scuole provinciali
Banda delle macchinette in azione: ripuliti due distributori automatici di snack del liceo Scientifico
Danneggiata la ditta di Raffadali, proprietaria degli impianti sistemati nell'istituto scolastico
Hanno scassinato i cassetti portamonete di due distributori automatici di snack e bevande e hanno rubato i soldi che vi erano custoditi all'interno: circa 100 euro. I "ladri di merendine" sono tornati, dopo che già lo scorso dicembre c'erano stati, alla liceo Scientifico Archimede di Menfi. E lo hanno fatto di notte, nelle scorse settimane, dopo aver forzato la porta d'ingresso principale dell'edificio scolastico. Il fatto di microcriminalità è trapelato soltanto. I carabinieri di Menfi, che si stanno occupando delle indagini, non hanno lasciato infatti trapelare neanche la più piccola indiscrezione. Ad essere danneggiata è stata l'impresa titolare dei distributori automatici, una ditta di Raffadali. La denuncia, a carico di ignoti, per furto, è stata formalizzata ai carabinieri di un'insegnante del liceo Scientifico Archimede, che è sede distaccata dall'Iiss Fazello di Sciacca.
AGRIGENTOOGGI
La Mendola: "Lo scalo agrigentino potrebbe alimentare il polo occidentale dell'Isola che farebbe capo a Punta Raisi"
"Non perdiamo l'occasione! Siamo a un passo dal parere favorevole dell'Enac che consentirebbe l'inserimento dello scalo agrigentino nel Piano nazionale degli aeroporti. È il momento di unire le forze, al di là degli schieramenti politici, e di superare la cultura dei veti incrociati che da troppo tempo tarpa le ali allo sviluppo socio-economico della nostra terra". Con queste parole il presidente dell'Ordine degli architetti di Agrigento, Rino La Mendola, lancia un nuovo appello alla politica affinché venga presto rilasciato il parere dell'Enac per la realizzazione dello scalo aeroportuale a servizio della Sicilia centro meridionale, sulla base dello studio di fattibilità redatto dal Libero Consorzio Comunale di Agrigento.
"L'ottimo studio redatto dagli esperti incaricati dal Libero Consorzio - continua La Mendola - dimostra piena fattibilità e sostenibilità economica nel tempo dell'infrastruttura e l'idoneità tecnica dell'area in cui dovrebbe sorgere, già individuata nella Piana di Licata, per un investimento complessivo di 115 milioni di euro. La realizzazione dello scalo sarebbe peraltro in linea con le previsioni del Piano nazionale degli aeroporti che, proiettando la programmazione al 2035, certifica la carenza del sistema aeroportuale siciliano, soprattutto per l'area centro-occidentale. Per concentrare, dal punto di vista amministrativo, le attività aeroportuali in due poli, come auspicato dalla programmazione nazionale - conclude il Presidente degli architetti - lo scalo agrigentino, così come quello di Birgi, potrebbe alimentare il polo occidentale dell'Isola che, dal punto di vista amministrativo, farebbe capo a Punta Raisi. Analogamente, lo scalo di Comiso potrebbe essere aggregato al polo orientale, facente capo a Fontanarossa. Ciò supererebbe eventuali tensioni dovute a concorrenze territoriali consentendo peraltro una notevole riduzione dei costi di gestione e una più attenta e organica pianificazione dei voli in relazione alle esigenze del territorio siciliano".
QDS
Pnrr indietro tutta: allarme per il Sud e la Sicilia adesso il timore è quello di un effetto boomerang.
A fare un punto sullo stato di attuazione del Pnrr è stata la Corte dei Conti, che ha tracciato un bilancio dei risultati raggiunti alla fine del 2023
PALERMO - La Sicilia - che tanto avrebbe avuto bisogno di sfruttare l'opportunità, forse irripetibile, che il Pnrr offre per porre le basi per uno sviluppo duraturo e sostenibile dell'economia - non è tra le regioni più proficue per numero di progetti. "Oscillano tra il 4 e il 6 per cento del numero complessivo la Toscana, la Sicilia, la Puglia, il Lazio e la Calabria" certificano le Sezioni riunite in sede di controllo della Corte dei Conti nella Relazione sullo stato di attuazione del Pnrr al termine del 2023. Nulla a che vedere con i numeri delle regioni settentrionali: come riportato nella Relazione, infatti, "nel complesso, i dati mettono in luce una netta prevalenza del numero dei progetti collegati alle 51 misure-submisure nel Nord Italia (53 per cento). In particolare, Lombardia, Veneto e Piemonte cumulano più del 38 per cento del numero totale di progetti (rispettivamente il 18, l'11 e il 9 per cento)".
Tali calcoli percentuali non contemplano tutti i 145 mila progetti collegati alle 51 submisure scandagliate dai magistrati contabili: "Per circa 5,9 mila casi non risultano censite a sistema le informazioni inerenti alla geolocalizzazione delle iniziative". È stato poi necessario "apportare alcune restrizioni al perimetro di analisi dei progetti, attraverso un'operazione di nettizzazione volta ad escludere: i progetti esplicitamente definiti come di 'ambito nazionale' (circa 6.000) e i progetti che, nonostante la chiave univoca Cup-Clp, risultavano insistere su più regioni (n. 65) e, pertanto, non potevano essere attribuiti territorialmente in modo univoco". Al netto di queste operazioni di scrematura "il perimetro di analisi si è ristretto a 133 mila progetti".
La Corte dei Conti ha poi calcolato il tasso di realizzazione
La Corte dei Conti ha poi calcolato il tasso di realizzazione, su base regionale, dei progetti: "Dai dati - si legge della Relazione - si desume che l'area regionale connotata dal tasso di avanzamento più alto in termini di realizzazione, pari a circa il 41 per cento, è quella del Lazio".
"Presentano tassi di avanzamento realizzativo superiori al 30 per cento anche le aree della Toscana (35 per cento) e del Veneto (30 per cento). Ulteriori 11 aree regionali evidenziano risultati ricompresi nel range 25-29 per cento, mentre le restanti 6 si collocano su valori inferiori, ma comunque vicini, 23-24 per cento".
L'Isola si piazza nella fascia più bassa (0-20 per cento) in sette delle dodici componenti prese in esame dai magistrati contabili: M1C1 (Digitalizzazione, innovazione e sicurezza nella Pa), M1C3 (Turismo e cultura 4.0), M2C1 (Agricoltura sostenibile ed economia circolare), M2C2 (Transizione energetica e mobilità sostenibile), M2C3 (Efficienza energetica e riqualificazione degli edifici), M3C1 (Rete ferroviaria ad alta velocità/capacità e strade sicure) e M6C1 (Reti di prossimità, strutture e telemedicina per l'assistenza sanitaria territoriale).
Se il basso piazzamento della Sicilia nella componente legata alla rete ferroviaria ad alta velocità/capacità e strade sicure è in linea con quanto registrato a livello nazionale nei settori delle infrastrutture e dei trasporti - la Corte dei conti rileva infatti che "il minor tasso di realizzazione fatto emergere dagli indicatori della categoria delle 'infrastrutture' (17 per cento) e, più in particolare, da quelli del settore dei 'trasporti' (circa l'8 per cento) è coerente con la maggiore complessità degli interventi, che richiedono fasi preparatorie e attuative più lunghe, come peraltro atteso nel PNRR che ad essi associa target finali quasi integralmente collocati nell'ultima annualità o nella seconda parte del 2025 - lo stesso non può dirsi per gli altri settori. Su quello relativo alla digitalizzazione, per esempio, il livello di avanzamento nella realizzazione delle misure "seppur inferiore al 50 per cento, appare comunque soddisfacente, anche alla luce della numerosità degli interventi rientranti nella categoria in discorso (n. 16) che, ad esclusione di due misure, hanno target finali non ancora scaduti e in prevalenza collocati nella coda finale del Pnrr". O nel settore del welfare che, con un discreto 38 per cento, si attesta "su un range di avanzamento intermedio".
È necessario quindi accelerare e mettersi in pari al più presto con il cronoprogramma, che ha una scadenza tassativa: giugno 2026. Il rischio è quello di avere revocati i fondi. Nel dibattito sull'eliminazione di alcuni progetti dal Pnrr scoppiato nel settembre dello scorso anno, infatti, il ministro per gli Affari europei, le Politiche di coesione e il Pnrr, Raffaele Fitto ebbe a dire che "se non completiamo gli interventi, non abbiamo solo il danno della revoca dei contributi" ma "anche la beffa di dover trovare le risorse per quegli interventi: parliamo di un impatto che potrebbe essere devastante per il bilancio del nostro Paese, oltre al danno reputazionale". Danno e beffa che non possiamo permetterci.
Dopo quattro anni arrivano finalmente le Cabine di coordinamento
Meglio tardi che mai. A distanza di oltre quattro anni dall'avvio - e di conseguenza a poco più di due anni alla scadenza - ha avuto luogo il contestuale insediamento delle Cabine di coordinamento Pnrr, istituite ai sensi dell'art. 9, Dl n. 19 del 2 marzo 2024, convertito dalla legge n. 56 del 29 aprile 2024, presso tutte le Prefetture d'Italia.
L'insediamento della Cabina di coordinamento costituita presso la Prefettura di Roma è stata coordinata dal presidente del Consiglio dei Ministri Giorgia Meloni, in videocollegamento con tutte le altre Cabine di coordinamento, con la partecipazione del ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi, e del ministro per gli Affari europei, il Sud, le Politiche di coesione e il Pnrr, Raffaele Fitto.
Le Cabine di coordinamento per monitorare gli interventi
Tale organismo di coordinamento, istituito presso le Prefetture, è chiamato a svolgere, nei territori, i seguenti compiti: monitoraggio degli interventi del Pnrr; favorire le sinergie tra le diverse Amministrazioni e i soggetti attuatori qui operanti; attività di supporto in favore degli enti territoriali anche al fine di promuovere le migliori prassi; definizione del piano di azione per l'efficace attuazione dei programmi e degli interventi previsti dal Pnrr.
Secondo quanto previsto dalla citata norma, al comma 1, a queste cabine di coordinamento "partecipano il presidente della provincia o il sindaco della Città metropolitana o loro delegati, un rappresentante della Regione o della Provincia autonoma, un rappresentante della Ragioneria generale dello Stato, una rappresentanza dei sindaci dei Comuni titolari di interventi previsti dal Pnrr o loro delegati e i rappresentanti delle Amministrazioni centrali titolari dei programmi e degli interventi previsti dal Pnrr da attuare in ambito provinciale, di volta in volta interessati. Possono essere chiamati a partecipare anche i rappresentanti delle organizzazioni sindacali e delle associazioni imprenditoriali comparativamente più rappresentative a livello nazionale nonché altri soggetti pubblici interessati".
La legge prevede anche che "ove ritenuto strettamente indispensabile per la risoluzione di specifiche criticità attuative rilevate in sede di monitoraggio e suscettibili di compromettere il raggiungimento degli obiettivi previsti dal Pnrr, la Struttura di missione Pnrr, d'intesa con la Ragioneria generale dello Stato - Ispettorato generale per il Pnrr, può proporre alla Cabina di regia Pnrr la costituzione di specifici nuclei, composti da personale messo a disposizione dalle pubbliche amministrazioni operanti nel territorio di riferimento del piano di azione, nonché dal personale dei soggetti incaricati del supporto tecnico-operativo all'attuazione dei progetti Pnrr".
Tutto ciò, naturalmente, ha un costo: come indicato al comma 4, la partecipazione alle riunioni della cabina di coordinamento "dà diritto alla corresponsione di compensi, indennità, gettoni di presenza, rimborsi di spese o altri emolumenti comunque denominati".
Le Prefetture principali sedi confronto
Le Prefetture, individuate come principali sedi di confronto e collegamento con il territorio, saranno chiamate da adesso a svolgere un'azione di raccordo con la struttura di missione Pnrr istituita a livello centrale, al fine di sviluppare azioni mirate a rendere ancora più efficienti le progettualità finanziate.
Sarebbe stato opportuno, forse, attivare queste Cabine di coordinamento "contestualmente" all'avvio del Pnrr e non a più di metà dell'opera. Un Piano così complesso e imponente necessitava infatti sin dall'inizio di un'organizzazione ben strutturata che coordinasse e supervisionasse le attività di tutti gli attori coinvolti.
TELEACRAS
Agrigento, riecco l'Officina delle tradizioni popolari siciliane.
Ad Agrigento oggi, martedì 28 maggio, nella biblioteca comunale "Franco La Rocca", alle ore 17, nel corso di un'apposita cerimonia, sarà restituita alla pubblica fruizione l'Officina delle tradizioni popolari siciliane, luogo del cuore del Fai (Fondo ambiente italiano), uno spazio espositivo culturale che il "Val d'Akragas", compagnia di folclore coordinata da Lello Casesa, ha donato alla città. L'iniziativa è promossa e sostenuta dall'amministrazione comunale presieduta dal sindaco, Franco Miccichè, e dalla Provincia di Agrigento. L'Officina delle tradizioni popolari siciliane sarà inserita nel circuito museale e culturale, nella prospettiva di 'Agrigento capitale della cultura 2025', come attività di laboratorio didattico per le scuole e valida attrazione turistica per i visitatori.
AGRIGENTONOTIZIE
Rete idrica di Agrigento, c'è una nuova opportunità: il governo stanzia 37 milioni di euroSul fronte dell'emergenza idrica, l'accordo stanzia altre risorse per far ripartire gli impianti di dissalazione di Porto Empedocle.
C'è una seconda possibilità per la rete idrica di Agrigento. La bellezza di 37 milioni e 718mila euro sono state infatti stanziate ieri nel contesto della sigla dell'accordo avvenuta ieri, 27 maggio 2024, al teatro Massimo di Palermo tra il governo nazionale e quello regionale per l'uso dei fondi del programma per lo sviluppo e la coesione.
Dossier. Abbandonato e vandalizzato, vi portiamo dentro al dissalatore "fantasma" di Porto Empedocle
Tra le decine di pagine dedicate solo al territorio agrigentino sono state inserite infatti le "opere di ristrutturazione e automazione della rete idrica di Agrigento", primo stralcio. Si tratta esattamente dello stesso progetto "sfumato" lo scorso 31 dicembre che è stato appunto adesso rifinanziato consentendo teoricamente ai lavori di riprendere in tempi relativamente brevi.
Ma non è finita qui. Sul fronte dell'emergenza idrica, l'accordo stanzia altri milioni di euro per far ripartire gli impianti di dissalazione di Porto Empedocle.
Dossier. Rubinetti a secco e acqua persa per strada: da 15 anni la nuova rete idrica di Agrigento ostaggio della burocrazia
All'Ati, infatti, sono stati trasferiti 5 milioni di euro per il revamping dell'impianto da 25 litri secondo e 21milioni di euro per il revamping dell'impianto da 100 litri secondo. Questi lavori, va precisato, rispetto a quelli della rete idrica devono essere ancora progettatti, appaltati e affidati, ma l'idea pare sia quella di procedere con gli strumenti straordinari messi a disposizione dalla Protezione civile per affrontare la crisi idrica.
Intanto la gente scende in piazza
Mancano ormai pochi giorni a "#vogliamolacqua", la manifestazione di protesta nata dai social e che sta raccogliendo il supporto di numerose realtà associative, politiche e del mondo del volontariato i città e che si terrà l'1 giugno prossimo alle 9.30 da Porta di Ponte.
Ad annunciare la volontà di aderire alla protesta è da ultima l'associazione "Volontari di Strada" dato che "la crisi idrica nelle ultime settimane è tornata drammaticamente di attualità ad Agrigento, riportando indietro di decenni le lancette dell'orologio della storia". "Come associazione - dice in una nota la presidente Anna Marino - aderiamo convintamente alla iniziativa, ma purtroppo nessuna nostra delegazione potrà partecipare. Sabato primo giugno, infatti, i nostri operatori sono impegnati, in sede, nella distribuzione della spesa alle centinaia di famiglie che l'associazione da tre lustri assiste con dedizione. E proprio a queste famiglie indigenti che la carenza d'acqua, problema purtroppo atavico ad Agrigento, si ripercuote maggiormente con un aggravio di costi e disagi. A loro va la nostra vicinanza e solidarietà".
turismo
Linea ferroviaria Agrigento-Palermo interrotta per 3 mesi, il prefetto: "Ricadute sul turismo alla 'vigilia' di Capitale italiana della cultura"
Filippo Romano a spada tratta difende i trasporti e scrive a Trenitalia: "L'azienda ponga in essere tutte le iniziative idonee a coniugare la necessaria manutenzione con l'incremento estivo del flusso di visitatori"
Lo scorso anno l'interruzione, dall'11 giugno al 10 settembre, del tratto Agrigento centrale-Lercara. Quest'anno, quella fra lo scalo ferroviario centrale della città dei Templi e Roccapalumba-Alia. "Copione" di ogni anni insomma, "copione" che prevede lo stop - per lavori di ordinaria amministrazione - della strada ferrata. Non vengono meno i collegamenti sia chiaro, ma in servizio ci saranno dei bus sostitutivi. Ma due anni di fila, sempre d'estate, e in 2024 che precede i 365 giorni di Capitale italiana della cultura sono decisamente un po' troppi. Ne è convinto anche il prefetto di Agrigento, Filippo Romano, che non ha sbattuto i pugni sulla scrivania, ma poco c'è mancato. La massima autorità di governo ha preso carta e penna ed ha scritto alla direzione regionale Sicilia di Trenitalia, nonché al presidente della Regione Renato Schifani, all'assessore regionale alle Infrastrutture e mobilità Alessandro Aricò e a tutti i parlamentari nazionali e regionali dell'Agrigentino. E lo ha fatto cercando di sensibilizzare l'azienda affinché "ponga in essere tutte le iniziative idonee a coniugare la necessaria manutenzione ferroviaria con l'incremento del flusso turistico". "Il periodo di tempo stimato per l'esecuzione degli interventi, che giustificano l'interruzione della linea ferroviaria, risulta essere alquanto considerevole (circa tre mesi: dal 10 giugno all'8 settembre) - scrive il prefetto Filippo Romano - . Tutto ciò comporterà, inevitabilmente, notevoli ricadute negative sul settore turistico agrigentino che, nel periodo estivo, riscopre maggiore attrattività". Romano ha anche, inevitabilmente, evidenziato quello che non è un dettaglio di poco conto: "Si tratta del secondo anno consecutivo, nel corso del quale la provincia Agrigentina viene 'colpita' da tale disservizio". Una segnalazione fatta in questo caso, e in maniera esplicita, ai politici messi a conoscenza della missiva. Questo non può certamente ritenersi di ordinaria amministrazione in un ambito provinciale che, a stretto giro, sarà investito del titolo di 'Capitale italiana della cultura 2025'".
SOLE24ORE
Da retribuire i 5 minuti dalla strisciatura del badge all'accensione del Pc, lo stesso vale in uscita
Da calcolare come lavoro effettivo il tempo trascorso per arrivare dai tornelli alla postazione per il log on e per lasciarla dopo il log off.
Il lavoratore ha diritto alla retribuzione di 5 minuti giornalieri quale tempo effettivo di lavoro, dalla timbratura del cartellino al tornello posto all'ingresso al completamento della procedura di log on e di 5 minuti giornalieri quale tempo effettivo di lavoro dal completamento della procedura di log off fino alla timbratura del cartellino al tornello all'uscita" . La Cassazione ha così condannato la Telecom a pagare un totale di oltre 1.500 euro in favore di tre lavoratori, affermando che il tempo di percorrenza impiegato dai dipendenti del caring services dal momento dell'ingresso nella sede aziendale a quello dell'attestazione dell'inizio della prestazione, mediante login sul proprio personal computer (e viceversa), va considerato come orario di lavoro retribuibile.
La normativa sull'orario di lavoro
La Suprema corte ha condiviso una conclusione già raggiunta dalla Corte d'appello in linea con la normativa sull'orario di lavoro, e dunque con il Dlgs n. 66/2003 e le direttive comunitarie nn. 93/104 e 203/88. Una pronuncia fondata sul principio secondo il quale il tempo retribuito richiede che le operazioni anteriori o posteriori alla conclusione della prestazione di lavoro siano necessarie e obbligatorie.
La Cassazione ricorda che è rilevante non solo "il tempo della prestazione effettiva ma anche a quello della disponibilità del lavoratore e della sua presenza sui luoghi di lavoro". Per questo è "orario di lavoro l'arco temporale comunque trascorso dal lavoratore medesimo all'interno dell'azienda nell'espletamento di attività prodromiche ed accessorie allo svolgimento, in senso stretto, delle mansioni affidategli, ove il datore di lavoro non provi che egli sia ivi libero di autodeterminarsi ovvero non assoggettato al potere gerarchico"
Il percorso obbligato
I giudici hanno dunque considerato necessario e obbligatorio fare il tragitto dall'ingresso fino alla postazione di lavoro e compiere ogni altra attività preliminare cui essi sono tenuti, prima, ai fini del log in e, dopo, ai fini del log out.
Una conclusione logica e fondata "perché è la datrice di lavoro che ha deciso come strutturare la propria sede; dove collocare la postazione di lavoro dei ricorrenti ed il percorso da effettuare; è la datrice di lavoro che ha assegnato ai ricorrenti mansioni svolgibili solo tramite una postazione telematica ed ha quindi provveduto a scegliere il tipo di computer che ha ritenuto più opportuno e ne ha determinato con puntualità la procedura di accensione necessaria all'uso della stessa determinando così anche i tempi necessari; e' la datrice che ha deciso che all'orario esatto di inizio turno i ricorrenti debbano essere già innanzi alla propria postazione già inizializzata e pronta all'uso"
lentepubblica.it
A chi spetta la decisione sul periodo delle ferie?
Con l'arrivo delle vacanze, sorge un interrogativo importante: a chi spetta la decisione sul periodo delle ferie, al datore di lavoro o al dipendente? Vediamolo insieme.Tra alcune settimane tornerà l'estate e le conseguenti ferie estive per milioni di lavoratori.Come sappiamo, le ferie sono un diritto irrinunciabile per i lavoratori, come dichiarato nell'art.36 della Costituzione. Insieme al riposo settimanale, infatti, le ferie assicurano un'esistenza libera e dignitosa al lavoratore.Ma come si decide il periodo in cui andare in ferie? Vediamolo insieme.Periodo di ferie: è il datore di lavoro o il dipendente a prendere la decisione?Come già anticipato, le ferie sono un diritto irrinunciabile del lavoratore, ma è altrettanto importante sottolineare che i lavoratori subordinati non sono liberi di andare in ferie quando preferiscono.O almeno, devo rispettare alcuni limiti.La normativa nazionale (la legge n°66 del 2003) fissa degli obblighi riguardo le ferie, che devono rispettare sia il dipendente che il datore di lavoro.
Il lavoratore subordinato matura almeno quattro settimane di ferie l'anno, di cui due vanno godute entro il 31 dicembre di quell'anno, mentre per le altre c'è tempo per altri 18 mesi.Come chiarito dal Ministero del Lavoro, infatti:Il lavoratore può godere di due settimane di ferie ininterrottamente, se vuole e ha la possibilità di scegliere il periodo, prendendo accordi col datore di lavoro e comunicandoglielo per tempo;Altre due settimane possono essere utilizzate entro 18 mesi dal termine dell'anno di maturazione, anche in maniera frazionata;Infine, c'è anche un terzo periodo di ferie, della durata di due settimane, ma è opzionale ed è incluso solo in alcuni Contratti Collettivi Nazionali di lavoro (come il Ccnl Metalmeccanica Industria, Calzature, Chimica, Gomma Plastica e Tessile, nel caso in cui si raggiunga un certo limite di anzianità), che può essere frazionato (entro i termini stabiliti) oppure monetizzato, se c'è un accordo fra le due parti.Il piano ferie, perciò (soprattutto quello estivo), deve essere concordato con largo anticipo, per consentire al datore di lavoro di organizzare la produzione durante i periodi di assenza dei dipendenti, soprattutto se parliamo di una piccola azienda.Proprio per questo motivo, può capitare che la richiesta di ferie di un dipendente venga negata, in base alle concrete esigenze aziendali. Spetterà, poi, al dipendente, sempre insieme al datore di lavoro, calendarizzare un nuovo periodo.Nel caso in cui l'azienda preveda una chiusura aziendale, allora i lavoratori sono obbligati a prendere le ferie nel periodo in cui l'azienda è chiusa, come specificato più volte dalla Cassazione.
In questo caso, si parla di "ferie collettive e forzate", poiché tutti i dipendenti ne godono contemporaneamente, senza possibilità di scelta alternativa.