realizzazione delle infrastrutture necessarie sia gli interventi di ammodernamento volti alla riduzione delle perdite di risorsa idrica. Possiamo contare sul contributo di un team di professionisti che ci supporteranno da un punto di vista tecnico e che daranno impulso alle azioni. La crisi che stiamo vivendo - aggiunge il presidente della Regione - è severa, qui come in altre regioni non solo italiane, ma insieme col governo nazionale stiamo mettendo in campo tutte le misure necessarie anche per risolvere problemi mai affrontati prima. Ci stiamo impegnando al massimo e i risultati si vedranno" .Ne fanno parte poi: il dirigente generale del dipartimento regionale Tecnico Duilio Alongi; l'avvocato generale della Regione Giovanni Bologna; Mario Cassarà del dipartimento regionale Acqua e rifiuti; Antonino Granata dell'Autorità di bacino del distretto idrografico della Sicilia; Giorgio Domenico Micale, professore ordinario di Teorie dello sviluppo dei processi chimici del dipartimento di Ingegneria dell'università di Palermo; Mario Rosario Mazzola, già professore ordinario di Costruzioni idrauliche presso l'università di Palermo, attualmente presidente della fondazione Utilitatis e componente del Consiglio superiore dei lavori pubblici; Enrico Foti, ordinario di Idraulica dell'università di Catania; Salvatore Barbagallo, professore ordinario di Idraulica agraria dell'università di Catania; Salvatore Sammartano, capo di gabinetto del presidente della Regione.Gli assessori all'Agricoltura, all'Energia e alle Infrastrutture potranno liberamente partecipare alle riunioni della struttura, che si insedierà domani pomeriggio a Palazzo d'Orléans.
ITALIAOGGI.
Def, via libera del Cdm. Nel 2024 crescita dell'1%Crescita inferiore alle attese, debito sotto al 140% ma in salita nel triennio. Il ministro dell'Economia: il quadro programmatico sarà contenuto nel nuovo Piano fiscale strutturale di medio termine la cui scadenza è prevista per il 20 settembre.
Il consiglio dei ministri ha approvato questa mattina il Documento di economia e finanza (Def) in vista della legge di bilancio per il 2025. Il Documento indica per il 2024 una crescita dell'1%; la Nadef stimava una crescita dell'1,2%. Il Documento di Economia e Finanza conferma il rapporto deficit-Pil 2024 al 4,3%, lo stesso livello previsto nel quadro programmatico della Nadef per l'anno in corso. Il rapporto debito/pil è previsto collocarsi nel 2024 al 137,8%, leggermente più alto del 137,3% della chiusura del 2023 ma più basso rispetto al 140,1% previsto nella Nadef. Il prodotto interno lordo nelle stime del Def crescerà poi dell'1,2% nel 2025, in calo rispetto al+1,4% della Nadef del settembre scorso, per rallentare poi a+1,1% nel 2026 (ma in miglioramento rispetto al +1,0% della Nadef). Nel 2027 la crescita è stimata a +0,9%. A crescere invece, ed è questa novità più rilevante rispetto alla Nadef, sarà il debito pubblico. Dopo aver chiuso nel 2023 al 137,3% del Pil, quest'anno per il governo si attesterà a quota 137,8%, ma nel 2025 salirà fino al 138,9% e l'anno successivo a un passo da quota 140% (139,8%).
"Il Def che il governo ha appena approvato tiene conto delle nuove regole europoee di cui mancano ancora le disposizioni attuative. Il quadro programmatico sarà contenuto nel nuovo Piano fiscale strutturale di medio termine la cui scadenza è prevista per il 20 settembre ma "nostro obiettivo è presentarlo anche prima". E' quanto ha dichiarato il ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti, nella conferenza stampa dopo il Cdm. Giorgetti ha poi aggiunto che "quello della decontribuzione che scade nel 2024 è un obiettivo che intendiamo assolutamente replicare nel 2025. Questo è il vero obiettivo che noi ci poniamo quando andremo a definire il piano strutturale entro il 20 settembre. Per Giorgetti "le previsioni macroeconomiche e di crescita sono assai complicate da fare in un quadro di carattere internazionale e geopolitico complicato".
Poco prima dell'inizio del Consiglio dei Ministri, fonti di Palazzo Chigi avevano sottolineato che il documento di economia e finanza sarà molto più asciutto rispetto ai documenti degli anni passati. Per quanto riguarda le previsioni sulla crescita economica, il Governo intende proseguire sul metodo adottato finora, fornendo numeri il più possibile realistici, non gonfiati né troppo impostati alla prudenza, al netto tuttavia della congiuntura internazionale volatile a causa dei conflitti in atto. È quanto si apprendeva da fonti di Palazzo Chigi - dove è in corso la riunione del Cosiglio dei ministri - che spiegano come si tratti di un metodo di lavoro che ha dato e continua a dare risultati. Dal documento emergerà, inoltre, il pesante impatto del superbonus sui conti pubblici e sui dati macroeconomici di riferimento.
Presentazione del Piano alla Commissione europea entro il 20 settembre
"Le regole di governance in via di approvazione introducono un nuovo strumento di programmazione, il Piano fiscale-strutturale di medio termine, che a regime dovrà essere presentato alle autorità europee entro il 30 aprile (con una cadenza allineata alla durata della legislatura nazionale, che nel nostro ordinamento è fissata in cinque anni)" riferiscono le fonti di Chigi spiegando quindi che "per l`anno in corso sarà applicato un regime transitorio, che prevede la presentazione del Piano alla Commissione europea entro il 20 settembre".
L`approvazione del Piano, proseguono le stesse fonti "implica un processo che richiede il contributo di diverse istituzioni e un confronto costruttivo sia con il Parlamento sia con la Commissione europea che dovrà poi valutarlo". Queste nuove regole non sono ancora in vigore" quindi "nella fase attuale in cui mancano ancora le indicazioni operative su come dovrà essere impostato il Piano, è stata concordata a livello europeo la possibilità di sospendere le vecchie procedure per evitare di svuotare l`atto politico di contenuto".
Nessun rischio di incertezze sui mercati
Il regime transitorio che porterà alla presentazione del Piano fiscale-strutturale di medio termine all'Ue a settembre è "un processo lineare che si concluderà in tempo per la messa a punto della Legge di Bilancio per il 2025,senza nessun rischio di generare incertezze sui mercati", sottolineano fonti di governo a margine del Consiglio dei ministri che approverà il Def. "Sarà quindi nel Piano fiscale strutturale - proseguono le stesse fonti - che il Governo fornirà tutti gli elementi utili alla costruzione della nuova manovra".
ITALIAOGGI.
Pagamento degli enti pubblici, i tempi si accorciano: 12 giorni in menoLa media resta superiore ai 4 mesi. Indagine di Assifact, l'associazione che riunisce le società di factoring. I pagamenti delle imprese richiedono invece mediamente quasi un giorno in più rispetto al 2022.
Il tempo medio di pagamento (DSO-Days Sales Outstanding) dei crediti commerciali ceduti nell'anno 2023 è stato pari a 84,27 giorni, in progressivo incremento rispetto alle rilevazioni precedenti. Il valore registrato a dicembre 2023 è il più alto da dicembre 2021.
Lo ha rilevato Assifact, l'associazione che riunisce le società di factoring, attraverso un'indagine condotta su un campione che ha compreso la gran parte dei propri associati (il campione esaminato ha generato nel 2023 un turnover pari a 239,6 miliardi di euro con riferimento ai soli crediti commerciali ceduti).
All'interno del dato medio si segnala il significativo miglioramento dei tempi di pagamento degli enti pubblici: 143,44 giorni, sempre superiori a quattro mesi ma quasi 12 giorni in meno rispetto all'anno precedente. I pagamenti delle imprese richiedono invece mediamente quasi un giorno in più rispetto al 2022 (+0,86 giorni, +1,10%): il dato medio registrato a dicembre 2023, pari a 79,26 giorni, conferma il rallentamento nei pagamenti da parte dei soggetti privati in corso da oltre un anno e rappresenta il valore più alto registrato nel post-Covid.
I problemi dei pagamenti commerciali non si esauriscono nei ritardi, ma sono il riflesso anche di processi, comportamenti e relazioni con i fornitori. Nel 2023 il lieve incremento dei tempi di pagamento è accompagnato e controbilanciato da un miglioramento degli indicatori di qualità dei comportamenti dei debitori nelle transazioni commerciali. Nelle transazioni B2B migliorano infatti, in modo più evidente, la disponibilità da parte dei debitori a includere nei contratti di fornitura gli interessi di mora e il risarcimento per i costi di recupero in caso di ritardato pagamento e l'inclinazione a riconoscere le cessioni di credito, così come una maggiore trasparenza e disponibilità nella comunicazione.
Tali evidenze alimentano il dibattito in corso sulla revisione della Direttiva europea contro i ritardi di pagamento. Per Assifact, "vincolare l'autonomia contrattuale delle imprese nella definizione dei termini di credito commerciale attraverso l'imposizione di limiti stringenti (30 giorni) non sembra una via efficace per eliminare i ritardi di pagamento ma anzi potrebbe avere conseguenze inattese sulla competitività e sull'accesso al credito delle piccole e medie imprese. Per evitare questo rischio, il futuro 'Late Payment Regulation' dovrà tenere in considerazione la necessità di assicurare flessibilità nei rapporti di credito commerciale fra le imprese e di garantire la cedibilità dei crediti contrastando norme e clausole che ne ostacolano lo smobilizzo". Appare inoltre opportuno, secondo l'Associazione italiana per il factoring, introdurre strumenti di "educazione" sia del debitore, stimolando correttezza e trasparenza nelle relazioni commerciali, che del fornitore, agevolandolo nella conoscenza degli strumenti - come il factoring - che possono supportarlo nell'incasso dei crediti e nell'accesso al credito
LENTEPUBBLICA
Appalti sotto soglia, per Anac ok (condizionato) alle procedure aperte.
Nel contesto degli appalti pubblici sotto la soglia comunitaria, l'Autorità Nazionale Anticorruzione (Anac) ha recentemente emesso un parere consultivo che renderebbe legittime le procedure aperte (ma a determinate condizioni da rispettare).
L'Anac è stata chiamata a fornire chiarimenti su questa possibilità, in risposta a una richiesta di un'amministrazione operante in un'area di ricostruzione post-sisma. In particolare, l'amministrazione ha sollevato la questione di poter utilizzare una procedura aperta anziché l'affidamento diretto, considerando la particolarità dell'opera interessata e la necessità di garantire una più ampia concorrenza.
Appalti sotto soglia, per Anac ok (condizionato) alle procedure aperte
Pertanto, secondo quanto disposto dall'Anac nel parere n. 13 del 13 marzo 2024, le stazioni appaltanti potrebbero optare per l'utilizzo delle procedure ordinarie anziché quelle specificamente indicate dal legislatore, come previsto dall'articolo 50 del Codice Appalti. Questo significa che, anche per gli appalti sotto la soglia comunitaria, potrebbero essere adottate procedure diversificate, consentendo una maggiore concorrenza e trasparenza nel processo di selezione del contraente.
In particolare l'Autorità ha risposto affermativamente alla richiesta di parere, sostenendo che, in generale, per gli appalti sotto la soglia comunitaria, è consentito il ricorso alle procedure ordinarie e aperte, purché la stazione appaltante valuti attentamente le caratteristiche della gara. Ci sono dunque alcune condizioni da considerare attentamente.
In primo luogo, la stazione appaltante deve valutare accuratamente le caratteristiche del mercato in cui opera. Questo significa analizzare la concorrenza esistente, la disponibilità di fornitori qualificati e le dinamiche del settore. Questa valutazione è fondamentale per garantire un processo di gara efficace e competitivo.
In secondo luogo, la stazione appaltante deve tenere conto delle peculiarità dell'affidamento in questione. Ogni appalto ha le proprie specificità e requisiti, che possono influenzare la scelta della procedura di gara più adatta. Ad esempio, lavori di particolare complessità tecnica potrebbero richiedere una maggiore attenzione nella selezione del contraente.
Infine, la stazione appaltante deve considerare gli interessi pubblici coinvolti nell'affidamento dell'appalto. Ciò significa assicurarsi che il processo di gara sia trasparente, equo e rispetti i principi di legalità e imparzialità. L'obiettivo è garantire che il contratto risulti affidato al contraente migliore per soddisfare le esigenze della pubblica amministrazione e dei cittadini.
Il vincolo del principio di risultato
Tuttavia, c'è un vincolo da rispettare: il principio di risultato. Questo impone al Responsabile Unico del Procedimento (RUP) di assicurare che gli obiettivi dell'affidamento vengano raggiunti in modo efficace e tempestivo. In altre parole, nonostante la flessibilità offerta dalle procedure ordinarie, il processo di gara deve ancora garantire risultati concreti e benefici per la pubblica amministrazione e la comunità.
L'Autorità infine ha evidenziato che non emette pareri preventivi su atti specifici delle stazioni appaltanti, ma fornisce linee guida generali sulla base delle informazioni fornite. Pertanto, spetta alla stazione appaltante valutare la possibilità di adottare le procedure ordinarie, prendendo in considerazione le indicazioni fornite.
ILSOLE24ORE
Dalle pensioni al superbollo auto, aperta la partita delle risorseLa cartina di tornasole sarà la prossima manovra. Una manovra ancora tutta da scrivere. E da coprire.
Ora che il governo ha alzato il sipario sul Def, che indica solo il quadro tendenziale, si delineano alcuni dossier che saranno in primo piano nella partita, non facile, per il reperimento delle risorse. La cartina di tornasole sarà la prossima manovra. Una manovra ancora tutta da scrivere. E da coprire. I numeri del Def approvato dal governo Meloni non lasciano trasparire nulla della prossima legge di bilancio. La sola tabella, quella con il quadro tendenziale, è solitamente poco significativa nei documenti di finanza pubblica dove l'attenzione si concentra piuttosto sul quadro programmatico, quello che implica le scelte di politica economica che saranno inserite nella successiva manovra di bilancio. Le cifre approvate dal consiglio dei ministri sono infatti a legislazione vigente: scontano il peso "disastroso" del Superbonus che compromette gran parte delle possibilità di movimento, ma non comprendono alcuno stanziamento per il 2025 e gli anni successivi.
«Ovviamente al ministero stiamo pensando come si possa ulteriormente andare in direzione dei tagli di spesa - ha detto il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti, intervenuto in conferenza stampa al termine della riunione del consiglio dei ministri che ha dato il via libera al documento di finanza pubblica - . Non auspicavamo il disastro del superbonus anche se credo di averlo evocato in questa sede diverse volte. Questo complica il quadro, onestamente».
Il centrodestra deve fare i conti con un quadro di finanza pubblica ancora in sofferenza e in gran parte condizionato dall'effetto Superbonus. E anche per questi motivi, ma non solo, il capitolo previdenza sembra sparito dall'agenda di governo. Le "misure ponte" varate con l'ultima legge di bilancio, da Quota 103 in forma "penalizzata" alla proroga di Ape sociale e Opzione donna in versione ulteriormente ristretta, dovrebbero tutte finire la loro corsa sostanzialmente il 31 dicembre 2024.
In base alle garanzie arrivate da Giorgetti, dovrebbe essere confermato il taglio del cuneo fiscale. La misura simbolo della scorsa manovra costa 10 miliardi e su quell'impegno il governo non è disposto a venire meno. «La decontribuzione che scade nel 2024 - ha detto Giorgetti -, intendiamo assolutamente replicarla nel 2025, questo è il vero obiettivo che ci poniamo quando andremo a definire il Programma strutturale».
La rimodulazione dell'Irpef
Ma la lista delle altre misure da rifinanziare, se si volesse anche solo replicare quelle di quest'anno è lunga e arriva a 20 miliardi. Al cuneo va aggiunta infatti anche la rimodulazione dell'Irpef: il passaggio da 4 a 3 aliquote vale 4 miliardi. Il viceministro dell'Economia Maurizio Leo un tesoretto equivalente se lo è già messo da parte con l'eliminazione dell'Ace, ma un ulteriore auspicato intervento a favore dei redditi medi fino a 50.000 euro sarebbe tutto da coprire. L'idea è di utilizzare i proventi del concordato preventivo, che però vanno ancora conteggiati.
Per il credito di imposta a favore delle imprese della Zes unica del Mezzogiorno servono 1,8 miliardi.
Taglio del canone Rai
Per la riproposizione del taglio del canone Rai 430 milioni, per la decontribuzione a favore delle mamme con due figli circa 500 milioni, per i fringe benefit, il taglio dell'aliquota sui premi di produttività e il welfare aziendale circa 830 milioni, altri 100 milioni per rinnovare la nuova Sabatini. Bisognerà anche capire il destino di plastic e sugar tax, al momento scongiurate fino a luglio ma che annualmente valgono 650 milioni. Per le spese indifferibili si parla inoltre ogni anno di circa 1,5-2 miliardi.
Il nodo dei fondi per la sanità
Poi ci sono i maxi-capitoli sanità e contratti pubblici. La manovra di quest'anno ha stanziato 8 miliardi per la p.a ma per il rinnovo del triennio in corso. Dal 2025 in teoria si riparte da zero. Anche sulla sanità gli stanziamenti ci sono stati in termini assoluti, ma il mondo della scienza e della medicina lamenta un drammatico arretramento delle prestazioni pubbliche per mancanza di fondi.
Leo: intervento su superbollo auto quando si troveranno risorse
Nel decreto legislativo per il riordino delle imposte di registro, di bollo e di successione, «nulla avviene per il Superbollo auto, che fa parte della delega fiscale, ma che verrà realizzato nel momento in cui si troveranno le risorse», ha chiarito il viceministro dell'Economia Maurizio Leo nella conferenza stampa dopo il cdm che ha approvato in via preliminare il decreto. L'intervento contenuto nel provvedimento, ha spiegato, «riguarda l'imposta di bollo, non il superbollo auto, mirata a prevedere che per atti soggetti a registrazione in un termine fisso, entro 20-30 giorni, il pagamento dell'imposta di bollo avvenga con l'F24: il beneficio è che è possibile compensare l'imposta di bollo con gli altri tributi». Sul superbollo auto la delega fiscale, approvata nell'estate scorsa, ne prevede il superamento.
Benzina ai massimi da sei mesi: nessun intervento
Nessun intervento sulla benzina: l'aumento non dipende dall'esecutivo e comunque già esiste, ha spiegato Giorgetti, un meccanismo automatico per il taglio dei prezzi. Per la benzina, in questi giorni arrivata ai massimi da 6 mesi, Giorgetti spiega che «esiste già una disposizione che in relazione a modifiche dei prezzi fa scattare un adeguamento, se si verificano le circostanze previste partirà. È evidente a tutti che il prezzo della benzina non dipende dalle decisioni del governo». Il ministro si riferisce alla norma sulle accise mobili, inserita nel decreto carburanti del gennaio 2023, che ricalca la misura ideata da Pierluigi Bersani nel 2007 e introdotta nella legge Finanziaria del 2008. La norma prevede un taglio delle accise che gravano su gasolio e benzina se si verificano determinate condizioni. Nel dettaglio la riduzione dell'accisa scatterebbe quando il prezzo dei carburanti supera il prezzo medio del bimestre precedente rispetto al valore di riferimento, espresso in euro, indicato nell'ultimo Def. Prezzo, al momento, non noto.
GIORNALE DI SICILIA
Siccità in Sicilia, un team di professionisti per affrontare l'emergenza.
La cabina di regia della Regione sarà guidata dal presidente Renato Schifani. L'obiettivo è individuare, stimolare e coordinare gli interventi più urgenti e indifferibili della crisi.
È stata istituita, su proposta del presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani, la cabina di regia per l'emergenza idrica. Lo ha deciso il governo siciliano nel corso della riunione di giunta di oggi pomeriggio. La struttura, che avrà il compito di individuare, stimolare e coordinare gli interventi più urgenti e indifferibili per mitigare gli effetti della crisi, sarà guidata dallo stesso Schifani e coordinata dal capo della Protezione civile siciliana, Salvo Cocina.
Ne fanno parte poi: il dirigente generale del dipartimento regionale Tecnico Duilio Alongi; l'avvocato generale della Regione Giovanni Bologna; Mario Cassarà del dipartimento regionale Acqua e rifiuti; Antonino Granata dell'Autorità di bacino del distretto idrografico della Sicilia; Giorgio Domenico Micale, professore ordinario di Teorie dello sviluppo dei processi chimici del dipartimento di Ingegneria dell'università di Palermo; Mario Rosario Mazzola, già professore ordinario di Costruzioni idrauliche presso l'università di Palermo, attualmente presidente della fondazione Utilitatis e componente del Consiglio superiore dei lavori pubblici; Enrico Foti, ordinario di Idraulica dell'università di Catania; Salvatore Barbagallo, professore ordinario di Idraulica agraria dell'università di Catania; Salvatore Sammartano, capo di gabinetto del presidente della Regione. Gli assessori all'Agricoltura, all'Energia e alle Infrastrutture potranno liberamente partecipare alle riunioni della struttura, che si insedierà domani pomeriggio a Palazzo d'Orléans.
Ho voluto questa struttura - dice Schifani - per definire strategie coordinate da un'unica regia e adeguate a contenere gli effetti negativi della crisi. Ma anche per accelerare sia la realizzazione delle infrastrutture necessarie sia gli interventi di ammodernamento volti alla riduzione delle perdite di risorsa idrica. Possiamo contare sul contributo di un team di professionisti che ci supporteranno da un punto di vista tecnico e che daranno impulso alle azioni. La crisi che stiamo vivendo - aggiunge il presidente della Regione - è severa, qui come in altre regioni non solo italiane, ma insieme col governo nazionale stiamo mettendo in campo tutte le misure necessarie anche per risolvere problemi mai affrontati prima. Ci stiamo impegnando al massimo e i risultati si vedranno».
GIORNALE DI SICILIA
Emergenza idrica, Schifani sente Musumeci: «Massima collaborazione tra Regione e Stato»Subito finanziabili i piani di distribuzione con le autobotti, i lavoro agli impianti di pompaggio supplementari e quelli per la rigenerazione di pozzi o per la realizzazione di nuove sorgenti.
Proseguono le interlocuzioni tra la Protezione civile regionale e quella nazionale per la dichiarazione dello stato di emergenza in Sicilia per la grave crisi idrica. Il capo del dipartimento Fabrizio Curcio ha già riscontrato la richiesta avanzata qualche giorno fa dal governo Schifani. Sulla scorta di precedenti che hanno visto coinvolte altre Regioni, la Protezione civile nazionale ha già indicato gli interventi immediatamente finanziabili per far fronte al contesto emergenziale estivo: si va dai piani di distribuzione con le autobotti ai serbatoi e accumuli temporanei, dagli impianti di pompaggio supplementari alla rigenerazione di pozzi o alla realizzazione di nuovi pozzi e sorgenti, dai by-pass e dalle interconnessioni tra le reti idriche esistenti alla risagomatura degli alvei per convogliare l'acqua verso le prese, oltre agli impianti temporanei per il trattamento e il recupero. A tal fine è stata chiesta una documentazione integrativa e convocata un'apposita riunione tecnica tra gli uffici romani e palermitani che si terrà giovedì mattina in videoconferenza.
Oltre che sul piano tecnico, le interlocuzioni sono state avviate anche su quello politico. Il presidente della Regione, Renato Schifani, ha telefonato stamattina al ministro della Protezione civile Nello Musumeci, «nell'ottica della massima collaborazione istituzionale tra Regione e Palazzo Chigi»
lentepubblica.it
Nei piccoli comuni le quote per le progressioni economiche sono "libere"
Lo sostiene un recente parere del Dipartimento della Funzione Pubblica: nei comuni più piccoli le progressioni economiche sono "libere" e non si deve attendere il principio delle quote limitate.Un recente chiarimento dell'ufficio per le relazioni sindacali del dipartimento della Funzione pubblica, espresso nel parere DFP-0022327-P-27/3/2024, ha gettato luce su una questione spinosa riguardante le progressioni economiche negli enti locali di dimensioni più contenute.Secondo il decreto Brunetta (articolo 23, comma 2 del Dlgs 150/2009), e ribadito nel Testo unico del pubblico impiego (articolo 52, comma 1-bis del Dlgs 165/2001), le progressioni economiche devono avvenire in modo selettivo, limitato a una quota di dipendenti. Più in dettaglio l'articolo 23, comma 2, d.lgs. n. 150 del 2009, dispone che "Le progressioni economiche sono attribuite in modo selettivo, ad una quota limitata di dipendenti, in relazione allo sviluppo delle competenze professionali ed ai risultati individuali e collettivi rilevati dal sistema di valutazione".Questo principio è stato interpretato come il riconoscimento della progressione a non più del 50% dei potenziali beneficiari.Tuttavia, sorge il dilemma quando ci si trova di fronte a situazioni in cui esiste un solo dipendente candidato alla progressione economica. In tali casi, l'applicazione rigorosa del principio della selettività rischierebbe di bloccare indefinitamente il suo avanzamento economico.Nei piccoli comuni le quote per le progressioni economiche sono "libere"La questione sottoposta all'attenzione dei tecnici della Funzione Pubblica ha ricevuto una risposta piuttosto chiara. Pur mantenendo i requisiti di partecipazione stabiliti dalla contrattazione nazionale, quali la permanenza nella posizione economica di partenza per un certo numero di anni e l'assenza di sanzioni disciplinari significative negli ultimi due anni, è possibile procedere al riconoscimento della progressione economica anche in assenza di più potenziali beneficiari.Questo avviene quando vengono raggiunti i risultati stabiliti nel sistema di misurazione e valutazione della performance dell'ente, e quando sono evidenti il conseguimento dell'esperienza professionale e le capacità culturali e professionali richieste dalle norme di legge e di contratto.In sostanza, l'importante è che il dipendente in questione abbia dimostrato di soddisfare i requisiti prestabiliti e di aver conseguito i risultati previsti, garantendo così una progressione economica basata sul merito e sulla valutazione delle sue competenze, anche se ciò implica una deviazione dal principio della quota limitata.Il significato e l'impatto del parereQuesta interpretazione rappresenta un delicato equilibrio tra due esigenze fondamentali: da un lato, la necessità di assicurare un avanzamento economico equo e basato sul merito per i dipendenti degli enti locali; dall'altro, il rispetto dei principi normativi e delle regole stabilite dalla legislazione in materia di pubblico impiego.Il concetto di equità implica che i dipendenti debbano essere valutati e ricompensati in base al loro contributo effettivo e alle loro prestazioni, piuttosto che a fattori esterni o politici. In tal senso, garantire una progressione economica basata sul merito significa riconoscere e premiare coloro che dimostrano di avere le competenze, l'esperienza e la capacità di raggiungere gli obiettivi prefissati.Allo stesso tempo, il rispetto dei principi normativi è essenziale per assicurare la coerenza e la legalità delle procedure adottate negli enti locali. Le leggi e i regolamenti devono essere applicati in modo uniforme e imparziale, garantendo che le decisioni prese siano conformi ai dettami della normativa vigente.L'adattamento alle peculiarità delle situazioni locali è cruciale perché ogni ente ha le proprie caratteristiche, risorse e esigenze specifiche. Ciò significa che le politiche e le pratiche relative alla progressione economica devono tener conto del contesto in cui operano gli enti locali, adattandosi alle loro particolari circostanze senza compromettere i principi fondamentali di equità e legalità.
unioneprovinceitaliane.it
Cooperazione e sviluppo, UPI "Dal bando 2024 occasione straordinaria per le Province"
"Il Bando 2024 è una straordinaria occasione per valorizzare le iniziative di cooperazione realizzate dagli enti locali, perché pone al centro della strategia i partenariati territoriali. Le Province non possono che sostenere questa logica del fare sistema promossa dal Ministero degli esteri, che rafforza il coordinamento tra le attività di rilievo internazionale degli enti locali e l'azione estera dell'Italia".Lo ha detto la rappresentante dell'UPI Laura Pernazza, Presidente della Provincia di Terni, intervenendo oggi al Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale alla presentazione del nuovo Bando la Cooperazione allo Sviluppo, che assegna agli enti locali, associati in partenariato, una dotazione di 60 milioni di euro."Grazie a questo bando - ha sottolineato la rappresentante di UPI - le Province potranno promuovere partenariati tra Comuni e organizzazioni della società civile, costruendo reti in grado di fare sintesi dei vari interventi in campo e mettendo in sinergia le risorse umane e finanziarie disponibili, evitando inutili sovrapposizioni. Le Province, dunque, oltre a presentare i loro progetti, avranno un ruolo chiave nel supporto, in qualità di partner, dei Comuni del loro territorio, coordinando e mettendo a sistema le diverse proposte. Un percorso che sarà sostenuto e promosso da UPI".