LIVESICILIA
Siccità, le piogge non bastano: ecco la strategia della Protezione civileLe misure in corso di adozione: l'intervista
PALERMO - Le piogge degli ultimi giorni non fermano l'emergenza idrica. La Sicilia affronta maggio, sospesa tra un inverno siccitoso e un'estate da affrontare senza riserve idriche. La Regione ha lanciato un piano di opere da realizzare nei prossimi anni, ma la Protezione Civile sta gestendo la fase emergenziale, con il coordinamento del direttore Salvo Cocina. L'intervista
Le piogge degli ultimi giorni lasciano intravedere qualche spiraglio nell'emergenza idrica?
"La pioggia è inferiore alle previsioni, speriamo in fenomeni più consistenti. Abbiamo avuto qualche picco sui monti Sicani. Purtroppo, non verrà meno lo stato di emergenza".
Ci sono due invasi che rischiano l'esaurimento a luglio, Fanaco e Ancipa, quali sono le contromisure?
"A Roma abbiamo inviato un piano scremato con 46 milioni di euro di interventi da fare entro 6 mesi, rapidi ed efficaci. Sono cose che servono a sopperire al deficit idrico. Si tratta della rigenerazione di pozzi, creazione di pozzi gemelli a quelli esauriti e riattivazione di pozzi abbandonati".
Perché i pozzi di cui parla erano stati dismessi?
"O erano di privati, oppure costava troppo l'acqua, ma in alcuni casi erano di proprietà della mafia. Negli anni '90 si preferì scegliere i quattro invasi, per esempio nel Palermitano, per servire la città. Non stiamo facendo nuove ricerche idriche, lunghe e costose, ma stiamo andando a reperire ciò che sappiamo che già esiste. A questo si aggiungono le sorgenti del messinese. Si tratta di 130 pozzi e 30 sorgenti".
Le reti sono colabrodo, qual è la mappa del fabbisogno?
"Sì, ci sono delle interconnessioni che ci consentiranno di spostare l'acqua da dove c'è a dove non c'è . Le aree più colpite sono quelle del Nisseno, del Trapanese, dell'Agrigentino. Poi ci sono situazioni locali nel Messinese di carenza idrica comunale".
Adesso cosa accadrà?
"Dopo la dichiarazione dello stato di emergenza verrà emanata l'ordinanza e noi trasmetteremo il piano da 20 milioni stralciando gli interventi urgenti dal piano da 46 milioni di euro. Interventi che devono essere rapidi ed efficaci".
E poi?
"Stiamo programmando una seconda fase, c'è stata la promessa del governo nazionale, sempre su richiesta di Schifani, è stato sempre lui a chiedere le somme e il ministro Musumeci ha confermato un nuovo stanziamento dopo che saranno spesi i 20 milioni. La Regione sta stanziando ulteriori 16 milioni di euro".
Qual è la strategia per evitare nuove emergenze?
"Stiamo puntando anche sui dissalatori, non si tratta di interventi nuovi. Abbiamo avuto la fortuna di avere tre grandi siti in Sicilia. Porto Empedocle, Gela e Trapani, i dissalatori sono stati dismessi perché le tecnologie erano costose. Oggi abbiamo nuove tecnologie, che producono a costi più bassi. La scelta verso cui ci si sta orientando è quella della riattivazione dei dissalatori".
Cosa utilizzerete dei vecchi impianti?
"Il sito, le opere a mare, la condotta di presa a mare, quella di scarico e riutilizzeremo le opere di adduzione nella rete principale di distribuzione. Per i dissalatori saranno spesi 90 milioni di euro dei fondi europei".
Quindi state puntando su uno scenario a medio respiro?
"Sì, siamo al quarto anno di crisi idrica, ma stiamo pensando alla creazione dei laghetti collinari, al rifacimento delle dighe, opere inserite nel piano del commissario Dell'Acqua. Si tratta di più di 800 milioni di euro. Come protezione civile lavoriamo a 6 mesi, massimo un anno. Ma la cornice di programmazione ci consentirà di avere una regolarità dell'approvvigionamento idrico".
Cosa sta accadendo nell'agricoltura?
"Vista la penuria degli invasi, siamo al 25% del volume delle dighe. Da febbraio sono stati ridotti i prelievi agricoli dell'acqua e siamo riusciti ad andare avanti. L'ordinanza di protezione civile ha uno stanziamento che non copre i danni all'agricoltura, ma le esigenze del settore umano. Per l'agricoltura devono intervenire i ministeri competenti. Ma con la dichiarazione dello stato di emergenza l'assessorato all'Agricoltura ha chiesto proroghe e deroghe che riguardano i finanziamenti comunitari e gli adempimenti degli imprenditori".
L'ultimo fantasma è quello della burocrazia, come saranno spesi i fondi per evitare lungaggini?
"Con procedure semplificate, che saranno gestite dai soggetti attuatori. Individueremo i tempi e chi dovrà realizzare gli interventi. Per esempio l'Amap, Siciliacque, Caltacque, i Comuni e in alcuni casi i consorzi di bonifica. Sarà dura ma sulla siccità abbiamo le idee chiare"
LIVESICILIA
Siccità in Sicilia, c'è una buona notizia per gli agricoltori agrigentiniUno spiraglio ma resta ancora molto da fare
Nella Sicilia che fronteggia la siccità c'è una buona notizia per gli agricoltori agrigentini. Sarà riaperto nelle prossime ore l'adduttore di Gammauta, sul fiume Sosio.
Dopo un decennio di inattività potrà trasferire l'acqua invasata grazie alle ultime piogge verso la diga Castello di Bivona al servizio delle colture.
La decisione è stata Palermo nel corso di un incontro all'assessorato regionale all'Agricoltura convocato dal commissario per l'emergenza idrica Dario Cartabellotta.
Si ipotizza di potere trasferire lungo la tubazione per caduta naturale tra i 250 e i 300 mila metri cubi di acqua grazie alle piogge recenti. In particolare le risorse saranno destinate ai 20 mila ettari di produzione agrumicola di Ribera.
Per il futuro si pensa alla riconversione dell'impianto di sollevamento Vasca Bassa Martusa in corrispondenza del fiume Verdura. Nei giorni scorsi il governo nazionale ha dichiarato lo stato di emergenza in Sicilia.
ITALIAOGGI.
Affitti brevi, super-cedolare secca già da gennaio. Una circolare delle Entrate sulle novità introdotte dalla manovra 2024. L'incremento al 26% slegato da canoni e data dei contratti.
Affitti brevi: la cedolare secca incrementata al 26% per i plurilocatori scatta sui redditi maturati a partire dal 1° gennaio 2024, indipendentemente dalla data di stipula dei contratti e dalla percezione dei canoni.
Per gli intermediari e gestori dei portali telematici che intervengono nei pagamenti dei canoni nulla cambia in relazione alla ritenuta da trattenere, che resta con aliquota fissata al 21% trasformandosi dal punto di vista tecnico in trattenuta sempre a titolo d'acconto.
Queste sono le due principali informazioni contenute nella circolare 10/E pubblicata ieri dall'agenzia delle entrate ed avente ad oggetto le novità sulla disciplina delle locazioni brevi dopo le modifiche introdotte dalla legge 213/2023 (la legge di bilancio 2024).
Va preliminarmente evidenziato che la citata legge di bilancio, all'articolo 1 comma 63, ha modificato l'articolo 4 comma 2 del decreto legge 50/2017 (che disciplina il regime fiscale delle locazioni brevi) incrementando dal 21% al 26%, l'aliquota dell'imposta sostitutiva dovuta sui redditi derivanti dai contratti di locazione di immobili a uso abitativo di durata non superiore a 30 giorni.
La norma concede comunque la possibilità per il (pluri)locatore di applicare l'aliquota ora divenuta "ridotta" al 21% sul reddito derivante dalla locazione breve di un immobile a sua scelta da individuare nella dichiarazione dei redditi.
Nella circolare in commento, in merito all'entrata in vigore della nuova disposizione, l'agenzia delle entrate indica che in assenza di una diversa previsione, la normativa trova applicazione a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di bilancio 2024 e, quindi, dal 1° gennaio 2024.
Nello specifico, evidenzia all'amministrazione finanziaria, che l'imposta sostitutiva nella misura del 26% si ritiene dovuta relativamente ai redditi derivanti dai contratti di locazioneong> breve maturati pro-rata temporis in base all'articolo 26 del TUIR a partire dal 1° gennaio 2024, indipendentemente dalla data di stipula dei predetti contratti e dalla percezione dei canoni, fatta salva, ovviamente, la facoltà di usufruire dell'aliquota ridotta del 21% jolly sui i redditi derivanti dai contratti di locazione breve dell'unità abitativa prescelta.
LENTEPUBBLICA
Personale Funzioni Locali: ecco l'accordo per la costituzione delle RSU e la definizione del relativo regolamento elettorale.
Il 6 maggio 2024, l'Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni (Aran) e le Organizzazioni e Confederazioni Sindacali del comparto Funzioni Locali hanno raggiunto un'intesa definitiva.Si tratta dell'Accordo d'Integrazione relativo alla costituzione delle RSU e alla definizione del regolamento elettorale, in applicazione dell'Accordo Collettivo Nazionale Quadro (ACNQ) datato 12 aprile 2022.
Firmato l'accordo per la Costituzione delle RSU nel Comparto Funzioni Locali
Questo nuovo accordo prende il posto del precedente, datato 22 ottobre 1998, seguendo le disposizioni del recente ACNQ riguardanti le RSU. Una delle principali novità riguarda il numero di membri delle RSU, che varia in base alla dimensione delle amministrazioni.
Tra le innovazioni più significative emerse dall'Accordo nel Comparto Funzioni Locali, spicca l'approccio dinamico alla composizione delle RSU in relazione alle dimensioni delle amministrazioni coinvolte.
L'Accordo riconosce che la diversità delle dimensioni delle pubbliche amministrazioni richiede un approccio flessibile nella costituzione delle RSU al fine di garantire una rappresentanza adeguata e proporzionata dei lavoratori.
Per le più piccole amministrazioni, con un contingente di dipendenti fino a 15 unità, è prevista la presenza di un solo rappresentante sindacale. Tale numero cresce man mano che le dimensioni dell'amministrazione aumentano: 3 rappresentanti per quelle con dipendenti da 16 a 50, 5 per quelle con dipendenti da 51 a 100, 7 per quelle con dipendenti da 101 a 150, e 9 per quelle con dipendenti da 151 a 200.
La logica di adattamento si amplifica ulteriormente per le amministrazioni di dimensioni più consistenti. Per quelle con un contingente di dipendenti compreso tra 201 e 3.000, il numero di rappresentanti è fissato inizialmente a 9 per i primi 200 dipendenti, con l'aggiunta di 3 rappresentanti per ogni ulteriore blocco di 300 dipendenti o frazione di essi.
Un sistema ancora più articolato è previsto per le amministrazioni di grandi dimensioni, con più di 3.000 dipendenti. In questo caso, si stabiliscono inizialmente 39 rappresentanti per i primi 3.000 dipendenti, oltre a 3 rappresentanti per ogni ulteriore blocco di 500 dipendenti o frazione di essi.
Inoltre, l'Accordo prevede una procedura di aggiornamento delle RSU in caso di riorganizzazione delle amministrazioni. Questo implica un impegno delle parti contraenti a rivedere la composizione delle RSU in modo da riflettere gli eventuali cambiamenti negli assetti organizzativi. Tale revisione potrebbe comportare anche la convocazione di nuove elezioni per garantire una rappresentanza efficace del personale coinvolto.
LENTEPUBBLICA
Trasferte e rimborsi pasti per i dipendenti degli enti locali.
Un recente parere dell'Aran (Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni) si occupa di rispondere a un parere in merito alle trasferte lavorative e ai rimborsi pasti per i dipendenti appartenenti al comparto enti locali.
Nello specifico la richiesta di parere di un ente chiede maggiori delucidazioni sulla documentazione fiscale relativa agli importi dei pasti consumati durante la trasferta in questione.
Questo è il testo dell'interrogativo:
Per le trasferte di durata superiore alle 12 ore, di cui all'art. 57, comma 1, lett. c) del CCNL del 16.11.2022, la spesa per i due pasti giornalieri, nel limite ivi indicato (complessivi 44,26 euro) può essere documentata con un unico scontrino fiscale che attesti soltanto l'importo riferibile ad uno dei due pasti consumati?
Analizziamo la materia e poi scopriamo nello specifico qual è stata la risposta all'interrogativo da parte dell'Aran.
La disciplina delle trasferte lavorative e dei rimborsi pasti per i dipendenti degli enti locali
Secondo quanto stabilito dall'articolo 57 del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) in vigore dal 16 novembre 2022, sono definite le seguenti regole per il trattamento di trasferta.
Innanzitutto, al personale inviato a svolgere la propria attività in località diverse dalla dimora abituale o dalla sede di servizio ordinaria spetta un rimborso delle spese effettivamente sostenute per i mezzi di trasporto, come treno, aereo, nave e altri, nel limite del costo del biglietto. Per i viaggi in aereo, il rimborso è relativo alla classe economica. Inoltre, sono previsti rimborsi per i mezzi di trasporto urbano o, previa autorizzazione dell'amministrazione, per i taxi.
Ecco uno schema di riepilogo relativo alle somme:
per le trasferte di durata superiore a dodici ore, è previsto il rimborso della spesa per il pernottamento in un albergo fino a quattro stelle e per due pasti giornalieri, entro un limite complessivo di 44,26 per i pasti
mentre nel caso di trasferte tra le otto e le dodici ore, è previsto il rimborso per un pasto entro il limite di 22,26
infine, per le trasferte inferiori alle otto ore, il dipendente ha diritto a un buono pasto.
Se ci si trova in una località per più di trenta giorni di seguito con pernottamento in un albergo, verrà rimborsato il costo del pernottamento solo se l'albergo in cui soggiorni è di una categoria equivalente o superiore a quello normalmente consentito nella stessa località, e se il suo prezzo è più conveniente rispetto alla media della categoria di alberghi autorizzati nella zona. La categoria degli alberghi si riferisce alle "stelle", che rappresentano il livello di servizio e le comodità offerte dall'albergo. Quindi, quando si parla di categoria equivalente, si fa riferimento al numero di stelle dell'albergo.
Inoltre, sono previsti compensi per il lavoro straordinario e rimborsi per il trasporto di materiale e strumenti necessari per lo svolgimento dell'incarico. Tuttavia, è importante notare che il trattamento di trasferta cessa di essere corrisposto dopo i primi 240 giorni di trasferta continuativa nella stessa località.
La documentazione fiscale
L'analisi del parere dell'Aran mette in luce un vuoto normativo riguardante la documentazione fiscale necessaria per comprovare le spese sostenute per i pasti durante questo tipo di trasferte. Non essendo specificate nel contratto collettivo nazionale le modalità dettagliate per la documentazione delle spese alimentari, si evidenzia la necessità di un intervento da parte degli enti coinvolti.
In particolare, si sottolinea che spetta agli enti, nell'ambito delle loro competenze e conformemente ai rispettivi ordinamenti interni, definire con precisione la documentazione richiesta e le procedure da seguire per richiedere i rimborsi relativi ai pasti durante le trasferte. Questo implica che ciascun ente dovrà stabilire le proprie linee guida in materia, garantendo al contempo il rispetto delle disposizioni contrattuali e delle normative vigenti.
In sostanza, mentre il CCNL delinea i diritti e i limiti dei dipendenti in merito ai rimborsi per i pasti durante le trasferte, lascia agli enti la responsabilità di definire le modalità pratiche per la documentazione e l'ottenimento di tali rimborsi, tenendo conto delle specificità organizzative e procedurali di ciascun contesto lavorativo.
LENTEPUBBLICA
Le eccezioni alle incompatibilità per gli incarichi pubblici.
La recente sentenza numero 1684 della V sezione del Consiglio di Stato si sofferma su eccezioni e deroghe ai casi di incompatibilità per gli incarichi pubblici.
I giudici amministrativi hanno emesso una sentenza riguardante un ricorso in appello presentato contro un'Unione di Comuni che verteva su una determina concernente l'annullamento e la contestazione di una presunta causa di incompatibilità.
La questione centrale riguardava la posizione del ricorrente, il quale, oltre a ricoprire una carica polica all'interno dell'ente pubblico era impiegato presso un consorzio e una società partecipata dalla stessa Unione dei Comuni. Questo implica che oltre ai suoi ruoli istituzionali, aveva un coinvolgimento attivo in una società commerciale con azioni detenute sia da enti pubblici che privati.
La questione chiave sollevata riguarda la compatibilità di queste diverse posizioni e responsabilità assunte dal ricorrente e se tale situazione possa generare un conflitto di interessi o violare le normative sull'incompatibilità degli incarichi pubblici, data la possibile sovrapposizione di ruoli e interessi tra la sfera pubblica e quella privata.
La disciplina della materia
le incompatibilità di incarichi dirigenziali nelle Pubbliche Amministrazioni sono disciplinate principalmente dal Decreto Legislativo n. 39 del 8 aprile 2013. Questo decreto, intitolato "Disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico", è stato introdotto per garantire l'imparzialità e l'efficienza dell'azione amministrativa, prevenendo situazioni di conflitto di interessi e garantendo la corretta gestione delle risorse pubbliche.
In particolare, per quanto riguarda gli incarichi dirigenziali, il decreto stabilisce chiaramente quali incarichi non possono essere ricoperti contemporaneamente da una stessa persona al fine di evitare possibili situazioni di incompatibilità. Si definisce, ad esempio, il divieto per i dirigenti pubblici di assumere incarichi dirigenziali in altre pubbliche amministrazioni, enti pubblici o enti di diritto privato in controllo pubblico di livello provinciale o comunale.
La legge prevede inoltre la possibilità di derogare a queste disposizioni in casi specifici e solo previo parere della Commissione di garanzia degli statuti e dell'attività dei dipendenti pubblici. Tuttavia, queste deroghe devono essere motivate e limitate a situazioni eccezionali.
Inoltre, il decreto stabilisce sanzioni per coloro che violano le disposizioni sull'incompatibilità, che possono arrivare fino alla decadenza dall'incarico pubblico.
Le eccezioni alle incompatibilità per gli incarichi pubblici
Il Consiglio di Stato ha condotto un'attenta analisi dei motivi dell'appello, concentrandosi sulla questione chiave dell'incompatibilità funzionale del ricorrente, come stabilito dalla legge. Durante questa valutazione, è emerso che il ricorrente non occupava una posizione dirigenziale esclusiva presso la società partecipata in cui lavorava, ma aveva responsabilità limitate e specifiche conformi al regolamento interno dell'organizzazione. Questo significa che, nonostante il suo coinvolgimento nell'azienda, il suo ruolo non rientrava nella definizione di incarico dirigenziale come previsto dalle normative in vigore per le pubbliche amministrazioni.